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Introduzione
Il corpo si modifica nel corso della vita, soprattutto in concomitanza
con eventi particolari che sono parte integrante dello sviluppo umano.
Di pari passo a queste modificazioni, anche se spesso senza una
perfetta coincidenza, si modifica l’esperienza e l’autorappresentazione
che ciascuno di noi ha del proprio corpo.
Entrambe queste modifiche sono poi connesse con l’identità personale
secondo un modello che possiamo definire circolare e che partendo
dalle modificazioni somatiche, passa attraverso modificazioni della
propria autorappresentazione somatica fino a modificazioni
dell’identità personale.
Queste modificazioni possono essere osservate anche, e soprattutto,
durante il periodo della gravidanza e nel successivo periodo
postnatale, dove in un ristretto ambito temporale, il corpo e con esso la
psiche sono costretti a notevoli pressioni.
Tutto in gravidanza avviene all’insegna di vistose modificazioni. Dal
punto di vista biologico l’organismo diventa un grande laboratorio che
si attiva per garantire lo sviluppo e la vita del nuovo individuo.
Accanto a questo intenso lavoro biologico vi è una mobilitazione
psichica molto impegnativa.
Si è soliti concepire tale periodo come un evento positivo e ben
accettato da tutte le donne ma non in tutti i casi ciò si verifica.
Possono presentarsi situazioni nelle quali la donna a causa dell’elevata
vulnerabilità e all’esposizione a situazioni stressanti, manifesta
particolari forme sintomatologiche che sono in grado di
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compromettere sia la relazione primaria con il bambino che le
relazioni con l’ambiente che la circonda.
Focalizzare l’attenzione solo sul periodo della gravidanza sarebbe
tuttavia riduttivo, sappiamo bene infatti che è proprio durante il
puerperio che le problematiche legate alle riorganizzazione
psicologica, sociale ma anche fisica hanno il sopravvento
determinando difficoltà e sentimenti di ansia.
Sulla base di queste osservazioni si inserisce l'interesse di questa
ricerca.
È opportuno chiedersi come può un periodo così entusiasmante della
vita di una donna trasformarsi in una condizione di sofferenza
psicopatologica, ed è inoltre possibile all’interno di questa riscontrare
la presenza di disagio e di una diversa consapevolezza o percezione
dell’immagine corporea?
L’interesse per questo periodo della vita che accomuna tutte le donne
è dovuto al fatto che io, come tale stento il peso delle problematiche
che successivamente verranno illustrate, e sono interessata a mettere
in evidenza come l'immagine corporea in gravidanza sia soggetta a
numerose modifiche che non sempre vengono accettate con serenità e
tale non accettazione si ripercuote inevitabilmente, nel puerperio, con
atteggiamenti e sentimenti di disagio e di malessere.
In particolare l'intento è quello di mettere in evidenza come
nell'ambito di una patologia importante e molto spesso non ben
diagnosticata come la depressione post parto (DPP) sia presente un
disagio ed una diversa percezione della propria immagine corporea.
È necessario sottolineare che la letteratura al riguardo risulta poco
esauriente come si evince da una prima analisi riassuntiva. Le ricerche
da me analizzate evidenziano come l'interesse dei ricercatori si è
concentrato soprattutto sulla depressione post parto e sull'immagine
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corporea separatamente senza considerare i due elementi in modo
correlato. Poche sono le ricerche che tendono ad analizzare questi due
aspetti in maniera integrata, è quindi anche questo il motivo che mi
spinge ad affrontare con interesse ed entusiasmo questo lavoro.
Il presente lavoro è organizzato nel modo seguente:
Il primo capitolo è dedicato all'analisi del concetto d’immagine
corporea, al suo sviluppo, all'evoluzione nel corso del tempo e alle
influenze di carattere sociale e culturale. Saranno messe in evidenza le
patologie correlate all'immagine corporea. Una sezione separata viene
riservata alla concettualizzazione dell'immagine corporea nella
concezione Psicofisiologica Integrata.
Il capitolo si conclude con una rassegna degli strumenti utilizzabili
nell'analisi e valutazione dell'immagine corporea e dei suoi disturbi.
Il secondo capitolo si concentra sulla gravidanza come esperienza
psichica e sul disturbo depressivo nel post parto (DPP), verranno
analizzate emozioni e cambiamenti che interessano la donna durante il
periodo della gravidanza, particolare attenzione verrà posta alle
rappresentazioni materne durante questo periodo ed ai meccanismi
psicopatologici che caratterizzano la gravidanza e il post parto. Sarà
inoltre analizzato il rapporto tra la depressione post parto e l'immagine
corporea facendo riferimento alla letteratura e alle ricerche esistenti.
Verranno approfondite le caratteristiche di meccanismi
psicopatologici quali la Maternity Blues, le Psicosi Puerperali e la
Depressione Post Parto e verranno evidenziati i fattori di rischio e i
fattori di protezione.
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Il terzo capitolo si concentra sui modelli interpretativi presenti nella
letteratura per quanto riguarda la depressione post parto (DPP), gli
effetti di tale patologia e le modalità di valutazione e di trattamento.
Il quarto capitolo è dedicato alla ricerca il cui obiettivo sulla base dei
contributi teorici, illustrati nei precedenti capitoli è stato quello di
indagare il costrutto dell'immagine corporea nella depressione post
parto, in particolar modo l'interesse si è focalizzato nel mettere in
evidenza la presenza di un disagio e di una diversa consapevolezza
dell’immagine corporea di donne che manifestano una sintomatologia
depressiva nel post parto. Il gruppo principale d’interesse è composto
da donne di età compresa tra i 20 e i 40 anni cui è stato evidenziato
mediante l'utilizzo di scale psicometriche apposite il disturbo
depressivo post parto. Tale gruppo è stato confrontato con un gruppo
di donne nella medesima condizione di gravidanza che, tuttavia non
hanno manifestano tale sintomatologia depressiva. I risultati emersi
saranno discussi successivamente all'esposizione degli strumenti
utilizzati nella ricerca.
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CAPITOLO 1
L’immagine corporea
L’immagine corporea e lo schema corporeo
La letteratura riguardante l'immagine corporea è molto ricca e passa
attraverso più di un secolo di ricerca realizzata da vari autori
appartenenti anche a discipline molto diverse tra loro infatti,
dell'immagine corporea se ne sono occupati psicologi, psichiatri,
neurologi, medici clinici, ognuno affrontando l'argomento dal punto di
vista della propria disciplina e della propria personale esperienza
pratica. Numerose ricerche sono state compiute e sono stati realizzati
molti studi nel tentativo di comprendere i meccanismi che sono alla
base dell'immagine corporea.
Un'elaborazione approfondita dei concetti che sono alla base del
costrutto relativo all'immagine corporea avviene ad opera di Schilder
(1973).
Tale elaborazione gode di un enorme successo (Cash & Pruzinsky,
2002; Martinelli, 1975) poiché propone una visione globale e
interdisciplinare di tale costrutto cercando di superare la scissione
psiche-soma. Egli può essere considerato il padre fondatore delle
attuali teorie sullo sviluppo dell'immagine corporea (Cash &
Pruzinsky, 2002; Martinelli, 1975) grazie alla sua prima opera
interamente dedicata a questo costrutto, dal titolo "The image and
appaerance of the human body" (Schilder, 1973).
Tale opera è considerata (Cash & Pruzinsky, 2002) il punto di
partenza delle successive riflessioni ed elaborazioni del concetto di
immagine corporea. Tuttavia è opportuno specificare che la
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concezione di Schilder presenta una visione che mal si adatta alla
concezione psicofisiologica di base di tale elaborato, relativa al
costrutto dell’immagine corporea.
In letteratura solitamente si distinguono due concetti principali rispetto
al corpo:
L'immagine corporea;
Lo schema corporeo;
Il concetto di schema corporeo nasce all'interno dell'ambito
neurologico per spiegare alcuni disturbi singolari e di difficile
comprensione (Lalli, 1997). A partire dalle varie sensazioni
cenestesiche, o di altro genere, si costruisce lo schema motorio del
nostro corpo, schema che può essere alterato in particolari condizioni
patologiche. Tali condizioni non saranno qui approfondite per non
correre il rischio di discostarsi troppo dal tema di nostro interesse.
Il termine schema corporeo fu reso noto da Schilder nella sua opera
precedentemente citata, indicando con questo termine “l’immagine
tridimensionale che ciascuno ha di se stesso” definibile anche come
immagine corporea (Schilder, 1973). Nell’opera spesso infatti il
concetto di schema corporeo viene usato come sinonimo di immagine
corporea ma si distingue da essa per il fatto che risulta essere un
concetto più ampio che tiene conto anche del corpo in movimento che
si costituisce sulla base di informazioni provenienti da molteplici fonti
quali sensazioni tattili, visive, muscolari e viscerali. In altre parole
l'immagine corporea è "il quadro mentale che ci facciamo del nostro
corpo [.......] il modo in cui il corpo appare a noi stessi, lo schema
corporeo invece è l'esperienza immediata dell'esistenza di una unità
corporea che se è vero che viene percepita d'altra parte è qualcosa di
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più di una semplice percezione […..] Noi riceviamo delle sensazioni,
vediamo parti della superficie del nostro corpo, abbiamo impressioni
tattili, termiche e dolorose, sensazioni indicanti le deformazioni dei
muscoli provenienti dalla muscolatura e dalle guaine muscolari,
sensazioni provenienti dalle innervazioni muscolari e sensazioni di
origine viscerale [.......]” (Schilder, 1973). Schilder considera
l’immagine corporea come secondaria all’esperienza immediata di
un’unità corporea che lo stesso autore definisce schema corporeo.
In un ottica Psicofisiologica Integrata, invece, il concetto di schema
corporeo non si distingue da quello di immagine corporea, essendo
questi due concetti strettamente interconnessi (Ruggeri, 2001).
Nonostante le critiche l'opera di Schilder (1973) ha introdotto
questioni e concetti relativi al corpo molto importanti quali
l'insoddisfazione per il proprio aspetto fisico o la questione della
variabilità dell'immagine corporea. Questi due termini, tuttora molto
attuali, sono oggetto della ricerca odierna in tale ambito.
Molte ricerche analizzate (Ben Tovim & Walker, 1990; Cash, 2004)
hanno focalizzato l'attenzione su queste tematiche relative
all’immagine corporea. In particolare Van Den Berg et al. (2007) ha
concentrato il proprio interesse sull’insoddisfazione del corpo,
valutando le modalità con cui uomini e donne tendono a confrontarsi
con l'immagine corporea media che viene proposta loro dall'ambiente
esterno. Tale ricerca nasce con l’intento di dimostrare come
l’immagine corporea media e il paragone sociale possano determinare
un’insoddisfazione corporea in donne e uomini, e come questa risulti
spesso associata con una bassa autostima e sintomi depressivi nonché
la possibilità di sviluppo di patologie alimentari. (Van Den Berg et al.,
2007)
Altre ricerche (Festinger, 1954; Van Den Berg et al., 2007) sempre in
quest’ambito si focalizzano sullo schema di sé e sul paragone sociale
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per quanto riguarda l'insoddisfazione corporea, mettendo in evidenza
l'importanza delle teorie di Festinger (1954) su questi concetti.
Nel complesso la ricerca contemporanea (Van Den Berg et al., 2007;
Watts et al., 2008; Swami et al., 2008) si focalizza soprattutto sul
costrutto di immagine corporea proponendone diversi modelli teorici e
mettendo in evidenza alcuni aspetti specifici.
L'immagine corporea viene considerata come un costrutto
multidimensionale (Cash, 2004) consistente in percezioni, attitudini,
emozioni e comportamenti relativi alla propria apparenza fisica. Più
nello specifico si possono distinguere la percezione della propria
immagine corporea che si riferisce alla misura in cui un individuo è in
grado di stimare le proprie dimensioni corporee e le attitudini nei
confronti della propria immagine corporea che comprendono l'aspetto
affettivo - valutativo e l'investimento (Fleming, 2003).
Il primo si riferisce al grado di soddisfazione/insoddisfazione
determinato dalla concordanza o discrepanza tra il Sé l'ideale e il Sé
percepito e inoltre condizionato dalla seconda componente cioè il
grado d'investimento che rappresenta la misura con cui l'apparenza
fisica contribuisce a definire il proprio senso di sé (Fleming, 2003).
Nell’ambito della letteratura internazione molti studi (McCabe et al.,
2006; Ben Tovim & Walker, 1990) sono stati effettuati con l’intento
di valutare le modalità con cui gli individui stimano le loro dimensioni
corporee. A tal riguardo uno studio condotto da McCabe et al. (2006),
ha tentato di mettere in evidenza le percezioni imprecise dei soggetti
presi in esame in relazione alla sopravvalutazione o sottovalutazione
della dimensione di alcune regioni del corpo o dell’immagine del
corpo nella sua globalità.
Lo studio fu condotto attraverso l’uso di un programma
computerizzato dell’immagine del corpo digitale che avrebbe
permesso ai soggetti coinvolti di manipolare l’immagine del corpo in