7
INTRODUZIONE
Il 26 ottobre 2011 il periodico italiano ‘Limes’ ha pubblicato nel
suo sito internet un articolo intitolato ‘Sudan, una nuova
Costituzione per vecchi conflitti’
1
, in cui si tratta il tema della
nuova Costituzione islamica che dovrebbe venire approvata a
partire da dicembre 2011
2
. Tuttavia, nonostante il 98% della
popolazione professi la religione islamica, esistono ancora dei
gruppi cristiani e animisti che vivono nel Nord Sudan, i quali
temono ora una escalation delle rappresaglie che inasprirebbero
un conflitto interno che ha sconvolto il paese dal 1955 al 2005,
anno in cui è stato siglato il Comprehensive Peace Agreement.
L’adozione di un tale costituzione è già stata appoggiata
dall’Iran che si è impegnato a sostenere anche finanziariamente
il Sudan
3
e che vedrebbe di buon occhio la progressiva
islamizzazione del paese; da qui, poi, altri stati africani
potrebbero subire lo stesso processo, innescando una reazione a
catena che farebbe la felicità di Aḥmadinejad e degli ayatollah
soprattutto dal punto di vista internazionale, considerata la
1
http://temi.repubblica.it/limes/sudan-una-nuova-costituzione-per-vecchi-conflitti
2
Al momento della scrittura del presente capitolo la Costituzione era in fase di
approvazione. In seguito verrà approvata proprio nel dicembre 2011.
/28302, 02-11-2011.
3
http://temi.repubblica.it/limes/il-sudan-in-crisi-economica-spera-nelliran/27149,
02-11-2011.
8
storica opposizione all’Occidente da parte dei leader della
Rivoluzione islamica.
Tuttavia, la parte settentrionale del Sudan rientra da
parecchi secoli nella dār al-Islām, la ‘casa dell’Islam’, termine
con cui i musulmani definiscono le zone di religione islamica, e
contrapposto alla dār al-harb, la ‘casa della guerra’, ossia quelle
aree non musulmane che dovranno progressivamente essere
convertite alla religione del Profeta. Già a partire dal VII secolo
si era avuta una prima penetrazione da parte di alcune tribù arabe
nella parte settentrionale del paese, le quali denominarono la
nuova zona conquistata bilād al-sūdān, ossia ‘paese dei neri’, a
causa del colore della pelle della popolazione che ivi abitava. La
diffusione dell’Islam fu poi favorita anche dagli scambi
commerciali, “che portarono con sé una rete di alleanze, sigillate
da matrimonio, e la diffusione di modelli culturali e religiosi di
una civilizzazione più potente”
4
, oltreché dal commercio degli
schiavi: difatti, per sfuggire agli schiavisti, molti optavano per la
conversione all’Islam, non sempre tuttavia con risultati
soddisfacenti
5
. Un altro fenomeno che favorì l’islamizzazione a
arabizzazione fu “l’incessante migrazione di tribù arabe che
cercavano pascoli”
6
.
Inoltre, la formazione del Sultanato Funj di Sinnar (1500-
1821) e la costituzione del Sultanato Fur del Darfur (1600-1876),
nonostante possedessero strutture basate essenzialmente su
politiche ed ideologie preislamiche, portarono ad una rapida
islamizzazione ed arabizzazione delle parti settentrionale ed
4
Rafael Ortega Rodrigo, Evolución del Islam político en Sudán: de los Hermanos
Musulmanes al Congreso Nacional, Tesis doctoral, Granada, novembre 2005, p. 15,
cfr. http://digibug.ugr.es/bitstream/10481/833/1/15826284.pdf.
5
Ibidem.
6
Maḥmūd, Muḥammad, “Sufism and Islamism in the Sudan”, in African Islam and
Islam in Africa. Encounters between Sufis and Islamists, London, Hurst, 1997,
p.162.
9
occidentale del paese
7
. Nei secoli XVIII e XIX il processo di
islamizzazione raggiunse la maturazione, con l’affermarsi del
misticismo sufi
8
che, come si vedrà in seguito, svolse un ruolo di
primo piano nel corso del XX secolo, soprattutto nel periodo
post-indipendenza. Durante questo largo intervallo di tempo
l’Islam sudanese acquisì alcune delle sue caratteristiche
principali. Innanzitutto, gli šayḫs (capi delle confraternite sufi)
guadagnarono un ruolo centrale, in quanto fornivano sostegno
spirituale alla comunità. Inoltre, “erano al centro di un
complesso contesto socio-economico [in quanto] possedevano
proprietà ed esercitavano una certa influenza politica. Gli šayḫs
costruirono il loro centro di potere indipendente vis-à-vis lo stato
e altri šayḫs. Ciò conferì un grande prestigio alle istituzioni
sufi”
9
, prestigio che si rivelerà un potente strumento per unire le
masse in una rivoluzione contro i poteri occupanti.
Nel 1820/21 un esercito turco-egiziano invase il Sudan e,
fino al 1825, governò il paese; durante tale periodo
l’implementazione di leggi islamiche e l’educazione di tipo
ortodosso progredirono; inoltre, Muḥammad ‘Uthmān al-Mirġānī
fondò la confraternita Ḫatmīya
10
, la cui importanza verrà
compresa in seguito.
Altro punto cruciale nella storia dell’Islam in Sudan è
rappresentato dalla rivoluzione mahdista di fine XIX secolo. Un
discepolo della confraternita sufi Sammaniyya, Muḥammad
Aḥmad, si autoproclamò mahdī (traducibile con ‘ben guidato’,
‘giusto’)
11
e iniziò a predicare la ribellione contro il regime e, in
7
Sidaḥmad, ‘Abd al-Salām, Politics and Islam in contemporary Sudan, Curzon
Press, Surrey, 1997, p.5.
8
Ibidem.
9
Maḥmūd, op. cit., p. 169.
10
Sidaḥmad, op. cit., p.6.
11
Il fenomeno del mahdismo non è nuovo all’interno del mondo arabo. Il motivo
principale per cui si sviluppa un tale movimento è la necessità di una purificazione
dell’Islam dagli elementi che lo hanno corrotto, di un ritorno alle pratiche originarie,
ossia al tempo in cui il Profeta Maometto aveva costruito la società islamica ideale –
in quanto governata dal rappresentante di Dio in terra – a Medina. Mahdī è il titolo
10
seguito, contro l’occupazione coloniale britannica. Riuscì, grazie
al suo carisma, a riunire un ampio gruppo di sostenitori,
denominati Anṣār – dal nome con cui venivano definiti i
compagni di Maometto che lo seguirono a Medina nel periodo
dell’egira e che lo aiutarono poi nella diffusione dell’Islam –,
che provenivano essenzialmente da tre gruppi sociali distinti: i
primi erano uomini pii, discepoli religiosi, i secondi ex
commercianti di schiavi e soldati che utilizzavano la religione
come copertura per i loro interessi economici e politici, mentre i
terzi erano nomadi Baqqara che vedevano i turchi soltanto come
vessatori e, perciò, andavano eliminati
12
. Quest’ultima
motivazione era condivisa anche da gran parte della popolazione,
la quale era stremata dagli anni di dominazione straniera e dalle
ingiustizie perpetrate. In un tale contesto di crisi sociale, si
sviluppò una grande aspettativa per l’arrivo del mahdī, il quale
avrebbe riportato l’ordine e l’equilibrio nella società.
Un altro fenomeno che influì sull’ascesa di Muḥammad
Aḥmad fu lo sviluppo di alcuni movimenti jihadisti nell’africa
sub-sahariana nei primi anni del XIX secolo. Alcuni leader sufi
con cui si designa colui che dovrà guidare la comunità sulla retta via; egli si
considera discendente di Maometto, pertanto legittimato a guidare la umma e
interviene in un periodo in cui la società è governata ingiustamente e si è in presenza
di una crisi sociale ed economica. Il primo caso noto è quello dei fatimidi in Egitto.
Essi rivendicavano una discendenza diretta dal Profeta (il loro nome deriva da
Fatima, la figlia di Maometto) e combatterono per un ritorno all’Islam puro
originario. Nel XII secolo fu la volta di Ibn Tumart, che lanciò una rivoluzione in
Marocco contro gli almoravidi, accusati di aver corrotto la religione islamica. Egli,
dopo aver viaggiato in Nord Africa, La Mecca e Bagdad, si convinse di essere il
prescelto per guidare l’Islam alla purificazione. Arrivò a costituire un impero che
conquistò anche larghe zone del sud della Spagna. Fu anche l’ultimo impero
musulmano in Europa.
All’interno dell’Islam sciita, la corrente duodecimana crede nel ritorno del mahdī
alla fine dei tempi per riportare la giustizia sulla terra. Tale corrente considera i
discendenti di Maometto gli unici governatori legittimi, chiamati imām (guida).
Secondo l’ala duodecimana, Maometto era il primo, seguirono poi i quattro califfi
ben guidati, e poi via fino al dodicesimo imām, il quale morì in circostanze
sconosciute; di conseguenza, si crede che sia scomparso per ritornare alla fine de
tempi e riportare la giustizia all’interno della comunità.
12
Daly, Martin William e Holt, Peter Malcolm, A history of Sudan: from the coming
of Islam to the present day, Harlow, Pearson Education, 2000, p. 78.
11
furono influenzati dal wahabismo (un movimento radicale che
aveva le sue radici in Arabia Saudita, come avremo modo di
spiegare in seguito) e iniziarono a predicare la ǧihād, sostenendo
che l’Islam necessitava di un taǧdīd (rinnovamento). Il contatto
con alcune credenze africane aveva corrotto l’essenza originaria
della religione islamica, la quale andava pertanto depurata e
riportata allo spirito primitivo. I principali muǧahiddūn
(rinnovatori della Fede) furono šayḫ Usman dan Fodio, šayḫ
Aḥmad Lobbo e al-Haǧǧ ‘Umar, i quali affermavano di avere
avuto visioni in cui il Profeta li investiva della necessaria autorità
per condurre la ǧihād purificatrice
13
.
Pertanto, Muḥammad Aḥmad guidò la rivoluzione contro
il regime turco-egiziano e i colonizzatori e stabilì, nel 1885, uno
stato mahdista, “la prima entità nazionale sudanese, governante
vaste e diverse regioni da una capitale centrale, Omdurman, con
un apparato politico e legale centralizzato e una moneta
propria”
14
. Tuttavia, dopo la sua morte nel 1885, il movimento
perse il punto di riferimento principale e fu sconfitto dalla
controffensiva anglo-egiziana che riconquistò il paese nel 1898,
anno che segnò l’inizio del cosiddetto Condominio anglo-
egiziano. Ciononostante, l’importanza di tale rivoluzione si
rivelò duplice. Da un lato, segnò l’inizio della capitale
importanza politica degli Anṣār: Ciò si vedrà bene durante il
colonialismo ma anche dopo l’indipendenza, quando un
discendente del mahdī, Ṣādiq, governò il paese per ben due volte
(1966-67 e 1986-89); ma, soprattutto, oltre a favorire
ulteriormente la diffusione dell’Islam nelle zone occidentali e
meridionali, contribuì, per la prima volta nella storia del paese,
alla creazione di un’identità sudanese ben distinta
15
.
13
Mahmūd, op. cit., p. 171.
14
Fluehr-Lobban, Carolyn, “Islamization in Sudan: A Critical Assessment”, Middle
East Journal, 44:4 (1990:Autumn) p.614.
15
‘Abd al-Wāhid, Muṣtafà A., The rise of the Islamic movement in Sudan 1945-
1989, Doctor of Philosophy, Auburn University, AL, 2008, p.86,
12
La rivoluzione mahdista, inoltre, segnò l’inizio della
rivalità tra ḫatmī e Anṣār. Difatti, i primi avevano sempre goduto
della protezione del regime turco-egiziano al quale dovevano
gran parte del loro successo; di conseguenza, essi supportarono i
turchi e, dopo la conquista di Khartoum nel 1885, fuggirono in
esilio in Egitto
16
.
La rivalità tra le due fazioni venne ulteriormente
esacerbata durante la dominazione coloniale. Come già successo
in India, i Britannici passarono da un dominio diretto a un
sistema di governo indiretto, coinvolgendo perciò la popolazione
locale nell’amministrazione dello stato. Come spiega Sidaḥmad,
“per sostenere la propria sopravvivenza e continuità, il regime
coloniale […] cercò il sostegno dei leader e delle strutture
tradizionali, tribali ad esempio, ma soprattutto religiosi. Di
conseguenza, estese benefici materiali e sociali a tali leader in
cambio della loro lealtà e di quella dei loro seguaci”
17
. In un
primo momento, tale politica favorì la confraternita Ḫatmīya, la
quale sostenne apertamente il nuovo regime che aveva
spodestato i mahdisti, mentre questi ultimi furono posti sotto
stretta sorveglianza in quanto, secondo i Britannici,
rappresentavano una seria minaccia per il benessere del Sudan.
Tuttavia, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale provocò un
importante cambiamento nella scena sudanese. Difatti, la
Turchia si alleò con la Germania e dichiarò la ǧihād contro la
Gran Bretagna e i suoi alleati: di conseguenza, i Britannici
cambiarono radicalmente il loro atteggiamento nei confronti dei
mahdisti e tentarono di guadagnare l’appoggio del loro leader
Sayyid ‘Abd al-Rahmān al-Mahdī
18
. Pertanto, possiamo notare
http://etd.auburn.edu/etd/bitstream/handle/10415/1530/Abdelwahid_Mustafa_12.pdf
? sequence=1.
16
Warburg, Gabriel, “Islam and state in Numayri’s Sudan”, Africa, 55 (1985), p.
401.
17
Sidaḥmad, op. cit., p. 6.
18
Warburg, “Islam and state” cit., p. 401.
13
come in questo periodo si posero le basi del settarismo,
fenomeno che si sviluppò nel periodo post-indipendenza.
I Britannici contribuirono anche all’accentuazione di un
problema che, come vedremo, avrebbe afflitto il paese per
decenni: il divario tra nord e sud. Difatti, essi favorirono la
diffusione del Cristianesimo nella regione meridionale, tentando
di contenere il fenomeno dell’islamizzazione per evitare il
risorgere di movimenti insurrezionali (come il mahdismo)
potenzialmente pericolosi. A tale scopo vennero emanate la
Passport and Permits Ordinance del 1922 e la Closed Districts
Ordinance del 1933, quest’ultima particolarmente rilevante in
quanto proibiva l’istruzione in arabo, così come l’abbigliamento
e i costumi arabi. Inoltre, l’inglese venne imposto come lingua
ufficiale dell’amministrazione e dell’istruzione, quest’ultima
affidata a missionari cristiani, i quali fornivano anche servizi
sanitari e assistenziali. L’obiettivo di tale politica, come
facilmente intuibile, era impedire la diffusione dell’Islam
nell’Africa centrale
19
.
Una volta raggiunta l’indipendenza, dichiarata il 1
gennaio 1956, i due fenomeni appena elencati costituirono i
problemi principali cui tutti i governi, democratici o militari,
dovettero confrontarsi. I leader delle confraternite succitate
formarono due partiti che divennero molto influenti, l’Umma e il
Partito Democratico Popolare (Popular Democratic Party, che di
seguito chiameremo PDP), poi cambiato in Partito Unionista
Democratico (Democratic Unionist Party, di seguito DUP),
rispettivamente appoggiati da Anṣār e Ḫatmīya.
A partire dal 1956 tali partiti riuscirono a ritagliarsi un
ampio spazio di manovra nella vita politica del paese, nonostante
si succedettero due regimi militari, il primo del generale ‘Abbud
19
Fluehr-Lobban, op. cit., p.616.
14
(dal 1958 al 1964) e il secondo quello capeggiato dal colonnello
Ğa‘far al-Nimayrī, che durò ben sedici anni (dal 1969 al 1985).
Oltre all’attività dei partiti sopra elencati, il Sudan
indipendente fu testimone anche della progressiva ascesa dei
Fratelli Musulmani, un movimento islamista guidato da Ḥasan
al-Turābī. Il periodo di governo di Nimayrī favorì
particolarmente l’evoluzione di quest’ultimo, soprattutto a
seguito della riconciliazione nazionale del 1977 e ancor più
dell’introduzione della šarī‘a, la legge islamica, come fonte
principale di diritto (1983).
La caduta del regime di Nimayrī, poi, favorì l’ingresso
degli islamisti nel governo. Dal 1985, difatti, il Fronte Islamico
Nazionale (National Islamic Front, di seguito NIF) sfruttò
abilmente la sua opera di proselitismo tra la popolazione
condotta negli anni precedenti, così come l’infiltrazione in varie
istituzioni (scuole, esercito, banche) di alcuni suoi membri, che
avrebbero posto le basi per il colpo di stato guidato nel 1989 da
‘Umar al-Bašīr e sostenuto fortemente dal NIF di al-Turābī.
Questa breve introduzione ci conduce alla spiegazione del
tema principale di questo lavoro, l’ascesa dell’islamismo politico
nei vent’anni precedenti il golpe del 1989, ossia quelli che hanno
posto le basi per installare al potere un dittatore che governa
ancor’oggi il Sudan, il più longevo da quando il paese è
diventato indipendente, “nonostante sul suo capo penda un
mandato di arresto della Corte penale internazionale per crimini
di guerra e contro l’umanità”
20
.
La scelta cade su un tema, quello dell’islamizzazione
della vita politica nelle zone del globo a prevalenza musulmana
che, a partire dalla fine degli anni ’60, e passando per una serie
di pubblicazioni, la principale ‘Lo scontro di civiltà’ di
20
http://temi.repubblica.it/limes/sudan-una-nuova-costituzione-per-vecchi-conflitti
/28302, 02-11-2011.
15
Huntington, così come vari attentati compiuti in Occidente o
contro obiettivi occidentali per opera (supposta) di
fondamentalisti islamici – 11 settembre in testa –, ha suscitato un
dibattito profondo e acceso sia all’interno degli ambienti
accademici che nella vita quotidiana.
Tuttavia, l’ignoranza che ancora ruota attorno a una tale
tematica rende necessario fare un po’ di chiarezza. Il caso del
Sudan è interessante per vari motivi: in primo luogo, perché
all’interno dell’ambito di studi del Medio Oriente viene sempre
lasciato in disparte, dando la precedenza a tematiche, come il
conflitto israelo-palestinese, che hanno monopolizzato
l’attenzione degli studiosi.
In secondo luogo, restringendo il campo al dibattito
sull’islamismo politico), si tende spesso ad analizzare l’opera di
Ḥasan al-Bannà, di Sayyid Qutb e dei Fratelli Musulmani
egiziani; nessun dubbio che costoro rappresentino gli ideologi
principali del movimento, tuttavia al-Turābī rivestì
un’importanza non minore, in primis per la sua educazione di
tipo occidentale, ma anche perché unico esempio, insieme
all’ayatollah Khomeyni, di ideologo capace di condurre in porto
una rivoluzione islamica nell’età contemporanea.
Il terzo motivo è, come già anticipato, fare luce su un
fenomeno che, soprattutto alla luce delle recenti rivolte in Medio
Oriente, ha acquisito un’importanza fondamentale nel panorama
mondiale. La vittoria di partiti islamisti alle elezioni in Tunisia
ed Egitto, e la possibilità che altrettanto possa accadere in Libia,
scuotono l’Occidente, timoroso che tali movimenti impediscano
l’interferenza negli affari politici come avvenuto negli ultimi
decenni, dato il carattere anti-occidentale che da sempre
contraddistingue tali movimenti, soprattutto i Fratelli Musulmani
egiziani.
Un ulteriore ragione di interesse è valutare l’impatto
dell’Islam e della sua versione politica in uno stato come il
16
Sudan, composto da una serie di etnie e da gruppi professanti
religioni differenti, come il cristianesimo, o l’animismo. A tal
proposito, la questione del Sudan meridionale fu centrale negli
anni di Ğa‘far Nimayrī. Mentre nel nord si professava già da
tempo la religione islamica e la lingua araba era parlata
correntemente, la parte meridionale del paese risultava meno
unita sia etnicamente che culturalmente, pertanto la diffusione
dell’Islam e l’arabizzazione forzata contribuirono allo sviluppo
della guerra civile. Ciononostante, Nimayrī riuscì a risolvere
temporaneamente la situazione con l’accordo di Addis Abeba del
1972, con cui garantì una maggiore autonomia al Sud, salvo poi
cancellare tutto ciò che di buono aveva costruito quando
promulgò le ‘Leggi di Settembre’ nel 1983, grazie a cui la šarī‘a
diventava la principale fonte di diritto per tutto lo stato.
In conclusione, il presente lavoro si focalizzerà sulle
condizioni politiche, economiche e sociali che favorirono
l’ascesa degli islamisti in Sudan nel periodo 1969-89. Dopo una
analisi del contesto storico e dell’ideologia di al-Turābī, il focus
verrà spostato sulla graduale infiltrazione degli islamisti
all’interno del panorama politico, economico e sociale e sullo
sviluppo di un programma che li porterà a governare nel 1988 in
collaborazione con il partito Umma, per poi spalleggiare il golpe
di al-Bašīr e diffondere così la loro ideologia a tutto il paese.
Tale analisi cercherà di contribuire a delucidare le cause
per cui il movimento guidato da al-Turābī riuscì a conquistare il
potere nel 1989, cause che certamente potranno essere utili per
comprendere la situazione attuale nel Nord Africa e nel Medio
Oriente ma, soprattutto, permetterà di capire i motivi per cui al-
Bašīr, come accennato inizialmente, opta ora per l’adozione di
una Costituzione islamica e, di conseguenza, le ragioni
dell’opposizione a tale decisione. Ultimo, ma non meno
importante, capire le ragioni per cui gli islamisti ascendono al
17
potere può essere utile per gli occidentali: da un lato, per
alleviare i timori, dall’altro per far capire come nessun regime
islamista abbia veramente intenzione di attaccare l’Europa o gli
Stati Uniti, bensì chiedano solo una maggiore autonomia nella
gestione del potere all’interno del proprio stato, senza
interferenze esterne.
19
CAPITOLO 1
DALLA SPERANZA ALLA CATASTROFE
1956-69: il Sudan pre-Nimayrī
Le caratteristiche della politica del periodo appena successivo
all’indipendenza sono fondamentali per comprendere gli sviluppi
futuri della storia sudanese; pertanto, prima di passare all’analisi
del periodo di Nimayrī e all’interludio democratico del 1986-89,
è necessario fare un salto indietro in maniera da porre le basi per
capire sia le scelte di Nimayrī, sia gli atteggiamenti degli
islamisti, questi ultimi tema centrale del lavoro. Gli anni
immediatamente successivi all’indipendenza videro l’accentuarsi
di due problemi cui abbiamo accennato nell’introduzione: il
settarismo e la divisione nord-sud.
Per quanto riguarda il primo, abbiamo già visto come la
gestione della politica durante il Condominio anglo-egiziano
venne affidata a gruppi tradizionali e leader religiosi, i quali
godevano di privilegi (come la riscossione delle tasse)
1
in
cambio della loro lealtà ai colonizzatori; di tale situazione
approfittarono le confraternite Anṣār e Ḫatmīya, le quali ebbero
poi una gran influenza nell’attività di due partiti politici,
rispettivamente l’Umma, fondato nel 1945 da Sayyid ‘Abd al-
1
Kurita, Yoshiko, "The Social Bases of Regional Movements in Sudan, 1960s-
1980s" in Fukui, Katsuyoshi e Markakis, John ed., Ethnicity and conflict in the horn
of Africa, London, James Currey; Athens, Ohio University press 1994, p. 204.
20
Raḥmān al-Mahdī, discendente del mahdī che sconfisse inglesi
ed egiziani, e il Partito Democratico Popolare (PDP), fondato nel
1956
2
.
Dopo il 1956, la politica “fu dominata da una
caratteristica centrale: l’influenza […] e l’autorità rimasero tra
quei gruppi che avevano beneficiato della distribuzione delle
risorse sotto il Condominio”
3
. Si sviluppò pertanto il fenomeno
che gli storici chiamano settarismo, ossia il conflitto per il potere
tra le due confraternite succitate. Esse potevano contare su un
sostegno ampio nelle zone rurali e, di conseguenza, nessuno si
impegnò seriamente per introdurre misure radicali che potessero
far progredire il paese da un punto di vista socio-economico; i
politici e i leader religiosi tradizionalisti si preoccuparono
maggiormente di guadagnare voti senza una reale intenzione di
far progredire il paese.
Per quanto riguarda la questione del sud, abbiamo già
accennato come la politica coloniale avesse accentuato la
divisione tra le parti settentrionale e meridionale del paese.
Come afferma Sidaḥmad, “la questione era complicata
ulteriormente dal razzismo e dalla religione”
4
. Il primo si era
radicato nel nord a causa del commercio di schiavi che aveva
coinvolto le popolazioni del sud per tutto il XIX secolo e il
primo quarto del XX. Per quanto concerne la religione, mentre
l’Islam nel nord era strettamente associato alla politica, nel sud il
Cristianesimo era separato da quest’ultima e gli intellettuali
avevano una visione secolare della politica
5
. Tali elementi, uniti
alle promesse non mantenute dai partiti del nord ebbero, come
vedremo, conseguenze significative all’interno della scena
2
Gosnell, Harold F., “The 1958 Elections in the Sudan”, Middle East Journal, 12
(1958), pp. 413-414.
3
Niblock, T., Class and power in Sudan: the dynamics of sudanese politics, 1898-
1985, State University of New York Press, New York, 1987, p. 204.
4
Sidaḥmad, op. cit., p. 53
5
Ibidem.