6
Introduzione
Il presente elaborato nasce dalla consapevolezza che uno spazio scolastico ben strutturato
ed organizzato favorisce lo sviluppo e l’identità dei bambini. L’articolazione dello
spazio deve seguire determinati criteri pedagogici per consentire loro di fare esperienze
motorie, relazionali e personali di qualità. Un ambiente così pensato che infonda sicu -
rezza e sia, al tempo stesso, un “contenitore” di emozioni e di esperienze educative,
consente infatti di far emergere le abilità e competenze nei vari ambiti di sviluppo.
Gli educatori, e più in generale tutti gli operatori del settore, all’interno del loro
percorso formativo ricevono nozioni utili alla strutturazione di ambienti funzionali
allo sviluppo del bambino. Tuttavia spesso tali nozioni non risultano essere sufficienti
all’operatore. Nella presente trattazione si intende delineare i criteri fondamentali
da rispettare al fine di una predisposizione di spazi scolastici adeguati e funzionali
alla fruizione da parte di bambini diversamente abili, nello specifico affetti da pato-
logie afferenti allo spettro autistico.
Si ritiene che questo sia particolarmente importante e fondamentale per permettere
anche a questi ultimi uno sviluppo armonico e in linea con le loro necessità, per favorire
l’integrazione con i coetanei. Difatti, spesso i bambini autistici sono portati fuori dalla
sezione in quanto lo spazio comune risulta inadeguato alle loro esigenze; questo è causa
di un notevole disagio che può sfociare nell’emarginazione, una condizione assolutamente
contraria ai compiti della scuola che ha il compito di favorire l’integrazione.
Nel Capitolo I si fornisce un quadro generale dell’autismo partendo dalle principali
classificazioni e modelli interpretativi.
Nel Capitolo II vengono prese in analisi le percezioni sensoriali dei bambini autistici
per poter avere un quadro delle abilità di questi bambini che necessitano di un allesti-
mento adeguato dello spazio da condividere con gli altri.
Nel Capitolo III si approfondiranno i principali modelli d’intervento, solitamente usati
in altri contesti, sull’autismo cercando di comprendere se essi siano applicabili all’in-
terno della scuola.
Nel Capitolo IV vengono infine indicate le modalità più adeguate per adattare l’am-
biente ai bisogni specifici dei bambini autistici senza trascurare le necessità dei com-
pagni normodotati, partendo dai criteri alla base del Design for All.
8
Capitolo I Comprendere l’autismo.
Nel presente capitolo si cercherà di comprendere chi è la persona disabile dandone
una definizione. Si passerà poi ad una panoramica delle classificazioni internazionali
dell’autismo e dei principali modelli interpretativi di tale sindrome.
1.1 Definizione di disabile.
Negli anni ‘80 l’OMS effettuava una distinzione tra disabilità, handicap e menoma-
zione. Zanobini e Usai nel testo Psicologia della disabilità e della riabilitazione ci
illustrano tali differenze:
La menomazione è qualsiasi perdita o anomalia a carico di strutture o fun-
zioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche […].
La disabilità è interpretata come riduzione parziale o totale della capacità
di svolgere un’attività nei tempi e nei modi considerati normali […].
L’handicap è una condizione di svantaggio risultante da un danno o da una
disabilità, che limita o impedisce lo svolgimento di un ruolo normale in
rapporto all’età, al sesso, si fattori sociali e culturali […]
1
In tal caso la menomazione era alla base della situazione di disabilità la quale determi-
nava lo svantaggio vissuto dalle persone, ossia l’handicap. Nel tempo si è af fermata la
necessità di valorizzare le abilità residue e non solo le disabilità. Recentemente nelle
definizioni dell’OMS contenute dell’ ICF-CY
3
il riferimento principale non è più alle
menomazioni e alla disabilità, ma alle funzioni/strutture corporee e alle attività. Il
termine disabilità viene usato come reciproco del termine funzionamento
4
.
1
M. Zanobini, M.C. Usai, Psicologia della disabilità e della riabilitazione. I soggetti, le relazioni,
i contesti in prospettiva evolutiva, Milano, Franco Angeli, 2005, p. 15.
2
Cfr: Idem, pp. 18-19.
3
OMS-Organizzazione Mondiale della Sanità (2007). ICF-CY Classificazione internazionale del
funzionamento, della disabilità e della salute. V ersione per bambini e adolescenti, Trento, Erickson.
4
M. Zanobini, M.C. Usai, Psicologia della disabilità e della riabilitazione, I soggetti, le relazioni,
i contesti in prospettiva evolutiva. Milano, Franco Angeli, 2005, p. 18.
9
Difatti il nuovo sistema descrive il funzionamento e le sue eventuali limitazioni in
ambiti di attività specifici
5
.
L’ICF-CY (International Classification of Functionig, Disability and Health) ha
quindi un’applicazione universale poiché prende in considerazione il funzionamento
umano e le sue restrizioni.
6
La disabilità viene quindi intesa come una condizione di
salute in un ambiente sfavorevole e quindi non è specifica di una minoranza all’interno
di una comunità. L’ICF pone quindi in risalto l’importanza dell’influenza dell’habitat
nella vita delle persone: la famiglia, il contesto lavorativo, la società, possono influenzare
lo stato di salute, ridurre le capacità di svolgere i compiti richiesti, causando difficoltà
e disagi evitabili. Ciò indica che l’uomo modificando il suo habitat in senso positivo
potrebbe evitare, superare o migliorare determinati disagi, e quindi un certo tipo di di-
sabilità. L’handicap è quindi soggettivo e dipende dalle esigenze della persona disabile
7
.
Un individuo può avere disabilità senza avere handicap, in quanto quest’ultimo è il ri -
sultato delle difficoltà che il soggetto incontra nel proprio ambiente
8
.
1.2 Principali classificazioni internazionali.
Con la pubblicazione nel 1994 del DSM-IV
9
il disturbo autistico è stato inserito fra
i Disturbi generalizzati dello sviluppo, ossia tra quei disturbi caratterizzati da una
grave e generalizzata compromissione in diverse aree dello sviluppo.
Della categoria chiamata Disturbi Generalizzati dello Sviluppo, fanno parte:
• Il Disturbo Autistico
• Il Disturbo di Rett
• Il Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza
• Il Disturbo di Asperger
• Il Disturbo Generalizzato dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato
(compreso l’Autismo Atipico).
10
5
Ibidem.
6
A. Lupacchini, Design olistico, progettare secondo i principi del DF A, Firenze, Alinea Editrice,
2010, p. 19.
7
Idem, p. 21.
8
Passim: M. Zanobini, M.C. Usai, Psicologia della disabilità e della riabilitazione, I soggetti, le
relazioni, i contesti in prospettiva evolutiva. Milano, Franco Angeli, 2005, p. 18.
9
DSM-IV (“Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders”), quarta edizione; APA, 1994.
10
www.specialeautismo.it
10
Le principali classificazioni internazionali, il DSM-IV-TR (Diagnostic and Statistical
Manual of Mental Disordes) e l’ICD-10 (International Classification of Diseases)
descrivono l’autismo facendo riferimento alla triade dei sintomi riguardanti la rela-
zioni con gli altri, la comunicazione e il repertorio di comportamenti, interessi e at-
tività ristretti, ripetitivi e stereotipati.
Di seguito sono descritti i criteri previsti dal DSM-IV -TR
per la definizione del disturbo autistico:
1. Compromissione qualitativa dell’interazione sociale
(per la diagnosi di autismo devono essere presenti almeno due elementi
tra quelli che seguono):
a) Marcata compromissione di svariati comportamenti non verbali,
come lo sguardo diretto, l’espressione mimica;
b) Incapacità di sviluppare relazioni con i coetanei adeguate al livello di sviluppo;
c) Mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi od obiettivi
con altre persone;
d) Mancanza di reciprocità sociale ed emotiva.
2. Compromissione qualitativa della comunicazione sociale
(per la diagnosi deve essere presente almeno un elemento tra quelli che seguono):
a) Ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato
(non accompagnato da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative
di comunicazione come gesti o mimica):
b) In soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della capacità
di iniziare o sostenere una conversazione con altri;
c) Uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico;
d) Mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei o di giochi d’imitazione
sociale adeguati al livello di sviluppo;
3. Modalità di comportamento ,interessi e attività ristretti ,ripetitivi e stereotipati
(per la diagnosi di autismo deve essere presente almeno un elemento
tra quelli che seguono):
a) Dedizione assorbente a uno o più tipi d’interessi ristretti e stereotipati
11
anomali per intensità o per focalizzazione;
b) Sottomissione rigida a inutili abitudini o rituali specifici;
c) Manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il capo,
o complessi movimenti di tutto il corpo;
d) Persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti.
Esiste un vario consenso sulle caratteristiche che definiscono l’autismo e tutte le clas-
sificazioni si riferiscono alla triade dei disturbi sociali, linguistici e di comportamento.
11
L’ICD-10 (International Classification if Diseases) è una classificazione interna-
zionale curata dall’O.M.S (Organizzazione Mondiale della Sanità) di tutte le malattie,
essa contiene una sezione, la quinta, dedicata in particolare ai disturbi psichiatrici.
Le psicosi infantili vengono classificate nella categoria delle Sindromi da alterazione
globale dello sviluppo psicologico che comprende:
• Autismo infantile
• Autismo atipico
• Sindrome di Rett
• Sindrome disintegrativa dell’infanzia di altro tipo
• Sindrome iperattiva associata a ritardo mentale e movimenti stereotipati
• Sindrome di Asperger
• Altre sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico
• Sindrome non specificata da alterazione globale dello sviluppo psicologico.
L’ICD-10 riporta inoltre le principali caratteristiche cliniche di alcuni aspetti associati
rilevanti ma non specifici. Il testo fornisce anche indicazioni diagnostiche per for-
mulare una diagnosi attendibile.
Molte delle categorie indicate per le Sindromi da alterazione globale dello sviluppo
sono completamente sovrapponibili a quelle dei Disturbi Generalizzati dello Sviluppo
descritte dal DSM IV , la classificazione maggiormente considerata è quella fornita
dal DSM IV .
12
11
M. Zanobini, M.C. Usai, Psicologia della disabilità e della riabilitazione. I soggetti, le relazioni,
i contesti in prospettiva evolutiva, Milano, Franco Angeli, 2005, p. 172.
12
www.autismando.it
12
Ai fini del presente elaborato verrà posta particolare attenzione alla Sindrome di
Asperger (patologia appartenente nei disturbi dello spettro autistico) poiché da molti
autori, (Klin, Prior, Majiviona…) è stata accertata la presenza di un’eccessiva ecci-
tabilità a livello sensoriale nei soggetti che ne sono affetti.
13
Nelle Scuole dell’Infanzia sono molti gli stimoli che causano irritabilità nei bambini
con SA insieme all’aumento degli stati d’ansia e ai comportamenti disadattati dovuti
dall’iper/iposensibilità. Per tali motivi è basilare la creazione di un ambiente favorevole
non solo per questi bambini, ma anche per i normodotati, anch’essi talvolta irritabili,
agitati, aggressivi e facili alla distrazione. Soprattutto la ristrutturazione ad hoc dell’am-
biente già esistente con accorgimenti appropriati garantirà una maggiore tranquillità, at-
tenzione e partecipazione da parte di tutti i bambini. Tornando all’autismo è importante
sottolineare che, da quanto emerso negli ultimi decenni di ricerca, alla sua origine è pre-
sente un disordine del sistema nervoso che produce vari effetti sull’evoluzione del
soggetto e sulla costruzione del suo mondo interpersonale. Tale disordine nervoso
dipende da svariate cause, evoluzioni, sintomatologie e livelli di gravità, per cui è im-
portante che gli educatori sappiano comprenderne e distinguerne gli aspetti ricorrenti.
Per l’identificazione di tali aspetti sono stati elaborati alcuni modelli esplicativi dell’au-
tismo che possono essere di aiuto nel definire linee di lavoro educativo proponibili.
14
1.3 Principali modelli interpretativi per comprendere
gli aspetti ricorrenti nei soggetti autistici.
Negli ultimi anni sono stati elaborati alcuni modelli esplicativi dell’autismo che
consentono di identificare gli aspetti ricorrenti permettono agli operatori di definire
linee educative di lavoro.
Di seguito si prenderanno in considerazione in modo sintetico tali modelli:
• Deficit della teoria della mente: ipotizza una disfunzione dell’acquisizione della
capacità della mente umana di attribuire stati mentali agli altri.
15
13
C.f.r: L. Cottini, L’autismo a scuola. Quattro parole chiave per l’integrazione, Roma, Carrocci Faber ,
2011, p. 34.
14
Ibidem, p. 41.
15
L. Cottini, L’autismo a scuola, quattro parole chiave per l’integrazione, Roma, Carocci Faber,
2011, p. 41.
13
• Deficit primario nella relazione interpersonale: i bambini con autismo sembrano
non essere in grado di percepire le espressioni delle emozioni di chi si prende
cura di loro.
16
• Deficit delle funzioni esecutive: le funzioni esecutive proprie dell’agire umano
consistono in una serie di operazioni mediate dai lobi frontali, esse consentono il
controllo volontario del comportamento cognitivo e motorio.
17
Per Tim Shallice
18
i lobi frontali avrebbero svariate funzioni, tra queste: organizzare
le azioni in sequenze gerarchiche, promuovere il trasferimento dell’attenzione sul-
l’informazione più rilevante,
attivare strategie appropriate e di inibire quelle inadeguate; ciò avverrebbe grazie
ad un’organizzazione mentale su due livelli: il primo comprende gli schemi già ac-
quisiti per affrontare situazioni note (controllo automatico), il secondo consente di
affrontare situazioni nuove tramite l’attivazione coordinata di più schemi (controllo
volontario). I deficit delle funzioni di controllo si riscontrano in individui che hanno
subito danni ai lobi frontali e riguardano la mancanza di un comportamento organiz-
zato, espresso con la ripetizione inappropriata di precedenti azioni o pensieri, o senza
un fine preciso, di movimenti e parole e ancora con la ridotta capacità di pianificare
azioni efficaci al raggiungimento di scopi personali. Come afferma Sally Ozonoff,
19
alcuni aspetti dell’autismo ricordano i deficit delle funzioni esecutive dopo un
danno subito al lobo frontale.
• deficit di coerenza centrale: individua una difficoltà nelle operazioni di sintesi
e integrazione dell’informazione e delle sue componenti cognitive e af fettive.
• teoria della simulazione mentale: secondo la quale i bambini con disturbo autistico
16
Ibidem.
17
C.f.r: R. Job, I processi cognitivi, Roma, Carocci, 1998.
18
C.f.r: Shallice T., From Neuropsicology to Mental Structure, Cambridge University Press,
Cambridge-New York, 1988 (trad.it Neuropsicologia e struttura della mente, Bologna,
il Mulino, 1990).
19
M. Solomon, S. Ozonoff, S. Ursu, S. Ravizza, N. Cummings, Ly S, Carter C., The neural
substrates of cognitive control deficits in autism spectrum disorders, Neuropsychologia 47:
2515-2526, 2009.
14
funzionamento dei neuroni specchio è alterato, ciò impedisce loro di comprendere
le azioni delle persone vicine.
• prospettiva della “mente enattiva” ritiene che la causa delle difficoltà sociali
risieda molto spesso nella direzione dello sguardo indirizzato su aspetti irrilevanti,
questo non consentirebbe loro di comprendere le situazioni sociali.
20
1.4 Epidemiologia.
Al fine di inquadrare meglio le casistiche di questa sindrome, si riportano i seguenti dati:
• Inizio anni ‘80: 3-5 casi di autismo ogni 10.000 nascite, con prevalenza delle
forme insorgenti rispetto alle regressive.
• Metà anni ‘80: incidenza raddoppiata, con i casi di autismo regressivo pari a
quelli con manifestazioni evidenti sin dai primi mesi di vita.
• Anni ‘90: 30-35 casi di autismo su 10000, con le forme regressive in netto aumento,
sino a raggiungere il 75% dell’incidenza totale. (III congresso internazionale
“Micotossine ed autismo”)
Tale aumento è dato da una maggiore definizione dei criteri diagnostici, che vede
incluse anche le forme più lievi, dalla diffusione di procedure diagnostiche standar-
dizzate, dalla maggiore sensibilizzazione degli operatori e della popolazione in ge-
nerale e dall’incremento dei servizi.
21
20
L. Cottini, L’autismo a scuola, quattro parole chiave per l’integrazione, Roma, Carocci Faber,
2011, pag. 41.
21
C.f.r: L. Cottini, L’autismo a scuola, quattro parole chiave per l’integrazione, Roma, Carocci
Faber, 2011.