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Introduzione
“Gli uomini al Governo si sono abbeverati al mio Piano di Rinascita,
ma l’hanno preso a pezzetti. Io l’ho concepito perché ci fosse
un solo responsabile, dalle forze armate fino a quell’inutile Csm.
Invece oggi vedo un’applicazione deformata.”
(Licio Gelli, “L’espresso”, 18 giugno 2010)
Per la stragrande maggioranza è un criminale, altri invece lo rimpiangono per la prosperità e
la ricchezza che ha portato ad Arezzo, negli anni in cui era direttore della Lebole. Più volte è
stato accusato di essere stato coinvolto in stragi e omicidi che hanno macchiato la storia della
Repubblica negli anni ’70-’80 ma, di sentenze di colpevolezza ne ha ricevute ben poche.
È Licio Gelli, il Venerabile, il Conte come ama farsi chiamare, colui che negli anni della
strategia della tensione, della Prima Repubblica, deteneva un potere potenzialmente eversivo,
occulto rispetto a quello dello Stato. Come lui stesso ha dichiarato: “Noi eravamo uno Stato
dentro lo Stato”
1
. Esaminando le relazioni e le carte della Commissione Parlamentare
d’Inchiesta sulla P2 e, gettando un breve sguardo alla lista dei membri della loggia, è difficile
sostenere il contrario. Politici, magistrati, agenti delle forze armate nonché agenti dei servizi
segreti. Con mezzi alquanto discutibili costoro riuscirono ad ottenere tutto ciò che
desideravano, ma non riuscirono mai a raggiungere le condizioni necessarie per quel colpo di
Stato che Gelli tuttora rimpiange.
Dal momento che la strategia del “doppio Stato” si rivelò inefficace, la P2 e il suo Gran
Maestro decisero di intraprendere vie più sofisticate per il conseguimento dei lori obbiettivi
2
.
Fu in questo clima che venne elaborato il Piano di Rinascita Democratica
3
.
Dalla stampa ai sindacati, ai partiti politici, dall’economia alle istituzioni fondamentali dello
Stato: il Piano contemplava programmi e provvedimenti a breve, medio e lungo termine, volti
a rivitalizzare il sistema nei succitati settori, anche mediante eventuali ritocchi
1
Intervista del 21 febbraio 2012.
2
Cfr., Flamigni Sergio (a cura di), Trame Atlantiche: Storia della Loggia massonica
segreta P2, Kaos, Milano, 1996, p. 114.
3
In Appendice è riportato il testo integrale del Piano di Rinascita Democratica.
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costituzionali.
Lo scopo di questo elaborato non è di giungere ad affermare che negli anni della
Seconda Repubblica, e non solo, il Piano di Rinascita Democratica, preceduto dallo Schema
R,sia stato sviluppato e fatto proprio soprattutto da quella classe politica che con lui ha
condiviso il passato piduista, bensì di mostrare, sotto un profilo specificatamente politico,
riguardante nello specifico le istituzioni dello Stato, quanto forti siano le somiglianze tra il
Piano e i programmi elettorali, progetti di riforma e provvedimenti istituzionali che negli anni
si sono susseguiti.
L’elaborazione di questa tesi non è stata semplice, per la scarsità delle fonti dovuta ad una
carente trattazione del tema specifico. Oltre che sulla base del primo programma elettorale di
Forza Italia e della “grande riforma” di Craxi, il lavoro è stato condotto analizzando gli atti
dei lavori parlamentari, messi a disposizione nel sito web della Camera dei Deputati e del
Senato della Repubblica. Chiarimenti e specificazioni sul perché di determinati provvedimenti
mi sono stati direttamente forniti dallo stesso Licio Gelli in occasione di alcuni incontri.
La tesi si articola in due parti. La prima parte è dedicata alla trattazione dei contenuti dello
Schema R, piano redatto da Gelli nel 1975 e, ad una presentazione generale del Piano di
Rinascita Democratica. La seconda parte contiene il nocciolo duro dell’elaborato, l’analisi e la
comparazione, con i successivi provvedimenti, dei programmi previsti per le istituzioni dello
Stato: Magistratura, Parlamento, Governo e altri organi istituzionali.
Dalla comparazione risultano disarmanti le forti assonanze con il piano di Gelli. Che si tratti
di una mera casualità? È probabile. Ma, in cuor loro, sono in tanti ad augurarsi che queste
sorprendenti somiglianze siano solo frutto del caso, anche per il semplice fatto che si trattava
di un vero e proprio piano eversivo, se non addirittura di un piano dai contenuti golpisti. E
questo Gelli non l’ha mai nascosto.
Nonostante siano passati pressappoco trent’anni dallo scoperchiamento della loggia, ad
Arezzo questi temi sono ancora attuali. Sentendone parlare sia in casa che fuori, e
prediligendo tutto ciò che è coperto da un velo di mistero, decisi di approfondire questo mio
interesse nascente. Cominciai ad informarmi e, all’improvviso, giunse la svolta che mi ha
portato ad elaborare questa tesi: il primo incontro a Villa Wanda con Licio Gelli, quattro anni
fa. Oltre ai numerosi libri che Gelli mi ha regalato, riguardanti la sua passione poetica (per chi
non lo sapesse Licio Gelli è anche un poeta e uno scrittore, le decine di libri pubblicati ne
sono la prova, così come la sua candidatura al premio Nobel per la poesia e la letteratura nel
1996), a testimonianza di quell’incontro ho ancora fresco il ricordo della forte emozione che
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provai quando gli strinsi la mano per la prima volta, pensando che dinnanzi avevo il Gran
Maestro della Loggia massonica P2, un “pezzetto” di storia, uno scrigno pieno di segreti.
Sensazioni che si sono sempre nuovamente manifestate negli ultimi mesi, nel percorrere
quella stradina stretta, costeggiata da ulivi magari percorsa negli anni dai più potenti ed
influenti uomini degli anni della Prima Repubblica. Sono state, quelle, giornate intense,
conversazioni stimolanti in cui il Venerabile mi ha sempre concesso la possibilità di avere un
confronto con lui, in cui mi ha sempre permesso di manifestare le mie idee; sono stati
momenti nei quali ho sempre cercato di captare qualcosa, di cogliere un pensiero celato. E
forse a volte ci sono riuscita. I suoi “non ricordo”, seguiti da pause di silenzio e sorrisi
maliziosi, che parlavano da soli. Perché lui, a dispetto degli anni che porta, ha ancora una
memoria di ferro. “Ogni sera, sempre, ho scritto un appunto del giorno. Per il momento per
fortuna non mi servono, perché ricordo tutto. Però sono tranquillo perché gli appunti sono
lì”
4
. I suoi “non ricordo”? Sono segreti.
4
“La Repubblica”, 28 settembre 2003.
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Parte I
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CAPITOLO 1
1.1 Lo “Schema R”: Schema di massima per un risanamento del Paese.
“Lei mi dovrebbe scrivere qualcosa sul perché il popolo italiano è insoddisfatto”
5
: questa fu la
richiesta avanzata dal Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, al Venerabile Licio Gelli,
dalla quale scaturì poi lo Schema di massima per un risanamento del Paese. Così nell’agosto
del 1975, Licio Gelli mise lo “Schema R” nelle mani del segretario del Presidente, Nino
Salvini, il quale gli confidò che “quando Leone l’ha letto ha fatto un salto”
6
, per il suo
carattere fortemente rivoluzionario. Gelli si accinse subito a precisare che “R” non stava per
Rivoluzione, bensì per Risanamento.
Lo Schema di massima per un risanamento del Paese fu il risultato di considerazioni sull’esito
delle elezioni amministrative del 15 giugno 1975 dalle quali emerse “il grado di erosione del
consenso popolare alle forze politiche ed al tipo di regime parlamentare istauratisi in Italia a
partire dal dopoguerra”
7
. Il PCI rispetto alle elezioni politiche del 1972 (27,2%) guadagnò
quasi sei punti percentuali, assestandosi al 33.45%, la DC perse quasi tre punti percentuali,
fermandosi al 35,3%.
Il partito comunista si era contraddistinto, anche grazie alla clausola che gli impediva di
accedere a qualsiasi maggioranza di governo, la c.d. conventio ad excludendum, come il
partito degli onesti, in contrapposizione alla DC, il partito dei corrotti. I comunisti riuscirono
a raccogliere il malcontento di una popolazione che, oltre ad essere stata messa in ginocchio
dalla crisi economica strettamente connessa con la prima crisi petrolifera del 1973, non si
riconosceva più in coloro che detenevano il potere.
La disaffezione dell’opinione pubblica era legata all’incapacità dei governi di fronteggiare la
crisi economica mediante appropriate riforme. L’inflazione era salita al 17%, la produzione
era scesa drasticamente rispetto al 1974, la svalutazione avanzava. Industrie come la FIAT
furono costrette a ridurre la produzione, mettere in cassa integrazione migliaia di operai e a
diminuire le ore lavorative.
Da parte della DC si assistette in quegli anni alla lottizzazione delle cariche pubbliche, in
5
Intervista del 21 febbraio 2012 in Appendice.
6
Sandro Neri (a cura di), Licio Gelli, parola di Venerabile, Aliberti, Reggio Emilia, 2006, p. 177.
7
Schema R in Appendice.
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linea con il cosiddetto manuale Cencelli, in base al quale le posizioni politiche ministeriali
venivano assegnate al partito in proporzioni ai voti raccolti, e questo accadde anche al PSI:
tante cariche politiche quanto era il suo peso politico
8
. Si assistette pertanto ad una “corsa” ai
voti, promettendo agli elettori, inconsapevoli di cosa succedeva dietro le quinte della politica,
programmi che non sarebbero stati realizzati. Ciò che contava era solo la conquista del potere.
Inoltre il PCI dal 1956, in seguito al XX Congresso del PCUS, aveva scelto la via italiana al
socialismo, prendendo sempre più le distanze dalle direttive di Mosca, configurandosi come
un partito europeista, e con la direzione di Berlinguer a partire dal 1972, il partito accettò la
via parlamentare come unica strada per arrivare al potere.
Per far fronte al dilagare del comunismo, secondo il Venerabile, l’unica strada percorribile era
quella che contemplava un rinnovamento della DC, l’unico partito che poteva e doveva
“rappresentare […]un rilevante punto di riferimento politico e affrontare i gravi problemi e le
scelte di fondo che assillano il Paese”
”9
. Un rinnovamento che doveva prevedere
un’epurazione di tutti gli elementi corrotti che avevano contribuito a far cadere nel baratro il
partito.
A peggiorare le cose in casa DC fu la perdita dell’appoggio diretto della Chiesa. Dal 1942,
anno di nascita del partito cattolico, la Chiesa aveva sempre appoggiato la DC anche quando
quest’ultima decise di aprirsi al PSI, inaugurando la stagione dei governi di centrosinistra.
Nel 1969 venne approvato a larga maggioranza, nonostante il voto contrario della DC, il
progetto di legge sul divorzio, che metteva in discussione uno dei sacramenti fondamentali
della Chiesa, il matrimonio. Per tutta risposta, nel 1970, il partito cattolico si affrettò a far
approvare la legge che introduceva l’istituto costituzionale del referendum abrogativo. Il 12 e
13 maggio 1974 si tenne il referendum sul divorzio. I No vinsero con il 59,3% dei voti. Il
fallimento portò la Chiesa a distaccarsi dal partito cattolico, il quale si rese conto che nel
paese la maggioranza era diversa rispetto a quella che era al governo, per quel che concerneva
questioni etiche e morali.
Lo scenario politico che si inaugurò con le elezioni amministrative del 1975 non era roseo per
il partito cattolico. Qualsiasi prospettiva politica favoriva il PCI. Qualora la DC, alle elezioni
politiche del 1976, avesse deciso di non tener di conto i risultati usciti dalle urne nel 1975,
8
Cfr. Colarizi Simona (a cura di), Storia del Novecento italiano, BUR, Milano, 2000, p. 434.
9
Schema R in Appendice.
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con grande probabilità l’elettorato si sarebbe allontanato sempre più dal partito, le tensioni
interne sarebbero accresciute a dismisura, il PSI sarebbe scivolato verso il PCI e questa
situazione di forte instabilità politica sarebbe culminata con la fine anticipata della Legislatura
e l’avvio di nuove elezioni, dalle quali le forze opposte al comunismo sarebbero uscite
fortemente indebolite. Qualora invece la DC, avesse deciso di cedere al PCI allora “una simile
conclusione potrebbe significare la scomparsa della DC come Partito Organizzato”
10
.
Inoltre altre due erano le questioni che dovevano essere prese in considerazione.
In primo luogo, le crescenti tensioni sociali legate alla crisi economica, nei confronti delle
quali, a causa dell’instabilità politica, sarebbe stato difficile prendere provvedimenti.
In secondo luogo l’impatto che un’eventuale vittoria del PCI alle elezioni politiche
successive, avrebbe avuto sulla scena internazionale. L’Italia si trovava, nella visione
americana, in una posizione strategica nell’Europa Occidentale. Rappresentava un ponte e,
allo stesso tempo teneva unite all’Occidente la Grecia e la Turchia, regioni circondate o da
paesi comunisti indipendenti dall’URSS o da stati satelliti. La deriva comunista italiana
avrebbe compromesso lo schieramento strategico occidentale nel Mediterraneo e avrebbe
indebolito la distensione USA-URSS che stava avendo luogo negli anni ’70 (basti ricordare la
riduzione concordata degli armamenti strategici con il SALT I del 1972 che fu
immediatamente seguito da negoziati per il SALT II). Inoltre avrebbe dato forza ai movimenti
comunisti in Portogallo, in un periodo di forte instabilità interna, legata anche alla crisi
economica. Ed infine, dato di non poco conto, l’ingresso del PCI al governo in Italia avrebbe
contribuito ad aumentare le ingerenze sovietiche in Jugoslavia, Paese che sin dal 1948
l’URSS non era riuscita a gestire grazie alla lotta per l’indipendenza dalla capitale russa e alla
volontà di Tito di non voler guidare un Paese satellite sottomesso a Mosca.
Dall’analisi politica e sociale del Paese, Gelli ravvisò la necessità di un intervento urgente da
parte del Presidente della Repubblica mediante la “revisione della Costituzione del 1948 per
trasformare l’Italia da Repubblica parlamentare in Repubblica presidenziale”
11
. Il Presidente
della Repubblica doveva però, continuare ad essere eletto dai Grandi Elettori per aver la
certezza di essere appoggiato da una solida maggioranza. Gelli ha sempre considerato la
democrazia un tumore poiché la frammentazione del potere preclude la possibilità
10
Ibidem.
11
Ibidem.
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di giungere ad un accordo. Gelli, nello spiegarmi le motivazioni che lo spinsero ad optare per
il presidenzialismo, non si è mai sottratto dall’affermare la superiorità della cosiddetta
“Democrazia di Pericle”
12
, dimostrando come, con una “democrazia a partito unico”
13
,
Pericle sia stato in grado di garantire prosperità economica e ordine sociale. Egli riuscì a
governare dal 460 a.C. al 429 a.C., senza ingerenze, attuando un poderoso piano di riforme e
assicurando i diritti a tutti i cittadini, ma cadde a causa dell’eccessiva propensione ad
accrescere la sfera d’influenza ateniese all’estero.
L'ipotesi presidenziale sarà poi una dei punti nevralgici della cosiddetta Grande Riforma,
presentata da Bettino Craxi con un editoriale su “L'Avanti”, intitolato “Ottava Legislatura”
nel settembre 1979. Il sistema presidenziale craxiano si differenziava da quello di Gelli nelle
modalità di elezione del Presidente, il quale doveva essere eletto dai cittadini, in modo tale da
assicurare da un lato, la presenza di due coalizioni alternative, ciascuna delle quali
rappresentante un candidato e, dall'altro, “rafforzare l'istituto del Presidente della Repubblica
e cioè del Capo della Nazione che interamente la rappresenta continuando ad esercitare la sua
funzione di arbitro e di garante della vita istituzionale con il massimo grado di prestigio e
autorità che può conferirgli un sistema democratico”
14
. Del resto “Craxi era un ottima statista,
aveva il coraggio e l'ha dimostrato perché lui sapeva del Piano di Rinascita. Da lui c'era il
beneplacito in tutto e per tutto”
15
.
L’argomento tornerà di nuovo alla ribalta nel maggio del 2001, quando l’onorevole Spini
presenterà una proposta di legge costituzionale mirante a modificare il Titolo II della
Costituzione, riguardante il Presidente della Repubblica. Nel presentare e motivare la sua
proposta, Spini sostiene che la figura del Presidente della Repubblica, nel corso degli anni, si
è evoluta rispetto a quella concepita in seno alla Costituente, acquisendo poteri decisionali
sempre maggiori. Pertanto, tale evoluzione deve essere necessariamente accompagnata da una
legittimazione popolare, possibile solo mediante elezione diretta. A tale scopo, nello
specifico, Spini propone la sostituzione dell’art. 83, comma 1, Cost. ai sensi del quale “il
Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri”, con il
seguente : “il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto”
16
.
12
Cfr. Intervista del 21 febbraio 2012.
13
Ibidem.
14
Acquaviva Gennaro e Covatta Luigi (a cura di), La “grande” riforma di Craxi, Marsilio,
Mestre-Venezia, 2010, p. 258.
15
Intervista del 2 maggio 2012.
16
Senato della Repubblica, Proposta di legge costituzionale dell’onorevole Spini, n. 260.