IX
proteggere le prostitute da situazioni di sfruttamento e dipendenza e
per creare una possibilità di normalizzazione della prostituzione
all’interno della società.
1
CAPITOLO I
Profilo storico-sociale della prostituzione
1. La prostituzione dai tempi antichi ai nostri giorni
1.1. Nel mondo antico
La prostituzione non era conosciuta dall’uomo che viveva allo
stato isolato e selvaggio.1 “La donna primitiva” - osserva Adolfo
Petiziol - “non poté prostituirsi mai perché il concetto di prostituzione
implica un contesto di rapporti sociali e culturali che l’uomo
antichissimo non aveva.”2 Gli uomini vivevano nella più ampia
promiscuità sessuale.
Frammento in terracotta con il rapimento di Ganimede
1
Mancano documenti diretti da cui poter desumere l’esistenza di una prostituzione primitiva. Tra
gli studiosi del fenomeno non manca, tuttavia, chi è di diverso avviso, v. F. Bernocchi,
Prostituzione e rieducazione, Cedam, Padova, 1966, p. 15 ss.; P. Dufour, Storia della prostituzione di
tutti i popoli del mondo dall’antichità più remota sino ai tempi moderni, Perrin, Torino, 1857, p. 10.
2
A. Petiziol, La prostituta. Profilo psicologico storico-sociale, Edizioni Nazionali, Roma, 1962, p. 15
ss.
2
Giove, che pure aveva sposato Giunone ebbe molte altre avventure amorose: innamoratosi di Leda,
per amarla, si trasformò in un cigno ed invaghitosi del giovane Ganimede, tramutatosi in aquila, lo
rapì e lo portò sull’Olimpo.
La prostituzione è sesso in cambio di denaro, è un fenomeno che
incarna una dinamica rispondente alle leggi di mercato, concetto
peraltro tipicamente moderno.
La prostituzione è, quindi, nata “col costituirsi dell’umana vita
sociale3 e si sviluppò assieme ai traffici ed alle leggi che governano il
civile consorzio. Esistette presso tutti i popoli, e da tutti i popoli fu
reputata nociva all’istituto della famiglia, che è il primo nucleo dello
stato sociale”.
Oltre alla prostituzione commerciale si conoscono, dell’antichità,
due forme di prostituzione ritualizzata: la prostituzione sacra e la
prostituzione cosiddetta ospitale. La prima è legata al culto della
fecondità; la donna riceve un dono in danaro che devolve al tempio al
fine di richiamare su di sé il favore della divinità.4 La seconda consiste
nell’offerta della donna all’ospite che ricambia con regali al padrone di
3
A. Bellini, “Misure di prevenzione e di redenzione riguardanti la prostituzione dalle epoche
remote ai tempi nostri”, in Giornale Italiano di Dermatologia e Sifilologia, VI, Milano, 1941, p. 79.
4
F. Bernocchi, op. cit., p. 16 ss. Il rito sacro e l’offerta all’ospite sono impropriamente definiti
prostituzione dagli storiografi ma la donna in questi casi non è da considerare una prostituta poiché
le manca l’iniziativa ed il compenso, che andava al tempio e al padrone di casa; per una vasta
panoramica sulla prostituzione sacra, cfr. G. Di Capua, Puttane degli dei. La prostituzione sacra
presso i popoli antichi, Scipioni, Valentano (VT), 1998.
3
casa. Oggi, le forme di prostituzione sacra ed ospitale sono, ancora,
riscontrabili presso le abitudini di qualche popolo selvaggio.
Il fenomeno della prostituzione pagana è stato affrontato dai
legislatori dell’antichità in vari modi. Presso i greci la prostituzione era
considerata “un fatto naturale ed utile alla società,”5 poiché doveva
provvedere ad appagare l’istinto sessuale del maschio e
contemporaneamente preservare l’illibatezza delle donne destinate al
matrimonio.
E’ stato Solone (ca 594 a. C.), il legislatore che ha istituito in Atene
la prima casa di prostituzione, i cui proventi costituivano “un utile
introito per la polis”.6 Le prostitute di condizione inferiore esercitavano
in tali case chiuse autorizzate, erano donne straniere o schiave e non
godevano di diritti civili. “Accanto a loro, ma con un costo maggiore,
c’erano le etère” che partecipavano “a banchetti e feste, dove
ballavano, suonavano, cantavano e intrattenevano gli ospiti.”7
5
Cfr. A. Bellini, op. cit., p. 80.
6
La posizione giuridica delle prostitute è espressione dell’androcentrismo, ideologia che considera
il sesso maschile superiore e dominante mentre la donna è soggetta ai suoi bisogni e alle sue
esigenze. Si veda I. Mereu, voce “Prostituzione (storia)”, in Enciclopedia del diritto, XXXVII,
Giuffrè, Milano, 1988, p. 440 ss.
7
I. Mereu, op. cit., p. 441 ss.
4
A Roma dapprincipio non c’erano se non meretrici della classe più
bassa (postribula), ed in seguito, per effetto degli intensificati contatti
con il mondo greco si diffuse, specialmente dopo le guerre puniche, la
categoria delle cortigiane (meretrices),8 corrispondente alle etère
greche.
Risale ai Romani9 l’obbligo per le prostitute di farsi iscrivere in uno
speciale registro; inoltre, il tenutario di un lupanare doveva ottenere una
licenza speciale. Con l’imperatore Caligola, invece, le meretrici furono
soggette al pagamento di una tassa consistente nell’ottava parte dei
proventi.
Giustiniano, sotto l’influsso della moglie Teodora, che aveva in
gioventù esercitato il meretricio,10 dettò disposizioni per favorire la
redenzione delle prostitute e tentò di colpire con rinnovato rigore il
lenocinio.
8
Notizie sulla prostituzione romana si hanno anche da monumenti: a Pompei sono stati trovati due
lupanari. La parola “lupanare” viene da “lupa”, termine con cui il popolino definiva le prostitute.
Secondo A. Petiziol “nulla esclude che la mitica lupa allattante che è ancor oggi l’emblema di Roma,
non fosse per nulla la femmina del lupo, ma una donna di malaffare”. A. Petiziol, op. cit., p. 34 ss.
Cfr., anche, E. Fornaciari, Donne di piacere nell’antica Roma, Edis, Roma, 1995.
9
I. Mereu, op. cit., p. 442. E’ interessante rilevare come, nel mondo greco e romano, la donna libera
di condizione e cittadina di nascita non esercitava mai il meretricio.
Per un’analisi dei testi legislativi dell’Impero romano si rinvia al testo di A. Sicari, Prostituzione e
tutela giuridica della schiava. Un problema di politica legislativa nell’Impero romano, Cacucci
Editore, Bari, 1991.
10
A. Petiziol, op. cit., p. 36 ss.
5
La Chiesa, pur condannandola, considerava la prostituzione come
un peccato minore da tollerare, per evitare mali peggiori; infatti, “i
Vescovi e i Concilii si astennero sempre dal proporre l’abolizione del
meretricio”.11
Secondo l’insegnamento di Sant’Agostino,12 gli uomini avrebbero
in ogni caso continuato a cercare rapporti sessuali al di fuori del
matrimonio anche se la prostituzione fosse scomparsa: ciò non
avrebbe fatto altro che provocare forme estreme d’immoralità e
perversione.
“E’ il seme del concetto di tolleranza che - proprio per giustificare
l’attività meretricia - comincia a farsi presente, e che finirà con l’essere
il sostegno ideologico più valido per tutte le leggi e i provvedimenti in
favore del meretricio, organizzato o no.”13
1.2. Nell’età medioevale
11A. Bellini, op. cit., p. 81.
12
Sul punto, con bibliografia di fonti dirette, I. Mereu, op. cit., p. 443 ss.; cfr., anche, F. Ciapparoni,
voce “Prostituzione (diritto romano e intermedio)”, in Novissimo Digesto Italiano, XIV, Utet,
Torino, 1967, p. 229.
13
I. Mereu, op. cit., p. 443.
6
L’atteggiamento dei principi attraversò fasi alterne, ora di eccessiva
severità, ora di larga tolleranza. La Chiesa, invece, continuò nei suoi
sforzi per convertire le meretrici e riportarle sulla buona strada: furono
fondati monasteri speciali per le convertite, furono istituite fondazioni
di ogni genere.
L’imperatore Carlo Magno emanò, nell’809, il capitolare De
disciplina palatii aquisgranens, con cui si ordinava agli ufficiali di
palazzo di ricercare le donne che si prostituivano nelle dimore reali e di
condurle nella pubblica piazza per fustigarle. I Carolingi aggravarono
via via le pene passando al taglio delle orecchie, al marchio col ferro
rovente, all’immersione nell’acqua gelida.14
Nonostante i vari tentativi di soppressione, la prostituzione dilagava
e le meretrici si organizzavano a loro volta in corporazioni particolari.
Enrico II, a Londra, nel 1161, e Filippo Augusto, a Parigi, agli inizi
del XIII secolo,15 riaprirono le case di tolleranza. Da allora ogni città
europea aveva regolari postriboli nel senso che tutto era regolato dalla
14
Cfr. F. Ciapparoni, op. cit., p. 230.
15
M. Parisi, “La prostituzione”, in gli altri, fondato da Rosanna Benzi, n. 3 del 1996, sito internet:
http://www.publinet.it/editoria/glialtri/3/prost.html
Per la situazione francese, si veda, J. Rossiaud, La prostituzione nel Medioevo, Laterza, Roma-Bari,
1984.
7
legge: orari, permessi d’uscita, giorni di riposo. L’ondata di
legalizzazione era dovuta alle crescenti esigenze di autofinanziamento
degli stati. Anche nei Comuni italiani furono itituiti postriboli comunali
che venivano “dati in appalto al miglior offerente”.16
Fu persino creata una magistratura sugli affari del meretricio in
alcuni Comuni, come a Lucca, Firenze, Genova e Milano. A Napoli fu
fondata “una gabella o corte delle meretrici” in cui sedeva, oltre al
giudice, il “padrone, o affittatore dei diritti”.17
Datano al secolo XIV anche le prime preoccupazioni sanitarie.18 Il
bordello installato in Avignone per iniziativa di Giovanna I, regina delle
Due Sicilie e contessa di Provenza, riceveva la visita di un medico due
volte la settimana; se le meretrici erano trovate infette, venivano
cacciate. Inoltre, erano previste particolari cautele nel caso di
gravidanza, sia per la donna, sia per il nascituro.
La Chiesa19 assunse una posizione ufficiale nei riguardi del
meretricio al Concilio Ecumenico di Trento, nel 1565, dove furono
16
I. Mereu, op. cit., p. 444 ss.
17
Ibid. Per un’analisi del fenomeno della prostituzione nella città di Firenze, si veda M.S. Mazzi,
Prostitute e lenoni nella Firenze del Quattrocento, Il Saggiatore, Milano, 1991.
18
A. Bellini, op. cit., p. 82.
19
A. Petiziol, op. cit., p.45 ss.
8
dettate una serie di restrizioni e di punizioni come il dover indossare un
abito particolare, il confinarsi in località loro assegnate, lontano dai
centri abitati. Tuttavia, tali misure non si proponevano la soppressione
del meretricio, fenomeno tollerato dalla Chiesa.
La prostituzione comparve anche al seguito degli eserciti, regolari e
mercenari; infatti, durante le Crociate, vere e proprie schiere di
prostitute accompagnavano gli eserciti verso la Terra Santa per il
sollievo dei soldati.
1.3. Nell’età moderna
La comparsa delle malattie veneree, in particolar modo della
sifilide, durante il Cinquecento, e il rigorismo moraleggiante seguito alla
Riforma e alla Controriforma, influirono a modificare radicalmente
l’atteggiamento degli stati di fronte al fenomeno della prostituzione.
I postriboli pubblici furono chiusi, e si rinnovarono quasi
dappertutto i tentativi per sopprimere il meretricio. Di fronte alla
sostanziale inutilità dei suddetti provvedimenti20 si passò a comminare
20
“Prostituzione”, in Enciclopedia Microsoft® Incarta® 2000. (c) 1993-1999 Microsoft Corporation.
Per un’approfondita analisi della prostituzione nell’età moderna, si rinvia a, R. Canosa, I.
9
gravi sanzioni alle libere prostitute. Così, a Parigi, nel 1635,
un’ordinanza reale prevedeva che le prostitute fossero flagellate, rasate
e bandite a vita, senza alcun processo. Ma anche questa volta le misure
restrittive non riuscirono a debellare né la prostituzione né le malattie
veneree.
Di fronte al persistere del fenomeno21 e alla diffusione della sifilide
si sostituì alla proibizione il controllo sanitario. In quasi tutta Europa e
in alcuni Paesi extraeuropei si sottoposero le prostitute a controlli
medici periodici, era inoltre necessaria l’autorizzazione per le case di
tolleranza e la schedatura delle loro “pensionanti”.
Tra le varie regolamentazioni, degna di menzione è quella adottata
in Francia tra il 1802 e il 1823 da Napoleone I, perché diventerà il
modello normativo che “i Paesi civili”22 imiteranno. Tale
regolamentazione23 prevedeva il rilascio di un permesso speciale alla
Colonnello, Storia della prostituzione in Italia dal Quattrocento alla fine del Settecento, Sapere 2000,
Roma, 1989.
21
“Prostituzione”, in Enciclopedia Microsoft ® Encarta ®, cit.
22
Si trattava di una regolamentazione imposta dalla necessità della guerra. Napoleone I aveva
bisogno di soldati sani ed efficienti, non contaminati dalle malattie veneree. Vedi A. Petiziol, op. cit.,
p. 48 ss. Per un ulteriore approfondimento della prostituzione nel XIX secolo, cfr. A. Corbin, Donne
di piacere, miseria sessuale e prostituzione nel XIX secolo, Mondadori, Milano, 1985.
23
Con la rivoluzione francese, la donna rivendicava pari dignità e libertà sessuale, di qui l’affermarsi
dell’ideologia “abolizionista”; di contro nacque il movimento dei “tenutari” che sostennero la
conservazione delle case di tolleranza. Ideologia quest’ultima che predominerà a lungo. Cfr. I.
Mereu, op. cit., p. 444 ss.
10
prostituta che veniva, in tal modo, schedata e la concessione di una
licenza d’esercizio per le maisons de tolérance, che erano soggette,
quanto all’ordine pubblico, al controllo della polizia. Le “produttrici di
piacere” venivano settimanalmente controllate da ufficiali sanitari e se
trovate infette ricoverate d’autorità. La prostituzione divenne, in tal
modo, “servizio di Stato”.
Fu Camillo Benso, conte di Cavour, che il 15 febbraio del 1860
emanava24 in Italia il “Regolamento del servizio di sorveglianza sulla
prostituzione”, rifacendosi ai regolamenti napoleonici. Lo scopo era di
controllare igienicamente la prostituzione e tale regolamento comportò
la nascita delle “case di tolleranza”, così chiamate perché tollerate dallo
Stato.
Nel 1888, con il “regolamento Crispi”, furono apportate alcune
modifiche che miravano alla profilassi delle malattie veneree. Crispi
abolì le visite e cure obbligatorie, che divennero volontarie, e convertì
in reato, la detenzione coatta di una donna, anche se entrata
24
“Le case erano divise in tre categorie: prima, seconda e terza, la legge fissava le tariffe che
andavano dalle cinque lire per le case di lusso, alle due lire per le case popolari. Per aprire un
bordello era necessaria una licenza, i tenutari dovevano pagare le tasse.” Cfr. A. Bonomi, “La
prostituzione dai tempi antichi ai giorni nostri,” in Costume “Arcobaleno”, anno 2, n. 43, sito
internet: http://www.antoniabonomi.net/costume/casechiuse1.htm
11
volontariamente in casa di tolleranza.25 Nel 1891, infine, fu predisposta
una nuova normativa, il “regolamento Nicotera”, in una posizione
intermedia tra quello di Cavour e quello di Crispi. 26
Durante il periodo fascista fu introdotto il tesseramento delle
meretrici libere, quelle cioè che non esercitavano in case, oltre ad una
nuova regolamentazione data con due decreti (r.d. 25 marzo 1923, n.
846; r.d.l. 25 marzo 1923, n. 1207) e il testo unico di leggi di pubblica
sicurezza, artt. 190-208 (r.d. 18 giugno 1931, n. 773) con relativo
regolamento.27
La Gran Bretagna adottò misure di prevenzione delle malattie con il
“Contagious Diseases Prevention Acts” nel 1864. Ben presto, però, si
levarono voci a favore dell’abolizione di ogni forma di disciplina
proprio in Inghilterra, grazie a Josephine Butler, moglie del canonico di
Winchester. La Butler28 affermava importanti principi civili, tra i più
rappresentativi, bisogna ricordare: “Non esistono mali necessari, non
esistono rifiuti della società, la libertà è indispensabile”. Ottenne
25
I. Mereu, op. cit., p. 446 ss. E’ interessante ricordare che il suddetto regolamento vietava
l’apertura delle case in prossimità di asili, scuole e luoghi di culto. Inoltre le persiane della casa
dovevano restare sempre chiuse, di qui il nome di “case chiuse”.
26
Per un approfondimento sul regolamento Nicotera, cfr. M. Gibson, Stato e prostituzione in Italia, Il
Saggiatore, Milano, 1995.
27
Si rinvia al Capitolo II e a G. Fusco, Quando l’Italia tollerava, Canesi, Roma, 1965.
12
l’abolizione degli Acts nel 1886, e fondò la federazione britannica per
l’abolizione della prostituzione che poi porterà alla nascita, a Ginevra,
della F.A.I. (Federazione Abolizionistica Internazionale) nel 1872,
federazione che ancora oggi si batte per l’abolizione delle leggi che
disciplinano la prostituzione.
Un ulteriore passo in avanti fu compiuto dalla Società delle
Nazioni, e successivamente dall’ONU, la quale affermava, nella sua
Carta costitutiva, i principi della dignità e del valore della persona
umana.29
In seguito, molti paesi hanno abrogato ogni forma di
regolamentazione ed ordinato la chiusura dei bordelli. In Italia, nel
1958, furono chiuse definitivamente le case di tolleranza grazie alla
legge Merlin (legge 20 febbraio 1958, n. 75).
Accanto ai Paesi che hanno abolito integralmente le leggi sulla
prostituzione (tra cui l’Italia, il Belgio, la Francia, per citarne alcuni), ve
ne sono altri che hanno scelto per un’abolizione parziale, poiché
vietano le case chiuse ma prevedono il controllo e il tesseramento delle
28
F. Bernocchi, op. cit., p. 6 ss.
29
Cfr. F. Bucalo, voce “Meretricio”, in Enciclopedia del diritto, XXVI, Giuffrè, Milano, 1976, p. 130.
13
prostitute (Grecia). In altri Paesi, invece, è presente ancora un’accurata
regolamentazione (Austria, Germania).30
La prostituzione è considerata, invece, reato in Stati come l’Irlanda
e gli Stati Uniti31 mentre, nella maggior parte del mondo, ciò che è
illegale è l’adescamento e lo sfruttamento, o il fatto di “vivere di risorse
immorali”, e non la prostituzione in sé. Oggi, quindi, è dato riscontrare
realtà legislative diverse che vanno da rigidi schemi legali alla radicale
proibizione.
Particolare di una pianta topografica del 1700 dell’agro di Lucera, con l’indicazione del
cosiddetto “Ponte delle puttane” sulla strada per Foggia.
30
Per un’analisi della normativa sulla prostituzione in Europa, cfr. Ministère de l’Interieur et de
l’Amenagement du territoire, Prostitution et proxénétisme en Europe, a cura di A. Cazals, La
Documentation française, Parigi, 1995.
31
F. Bernocchi, op. cit., p. 7 ss. Sono pochi i paesi ancora convinti di poter eliminare la
prostituzione. Si suole affermare che la prostituzione sia il “mestiere più vecchio del mondo”, e si
potrebbe aggiungere che si tratta di un mestiere che non scomparirà mai, considerati i vari tentativi
volti ad eliminarla e non riusciti nell’intento.