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INTRODUZIONE
Negli attuali contesti competitivi, caratterizzati da un grande dinamismo, le
previsioni circa l’evoluzione degli scenari concorrenziali richiedono la raccolta e
l’elaborazione di una grande mole di informazioni. Il successo della gestione è
influenzato da una serie di variabili, sia interne all’impresa, legate al processo di
creazione del valore per il cliente, sia esterne ad essa su cui non è possibile
esercitare un controllo diretto. Per prendere decisioni razionali non sono
sufficienti i soli dati economico-finanziari tipici del controllo di gestione
tradizionale ma bisogna analizzare e monitorare i fattori che possono
determinare il successo o l’insuccesso di un impresa: i fattori critici di successo.
Il nuovo controllo di gestione, per ottenere una maggiore efficacia, deve
monitorare le variabili che possono influenzare la redditività, agli elementi
tradizionali quali gli indicatori economici-finanziari si affiancano indici circa la
soddisfazione della clientela, il rapporto con i fornitori e le dinamiche
competitive del business di riferimento analizzati in un ottica di causa-effetto.
Nell’ elaborato si ha un’introduzione del sistema di reporting analizzando gli
aspetti generali e le finalità del reporting stesso, con le varie caratteristiche e
limiti. Successivamente si parla del sistema informativo inteso come un
“sottosistema” del sistema impresa. Le informazioni sono oggetto di successive
elaborazioni per fornire sintesi economico-finanziarie destinate a soddisfare le
esigenze informative degli interlocutori interni ed esterni all’azienda; le
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informazioni così elaborate sono comunicate ai vari destinatari mediante un
insieme di prospetti informativi, tempestivi e sintetici in grado di assicurare al
management l’attendibilità dei risultati raggiunti, che prendono il nome di
report. Le informazioni che si ottengono vengono suddivise in informazioni tese
a soddisfare esigenze esterne e informazioni tese a soddisfare esigenze interne.
Pertanto si analizza il reporting interno che fornisce indicazioni sugli
avvenimenti della gestione e sui mutamenti delle condizioni ambientali, che
l’azienda sta affrontando. Il Sistema di Reporting Interno rappresenta lo
strumento per comunicare alla direzione, secondo i diversi gradi di
responsabilità, le informazioni economico-finanziarie e fisico-tecniche
rappresentative degli andamenti gestionali. Si passa poi ad esporre l’importanza
del sistema informativo aziendale grazie al quale le informazioni rilevanti, dopo
essere state elaborate, passano attraverso l’organizzazione fino a raggiungere il
vertice. Un sistema informativo efficiente deve fornire indicazioni chiare ed utili
per l’attore cui sono desinate, è fondamentale un reporting che sia in grado di
aggregare le informazioni in modo da permettere la più agevole interpretazione
possibile. Partendo dalla premessa che il reporting tradizionale non è più in
grado di fornire il giusto supporto al management, si analizzano i riflessi dei
cambiamenti sul sistema di reporting interno infatti la crescente importanza
conferita alla creazione del valore e alla capacità di soddisfare il cliente, induce i
responsabili aziendali alla sperimentazione di nuovi strumenti amministrativi di
misurazione. Si studia come i fattori critici di successo, ovvero le variabili
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strategicamente rilevanti, possono essere quantificati e monitorati in un
documento per fornire dati utili ai decisori e viene descritto il reporting per
variabili chiave ed in particolare si analizzano la balanced scorecard che
rappresenta la metodologia di reporting evoluto più usata. Un modello di
supporto alla gestione aziendale da diversi anni all’onore delle cronache è il
Balanced Scorecard; nato come strumento di misurazione bilanciata dei risultati
tramite indicatori di natura non solamente economico-finanziaria, è stato in
seguito sviluppato fino a diventare una componente essenziale nel processo di
comunicazione, realizzazione e revisione della strategia. Sono due i principi
cardine del modello che, favoriti dalla specificazione degli obiettivi istituzionali
lungo le linee gerarchiche aziendali, ne hanno guidato l’evoluzione: da una parte
la focalizzazione di ogni decisione intorno ai principi raccolti nella mission e
dettagliati dalla strategia, dall’altra, l’allineamento dei comportamenti verso il
raggiungimento di risultati coerenti tra loro. A partire da queste considerazioni,
con il lavoro che segue si è inteso verificare due ipotesi antitetiche ma correlate
cui lo stato dell’arte non ha ancora trovato soluzione definitiva.
Innanzitutto, considerato il forte impatto che l’introduzione del modello di
performance management provoca sia sulla struttura che sui sistemi e sui
processi, rappresentando di fatto e affinché il suo funzionamento si riveli
efficace, un momento di cambiamento organizzativo, ci si è chiesti se un’analisi
dettagliata degli elementi tipici dell’azienda potesse giovare alla sua
implementazione. Si è osservato che la funzione aziendale di programmazione e
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controllo possiede il migliore accesso alle informazioni e, spesso, in
conseguenza di ciò, la capacità di indirizzare efficacemente gli elementi
caratteristici di un’organizzazione nella direzione perseguita. Si analizza poi
anche un secondo modello che è conosciuto con il termine di Tableau de Bord
che è uno strumento sviluppato in Francia per migliorare il processo decisionale
e si colloca al di fuori della gerarchia del controllo, in altri termini si compone di
informazioni ricavate a tutti i livelli aziendali e all’esterno, che sono utili per
influenzare il processo decisionale del responsabile. Per questo motivo, tale
strumento non è vincolato da regole di elaborazione quindi i tempi e i modi sono
completamente svincolati da logiche e schemi preordinati. Infine, si analizza il
monitoraggio della gestione con differenti prospettive per un moderno sistema di
reporting infatti è stata intrapresa una strada che presenta ampi margini di
miglioramento e perfezionamento. Si rileva inoltre che i nuovi modelli di
reporting sperimentati sono applicazioni che in passato erano considerate
improponibili, mentre adesso con l’ausilio dell’information tecnology sono
realizzabili. In altri termini, aumentano le occasioni d’impiego di differenti
tipologie di architetture di reporting.
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I. Aspetti generali del reporting
1.1 Le finalità del reporting
Il reporting rappresenta lo strumento mediante il quale attuare il controllo
concomitante e quello consuntivo. Ciò significa che da esso ci si può attendere
un duplice contributo: da un lato, la capacità di segnalare alla direzione, nei
tempi e nei modi dovuti, se l’azienda è allineata ai corsi d’azione predefiniti in
sede di programmazione annuale; dall’altro, un aiuto nella valutazione delle
prestazioni manageriali. Si tratta di due finalità diverse, sebbene collegate, che
impongono al sistema di reporting un’articolazione differenziata, cosi come
differenziati sono i parametri di controllo corrispondenti. In particolare, mentre
il reporting del primo tipo ( reporting informativo) deve evidenziare con
tempestività il sorgere dei problemi nelle aree critiche della gestione, il reporting
orientato alla valutazione delle performance deve soprattutto rispecchiare le
responsabilità di ciascuna posizione nel grado di conseguimento degli obiettivi.
Le differenze fra i due tipi di reporting possono essere sia di contenuto, sia di
frequenza. Per ciò che riguarda il primo aspetto, si fa rilevare che mentre il
reporting informativo può contenere anche variazioni non controllabili da una
certa unità organizzativa, purché rilevanti per le decisioni che il manager può
assumere in base ad esse, nel reporting finalizzato alla valutazione delle
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prestazioni devono comparire i risultati conseguiti a fronte delle sole variabili
che il manager gestisce in maniera significativa in relazione alle deleghe di cui
dispone. Quanto alle differenze nella frequenza di compilazione, si osserva che i
report informativi hanno in genere una periodicità mensile, fatta salva
l’opportunità di conformare la stessa al valore segnaletico di ciascuna variabile,
che può richiedere una presentazione a scadenze che si discostano in più o in
meno rispetto alla norma. La frequenza dei rendiconti per la valutazione delle
prestazioni è invece minore, per esempio trimestrale o addirittura semestrale, e
funge da “check-point” intermedio in vista della consuntivazione annua, della
valutazione formale ad essa correlata e dell’eventuale corresponsione
dell’incentivo.
1.2 Il reporting economico-finanziario: caratteristiche e limiti
Fino ad anni molto recenti, il reporting direzionale è stato sinonimo di reporting
economico-finanziario ed è stato imperniato sulle note tecniche di analisi degli
scostamenti tra profitto programmato e profitto consuntivo. Esso si propone di
mettere in luce, con gradi di analisi più o meno spinti, le cause elementari che
hanno determinato una variazione tra risultato di budget e risultato effettivo,
cause riconducibili a variazioni di volume, mix, prezzi di acquisto, prezzi di
vendita, efficienza, spesa. Un’altra caratteristica del reporting “tradizionale”
consiste, inoltre, nel tradurre le cause di scostamento in termini monetari, cosi
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da evidenziare algebricamente il concorso di ciascuna di esse alla variazione
globale di profitto.
Il limite di fondo del reporting economico tradizionale può essere identificato in
una “incapacità costituzionale” a svolgere un ruolo efficace di guida alle
decisioni manageriali durante la gestione, segnalando alla persona giusta, nei
tempi e modi più opportuni, dove e come intervenire per riallineare l’azienda ai
traguardi prefissati, o per ridefinire i traguardi stessi. Questo limite strutturale
può essere meglio specificato con riferimento ai punti seguenti.
Il reporting tradizionale è focalizzato sulle variabili da cui dipende la
redditività nel breve periodo e non sempre nel modo più consono alle
esigenza conoscitive della direzione. Variabili come la qualità, il livello di
servizio, l’innovazione, la tipologia delle fonti di approvvigionamento, il
morale, l’immagine e altre ancora possono essere determinanti per tutelare
la capacità competitiva dell’impresa, ma non trovano posto nel reporting
direzionale ( cosi come non lo trovano nei parametri di controllo
tradizionali ). È ben vero che queste variabili si riflettono prima o poi
sulle determinanti elementari del profitto ( volumi, prezzi, mix,
efficienza), ma è altresì vero che tale legame non risulta con l’
immediatezza e la rilevanza necessari a chi deve valutare
tempestivamente il posizionamento competitivo dei business e
dell’azienda.
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La traduzione in forma monetaria propria dell’analisi degli scostamenti, se
ha il pregio di quantificare l’impatto sul profitto di ogni sua componente
elementare, spesso non ha l’efficacia segnaletica di un indicatore non
monetario o operativo. La percentuale di scarti e rilavorazioni, il volume
fisico di produzione o di vendita possono evidenziare determinanti
andamenti gestionali meglio dei corrispondenti scostamenti di efficienza o
di volume. Si noti che questi indici non sono una novità nel panorama del
reporting, ma relativamente inconsueto sarebbe il loro inserimento
nell’ambito dei report ad uso direzionale, in quanto il loro impiego è stato
sinora circoscritto ad un controllo di tipo operativo.
La scarsa selettività è un altro limite di cui soffrono i sistemi di reporting
più diffusi. Il prevalere di misure sintetiche, la tendenza ad una visione
onnicomprensiva e alla ripetitività impediscono di focalizzare l’attenzione
sulle aree veramente critiche in una dato contesto. L’aver sostituito la
percentuale di scarti e rilavorazioni allo scostamento di efficienza non
conferisce al reporting maggiore efficacia operativa se tale informazione
media situazioni significativamente diverse a livello di reparto o di linea;
ben più rilevante sarebbe un’informazione mirata su quelle aree che per
motivi strutturali e contingenti sono determinanti nell’influire
sull’efficienza del processo produttivo.
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1 Cfr. L. Zamprogna, Sistemi di pianificazione e controllo, cit., p. 201.
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Un’altra critica riguarda il fatto che le modalità consuete di aggregazione
dei dati per unità organizzativa impediscono di cogliere l’esatta portata di
fenomeni per loro natura interfunzionali, con il rischio di favorire
l’adozione di provvedimenti dei quali non si è in grado di valutare
appieno il rapporto costi – benefici.
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Si segnalano, infine, le possibili distorsioni causate da modalità
semplicistiche di ripartizione delle spese generali. Si tratta di un problema
che risiede nelle tecniche stesse della contabilità analitica, ma di cui non
può non risentire il reporting che da tale fonte è ampiamente alimentato.
Dunque, il reporting tradizionale è stato molto criticato in quanto si noti come i
limiti evidenziati rispecchino analoghi inconvenienti segnalati sia nell’ambito
della contabilità dei costi, sia in quello dei parametri economici di controllo. Ciò
non stupisce affatto se si considera che il reporting, attingendo da entrambi i
sistemi, non può che rifletterne le carenze.
I suggerimenti finalizzati a una revisione dei sistemi di reporting direzionale
attualmente più diffusi sono riconducibili a due modalità d’intervento. La prima
si propone di conferire al sistema maggior selettività e rilevanza, agendo
soprattutto sull’individuazione di un sistema di indicatori-chiave, intesi sia come
parametri di controllo sia come indicatori di variabili che si pongono in un
2 Cfr. A. J. Nanni, J. G. Miller, T. E. Vollmann, What Shall We Account for?, cit.