metamòrfosi: s. f. [dal greco metamòrphðsis = trasformazione] 1. Trasformazione di un essere o di un oggetto in un
altro di natura diversa, come elemento tipico di racconti mitologici o di fantasia, spesso consacrati in opere letterarie,
specialmente del mondo classico.
[Devoto-Oli, Dizionario della Lingua Italiana, Le Monnier]
morphing: abbreviazione di metamorphosing è il procedimento di dissolvenza mediante il quale un’immagine si
trasforma gradualmente in un’altra; un’effetto speciale di distorsione di immagini in movimento che si ottiene con il
c omput er tr a f ot ogr ammi o tr a oggetti tridimensionali in ambit o cinema t ogr afic o e inf orma tic o .
[Mariella Lorusso, da If I were in your Mocassins, in ZoneModa Journal n°1]
<Diversamente dalla disconnessione del collage che ha caratterizzato gran parte di questo secolo, il “morphing” è
il dispositivo più recente. Laddove il collage semplicemente giustappone materiali da contesti diversi, il “morphing”
agisce su di essi, attraversandoli e miscelandoli. Fedeli alle tecnologie delle loro rispettive epoche, il collage è mecca-
nic o , men tr e il “ morphing ” è alchemic o . La sfinge , il lupo mannar o , il gar gouille ed il grif one sono le masc ott e di quest o
tempo. Il “morphing” ha un carattere genetico, non chirurgico; più simile all’ibridazione genetica che al trapianto. Se il
collage ha enfatizzato le differenze ricontestualizzando il familiare, l’operazione di “morphing” confonde lo sconosciu-
to in modi che illuminano somiglianze inattese.>
[Marcos Novak, voce Morphing, in The Metapolis Dictionary of Advanced Architecture]
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INTRO
Punto di partenza e di ispirazione per questa argomentazione sono le immagini della campagna pubblicitaria Etro dell’Inver-
no 1997|98, cr ea ta dal f ot ogr af o Christ opher Griffith ed in tit ola ta Animen, immagini a loro volta nate partendo dagli studi di
fisiognomica di La v a t er e D ella P or ta riguar dan ti la somiglianza tr a uomo e animale . I personaggi r affigur a ti v engono chiama ti
Aniumini e sono il risultato di una composizione a livello visivo tra due mondi estranei, in netto contrasto: quello umano e quello
animale appun t o , che si c ompenetr ano in quest e f ot ogr afie in un ’unione insolita di par ti ana t omiche . Quest o gruppo familiar e di
corpi umani dalle teste di animali selvatici elegantemente vestiti illustra l’alto spirito bohémien del marchio Etro. Rappresentan-
do i suoi car a tt eristici c olori brillan ti e i suoi ricchi t essuti, questa campagna r affigur a un ibrido curioso di uomini e animali che
ci ricorda la nostra comunione con la natura. Un contrasto netto tra due modelli comportamentali, quello civilizzato dell’uomo e
quello selv aggio dell’animale; la c on taminazione , tan t o impor tan t e nella filosofia della st orica azienda E tr o: in tr ecci e tr asf orma-
zioni; la visione di due mondi da una nuo v a angolazione . E di quest o si vuole parlar e in un ’esplor azione di affinità, c onnessioni,
assonanz e e dissonanz e fino ad arriv ar e ad una pr oposta pr ogettuale .
<L’aspetto animale si sovrappone a quello umano, l’accento cade sul gioco reversibile delle identità, sul tentativo di nascondersi
dietro una faccia zoomorfa che può diventare metafora di quello che si vorrebbe o non si vorrebbe essere.>
[Karin Andersen, in Animal Appeal]
La ricerca storica è un punto fondamentale nell’ispirazione di ogni collezione Etro, ed ecco perché la scelta per la proposta pro-
gettuale ricade proprio su quest’azienda; dall’ispirazione visiva con la campagna Animen, all’associazione concettuale al tema
delle Metamorfosi. Da sempr e influenz e di mondi passa ti hanno detta t o gli stili a ttuali per la maison milanese , che di v olta in
volta rielabora un pezzo di storia in una nuova collezione. Così nel linguaggio Etro, globalizzazione è un modo di integrare cultu-
r e e stimoli diff er en ti. La c on tinua ric er ca e sc oper ta di nuo v e iden tità cultur ali, unitamen t e alla r affina t ezza del classic o , det er-
mina un nuovo modo di concepire la moda. Un continuo di tradizione ed innovazione unitamente a segni antichi e modernità. Il
gusto per il taglio sartoriale miscelato con una pungente e non certo velata ironia: ecco la Nuova Tradizione, parola chiave della
famiglia E tr o <un segno fluido che sc orr e tr a v ecchio e nuo v o , rielabor ando il tutt o , riv oluzionando la r otta pur r estando anc or a ti
ai capisaldi dello stile. La combinazione tra lo stile classico e nuove soluzioni, forme e materiali.> [dal sito Etro.it]
Suggestioni storiche e fusioni alchemiche caratterizzano l’incessante ricerca della famiglia Etro, in particolare di Kean Etro, il
“ f ollett o ” della maison. Un immaginario da fiaba, giochi di par ole , ir onia, t esti an tichi ed immagini sofistica t e ed ariose per un
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marchio che ha saputo contaminare o “ibridare” al meglio tradizione storica familiare e con le tensioni del contemporaneo. Ed è
da questa costante interazione con la storia che nasce l’idea di utilizzare le Metamorfosi di Ovidio, come punto di ispirazione per
questa ricerca. Metamorfosi quindi a livello storico, con i racconti del poeta latino, e a livello contemporaneo, analizzando concet-
tualmente dove oggi troviamo le metamorfosi dell’uomo, e qual è la sua ibridazione con l’animale, così come viene raccontato
nel poema. Uno stimolo alla creatività progettuale dato da racconti ed immagini, accostamenti imprevedibili, emozioni allo stato
puro, nell’ibridarsi di corpi e specie narrate dal poeta latino. Il passato ed il futuro legati tra loro da uno stimolo progettuale per
un’azienda come la Etro che ha sempre avuto una propensione verso le più splendide, e nel contempo innovative, manifestazioni
della cultura e della bellezza, in questo caso si può dire anche di specie.
A livello progettuale la scelta creativa ricade sul mondo della calzatura, analizzandone a livello antropologico e psicologico tutti
i suoi significa ti; dal piede calza t o all’ossessione tutta al f emminile per quest o acc essorio-oggett o di cult o . Si vuole pr oporr e
quindi una collezione di calzature per Etro, grazie anche all’esperienza di stage svolta internamente all’azienda con la quale si è
potuto vedere in prima persona il lavoro di ricerca che precede ogni collezione, principalmente per i tessuti e quindi per l’abbi-
gliamento, ma anche per la pelletteria e le calzature. L’intenzione di proporre una collezione di calzature deriva anche dal fatto
che, tra tutti gli accessori di pelletteria sviluppati internamente alla maison con un ampio bagaglio di studio a livello stilistico, il
sett or e calza turier o è quello in t er essa t o in misur a minor e dallo sviluppo pr ogettuale dell’ufficio stile E tr o , in quan t o le scarpe per
l’azienda sono disegnate da terzi. Si vuole quindi apportare uno studio stilistico per una visione che possa maggiormente essere
c oer en t e e amplifica ta c osì c om ’è per il r est o del sett or e pellett eria E tr o .
E la pr oposta di pr ogett o v errà pr esen ta ta sott o una nuo v a immagine , a par tir e dai pr ot otipi sfila ta per sviluppar e una c ollezio-
ne commerciale di calzature donna. La trasposizione tra un concetto, quello di metamorfosi e l’oggetto calzatura è lo stimolo
progettuale e spunto nell’espressione creativa: metamorfosi da e tra uomo e animale, metamorfosi tra diversi tipi di pelle, me-
tamorfosi psicologica data dall’indossare accessori. Vestito di cuoio, il piede ricongiunge la nostra natura al mondo animale. Così
avviene l’unione tra due mondi, un’ibridazione tra specie distinte in un continuo alternarsi, simbiosi tra due identità opposte e
c omplemen tari. La c ongiunzione di elemen ti diff er en ti e nello st esso t empo affini. L'esa tta r appr esen tazione della filosofia E tr o
con una nuova simbologia, una nuova modalità di presentazione di un oggetto per un’azienda ancorata storicamente su solide
basi, un nuovo modo di rivalutare un prodotto ed elevarlo grazie ad una nuova proposizione al pubblico.
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Còrpo: s.m. Dal latino corpus -oris 1. Quantità di materia limitata da una superficie e definita da una proprietà che le conferiscono
una individualità. ~generic. Oggetto materiale. 2. Il fisico dell’uomo (contrapposto all’anima).
Identità: s.f. Dal latino tardo identitas -atis, der. di idem ‘medesimo’ 3. Il senso del proprio essere come entità distinguibile da tutte
le altre.
[Devoto-Oli, Dizionario della lingua italiana, Le Monnier]
<Metamorfosi come dispositivo concettuale sul quale si fondano processi creativi e metodi d’indagine della contemporaneità.
Mutamento del corpo non soltanto chirurgico ma anche genetico, immaginario creato artificialmente, sovrapposizione di parti
e finzione. Nuova alchimia di corpi ed identità. Non alterazioni corporali nelle quali si è per secoli risolta la volontà di modificare
forme e proporzioni al fine della bellezza, bensì azioni volte a generare stati ibridi e processi cangianti che sfidano limiti e dissol-
vono confini, anche tra specie esistenti. Non body modification inflitta alla carne, ma pelle emozionale che plasma la complessità
della superficie. È l’estasi, intesa come perdita dei propri confini di coscienza e fusione con l’essere divino.>
[Mario Lupano, Nelle Terre del Morphing in ZoneModa Journal n°1, Pendragon, Bologna, 2009]
La moda è ontologicamente “morphing” nella manipolazione delle immagini, dei corpi, delle silhouette e del linguaggio. Tutto
nella moda è sempre in continua metamorfosi; alterazione dei ritmi e dei confini raggiungibili, delle stagioni, insinuazione del
cambiamento nell’ingegneria genetica delle collezioni, così come nella vita di tutti i giorni. Un processo dove gli ambiti culturali,
i registri ed i modelli si mescolano sempre più tra loro. È progettare e riconoscersi in un rivestimento elastico, mutante e costan-
temente temporaneo.
Un tempo uomini trasformati in animali per volere del Fato o degli Dei, oggi gli ermafroditi di Matthew Barney, le anamorfosi di
Hussein Chalayan. 17
CAP. 1 _ METAMORFOSI, CHE COSA CAMBIA?
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WEAR YOUR IBRIDATION
Opere e vestiti per un’identità mutante: confini in cui la moda produce progetti di corpi e dove l’arte mette in discussione anato-
mie ed identità. Pratiche contemporanee di modificazioni del corpo assumono il senso di una critica nei confronti delle strategie
globali di anestesia culturale e di globalizzazione dell’immagine-corpo. Mutare permanentemente il corpo è uno dei tentativi di
autocreazione, di “ri-mettersi al mondo” , generando ed inventando sulla propria morfologia, sulla propria anatomia.
Alieni, cyborg, animali, organismi e meccanismi che si fondono… l’anatomia non è più un destino, e la parola chiave non è
più evoluzione ma ibridazione… lo stupore come valore… compenetrazione di esperienze, contaminazione conoscitiva tra
l’osservatore e l’osservato, vicendevolmente soggetti e oggetti dello sguardo, della conoscenza, delle congiunzioni. Uno stato di
eccitazione sensoriale che crea relazioni fulminanti, eccessive, complesse… intrecci sensuali che sovrappongono corpi ai corpi.
L’arte come un virus si propaga e contagia i corpi del quotidiano, la vita salta le separazioni dei linguaggi e le nuove identità
mutanti indossano le loro ibridazioni. E l’arte entra nel corpo, lo plasma, lo modifica, lo esibisce, ne mostra gli umori ed i segreti,
lo apre a nuove e più intense possibilità. Tableaux vivants di vite immaginarie, interpreti di storie di follia metropolitana. Il punto
di partenza è la varietà materiale di questi corpi, le molteplici forme e sembianze che assumono sospinti da una frenesia di tra-
sformazione, di alterazione di coordinate e di esplorazione di limiti e risorse, realizzazione di un desiderare/si che si compie nella
radicalità del mettersi in gioco con la propria pelle e con il proprio sangue.
Corpi come soggetto e oggetto di mutazioni, luoghi di un’ibridazione sempre più evidente, imminente ed irrevocabile. E la moda
lancia una sfida che è innanzi tutto per gli occhi, sedotti da una percezione imposta che fa saltare la rappresentazione norma-
lizzata del corpo finora trasmessa come dato assunto dai media. Una sfida concettuale che costringe a ripensare ai termini del
rapporto tra il corpo ed i suoi confini, tra il corpo e le sue modalità di produrre senso, tra il corpo e il desiderio.
Un’arte come marchio di ibridazione che si concentra sul divenire anziché sull’essere, che si dispone ad osservare il soggetto
attraverso l’evidenza di un processo che si sta compiendo, corpi trasformati che vivono i sistemi alterati di quest’epoca che ha
smesso di inseguire gli incubi della preservazione della specie. L’ibridazione è lo strumento del processo di divenire del corpo e
del suo mutare in altro, corpi ibridi come risultato della combinazione di elementi diversi.
[FAM Francesca Alfano Miglietti, in Virus Moda]
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CORPO FLUSSO | CORPO MUTANTE
I corpi che la moda mostra non hanno nulla di carnale. Corpi nudi e pelle offrono un’alternativa agli abiti. Decorazione, ornamen-
to nella performance vestimentaria possono realizzarsi attraverso il corpo e le sue componenti.
La moda fin dai suoi esordi ha goduto di relativa libertà rispetto alle forme del corpo, mentre il corpo e i vestiti sono sempre
stati in un rapporto dialogico nel quale la forma corporea ha esercitato un’influenza sulla moda e viceversa. Con la definizione di
società moderna e globalizzata questo rapporto si rafforza, si riscrive seguendo nuovi linguaggi e codici di ibridazione; il corpo
diventa abito e l’abito corpo o pelle.
Negli ultimi anni si è affermato un modello di corpo manipolato, non più opera “della natura” ma progettazione dell’uomo, oggi
sempre più socialmente accettato e adottato in uno stato di variazione permanente. È lo stato del “corpo flusso” , ovvero, come
sostiene Eleonora Fiorani, un corpo nomadico che non ha confini, né identità fisse. Deve diventare artefatto, costruzione proget-
tuale, una sorta di schermo parlante, che trasmette attraverso codici sociali qualcosa di sé; ciò fa del corpo un fascio di relazioni,
un oggetto sconfinato e sterminato, un corpo inquieto in continuo divenire, si può dire metaforico.
Il corpo che diventa protagonista è un corpo in costruzione, curato e decorato è <protesi di se stesso, doppio affascinante ed in-
quietante, scrittura storica e naturale, capace di proiettare su di se i sogni propri e altrui di essere insieme soggetto ed oggetto>.
[Ugo Volli]
Come sostiene Vanni Codeluppi, il corpo tende a fluire liberamente verso l’esterno disseminandosi nel sociale, gli indumenti
diventano espressioni di desideri, le narrazioni si caricano di significati sociali che attingono a più universi e molteplici forme di
sensorialità. Ed è in questo fluire che il corpo si realizza nei processi di ibridazione come corpo mutoide. La mutazione, l’effimero
e il cambiamento non riguardano più solo l’abito ma investono direttamente il corpo. Esso si frammenta per poi ricostruirsi come
un qualcosa di “altro” , si moltiplica in numerose varianti caratterizzate dall’utilizzo dei materiali più diversi e dall’incontrarsi di
suggestioni apparentemente incompatibili. Diventa soggetto e luogo di mutazione, salta la normale rappresentazione del corpo
finora trasmessa. É contenuto ma anche contenitore, rispecchia la società ma in esso la società si riflette.
Non c’è più un ordine regolare, soggetto ed oggetti indossati non rispondono alle classiche leggi che vogliono un rapporto
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univoco in cui il primo utilizza i secondi per rappresentarsi nella società; gli oggetti ora, nella fusione ideale con il corpo, creano
identità e l’immagine di chi li indossa. Il corpo che si definisce ora è dunque un corpo che deve necessariamente rispondere a
questa flessibilità, deve essere un corpo “basico” atto a rispondere alle molteplici declinazioni imposte, conforme al desiderio di
bellezza della società in cui vive ma pronto a qualsiasi mutamento. L’ibridazione è la chiave, e il nuovo corpo riesce a farsi carico
di tutti i significati che l’atto vestimentario gli attribuisce; è un corpo nudo, porta di accesso per infiniti processi di significazione.
Ecco la necessità di ricostruzione dopo la de-costruzione, il self-fashioning per ricreare e ricercare uno stile personale che ci
contraddistingue e ci rende unici dagli altri, ma che allo stesso tempo, ci fa appartenere ad un gruppo così come ci fa prendere le
distanze da un altro. Self-fashioning come ricerca del nostro Io perduto e frammentato nella complessità della società attuale in
nuove culture e nuove dinamiche.
Da qui la ripresa di elementi identificativi; di uno o più stili che cerchiamo di adottare, di “fare nostro” per il bisogno di riaffermar-
ci, per trovare una nostra identità.
Il corpo diviene l’elemento essenziale su cui scrivere, disegnare, pitturare, tagliare, bucare… diventa l’oggetto ideale di ogni for-
ma espressiva, che cambia estetica e contenuto. È ora il prodotto di una contaminazione di linguaggi e significati che si ibridano
e si sovrappongono creando incertezze e complessità senza significati univoci e precisi. C’è un disorientamento, una perdizione
da cui nasce il bisogno di riaffermarsi e definire la propria identità. Ci ricamiamo addosso un’infinità di identità e indossiamo
tante maschere quanti più ruoli intendiamo assumere.
Tutto ci appare più vicino, ora indossiamo mondi che un tempo ci sembravano irraggiungibili, incontaminati come quello
animale; oggi questi assumono nuove connotazioni, li assoggettiamo alle realtà in cui viviamo, donandogli nuova vita e nuove
significazioni. L’etnico, l’esotico, il teriomorfo respirano le nuove atmosfere della post-modernità. La nostra identità rinasce in
una esplosione di forme e fogge.
Si trovano quindi i nuovi corpi ibridi che il corpo mutoide rende possibile. Iniziano a scomporsi e moltiplicarsi in numerose
varianti: alcune caratterizzate dall’utilizzo dei materiali più diversi e altre dall’attenzione alle diverse popolazioni umane e specie
animali che dominano il contemporaneo. Diventa soggetto e luogo di mutazione, salta la rappresentazione normalizzata del
corpo finora trasmessa.
Oggi l’essere vivente è diventato materia di fabbricazione attraverso le scienze che permettono la lettura, la trascrizione e la
copiatura delle sequenze molecolari di ciascuna specie; il corpo contemporaneo, dunque, può essere scomposto in moduli e 22
ricomposto, sconfinando in identità ogni volta differenti e sempre meno “umane” .
Ma continuamente manipolato e deformato per essere adeguato a modelli esterni alla propria natura, il corpo può anche ribel-
larsi. Perché ciò che da esso si rimuove (o si aggiunge) non può comunque essere del tutto eliminato. La ricerca ossessiva della
bellezza può quindi portare a disordini di tipo psicologico che ricadono sul fisico, come ad esempio i sempre più diffusi disordini
alimentari, che rappresentano un tentativo, talvolta inconscio, di affermare la propria identità e raggiungere un traguardo di
bellezza inarrivabile. Non è un caso, inoltre, che si stia diffondendo la cosiddetta sindrome dismorfica (Body Dismorfic Disorder)
ovvero il rigetto da parte di un individuo per un elemento del proprio corpo percepito come un difetto, un impedimento al
raggiungimento dell’agognata perfezione.
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LA RICERCA DELL’IDENTITÀ
Il corpo è il mediatore tra noi e il mondo, un "habitus" a contatto con l’esterno, una vera e propria interfaccia grazie alla quale l’Io
di un individuo si costituisce in modo più o meno esplicito.
Poiché l’atteggiamento antropopoietico è quello attraverso il quale definiamo la nostra identità anche agendo sul corpo modifi-
candolo, si può dire che l’identità personale si costruisce con un’operazione di progettazione del corpo e della sua significazione.
Il corpo diventa un elemento plastico, materia plasmabile in base alle norme sociali che emergono o in base alla percezione che
l’individuo ha di esse. È una tabula rasa, tableaux vivant su cui si può scrivere di tutto.
È vero però che tra tutte le possibili identità assumibili che emergono con forze differenti a seconda dei casi, dei momenti e dei
contesti, alcune sembrano esercitare maggior peso su di un individuo. Ogni idea di tipologia identitaria stabile può diventare un
tormento, in un momento temporale come il nostro secolo, ormai mutevole. Ogni fuga da un’identità imposta è un accessorio,
inteso come qualcosa al di fuori di noi stessi, che ci appartiene ma non fa parte di noi. Le caratteristiche individuali tendono ad
essere appianate in nome di un dovere essere prettamente pubblici e conformi all’estetica vigente. In quanto individui mutanti
siamo condannati al supplizio di una ricerca costante di nuove identità, a volte pienamente riconoscibili, altre volte nascosti
dietro alle maschere che siamo obbligati ad indossare.
<Gli esseri umani diventano duttili, disponibili ad assumere identità diverse, a cambiare identità a seconda dei momenti, dei
contesti, delle opportunità e necessità: il dilemma che tormenta uomini e donne di oggi non è tanto come conquistare le iden-
tità scelte e come farsele riconoscere dalle persone vicine, quanto piuttosto quale identità scegliere e come rimanere all'erta e
vigili in modo da poter fare un'altra scelta nel caso che la prima identità venga ritirata dal mercato o spogliata dei suoi poteri di
seduzione.>
[Zygmunt Bauman, La società individualizzata. Come cambia la nostra esperienza]
La nostra identità viene rappresentata, illustrata come processo di costruzione e negoziazione di significati, dove il referente em-
pirico rimane sempre il nostro corpo, che materializza l’identità in pratiche o racconti. L’individuo scambia “pezzi” della propria
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identità per rendersi credibile e sentirsi accettato nella comunità a cui fa riferimento, identificandosi in sfere emotive e cognitive
in un viaggio visto come uno spazio liscio dove tutto è un divenire difficile ed incerto.
Gli elementi di sovrapposizione e osmosi tra le diverse identità sono in realtà gli elementi su cui si sviluppa storicamente il pro-
gresso della società attuale. Elementi di interfaccia, di scambio, di sovrapposizione e di contaminazione. L’identità della società
contemporanea può essere definita “liquida” , dove gli ambiti di formazione dell’individuo sono vari e multisensoriali. L'identi-
ficazione è dunque il prodotto di decisioni, più o meno consapevoli, automatiche, implicite, e dà luogo a identità anche molto
diverse, che convivono nello stesso individuo.
L'identità muta continuamente, siamo noi che tentiamo di cristallizzarla in una scheggia temporale, ma un attimo non siamo più
gli stessi di prima. È il fascino di una diversità che si accetta come tratto individuale, unico e irripetibile. Le maschere di silicone
applicate ai volti, più che nascondere, mostrano, fanno emergere tutta l’intensità degli sguardi e delle espressioni dimostrando
che la deformazione può essere un valore, capace di esprimere con forza le differenze tra ogni individuo.
<La moda diventa forma moda che plasma la nuova società attraverso il proprio incessante bisogno di consumare significati,
prima ancora che oggetti materiali.>
[Gilles Lipovetsky, L'impero dell'effimero. La moda nelle società moderne]
L’abito diventa una mascherata in grado di gestire una molteplicità d’identità sociali. Diviene un “testo aperto” interpretato in
modo diverso da ciascuno. Un’aggregazione caotica di codici utilizzati come mezzo per esprimere relazioni all’interno e fra i
gruppi e segmenti sociali e per indicare reazioni e rivoluzioni.
Ogni uomo è come un attore sul palcoscenico della vita quotidiana, che dichiara chi è, si gioca la “faccia” , l’immagine, impegnan-
dosi in una continua contrattazione con gli altri attori e con il pubblico. La scelta dell’abito è collegata all’identità frammentata
e alle strategie dell’attore, che è costretto a barcamenarsi tra molteplici personaggi, prendendo a volte le distanze dal proprio
ruolo per farne emergere di nuovi.
L’universo della moda è dunque il luogo delle differenze personali in cui l’identità compiuta è in realtà il rapporto variabile di
un equilibrio sociale instabile, scandito euforicamente dai cicli del tempo, frutto della perenne ricerca di un’illusoria apparenza e
degli atteggiamenti emotivi e contradditori dell’animo umano. 26
<L’abbigliamento può facilmente servire da metafora visiva per l’identità.>
[Fred Davis, Moda. Cultura, identità, linguaggio]
Esso riveste un ruolo importante nella costruzione sociale dell’identità; riveste la nostra apparenza, dà spazio alle varie parti di
ognuno; è un immenso serbatoio di significati che si può manovrare o ricostruire in modo da esaltare il proprio lavoro individua-
le. Nella società complessa le identità sociali di una persona sono numerose e spesso contraddittorie; c’è un’incertezza d’identità.
Il corpo diventa il surrogato di queste identità e subisce un continuo lavoro di costruzione e decostruzione; il corpo diventa un
progetto, testimonianza leggibile di quello che vogliamo fare di noi, del senso che diamo a quella parte di noi che vogliamo
mettere a disposizione degli altri, ciò che vogliamo comunicare e mostrare.
Le identità si ibiridano in carenza di modelli condivisi e alla sovrabbondanza di modelli contradditori prodotti dalla cultura
massmediale. La perdita di imperativi morali universali, i recenti mutamenti sociali, economici, culturali, la contaminazione di at-
teggiamenti, la trasversalità degli stili di vita, la crescente sensibilità a trend sociali esterni e alle influenze culturali globali, hanno
portato alla frammentazione sociale e alla conseguente frammentazione della moda e delle identità.
Questa pluralizzazione dei modi di vita ha determinato nell’individuo uno stravolgimento nel rapporto tra l’Io e il mondo al
punto che l’identità dei soggetti si disperde. Le dimensioni dell’Io non rappresentano più un dato certo, sono un’incognita in cui
la metamorfosi appare l’unica risposta a un mondo che chiede di moltiplicare i volti, i linguaggi e le relazioni. Una dimensione
caratterizzata da un attraversamento continuo fra mondo reale e virtuale.
Nel luogo delle differenze o delle identità perdute è possibile sperimentare o giocare con la propria identità, creare percorsi in-
crociati, nascondersi sotto la maschera dell’abito e del corpo, assumendo un’identità del tutto provvisoria. La moda dunque crea
identità e modi di essere, produce differenze e destini incrociati. Presa coscienza del paradigma della contemporaneità, caratte-
rizzato dall'ibridazione culturale, dalla giustapposizione e dal sincretismo, la società moderna si pone come un non-luogo, in cui
l'identità, nelle sue forme storiche, durature e tradizionali, non può più radicarsi, ma darà spazio a nuove formazioni identitarie,
favorite dagli artisti, invitati a creare nuovi aspetti di radicamento attraverso lo scambio e il confronto con materie artistiche
diverse.
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