Introduzione
Il presente lavoro ha ad oggetto il ruolo del collegio sindacale di una società
quotata, così come è stato ridisegnato dopo le diverse riforme che hanno coinvolto
l’istituto, soprattutto alla luce delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 39/2010. In
particolar modo, detto decreto, attraverso cui è stata profondamente riformata la
revisione legale dei conti, ha inciso sul collegio sindacale ampliandone i doveri. In
merito l’aspetto problematico che si vuole affrontare è legato al nuovo ruolo del
collegio sindacale sancito dall’art. 19 D.Lgs. 39/2010. Tale previsione statuisce che il
collegio sindacale di un ente di interesse pubblico (e dunque di una società quotata)
si identifica con il comitato per il controllo interno e la revisione contabile che ha il
compito di vigilare, tra l’altro, sulla revisione dei conti annuali e dei conti
consolidati.
Con l’attribuzione di questi nuovi compiti, il collegio si ritrova in una
posizione di centralità nel sistema dei controlli, non solo (ormai) con riferimento al
controllo sull’amministrazione, ma anche per ciò che concerne la revisione legale dei
conti.
Sin dai primi commenti, si rileva, inoltre, come le funzioni del comitato ai
sensi dell’art. 19 D.Lgs. 39/2010, collimino con quelle che sono proprie del
(vecchio) comitato per il controllo interno raccomandato dal Codice di
Autodisciplina di Borsa Italiana S.p.A. Come si vedrà, la nuova edizione del Codice
di Autodisciplina di dicembre 2011 ha tentato di risolvere il problema, assottigliando
le aree di sovrapposizione dei due comitati.
Questo lavoro è quindi dedicato all’analisi della disciplina concernente il
collegio sindacale, focalizzando in modo particolare l’attenzione sul delicato compito
del collegio in veste di comitato per il controllo interno e la revisione contabile. Nel
corso della trattazione si cercheranno di evidenziare le maggiori novità introdotte
dalla nuova disciplina, nonché i problemi interpretativi e le criticità che la sua
concreta attuazione solleva.
Nel primo capitolo di questa tesi si ripercorre l’evoluzione della disciplina
dell’istituto sindacale – dalla sua istituzione, risalente al lontano 1882, ad oggi –
analizzando gli aspetti peculiari introdotti da ogni riforma e le problematiche sottese.
Il secondo capitolo è interamente dedicato ai doveri spettanti al collegio
sindacale di una società quotata. Si tratta di disposizioni dal contenuto piuttosto
complesso e articolato, che non di rado sollevano dubbi interpretativi e criticità di
ordine sistematico che verranno approfondite nel dettaglio in questo capitolo: i
doveri del collegio sindacale sono, infatti, di amplissimo contenuto, che hanno come
proprio punto di riferimento ogni tipo di normativa legale e regolamentare. Nel corso
del capitolo si cercherà di ridisegnare anche il complesso sistema dei controlli
societari, anche alla luce delle ultime novità: la legge di Stabilità (l. 12 novembre
2011, n. 183) e il Codice di Autodisciplina di dicembre 2011. Infine si tenterà di
fornire una possibile interpretazione delle funzioni di vigilanza del collegio sindacale
ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. 39/2010.
Si affrontano nel terzo capitolo il tema della circolazione delle informazioni
all’interno della società quotata, prestando particolare attenzione al ruolo
fondamentale che il collegio assume nel dialogo, non solo, con tutte le figure presenti
all’interno dell’organizzazione societaria, ma anche nei confronti dell’autorità di
vigilanza.
Nel quarto ed ultimo capitolo si è scelto di concentrare l’attenzione sui
penetranti poteri dei sindaci, poteri che consentono all’istituto sindacale di svolgere
efficacemente le proprie funzioni di vigilanza, e sul rapporto dialettico che si instaura
tra collegio sindacale e soci. In questo capitolo si cercherà quindi di illustrare il ruolo
referente, sia verso gli azionisti sia verso la Consob, del collegio sindacale
nell’interesse, non solo dei soci di minoranza, ma dei creditori e dei terzi in genere.
CAPITOLO I
Dall ’unicità del controllo del Collegio Sindacale alla rinnovata
centralità del Collegio nei sistemi dei controlli
1.1 Collegio Sindacale monopolista per lungo tempo dei controlli societari
«Singolare storia è quella del collegio sindacale, l’organo di controllo delle
società per azioni. Rammenta la storia di quegli strani esseri, di cui si legge nei libri
di storia naturale o nella letteratura, che nascono deformi sbilenchi, pressoché inetti e
inutili, e che, pure, sembrano possedere una incredibile vitalità e resistenza; negletti,
aborriti, vilipesi dai più; da pochi amati, ma ciecamente ed acriticamente»
1
.
Per quasi un secolo, perlomeno dal 1882 al 1975, il collegio sindacale è stato
monopolista del sistema dei controlli sulle società di capitali
2
, malgrado i difetti
dell’impianto “collegio-centrico” siano emersi sin dalla sua progettazione.
Il collegio sindacale, quale organo interno della società, entra ufficialmente
nell’ordinamento societario italiano con il codice di commercio del 1882, anche se
precedentemente, l’istituto aveva avuto una certa diffusione nella prassi statutaria.
Con l’istituzione del collegio e l’abolizione, per le società anonime,
dell’autorizzazione governativa, i sindaci sono chiamati a svolgere quelle funzioni di
controllo sulla legalità dell’amministrazione, specie sotto il profilo contabile
3
, prima
devolute alla vigilanza pubblica.
1
Cit. DOMENICHINI, Il collegio sindacale nelle società per azioni, in Trattato Rescigno, Utet,
1985, XVI.
2
QUAGLIOTTI, La nomina dei sindaci: equilibrio strutturale e indipendenza sostanziale in
Aa.Vv., Il collegio sindacale. Le nuove regole, Giuffrè Editore, Milano, 2007.
3
Ai sensi dell’art. 184 cod. comm. 1882: “I sindaci devono:
- stabilire, d’accordo con gli amministratori della società, la forma dei bilanci e delle situazioni delle
azioni;
- esaminare almeno ogni trimestre i libri della società per conoscere le operazioni sociali e accertare la
bontà del metodo di scrittura;
- fare frequenti ed improvvisi controlli di cassa non mai più lontani di un trimestre l’uno dall’altro;
- riconoscere almeno una volta ogni mese, colla scorta dei libri sociali, l’esistenza dei titoli o dei
valori di qualunque specie depositati in pegno, cauzione o custodia presso la società;
- verificare l’adempimento delle disposizioni dell’atto costitutivo e dello statuto, riguardanti le
condizioni stabilite per l’intervento dei soci nell’assemblea;
- rivedere il bilancio e farne relazione, nel termine assegnato negli artt. 154 e 179;
- sorvegliare le operazioni della liquidazione;
Le reiterate istanze riformatrici
4
, talvolta autorevolmente formulate
pronosticando o auspicando la definitiva radiazione del collegio sindacale, hanno da
tempo consentito di individuare le cause dell’insoddisfacente funzionamento
dell’istituto stesso. Si lamenta, soprattutto, l’insufficiente indipendenza dell’organo
di controllo che, per scelta del legislatore, sono nominati dall’assemblea, stesso
organo di cui sono espressione gli amministratori, ma anche l’assenza della
previsione di una specifica competenza tecnica dei sindaci per lo svolgimento dei
loro compiti, in particolare del controllo contabile. Ancora, si sono da sempre
evidenziate la vastità e l’eterogeneità dei compiti attribuiti ai sindaci, dal controllo
sull’amministrazione al controllo contabile e sul bilancio.
L’avvio di numerosi lavori (mai giunti ad approvazione) in merito ad una
auspicata riforma del collegio sindacale, danno luogo nella seconda metà degli anni
‘30 ad alcuni interventi normativi che apportano delle modifiche all’impianto
originario dell’istituto. L’istituzione del Ruolo dei revisori ufficiali dei conti – r.d.l.
24 luglio 1936, n. 1548 poi convertito in L. n. 517/1937 - ha contribuito a migliorare
le capacità professionali quantomeno di una parte dei componenti del collegio
sindacale. Infatti, le nuove norme prescrivono che almeno uno o due membri (a
seconda che il collegio sia composto da 3 o 5 membri) siano scelti fra gli iscritti al
neonato Ruolo; per le società di minori dimensioni (con capitale inferiore a 500
milioni) un sindaco deve essere scelto in un albo professionale contabile (si fa
riferimento a soggetti esercenti la professione in materia di economia e commercio o
ragionieri). La bontà della normativa viene, tuttavia, completamente vanificata
poiché per ottenere l’iscrizione risulta sufficiente dimostrare la cittadinanza italiana,
una “specchiata moralità” e di aver “lodevolmente svolto”
5
, per un periodo di tempo
- convocare, colle norme stabilite nell’art. 155, l’assemblea straordinaria ed anche l’assemblea
ordinaria in caso di omissione da parte degli amministratori;
- intervenire a tutte le assemblee generali;
- e in generale sorvegliare che le disposizioni della legge, dell’atto costitutivo e dello statuto siano
adempiute dagli amministratori.
I sindaci della società non soggette alle disposizioni dell’art. 177 hanno diritto di ottenere ogni mese
dagli amministratori uno stato delle operazioni sociali.
I sindaci possono assistere alle adunanze degli amministratori, e far inserire negli ordini del giorno di
queste adunanze e in quelli delle assemblee ordinarie e straordinarie le proposte che credono
opportune”.
4
Per un approfondimento del dibattito dottrinale si rinvia a CERVELLERA, Cenni storici
sull’istituto dei sindaci, in Riv. dott. comm. e a SCIUMÈ, Sindaci (collegio dei), in Enc. dir., XLII,
Giuffrè Editore, 1990, p. 706.
5
QUAGLIOTTI, La nomina dei sindaci, p. 56.
ordinariamente fissato a cinque anni, le funzioni di sindaco (ma anche di
amministratore o contabile o attività analoghe).
Tale disciplina è rimasta ferma anche in sede di redazione del codice civile del
1942: in esso il collegio sindacale mantiene i caratteri originali presentandosi quale
organo di nomina assembleare preposto al controllo contabile e gestionale. Quella
del primo codice civile è quindi una disciplina dei controlli societari caratterizzata
dall’investitura monopolistica del collegio sindacale.
Cambiamenti non solo formali, sono apportati con la legge n. 216 del 1974 che
istituisce la Consob (Commissione Nazionale per la Società e la Borsa), ente creato
al fine di monitorare gli organismi operanti nel settore del pubblico risparmio. Con la
medesima legge è stata data delega al Governo per la predisposizione di un sistema
di controlli idoneo a garantire la validità e la correttezza della contabilità delle
società quotate.
1.2 Una prima separazione tra il controllo contabile e il controllo
amministrativo nelle società quotate
La mini-riforma del 1974, allo scopo di superare uno dei limiti imputati al
collegio sindacale, ossia l’eccessivo numero di compiti, introduce l’obbligatorietà del
controllo contabile e la certificazione dei bilanci per le società con azioni quotate in
borsa. Il d.p.r. 31 marzo 1975, n. 136, in attuazione della legge delega del 7 giugno
1974, n. 216, istituisce la revisione contabile obbligatoria per le società quotate
attribuito a società di revisione iscritte all’albo speciale della Consob.
Nell’ordinamento italiano compaiono nuovi “attori” del sistema di controllo: le
società di revisione. Le citate norme, non avendo modificato la disciplina del
collegio sindacale, causano l’insorgere di problematiche attinenti alla
sovrapposizione dei compiti tra i due soggetti. La dottrina, immediatamente dopo
l’emanazione del provvedimento, si divide tra coloro che ritengono che la presenza
di un controllo contabile esercitato dalla società di revisione escluda l’esistenza di un
controllo analogo da parte del collegio sindacale e quelli che, in senso opposto,
sostengono che anche nelle società quotate in borsa il collegio sindacale conservi tra
le proprie funzioni quelle del controllo contabile. Dottrina e giurisprudenza si
ritrovano a constatare in maniera pressoché unanime che, pur dopo l’emanazione del
decreto n. 136, vi è, secondo il legislatore, una competenza concorrente della società
di revisione e del collegio sindacale
6
. Le due attività sembrano, dunque, destinate ad
integrarsi e coordinarsi: in sostanza, il controllo esterno (specifico) della società di
revisione si cumula e non opera in via sostitutiva rispetto al controllo interno (a
carattere generale) affidato ai sindaci.
Il tentativo della separazione tra controllo contabile e controllo sulla gestione
presenta da subito i suoi limiti, messi in risalto anche dal fatto che il provvedimento
non rende immediatamente effettivo l’obbligo di certificazione obbligatoria. La
Consob, infatti solo molto più tardi, nel 1980, fa partire la formazione dell’albo
speciale delle società di revisione e la certificazione diviene obbligatoria per tutte le
società quotate solo con i bilanci relativi al 1986.
Un ulteriore intervento legislativo che riguarda, seppur sotto taluni aspetti, il
collegio sindacale avviene nel 1992. Infatti il decreto legislativo n. 88/1992 che
recepisce la direttiva n. 84/253/CEE, oltre a prevedere l’istituzione del registro dei
revisori contabili che sostituisce il vecchio (e per vero poco glorioso) ruolo dei
revisori ufficiali dei conti
7
, introduce alcune significative modifiche alla disciplina
del collegio sindacale. La principale innovazione del citato decreto tocca la
composizione del collegio prevedendo che tutti i sindaci, effettivi e supplenti
debbano essere iscritti nel neonato registro dei revisori contabili.
Un’altra rilevante novità dell’intervento di riforma risiede nella possibilità,
prevista per i sindaci, di avvalersi, sotto la propria responsabilità ed a proprie spese,
di dipendenti e ausiliari nell’espletamento di specifiche operazioni attinenti al
controllo contabile. Ma, come ben specificato, tale ricorso è consentito unicamente
per operazioni di controllo contabile, restandone, pertanto, escluso il residuo e
rilevante settore del controllo sulla correttezza sostanziale della gestione e della
vigilanza generale sull’osservanza della legge e dell’atto costitutivo. Almeno nelle
intenzioni, la riforma si è mossa nel senso di migliorare il livello qualitativo dei
sindaci e, di riflesso, l’efficacia dei controlli interni, quantomeno del controllo
contabile e sui bilanci.
6
IRACE, L’attività di revisione contabile, in Intermediari finanziari mercati e società quotate,
Giappichelli Editore, Torino, 1999, p. 1149.
7
CAVALLI, Il nuovo volto del collegio sindacale dopo il decreto legislativo 88/92, in Soc., 1997,
9, p. 1001.
Anche all’indomani di questa riforma, la dottrina, seppur proponendo
soluzioni diverse, è pressoché unanime nel proporre una revisione della disciplina dei
controlli contabili per risolvere il problema della duplicità dei controlli.
Successivamente, con la legge comunitaria 1994 si prevede che debba essere
emanato un Testo Unico attraverso il quale potrà essere modificata la disciplina sulle
società emittenti titoli sui mercati regolamentati, con particolare riferimento al
collegio sindacale, ai poteri delle minoranze, ai sindacati di voto ed ai rapporti di
gruppo, secondo criteri che rafforzino la tutela del risparmio e degli azionisti di
minoranza.
Il primo tentativo concreto di superare la duplicità dei controlli è sicuramente
riconoscibile nella raccomandazione Consob del 20 febbraio 1997 n.
DAC/RM/90001574, che anticipando (parte de) i contenuti del lavoro della
commissione Draghi, attribuisce esplicitamente alla società di revisione il diretto
esercizio del controllo contabile e ribadisce la centralità del controllo
sull’amministrazione tra le funzioni spettanti ai sindaci. L’autorità di vigilanza
raccomanda inoltre ai consigli di amministrazione ed ai collegi sindacali di società
con titoli negoziati nei mercati regolamentari, nonché alle società di revisione iscritte
all’albo speciale Consob, l’adozione di comportamenti “ritenuti idonei in particolari
circostanze a consentire che l’azione di controllo di detti organi e soggetti persegua
la massima efficacia e trasparenza nell’ottica di tutela dei patrimoni sociali e delle
minoranze azionarie”
8
.
8
VALENSISE, Il “nuovo” collegio sindacale nel progetto italiano di corporate governance,
Giappichelli Editore, Torino, 2000, p. 10.