Introduzione
Sono numerosi i pittori del Seicento fiorentino e a uno di questi è dedicato questo
lavoro. Si tratta di Livio Mehus, un pittore di origine fiamminga ma trapiantato in
Toscana, dal percorso artistico di non facile ricostruzione, dal momento che i punti
cronologici ai quali appigliarsi sono pochi o piuttosto approssimativi. Molto famoso
e apprezzato in vita, l'artista ottenne un grande consenso di pubblico e critica.
Nonostante questo, per un certo periodo la sua fama si eclissò.
Il Mehus venne riscoperto e riportato all'attenzione degli studiosi nel 1978. In
quell'anno venne pubblicato da Mina Gregori un articolo sulla rivista fiorentina
“Paradigma”, dal titolo: Livio Mehus o la sconfitta del dissenso. L'articolo, oltre a
inaugurare la serie di scritti critici sul pittore, cercava di spiegare il motivo del
declino della fortuna dell'artista e l'oblio in cui era caduta la sua arte. Lo studio della
Gregori, inoltre, offriva una prima ricostruzione della cronologia dell'artista, che
effettivamente scarseggia di precisi riferimenti periodici (eccezion fatta per pochi
esemplari datati direttamente dal pittore).
Nello stesso anno e nella stessa rivista, Piero Bigongiari pubblicò un altro articolo,
intitolato Livio Mehus dalla macchia al tocco e la coeva scultura tardobarocca
fiorentina, un intervento di taglio più critico sul linguaggio formale adottato dal
pittore.
Entrambi i testi costituiscono dunque il punto di partenza per gli studi critici sulla
carriera artistica del fiammingo.
Personalmente, l'accostamento a Livio Mehus non è avvenuto solo per interesse
personale nei confronti della sua opera, ma anche perché nella città di Prato è
conservato un nucleo consistente di sue opere; quindi, volendo anche trattare un tema
artistico legato al patrimonio culturale della città, mi è sembrato un connubio perfetto
passare in rassegna le tele di questo artista.
La raccolta delle informazioni è stata frutto di una ricerca effettuata prevalentemente
fra le biblioteche universitarie e non di Firenze (Biblioteca Umanistica, Biblioteca di
Scienze dell'Architettura, Biblioteca Nazionale Centrale) e di Prato (Biblioteca A.
Lazzerini).
Nei cinque capitoli che compongono il lavoro, si è cercato di analizzare nel modo più
esauriente e dettagliato possibile le nove tele conservate in città, cercando di
individuare a quale momento del percorso artistico esse appartengono. Ogni capitolo
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è corredato da una parte storica, utile a inquadrare le opere nel contesto locale e
storico del luogo dove esse sono conservate.
Il Capitolo I si sofferma sulla figura di Livio Mehus, trattandone i punti salienti della
biografia e indugiando sui momenti decisivi per la sua carriera artistica. Ripercorrere
le tappe principali della sua carriera è stato funzionale ai capitoli successivi, perché
da essa si sono apprese informazioni importanti come ad esempio chi fu il primo
mecenate dell'artista (Mattias de' Medici), o ancora chi fu il suo primo maestro
(Pietro Berrettini, detto Pietro da Cortona), e a quando risalgono i viaggi di
formazione (come quelli effettuati tra il 1650 e il 1660 a Roma, città alla quale il
Mehus resterà sempre molto legato).
L'analisi delle nove tele invece interessa i restanti quattro capitoli.
Nel capitolo II si analizzano le tele conservate nella chiesa di San Bartolomeo: la
Sacra Famiglia con San Giovanni Battista Bambino e San Giovanni Evangelista e lo
Sposalizio mistico di Santa Caterina d'Alessandria, precedute entrambe da una breve
storia della chiesa.
Il capitolo III è dedicato alla tela che il pittore ha realizzato per la cappella Inghirami
nel Duomo, e oggi conservata al museo dell'Opera del Duomo: San Pietro
d'Alcantara dà la Comunione a Santa Teresa d'Avila.
Si è scelto di trattare queste opere prima delle altre perché sono quelle che il pittore
ha realizzato espressamente per la città di Prato e anche perché sono le uniche (la
Sacra Famiglia e il San Pietro) ad essere datate.
Il capitolo IV analizza invece, dopo una breve storia del monastero domenicano
femminile di San Vincenzo, con qualche accenno alle personalità più importanti che
vi gravitarono, i due dipinti conservati in esso: la Natività e la Natività della Vergine.
Infine il V e ultimo capitolo, il più vasto, analizza le opere conservate nella
Quadreria Comunale (Agar e l'Angelo), e nella collezione di Palazzo degli Alberti,
sede della Cariprato, dove sono conservati due dipinti di paesaggio (Paesaggio con
pescatori e Paesaggio) e un Annuncio ai Pastori.
Arrivando al termine della rassegna dei nove dipinti ci si può fare un'idea
dell'eclettismo del pittore. Nel nucleo pratese di opere del Mehus si hanno esempi di
grande pittura sacra, di dipinti da cavalletto e di paesaggi.
In fondo al testo si troveranno le immagini dei dipinti (e dei disegni) presi in esame.
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Livio Mehus, Autoritratto, 1647 circa, matita rossa, Londra, collezione Katrin
Henkel. Il disegno appartenne alla collezione di autoritratti di artisti posseduta dal
collezionista e storiografo dell'arte fiorentino Francesco Maria Niccolò Gabburri, il
quale lo fece inserire (come tutti quelli della collezione) in un'elaborata cornice
decorativa disegnata da Gaspare Redi; l'autoritratto è qui presentato nella versione
originale.
Capitolo I
Livio Mehus
I. 1. Notizie e aneddoti biografici
Ripercorrere le tappe biografiche di un artista è sempre fondamentale per avere un
corretto inquadramento storico-artistico all'interno del quale inserirlo. Nel caso di
Livio Mehus non è cosa semplice, a causa degli scarsi riferimenti cronologici e i
primi problemi nascono già dalla corretta collocazione dell'anno di nascita. La
biografia più estesa, oltre a un vasto numero di aneddoti è contenuta nelle Notizie dei
professori del disegno da Cimabue in qua di Filippo Baldinucci. Stando proprio a
quanto dicono le Notizie, il pittore sarebbe nato nella città di Oudenaarde nelle
Fiandre, intorno al 1630
1
. A sostegno del testo baldinucciano e quindi anche delle
notizie da esso riportate, è la Vita dedicata al Mehus nel manoscritto delle Vite di
pittori di Francesco Maria Niccolò Gabburri, il testo oltre a fornire un complemento
biografico sull'artista fiammingo, suggella la felice carriera del pittore. Anche qui si
dice: “Questo grand'uomo nacque nel 1630, e viveva nel medesimo tempo che il
Baldinucci scrive la di lui vita.”
2
, e ancora, la stessa data viene ritenuta l'anno di
nascita del pittore nel catalogo della mostra Il Seicento Fiorentino
3
. É probabile,
invece, che l'anno di nascita del Mehus sia il 1627. La notizia si può ricavare dal
Bisdosso ovvero Diario di Francesco Bonazzini, redatto come seguito di una cronaca
fiorentina che si arresta al 1672, e che il Bonazzini appunto, si propone di riprendere
e continuare fino all'anno 1705. Il cronista annota, con tanto di giorno e mese, la
morte del pittore: “6 agosto 1691. Morì Livio Meus fiammingo nato nella città di
Odenard di età d'anni 64.”
4
. Se come dice il Bonazzini quindi, nell'anno della sua
morte il Mehus aveva sessantaquattro anni, allora la data di nascita si può collocare
1 F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno da Cimabue in qua [1681-1727], a cura di F.
Ranalli, 5 voll., Firenze, V , 1845-1847, p. 527.
2 F. M. N. Gabburri, Vite di pittori, ms., Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Pal. E. B. 9.5, 4
voll., III, cc. [1719-1741], in Aggiunte alla biografia di Livio Mehus, a cura di N. Barbolani di
Montauto, in Livio Mehus. Un pittore barocco alla corte dei Medici 1627-1691, catalogo della
mostra (Firenze) a cura di M. Chiarini, Livorno, 2000, p. 155.
3 M. Gregori, in Il Seicento Fiorentino. Arte a Firenze da Ferdinando I a Cosimo III, catalogo della
mostra, 3 voll., Firenze, 1986, III, Biografie, p. 121.
4 F. Bonazzini, Bisdosso ovvero diario di Francesco Bonazzini [1672-1705], Firenze, Biblioteca
Nazionale Centrale, Cl. 25, Cod. 42, p. 692, in Aggiunte alla biografia di Livio Mehus, in Livio
Mehus., 2000, p. 155.
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con certezza al 1627.
Fiammingo per nascita ma italiano di adozione Livio Mehus arrivò in Italia all'età di
dieci anni circa, dopo essere stato affidato nei primi anni della sua infanzia alle cure
di alcuni parenti, i genitori infatti, per sfuggire alle guerre che in quel periodo
colpivano i territori delle Fiandre, decisero di partire alla volta di Milano con la
speranza di trovare fortuna. Il giovane Mehus venne avviato agli studi di
grammatica, verso i quali si rivelò ben presto poco attratto e non troppo predisposto.
Il padre, resosi conto velocemente della vera vocazione del figlio e desiderando
compiacerlo, lo pose alla bottega di un certo Carlo Fiammingo (che talvolta viene
identificato con Carlo Spierincks), un pittore di battaglie di origine olandese, attivo
in quel periodo proprio in Lombardia. Fu proprio in tale bottega, che il Mehus mise
finalmente in pratica tutto il proprio talento, sia nel disegno che nella pittura. Intanto
il Mehus cresceva e al pari cresceva in lui la voglia di conoscere e di viaggiare.
All'età di circa quattordici anni, decise di partire alla volta di Roma, senza accennare
nulla né a parenti né ad amici, come rivela il Baldinucci. L'arrivo a Roma fu però
preceduto da un soggiorno a Pistoia, dove non tardò a manifestare le sue capacità,
che furono apprezzate da molti personaggi. Uno tra i tanti che casualmente si trovò a
guardare i disegni del giovane artista, fu un nobile pistoiese: Forteguerri, Capitano
delle Corazze del Granduca di Roccastrada nel senese. Questi, affascinato dai disegni
del ragazzo, non solo lo condusse in casa propria ma decise di portarlo con sé a
Siena, per condurlo all'udienza del Principe Mattias de' Medici.
L'incontro fra Livio Mehus, poco più che un ragazzino all'epoca dei fatti, e il principe
mediceo, è uno di quegli incontri tipici e consueti nella storia dell'arte, che
segneranno le vicende successive dell'artista. Mattias de' Medici era il terzo figlio
maschio del Granduca di Toscana Cosimo II e di sua moglie Maria Maddalena
d'Austria, perseguì la carriera militare, dopo essere stato avviato inizialmente a quella
ecclesiastica, che abbandonò all'età di circa 16 anni.
Il 28 maggio 1629 fu nominato dal fratello Ferdinando II, Governatore di Siena,
carica rimasta vacante dopo la morte della zia Caterina de' Medici
5
.
Fu amante della caccia, delle corse dei cavalli e dei piaceri mondani, e oltre a essere
particolarmente sensibile alla musica e al teatro, fu un grande estimatore dell'arte e
un mecenate. Alla sua corte gravitarono a partire dagli anni quaranta molti artisti, tra
5 N. Barbolani di Montauto, Un principe guerriero in Fasto di corte. La decorazione murale nelle
residenze dei Medici e dei Lorena., II, L'età di Ferdinando II de' Medici (1628-1670), a cura di M.
Gregori, Firenze, 2005, p. 221.
7
cui il Borgognone. Tornando ancora alle Notizie, il Baldinucci riporta un aneddoto
interessante, che conferma la predisposizione artistica del Mehus: questi, alla
richiesta del Principe che desiderava vedere una prova concreta della sua bravura
tanto vantata dal Forteguerri, realizzò un fatto d'armi, di cui era venuto a conoscenza
nel periodo durante il quale aveva soggiornato a Pistoia. Il disegno del Mehus, di
soggetto guerresco, ricevette il plauso del Principe, per la qualità compositiva e per la
bellezza del tratto. Questo episodio convinse pertanto Mattias de' Medici ad offrire a
questo giovane talento la sua protezione, mandandolo nella bottega del disegnatore
Giuliano Periccioli. Molti sono stati gli incontri significativi per la carriera artistica
di questo pittore, ma quello probabilmente più formativo per il Mehus fu quello
avvenuto con Pietro da Cortona. I due artisti si incontrarono proprio a Firenze,
quando il maestro stava lavorando alle sale di Palazzo Pitti e il Mehus fu inviato dal
Principe affinché si affiancasse al rinomato maestro. Questo incontro fu
fondamentale per il giovane artista che apprese i fondamenti necessari per la
formazione del suo linguaggio pittorico, tanto che viene ufficialmente ritenuto dalla
storiografia artistica un allievo del Berrettini: “Vi formò Pietro qualche allievo”- dice
Luigi Lanzi nella sua Storia Pittorica della Italia - “e n'ebbe quasi quella gloria che
gli han recata i Romanelli ed i Ferri in Roma. Comincio da un estero, che stabilitosi a
Firenze si computa in questa scuola. Livio Mehus fiammingo di nascita”
6
.
Se il testo del Baldinucci fornisce le notizie più significative da un punto di vista
aneddotico e biografico, il testo del Lanzi invece fornisce le informazioni più
importanti per quanto riguarda la formazione artistica e gli esiti stilistici del Mehus,
infatti è proprio qui che si apprende che “Da' Veneti non tanto imitò la scelta e il
compartimento de' colori, quanto il tocco del pennello svelto e risoluto”
7
. Inoltre nel
testo vengono sintetizzate al meglio quelle che sono le peculiarità stilistiche
dell'artista: “Le sue tinte son moderate, vivaci le mosse, bellissima la macchia,
ingegnose le invenzioni”
8
.
Tali peculiarità ne hanno costituito la fortuna e hanno fatto diventare il pittore uno
dei protagonisti della pittura barocca toscana, come si vedrà più avanti.
Il primo periodo fiorentino del Mehus si concluse nel giro di pochi mesi, perché
scelse di far ritorno a Milano ma non prima di aver soggiornato in svariate città,
6 L. Lanzi, Storia pittorica della Italia dal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII
secolo [1809], a cura di M. Capucci, 3 voll., Firenze, I, 1968, p. 194.
7 Ibidem.
8 Ibidem.
8
come Pistoia, Genova, Savona e Parma. In questo momento decise di abbandonare
per qualche tempo gli studi sul disegno, per partecipare alle guerre che stavano
coinvolgendo allora lo stato di Milano e il Piemonte, contro la Monarchia di Spagna,
al termine delle quali ritornò nella sua Milano. Il Principe Mattias, che, non
ricevendo più notizie del Mehus, ne aveva data per certa la morte, seppe del ritorno
in Lombardia del pittore e desiderò riaverlo alla sua corte.
Da questo momento, secondo il racconto baldinucciano, ha inizio la totale e completa
dedizione del Mehus alla pittura.
Ritornato nel senese, fece un altro importante incontro, stavolta con l'intagliatore
Stefano Della Bella, che era rientrato da poco in Italia e più precisamente a Siena,
dopo aver passato un periodo di tempo a Parigi. Al seguito del Della Bella, il Mehus,
riuscì finalmente ad arrivare a Roma, l'anno è il 1650, qui riuscì a trovare un'altra
importante protezione, stavolta sotto un cardinale, Carlo de' Medici. La prima
persona che ritrovò una volta stabilitosi in città, fu il pittore Pietro da Cortona, che
nel frattempo aveva fatto ritorno a Roma, per questi motivi, il soggiorno romano al
seguito di Stefano della Bella, fu determinante per la carriera successiva del Mehus.
Anche questo periodo terminò dopo pochi mesi, e si concluse nuovamente con il
ritorno del pittore a Firenze, dove sposò la fiorentina Ottavia Calvi, sorella dell'allora
curato e poi futuro sacerdote della chiesa di San Firenze, Domenico Calvi.
Ormai l'artista a quest'altezza aveva raggiunto una certa maturità artistica che non
sfuggì al principe Mattias, il quale, desiderando per lui una carriera in continua
ascesa, gli procurò un altro importante incontro, stavolta con un pittore, il senese
Raffaele Vanni, che proprio in quel momento si trovava a Firenze di passaggio. Il
Vanni infatti stava viaggiando alla volta dell'Italia settentrionale per compiere studi
sui maestri antichi e moderni e sarà proprio lui a condurre il Mehus al suo seguito,
prima in Lombardia e poi a Venezia. Nei cantieri e nelle botteghe di queste città
migliorò la tecnica nel disegno e apprese i segreti del colorismo veneto “Divenne
buon disegnatore copiando l'antico; e pel colore studiò in Venezia e Lombardia”
9
.
Tornato a Firenze, mise a frutto i suoi studi e le tecniche che aveva appreso durante i
suoi innumerevoli viaggi, e questo suo impegno fu abbondantemente premiato.
Ottenne infatti dal Granduca Cosimo III de' Medici, che si era da poco sposato con
Luisa d'Orleans, uno stipendio di otto scudi al mese, questo voleva dire che Livio
Mehus era ufficialmente un'artista stipendiato alla corte dei Medici, con tutti i doveri
9 Ibidem.
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