1
CAPITOLO I
L’ORDINAMENTO GIURIDICO SPORTIVO E I SUOI
SOGGETTI.
1.1 Lo sport nella storia
Prima di affrontare il tema della giustizia disciplinare sportiva e soprattutto,
prima di chiedersi perché e in che modo operi la giustizia sportiva
nell’ordinamento statale, è opportuno soffermarsi sul concetto di fenomeno
sportivo come ordinamento.
Il termine sport nella sua accezione originaria indica ogni tipo di esercizio
fisico svolto per mero diletto senza alcuna utilità
1
.
I geroglifici dimostrano che già millenni prima dei greci, gli antichi egiziani
avevano provveduto a stilare le regole di base per alcuni giochi, ad affidare
il controllo della regolarità delle gare ad un arbitro neutro, a dotare i gioca-
tori di uniformi, e premiare i vincitori assegnando loro collari di foglie par-
ticolari
2
.
Ai tempi dell'antica Grecia era già praticata una vasta gamma di sport: cor-
sa, salto in lungo, lotta, pugilato, lancio del giavellotto, lancio del disco, ga-
ra dei carri da guerra e pentathlon.
La cultura romana, come quella ellenistica, celebrava l'esaltazione della
competizione fisica. Sin dai resoconti più antichi gli sport o giochi praticati
a Roma comprendevano anche le specialità olimpiche greche, ma tra queste
1
Russi L. – La democrazia dell’agonismo – lo sport dalla secolarizzazione alla globalizzazione.
Libreria dell’Università editrice, Pescara 2003, pag.1
2
Franzoni A. - Storia degli sports - Milano ,1933
2
il favore del pubblico era riservato ai giochi più violenti come il pugilato e
la lotta ed in particolare al pancrazio, una variante del pugilato molto vio-
lenta e dalle conseguenze a volte fatali. L'esasperazione della componente
violenta della competizione nell'antica Roma è facilmente riscontrabile nel
costante successo che ebbero tra la popolazione i combattimenti dei gla-
diatori, che vennero ben presto utilizzati come stabilizzatori sociali. In que-
sto senso va vista la costruzione in molte città dell'impero di grandi anfite-
atri, come il Colosseo
3
.
Dopo un periodo, quello preistorico, in cui lo sport era praticato essenzial-
mente per motivi di sopravvivenza, come “allenamento alla caccia”, si pas-
sa alle epoche greche e romane in cui lo sport è prevalentemente “allena-
mento alla guerra”, ma comincia poi ad essere praticato anche per svago -
intrattenimento e a rappresentare paradossalmente un momento di pace in
periodi costernati da terribili guerre.
Fin dalle origini della civiltà occidentale, comunque, è presente una connes-
sione profonda tra la giustizia processuale e la competizione sportiva;
nell’antica Grecia in particolare, la disputa giudiziaria e la gara atletica ave-
vano lo stesso nome: agón.
Spettò ai popoli britannici rielaborare e rilanciare la cultura sportiva, messa
ai margini della società dall'illuminismo e dal romanticismo. Fu Thomas
Arnold (1795-1842), preoccupato dal dilagare dei vizi e degli ozi, a fondare
la "pedagogia sportiva" moderna; proprio a lui dobbiamo l'invenzione anche
del termine "sport", che lui interpretò come "educare divertendo”.
3
Harris H.A. - Sport in Greece and Rome - Londra, 1972
3
Un altro contemporaneo dell'Arnold, lo svedese Enrico Ring, preoccupato
per il cattivo stato di salute dei suoi connazionali, ideò una serie di regole
ginniche definite "svedesi", e con lui un gruppo, sempre più folto, di intel-
lettuali e di educatori richiese a gran voce il ritorno dell’attività fisica e di
gioco per sviluppare in modo armonioso il corpo e l'anima
4
.
Nel 1894 il barone francese Pierre de Frèdy De Coubertin ripristina le mo-
derne Olimpiadi.
De Coubertin era un pedagogista e storico che cercava una spiegazione alla
sconfitta francese nella guerra franco-prussiana (1870-1871). Giunse alla
conclusione che i francesi non avevano ricevuto un'educazione fisica ade-
guata, e si impegnò per migliorarla. De Coubertin voleva anche trovare un
modo di avvicinare le Nazioni, di permettere ai giovani del mondo di con-
frontarsi in una competizione sportiva, piuttosto che in guerra. E la rinascita
dei Giochi Olimpici avrebbe permesso di raggiungere entrambi gli obiettivi.
De Coubertin presentò in pubblico le sue idee nel giugno 1894 durante un
congresso presso l'Università della Sorbona a Parigi. Il 23 giugno, ultimo
giorno del congresso, venne deciso che i primi Giochi Olimpici dell'era
moderna si sarebbero svolti nel 1896 ad Atene, in Grecia, la terra dove era-
no nati in antichità. Fu fondato il Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.)
per organizzare l'evento, sotto la presidenza del greco Demetrius Vikelas.
Primo componente italiano del CIO fu il conte napoletano Mario Lucchesi-
Palli, che partecipò al I congresso della Sorbona, venendo eletto all'assem-
blea, da cui, però, si dimise pochi mesi dopo. Suo successore fu un altro na-
poletano, il duca Riccardo Carafa d'Andria, anch'egli testimone della nasci-
ta del CIO e presente, in qualità di dirigente, ai giochi olimpici di Atene
5
.
4
Franzoni A. - Storia degli sports op.cit.
5
www.wikipedia.it - voce Sport
4
Secondo De Coubertin, gli atleti non dovevano gareggiare per denaro, e
quindi fu deciso di non ammettere i professionisti ai Giochi Olimpici, que-
sto fino agli anni novanta: “Per me lo sport era una religione con chiesa,
dogmi, culto, ma soprattutto sentimento religioso, e mi sembrava infantile
collegare tutto ciò al fatto che un atleta potesse aver ricevuto un pezzo da
cento.”
6
Parallelamente alla creazione di un’organizzazione sportiva a livello mon-
diale, all’interno di ciascuno Stato, a livello gerarchicamente subordinato, si
svilupparono varie organizzazioni sportive nazionali con al vertice un pro-
prio Comitato Olimpico del quale fanno parte le Federazioni Sportive Na-
zionali, a loro volta affiliate alle corrispondenti Federazioni Sportive Inter-
nazionali.
In un periodo immediatamente successivo, CIO e Federazioni Sportive In-
ternazionali (FSI), riuscirono a definire le rispettive sfere di attribuzione; le
Federazioni sportive nazionali (FSN) e i singoli comitati nazionali (CNO),
si imposero successivamente come necessari strumenti di intermediazione
e di raccordo, assumendo quelle generali funzioni di coordinamento e di
controllo degli interi movimenti sportivi nazionali che oggi li caratterizza-
no
7
.
1.2 Sport istituzionalizzato e sport per tutti
L’attuale assetto organizzativo del fenomeno sportivo cosiddetto “istituzio-
nalizzato” è quindi diretta conseguenza dell’istituzione dei Giochi Olimpici
e del CIO
8
.
Occorre fare una distinzione in due macroaree del concetto sport: uno sport
istituzionalizzato o ufficializzato e uno sport per tutti.
9
6
De Coubertin P. – Memorie Olimpiche – Mondadori 2003, pag.95
7
Marani-Toro I. e A. – Gli ordinamenti sportivi – Giuffrè 1977, pag.213 e ss.
8
Mandell R.D. – Storia culturale dello Sport – Laterza 1989 pag.307
5
Lo sport istituzionalizzato è quello di cui ci occuperemo, inquadrato come
ordinamento e precisamente come ordinamento sportivo con regole proprie,
sistema strutturato di organismi di decisione e di governo e sistema di giu-
stizia, esso include sia lo sport professionistico che quello dilettantistico,
mentre con il termine sport per tutti indichiamo lo sport praticato per svago,
gioco o terapia.
Nel nostro ordinamento l’art.2 del D.lgs 242/1999 (cd. Decreto Melandri,
decreto legislativo che sostituisce di fatto la legge 426/1942, dedicato al ri-
ordino del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, modificato successiva-
mente dal D.Lgs. n. 15/2004, cd. Decreto Pescante) parla di attività sportive
che compongono lo sport nazionale, inteso appunto come istituzionalizzato,
nel senso appena precisato, tramite l’espresso richiamo al movimento olim-
pico e alle ulteriori manifestazioni ad esso collegate, e di pratica sportiva,
considerata quale espressione dello sport per tutti, che attribuisce compe-
tenza alle Regioni esclusivamente in ambito amatoriale
10
.
La distinzione tra sport istituzionalizzato e sport per tutti è avallata anche
dalla legge 91 del 1981 (dedicata al rapporto di lavoro dei professionisti
sportivi) allorché riconosce all’art.1 la libertà dell’esercizio dell’attività
sportiva e poi però, considera sportivi professionisti solo quelli che conse-
guono la qualificazione dalle relative Federazioni Sportive Nazionali
(art.2).
Tralasciando i dilettanti che nel nostro ordinamento, pur facendo parte del
mondo dello sport istituzionalizzato, sono considerati ancora come pratican-
ti per hobby, anche se, di fatto, sono come i professionisti, in molti casi
soggetti alle stesse limitazioni e agli stessi vincoli dei professionisti per
9
Coccia M., De Silvestri A., Forlenza O., Fumagalli L., Musumarra L., Selli L. – Diritto dello
Sport – Le Monnier, 2008, pag.4
10
Alvisi C. – Autonomia privata e autodisciplina sportiva – Il CONI e la regolamentazione dello
sport – Giuffrè 2000, pag.113 e ss.
6
quanto attiene al “rapporto di lavoro” (si suole parlare di professionisti di
fatto).
Lo sport istituzionalizzato è regolato dalle legislazioni di ciascuna nazione.
Le norme statali sono però integrate eventualmente da fonti sovraordinate,
come ad esempio quelle della Comunità Europea, e al tempo stesso dalle
norme endoassociative delle organizzazioni sportive nazionali e sovrana-
zionali.
Del tutto diversa appare la situazione dello sport non istituzionalizzato, che
trova invece esclusiva regolamentazione nella legislazione di ciascuno Sta-
to. Le previsioni delle varie federazioni sportive di riferimento possono tro-
vare utilizzazione solo quali parametri per strutturare la colpa, sia penale
che civile, ovvero quali fonti consuetudinarie comunemente accettate ed os-
servate dai relativi praticanti.
11
Ad esempio definita la colpa come negligen-
za, imprudenza, imperizia, ovvero inosservanza di leggi, regolamenti, ordini
o discipline, il fatto illecito che si verifica tra due soggetti “amatori” di un
determinato sport, può essere imputato a titolo colposo nei confronti di quel
soggetto che abbia violato le regole di quel determinato sport in relazione a
come disciplinato dalla relativa Federazione di riferimento.
Un problema interpretativo si pone nel nostro ordinamento a seguito della
riforma del titolo V della Costituzione: l’art. 117 nell’elencare le materie
oggetto di legislazione concorrente Stato-Regioni, annovera una “materia”
chiamata “ordinamento sportivo”. L’errore è evidente, il riferimento sareb-
be alla legislazione in materia sportiva; secondo alcuni autori
12
però, allo
Stato spetta la legislazione esclusiva dello sport istituzionalizzato, caratte-
rizzato dal cosiddetto “agonismo a programma illimitato
13
”, perché svolto
sotto l’egida del CONI organismo di diritto pubblico soggetto a vigilanza da
parte del Governo, mentre la legislazione concorrente Stato-Regioni con-
11
Beghini R. – L’illecito civile e penale sportivo – CEDAM, 1999 - Pag 63 e ss.
12
Coccia, De Silvestri, Forlenza, Fumagalli, Musumarra, Selli – Diritto dello Sport op. cit.
13
Marani-Toro I.e A. – Gli ordinamenti sportivi op.cit.
7
cernerebbe la diffusione della pratica sportiva, il cd “sport per tutti”come
detto prima.
1.3 Ordinamento Sportivo e Ordinamento Statale
Nell’evoluzione storica della teoria generale del diritto, il concetto di ordi-
namento giuridico viene originariamente individuato nel sistema di norme
poste in essere dallo Stato: secondo tale impostazione, l’ordinamento giuri-
dico è un sistema normativo caratterizzato dall’elemento “normazione”, è
questa in sostanza la cosiddetta teoria normativistica elaborata da Hans
Kelsen
14
.
A tale teoria si contrappone quella cosiddetta istituzionalista di Santi Ro-
mano
15
, secondo la quale l’elemento della normazione non risulta sufficien-
te ad esprimere il concetto di ordinamento giuridico, in quanto esso risulta
essere il prodotto della coscienza sociale, posto in essere dai rappresentanti
del popolo; viene,pertanto, riconosciuto che gli elementi della plurisogget-
tività (ovvero il tessuto sociale) e della organizzazione (ovvero l’insieme
delle Istituzioni politiche) preesistono e producono l’elemento della norma-
zione, con la conseguenza che il concetto di ordinamento giuridico si so-
vrappone e coincide con il concetto di società
16
, da qui il famoso brocardo
“ubi societas, ibi ius”.
Corollario di tale impostazione risulta essere il riconoscimento
dell’esistenza di una pluralità di ordinamenti giuridici; successive evoluzio-
ni della teoria di Santi Romano hanno evidenziato una differenza tra ordi-
namenti giuridici originari e derivati, i quali subiscono la superiorità di un
ordinamento più grande a mo di cerchio concentrico. Nell’ambito dunque di
14
Kelsen H. - Lineamenti di dottrina pura del diritto – Einaudi 2000
15
Romano S. – L’ordinamento giuridico - 1918
16
Cantamessa L., Riccio G.M., Sciancalepore G. – Lineamenti di diritto sportivo – Giuffrè 2008 ,
pag.6
8
un macrocosmo giuridico, costituito dall’ordinamento statale, si rinvengono
una molteplicità di piccole Istituzioni che vengono comunemente definite
“ordinamenti settoriali”, con propri soggetti, proprie norme e propri orga-
nismi, necessariamente compatibili, necessariamente in armonia, con le
norme del sovraordinato ordinamento statale originario.
La Carta Costituzionale del 1948 in Italia recepisce tale impostazione rico-
noscendo valore positivo alle formazioni sociali come momento di espres-
sione della personalità dell’individuo (art.2), i principi di autonomia e de-
centramento (art.5) e il diritto di associazione in generale (art.18).
Il primo ad applicare la teoria istituzionale al fenomeno sportivo in Italia fu
Cesarini Sforza
17
, successivamente un contributo rilevante per
l’inquadramento del fenomeno sportivo come ordinamento settoriale venne
fornito da Massimo Severo Giannini.
Giannini giunge all’individuazione, di quelli che sono gli elementi fonda-
mentali di un ordinamento giuridico, identificandoli poi nella plurisogget-
tività, nell’organizzazione e nella normazione, riscontrandoli nel movi-
mento sportivo.
18
Altri autori, come, ad esempio, Furno, hanno sostenuto l’assoluta agiuridici-
tà del fenomeno sportivo sottolineando come il fenomeno sportivo, pur ri-
vestendo un interesse rilevante nella società, dovesse esser composto
all’interno dei concetti dell’autonomia negoziale, dell’autoregolamento di
interessi, senza riferimento alla nozione di ordinamento giuridico: “il mon-
do del gioco è per eccellenza un mondo di azioni, comportamenti, situazio-
ni, relazioni umane sciolte da ogni vincolo e da ogni impegno d’ordine e-
conomico-giuridico…” E ancora “l’organizzazione sociale che il diritto si
adopera a comporre, si arresta e diviene inerte alle soglie del gioco, che è
pure a suo modo la tecnica specifica di una diversa, antitetica organizza-
17
Cesarini Sforza W. - Il diritto dei privati, in Riv.It.Sc.Giurid.,1929, p. 3-28
18
Giannini M.S. – Prime osservazioni sugli ordinamenti sportivi – Rivista di diritto sportivo, 1949
9
zione sociale”
19
. Una posizione simile si rinviene in Carnelutti, che, pur non
concordando sulla pretesa incompatibilità tra sport e diritto, dovendo co-
munque i competitori concordare il reciproco rispetto delle regole tecniche
senza l’osservanza delle quali il gioco non è esercitabile, ha affermato la
scarsa utilità del diritto in questo settore della vita sociale, dominato invece
dal principio del “fair play”
20
.
La qualificazione del “fenomeno sportivo” come assolutamente estraneo al-
le regole del diritto e dell’economia rispecchiava perfettamente lo spirito
che animava la pratica sportiva fino agli anni settanta, si adatta decisamente
meno con l’attuale situazione di sport-business.
Altro autore che si contrappone alla riconduzione del fenomeno sportivo
sotto la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici è Di Nella, il quale
invero appare coerentemente con la Costituzione orientato a denominare
l’organizzazione sportiva nazionale facente capo al CONI come “formazio-
ne sociale”, ripudiando il concetto di “ordinamento derivato”
21
(cd teoria
monista).
Il fenomeno sportivo è posto dunque al cospetto dell’ordinamento giuridico
come stabile organizzazione dotata di autonomia normativa
22
, in dottrina si
comincia già negli anni trenta a parlare di ordinamento sportivo, ricono-
scendo valide le teorie sulla pluralità degli ordinamenti giuridici. Prima del-
la Costituzione dunque il mondo dello sport istituzionalizzato è già preso in
considerazione dallo Stato, infatti, il secondo regolamento attuativo della
19
Furno C. - Note critiche in tema di giuochi, scommesse e arbitraggi sportivi, in Riv. it.
Dir.Proc.Civ., 1952, p. 638
20
Carnelutti F. - Figura giuridica dell’arbitro sportivo, in Riv.dir.proc., 1953
21
Per una critica più approfondita alla riconduzione del fenomeno sportivo sotto la teoria della
pluralità degli ordinamenti giuridici vedere Di Nella L. – La teoria della pluralità degli ordina-
menti giuridici:analisi critica dei profili teorici e delle applicazioni al fenomeno sportivo, in Rivi-
sta di diritto sportivo 1998 pag.5-39, nonché dello stesso autore – Il fenomeno sportivo nella unita-
rietà e sistematicità dell’ordinamento giuridico, in Rivista di diritto sportivo 1999 pag. 25-108
22
Memmo D. – Relazione introduttiva in AA.VV. – Fenomeno Sportivo e Ordinamento Giuridico –
Soc.Italiana studiosi Diritto Civile,2008 p.15
10
legge 426/1942 faceva riferimento espresso “all’ordinamento sportivo na-
zionale ed internazionale”.
Taluni autori parlano di più di un ordinamento sportivo a seconda della re-
lativa Federazione Internazionale. Avremmo quindi oltre ad una pluralità di
ordinamenti giuridici, anche una pluralità di ordinamenti sportivi.
La legge 426/1942 sancisce il riconoscimento da parte dello Stato del CO-
NI, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, il quale però nacque nel 1914
come parte del Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.), con lo scopo di
curare l'organizzazione e il potenziamento dello sport italiano attraverso le
Federazioni Nazionali Sportive (F.S.N.) e in particolare la preparazione de-
gli atleti al fine di consentirne la partecipazione ai giochi olimpici. Il discor-
so sugli ordinamenti quindi si complica, se quanto detto sulla pluralità degli
ordinamenti giuridici non incontra ostacoli per quanto attiene all’assetto at-
tuale del nostro Stato regolato dalla Costituzione, l’intoppo è costituito dal
fatto che l’ordinamento sportivo italiano altro non è che una ramificazione
di un ordinamento sportivo sovranazionale transnazionale ed infrastatuale,
non si dovrebbe dire internazionale in quanto non fa capo a nessuno Stato in
particolare, è un ordinamento che non esercita alcuna sovranità su un de-
terminato territorio, anche se in passato il secondo regolamento attuativo
(D.P.R. 157/1986) della legge 426/1942, prima menzionato, e oggi, il
D.Lgs. 15/2004 all’art.1, parlano di ordinamento sportivo internazionale,
che trova il suo centro nel CIO.
Il CIO, che dovrebbe fungere da elemento cardine di questo ordinamento
internazionale, pur essendo considerato un’organizzazione non governativa
avente carattere transnazionale, non risulta dotato di personalità giuridica
internazionale. La soggettività giuridica del CIO, avente sede a Losanna, è
di diritto svizzero, è un’associazione di diritto privato svizzero; i contratti
che il CIO stipula in occasione delle Olimpiadi con la città ospitante i Gio-