Introduzione
Questo lavoro intende presentare alcuni strumenti per lo studio e la comprensione dei mercati
delle commodities. Con questo termine facciamo riferimento ad un'ampia gamma di materie
prime che vanno dal petrolio ai prodotti agricoli, dai metalli ad uso industriale, come rame e
stagno, a quelli preziosi come oro ed argento.
L'analisi delle dinamiche che guidano e regolano tali mercati è di fondamentale importanza
non solo per produttori e operatori industriali, ma anche per le autorità pubbliche nazionali ed
internazionali le cui scelte di policy hanno profonde ripercussioni sulla formazione dei prezzi.
Anche i principali investitori istituzionali sono divenuti particolarmente attivi nei mercati
delle commodities, ricercando nuovi assets con cui diversificare i propri portafogli. Stando
alle stime di Doyle, Hill e Jack (2007) circa 60 miliardi di dollari erano investiti nel Marzo
2007 nel Goldman Sachs Commodity Index (GSCI) e oltre 90 miliardi di dollari gestiti da
fondi pensione statunitensi erano impiegati, nello stesso periodo, in assets collegati a indici
simili. Greer (2000) mostra che storicamente l'investimento in portafogli composti dalle
principali commodities mondiali possiede alcune caratteristiche particolarmente appetibili per
gli investitori: una bassa correlazione con i rendimenti azionari e una forte correlazione con il
tasso di inflazione, che rende le commodities un buono strumento per gestire il rischio relativo
all'incremento generalizzato dei prezzi.
L'attenzione per lo studio di questi mercati è tornata a salire negli ultimi anni, sopratutto in
seguito alla straordinaria crescita dei prezzi registrata a cavallo fra il 2007/2008, a cui ha fatto
seguito un brusco calo a partire dal luglio 2008 in concomitanza con lo scoppio della crisi
finanziaria. Per anni, dopo il picco degli anni 70, i prezzi delle principali commodities si sono
mantenuti stabili, mostrando addirittura un trend negativo nel caso di quelle agricole, in
conseguenza degli importanti miglioramenti tecnologici che hanno incrementato la resa delle
piantagioni. Tanto che, all'interno delle principali organizzazioni internazionali, l'attenzione
era focalizzata sulla necessità di offrire sostegno ai produttori dei paesi in via di sviluppo, i
cui redditi risultavano soggetti alla pressione verso il basso esercitata dalla competizione
internazionale. La figura 1, mostra l'andamento di tre diversi indici dei prezzi delle principali
commodities suddivisi in : commodities energetiche, agricole, metalli e minerali. Gli indici
1
sono costruiti dalla Banca Mondiale dal 1960 al 2011, utilizzando i prezzi reali espressi in
dollari statunitensi e attribuendo a ciascun bene un peso corrispondente alla propria quota nel
commercio mondiale rispetto alla categoria di appartenenza. E' evidente come, a partire dalla
fine degli anni '90 si
Figura 1. Andamento degli indici delle principali commodities internazionali. (Fonte dati Banca Mondiale,
2011).
abbia un inversione nell'andamento dei prezzi con una crescita che diventa particolarmente
marcata nel biennio 2007/2008. Dopo un repentino crollo al termine del 2008, si registra un
ritorno alla crescita per tutte le tipologie di commodities esaminate.
Ricercare le specifiche cause all'origine di quanto osservato nel periodo 2007/2008, va oltre
gli obiettivi del presente lavoro, poiché ci limiteremo a proporre un modello generale che
colga nella sua complessità i principali elementi caratterizzanti di questi mercati. Sebbene nel
dibattito pubblico sulle cause di quanto accaduto si siano elaborate numerose ipotesi ad hoc,
che fanno di volta in volta riferimento alla speculazione finanziaria piuttosto che
all'incremento della domanda globale dovuta alla crescita economica di paesi come India e
Cina, crediamo che risulti utile avere a disposizione una teoria generale e dunque un modello
capace di fornire una visione unitaria delle forze che, interagendo, determinano le dinamiche
osservate sui mercati delle commodities. In particolare metteremo in evidenza il ruolo svolto
2
0
50
100
150
200
250
1960 1970 1980 1990 2000 2010
Energia
Agricole
Metalli e Minerali
dalla possibilità, di cui dispongono gli operatori, di stoccare parte della produzione in risposta
al prezzo atteso in futuro. In un mercato soggetto a shocks casuali che colpiscono l'offerta,
ipotizzando che gli operatori seguano una semplice logica cercando di acquistare ad un prezzo
basso per rivendere ad uno alto, osserveremo come l'insieme di queste decisioni individuali
determini complessivamente conseguenze non intuitive sulla dinamica del mercato.
L'accumulo delle scorte ha un ruolo decisivo nello studio dei mercati in esame, in quanto
consente al mercato di rispondere in modo ottimale all'incertezza causata da variabili esogene
che possono interessare temporaneamente sia la domanda che l'offerta.
Seguendo la distinzione compiuta da Carter e Rovoredo-Giha (2009) possiamo suddividere
la letteratura che studia gli effetti dello stoccaggio nei mercati delle materie prime, in almeno
due filoni principali: quello della supply of storage theory, nella tradizione in inaugurata da
Working (1949) e sviluppata da Telser (1958) e Brennan (1958), e quella della competitive
storage theory introdotta da Gustafson (1958) e sviluppata, fra gli altri, da Newbery e Stiglitz
(1981), Wright e Williams (1991) e Deaton e Laroque (1992).
La prima, partendo dalla relazione empirica nota con il nome di Working's curve, sviluppa un
modello di equilibrio fra domanda ed offerta in cui la base fra prezzo spot e future
rappresenterà il prezzo di equilibrio sul mercato delle scorte. Essa sarà pari al costo dello
stoccaggio al netto di eventuali benefici non monetari derivanti dal possesso del bene
(convenience yield), che si manifestano quando si assiste a bassi livelli di scorte. Tratteremo
questa letteratura nel primo capitolo mettendola a confronto con la principale teoria
alternativa nello spigare la differenza fra prezzo spot e future, che, introdotta da Keynes con il
nome di normal backwardation theory, fa riferimento ad un premio per il rischio richiesto
dagli speculatori sul mercato dei future.
La nostra attenzione si concentrerà prevalentemente sul secondo filone di letteratura indicato
da Carter e Rovoredo-Giha (2009) con il nome di “competitive storage theory”. Introdotta
dal lavoro di Gustafson (1958), che anticipa Muth (1961) nell'utilizzare il concetto di
aspettative razionali, tale teoria si propone di individuare l'ammontare di scorte ottime, che
gli operatori in un mercato perfettamente concorrenziale immagazzineranno quando l'offerta è
soggetta a shocks casuali. La principale differenza fra i due approcci risiede nel fatto che,
mentre la supply of storage theory ricerca una relazione di equilibrio fra la base e l'ammontare
di scorte presenti, la teoria dello stoccaggio concorrenziale determina l'intero assetto di
equilibrio del mercato fornendo offerta, domanda, scorte, prezzo e prezzo atteso ad ogni
tempo t . La condizione di equilibrio nel mercato sarà rappresentata da una funzione che
lega l'ammontare ottimo di scorte alla quantità complessivamente disponibile, pari alla somma
3
fra la quantità prodotta in un certo istante e le scorte accumulate fino a quel momento. Gli
speculatori manterranno le scorte in magazzino se e solo se il prezzo atteso per il futuro è tale
da compensare il costo dello stoccaggio. La mancanza di una soluzione analitica del modello,
dovuta alla presenza del vincolo di non negatività delle scorte, ci costringerà ad utilizzare
metodi numerici per calcolare la regola di stoccaggio ottima per un dato insieme di parametri
prescelti. Seguendo Wright e Williams (1991) forniremo un esempio specifico che
utilizzeremo per effettuare le simulazioni necessarie ad evidenziare le caratteristiche del
mercato.
Come vedremo il modello risulta in grado di cogliere alcuni importanti qualità empiricamente
riscontrabili nei dati relativi ai prezzi delle commodities, come ad esempio la presenza di una
forte autocorrelazione e quella degli spike, ovvero balzi improvvisi del prezzo molto al di
sopra del proprio valore medio che si verificano in corrispondenza di bassi livelli delle scorte.
Nell'ultimo capitolo con gli strumenti forniti dalla teoria sviluppata da Wright e Williams
(1991), mostreremo gli effetti in termini di welfare di alcune possibili politiche di
stabilizzazione dei prezzi intraprese dalle autorità pubbliche. L'analisi fornirà utili indicazioni
relativamente alla perdita di benessere sociale generata dall'intervento pubblico, mostrando
che, in alcuni casi, gli effetti distributivi possono essere tali da incentivare alcuni centri di
interesse, in genere i produttori, a premere per politiche di intervento potenzialmente dannose
in termini di welfare complessivo.
Sebbene l'evidenza empirica a sostegno del modello, presentata nel capitolo 3, non sia da
ritenersi conclusiva, la teoria che andremo ad esporre rappresenta un importante guida nella
comprensione delle dinamiche dei mercati delle commodities, il cui utilizzo può risultare
particolarmente prolifico, sia nella ricerca delle cause che stanno alla base dei movimenti dei
prezzi, sia relativamente all'implementazione delle politiche migliori in termini di benessere
sociale.
4
Capitolo 1: “Storage supply
model”
1.1 Introduzione
In questo capitolo ci occuperemo di quel filone di letteratura relativo al ruolo delle scorte nel
mercato delle commodities, che prende il nome di “storage supply model”. Questi modelli
mettono in relazione l'offerta di scorte immagazzinate nel mercato con lo spread nei prezzi
attesi. Tale letteratura è particolarmente rilevante, in quanto fornisce una base teorica per la
comprensione del comportamento dello spread osservabile sul mercato dei future. Tale spread,
definito come la differenza fra il prezzo spot ed il prezzo futures, prende il nome di “base” nel
gergo dei mercati. Si parla di “base” non solo riferendosi alla differenza fra prezzo spot e
future, ma anche in riferimento allo spread di prezzo fra due contratti futures con scadenza
successiva. La comprensione delle forze economiche che determinano i movimenti della base
risulta di grande importanza sia per lo studio teorico dei mercati che per l'operatività pratica
su di essi.
In primo luogo la presenza di comportamenti stabili della base conferma la presenza di uno
stretto legame fra il mercato spot e quello future, inoltre comprenderne le cause dei
movimenti risulta di fondamentale importanza per coloro che utilizzano il mercato futures per
coprirsi dai rischi di variazione nel prezzo. La letteratura si suddivide in due indirizzi teorici
differenti: da un lato avremo la teoria per cui i movimenti della base sono prevalentemente
causati dalla presenza di un premio per il rischio richiesto dagli speculatori sul mercato
futures; dall'altro incontriamo la teoria che rileva nel ruolo svolto dalle scorte la principale
fonte di variazione della base. I capostipiti delle due interpretazioni teoriche possono essere
rispettivamente individuati in Keynes con la “normal backwardation theory” ed in Working
che introduce la teoria del prezzo di stoccaggio. Sebbene fra loro alternative, entrambe le
teorie partono dalla necessità di dare una spiegazione all'apparente paradosso generato dalla
“backwardation”. Con questo termine, ci riferiamo alla possibilità che il prezzo future sia
inferiore a quello spot, per cui la base assume un valore negativo. Esse intendono dimostrare
5
che, anche se in apparenza la condizione viola l'arbitraggio fra il mercato futures e quello
spot, permane un legame fra i due mercati, ed in particolare è proprio questo legame a dare
luogo alla “backwardation”. Nel presente capitolo presenteremo l'origine di entrambe le
teorie, la loro evoluzione, con particolare riguardo alla teoria dello stoccaggio. Introdurremo
il concetto di convenience yield, come beneficio non monetario generato dalle scorte,
necessario a spiegare la curva di offerta delle medesime individuata empiricamente da
Working. Forniremo, seguendo Brennan ,(1958)e (Telser (1958) un modello di equilibrio
completo fra offerta e domanda di scorte che consentirà di interpretare lo spread
intertemporale nei prezzi come il prezzo di mercato, per il quale l'offerta di scorte
immagazzinate dagli operatori è pari all'ammontare di scorte richieste dai consumatori per
mantenere stabile il consumo di fronte all'incertezza generata da variabili esogene sulla
produzione. Ci soffermeremo sull'evidenza empirica riscontrabile e sulla capacità dimostrata
da ciascuna delle due interpretazioni nello spiegare la variabilità della base. Infine
proporremo seguendo Wright e Williams (1989) e Berischka e Binkley (1995) una visione
alternativa che rinunciando al concetto di convenience yield, interpreta la “backwardation”
come un fenomeno di errata aggregazione dei dati che non tiene conto della distribuzione
spaziale dei produttori e dunque dei siti di stoccaggio. Sebbene, come dimostrato da Frechette
e Fakler (1999), l'evidenza empirica relativa a questi ultimi modelli sia contrastante, essi
pongono una sfida alla teoria del pricing dei derivati sulle commodities. Quest'ultima utilizza
il convenienece yield assimilandolo al flusso monetario generato dai dividendi sulle azioni. Se
il convenience yield non è altro che un effetto illusorio derivante dalla errata aggregazione dei
dati, allora la moderna teoria del pricing diventa incapace di spiegare la presenza di
“backwardation”.
6
1.2 Keynes: teoria della “ normal backwardation”
Una delle prime teorie volte a spiegare la relazione intertemporale fra prezzi spot e future
o fra future con scadenza in date diverse nel mercato delle commodities agricole è quella
fornita a partire da metà degli anni '20 del novecento da John Maynard Keynes.
Keynes nel corso della propria vita oltre ad una vasta e rilevante produzione teorica, si è
distinto per un'intensa attività sui mercati finanziari; sia ai fini di investimento privato
tramite la Tilton Company, società attraverso la quale amministrava ed investiva sui
mercati il proprio patrimonio, sia in qualità di First Bursar
1
presso il King's College di
Londra, carica che mantenne fino alla propria morte.
In un recente articolo ( Fantacci, Marcuzzo e Sanfilippo, 2010), gli autori hanno posto al
centro della propria attenzione l'attività speculativa di Keynes nel periodo che va dal
giugno 1937 all'ottobre dello stesso anno. Dalla ricostruzione, avvenuta tramite i carteggi
privati fra Keynes e Khan ed i libri dei broker londinesi cui si affidava per le proprie
operazioni, risulta evidente un'intensa attività speculativa sul mercato delle commodities
tanto che, nel giugno 1937, il portafoglio di investimento dell'economista inglese era
composto per un terzo da future su commodities e di questa parte circa un terzo in future
sul grano.
2
Alla luce di questa ricostruzione, non stupisce che fra la vasta produzione teorica di
Keynes, sia possibile individuare una vera e propria teoria dei mercati dei future sulle
commodities. Tale teoria cerca di fornire un modello per la comprensione dei meccanismi
e delle dinamiche che muovono i prezzi in questi mercati. Il fulcro dell'impianto teorico è
volto all'individuazione delle principali forze economiche che regolano il rapporto
intertemporale fra il prezzo della commodity sul mercato cash e su quello future. Proprio
l'esperienza diretta, maturata da Keynes sui mercati finanziari, è la molla che lo spinge a
ricercare un modello capacedi spiegare coerentemente i fenomeni osservabili sui mercati.
Fra questi il principale, già oggetto di indagine da parte degli economisti, è quello della
“backwardation”, ovvero quella situazione in cui il prezzo spot si trova al di sopra del
prezzo future.
Nella letteratura economica la teoria proposta da Keynes prende il nome di “normal
backwardation theory”, ed ancora oggi risulta oggetto di discussione la validità empirica di
1 Il First Bursar è il tesoriere dell'Università, il quale ha il compito di amministrarne il patrimonio. Keynes
ricoprì la carica di Second Bursar a partire dal 1919, divenne First Bursar nel 1924 fino alla morte.
2 Fantacci, Marcuzzo e Sanfilippo (2010)
7
tale interpretazione delle dinamiche dei prezzi nei mercati future.
1.2.1 “Normal backwardation theory”
Nella produzione teorica keynesiana non incontriamo uno specifico saggio dedicato allo
studio dei mercati future ma è possibile ricostruirne il contributo teorico disseminato in
vari articoli sia accademici che giornalistici, e nelle due principali opere: il “Trattato sulla
moneta”(1930) e “Teoria generale, dell'occupazione, dell'interesse e della moneta”. In
questa sede seguiamo l'impostazione di ( Fantacci, Marcuzzo e Sanfilippo, 2010)
introducendo una semplice formalizzazione matematica dei concetti teorici elaborati da
Keynes, .
Per Keynes i contratti future sulle commodities hanno prevalentemente uno scopo
“assicurativo”, che consiste nella distribuzione o nel trasferimento del rischio di variazione
dei prezzi fra i partecipanti al mercato. Egli osserva che, soprattutto nei mercati agricoli, i
produttori operano con una quantità di capitale circolante, nella forma di scorte e di
prodotti in coltivazione, prevalente rispetto al capitale fisso; in questo modo i produttori si
trovano a finanziare la propria attività tramite prestiti a breve termine . Se a questa
caratteristica aggiungiamo il fatto che, per molte commodities agricole, le decisioni
attinenti la produzione avvengono sulla base di un prezzo di vendita atteso nel futuro
variabile a causa di fattori esogeni come il meteo; allora risulta evidente che i produttori si
trovano a fronteggiare un elevato rischio dovuto alla variabilità dei prezzi e per questo
domandano qualche forma di “copertura”.
I contratti future, consentendo di fissare in anticipo il prezzo a cui avverrà la vendita a di
una determinata quantità del bene, permettono ai produttori di “coprirsi” dal rischio
derivante da una possibile caduta del prezzo. In questo modo i contratti future consentono
ai produttori di poter effettuare gli investimenti necessari, conoscendo in anticipo il prezzo
a cui sarà venduto sul mercato il bene. In pratica il produttore può conoscere in anticipo il
rendimento degli investimenti e scegliere solo quelli che massimizzano il profitto.
Se i produttori sono coloro i quali offrono sul mercato i contratti future, è necessario che
esistano altri agenti disposti ad acquistarli e quindi assumersi l'intero rischio di variazione
del prezzo. Nella visione keynesiana questi agenti sono rappresentati dagli speculatori
professionisti, coloro che operano sui mercati finanziari in vista di un profitto piuttosto che
per coprirsi dai rischi legati ad un'attività di produzione. Nella sua elaborazione teorica
Keynes individua le condizioni sotto le quali gli speculatori sono disposti ad accettare di
8
assumersi il rischio.
Ipotizzando che in media gli speculatori non posseggano migliori capacità di previsione
rispetto ai produttori, e che il prezzo atteso futuro sia uguale per tutti i partecipanti al
mercato; allora gli speculatori accetteranno di acquistare un contratto esclusivamente in
cambio di una compensazione per il rischio, quindi il prezzo future dovrà consentire un
profitto atteso positivo per gli speculatori. Nella pratica gli speculatori saranno disposti ad
acquistare contratti future quando il prezzo di tale contratto sarà inferiore al prezzo futuro
atteso. Possiamo esprimere tale condizione per mezzo dell'equazione:
r = EP – FP (1)
dove r = premio per il rischio richiesto da speculatori per acquistare il future
EP = prezzo futuro atteso
FP = prezzo future
Nella (1) la variabile EP, il prezzo atteso, non è osservabile sul mercato, è opportuno, per
poter confrontare la teoria con i fatti riscontrabili nei mercati, poter sostituire il prezzo
atteso con una variabile osservabile. Se consideriamo il prezzo atteso distribuito
normalmente intorno al vero prezzo che si realizzerà nel futuro, possiamo affermare che in
media:
EP = FSP (2)
Cioè il prezzo atteso è in media pari al prezzo spot che effettivamente si osserverà nel
futuro al momento della consegna. Poiché questa è una variabile osservabile possiamo
riscrivere la relazione (1) in una forma più efficace ai fini della ricerca empirica:
r = FSP – FP (3)
Nel mercato dei future gli operatori si riferiscono alla differenza fra il prezzo spot e quello
future con il termine “base”. Possiamo quindi scrivere:
b = SP – FP (4)
Dove SP è il prezzo spot e b è il valore assunto dalla base. Quando b > 0 gli operatori
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definiscono tale mercato in una situazione di “backwardation”, altrimenti se b < 0 si parla
di mercato “contango”. Keynes pone la propria attenzione sul significato economico
attribuibile al valore della base. In particolare evidenzia che, senza bisogno di ipotizzare
una variazione negativa nel prezzo atteso, potremmo riscontrare la presenza di
“backwardation”.
Si può infatti agevolmente dimostrare che sulla base dell'equazione (3) è possibile
riscrivere la (4) nella seguente forma:
b = r - ( FSP - SP) (5)
Si osserva che affinché vi sia “backwardation” è sufficiente che valga la seguente
condizione:
r > FSP – SP (6)
cioè che la variazione temporale nei prezzi spot sia inferiore al premio per il rischio
richiesto dagli speculatori. E' in questo senso che Keynes parla di “normal backwardation”,
poiché in presenza di mercato normale, che egli identifica con la stabilità nei prezzi FSP =
SP , sul mercato dei future il prezzo spot sarà superiore a quello future. Keynes identifica
questa situazione di stabilità nei prezzi con una perfetta coincidenza fra domanda ed offerta
e quindi con livelli di scorte bassi. Quando al contrario si ha un eccesso di offerta e quindi
alti livelli di scorte detenute dai produttori, non si osserverà backwardation sul mercato. In
questo caso, se esistesse “backwardation”, diventerebbe conveniente per i detentori di
scorte venderle al prezzo spot ed al tempo stesso riacquistarle sul mercato future ottenendo
un profitto certo. La possibilità di compiere operazioni di arbitraggio, rese possibili
dall'eccesso di scorte, provocherà il rialzo del prezzo future ed il contemporaneo ribasso di
quello spot. Questo movimento nei prezzi si fermerà quando il prezzo future sarà maggiore
di quello spot di una quantità pari all'ammontare dei costi necessari allo stoccaggio delle
scorte. In simboli scriviamo:
FP = SP + c (7)
dove c rappresenta il costo dello stoccaggio. Possiamo comprendere la relazione di
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equilibrio indicata in (7), pensandola come una situazione in cui viene meno la possibilità
di compiere arbitraggio. Fino a quando FP < SP + c sarà conveniente per i partecipanti al
mercato vendere su mercato spot le scorte e riacquistarle su quello future risparmiando in
questo modo una parte dei costi di stoccaggio; se invece si verificasse una situazione tale
che FP > SP + c allora vi sarebbe un incentivo ad acquistare la commodity sul mercato spot
e rivenderla su quello future. Avremo quindi un mercato contango, come definito dagli
operatori quando il prezzo future eccede quello spot. Nella teoria keynesiana, anche in una
situazione di questo tipo continuerà a valere che:
FP = FPS – r (8)
cioè gli speculatori chiedono ancora un premio per il rischio che si assumano acquistando
contratti future. Il grafico proposto di seguito e tratto da ( Fantacci, Marcuzzo e Sanfilippo,
2010), aiuta a comprendere che, anche nel caso in cui il prezzo future è superiore a quello
spot, si può in un certo senso parlare di “backwardation” dovuta alla presenza del premio
per il rischio.
Osserviamo che fissati SP e FSP', cioè fissata la variazione nei prezzi spot, il prezzo future
FP sarà superiore di una quantità c rispetto a quello spot. Al tempo stesso FP sarà più
piccolo di un ammontare b* rispetto al prezzo spot futuro.
Figura 1.1 Fantacci, Marcuzzo, Sanfilippo (2010), p.405.
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