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Capitolo 1
LA MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE
1. La normativa comunitaria sulla mediazione civile e
commerciale
L’obiettivo di uniformare la durata dei processi nei Paesi membri, al
fine di aumentare l’efficienza del settore giudiziario in Europa, ha
indotto la Commissione Europea per l’Efficacia della Giustizia
(CEPEJ, European Commission for the Efficiency of Justice) a
svolgere una dettagliata indagine sul funzionamento dei diversi
sistemi giudiziari.
Il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea, dopo tale
indagine, hanno adottato la Direttiva 2008/52/CE del 21 Maggio 2008,
che disciplina determinati aspetti della mediazione in materia civile e
commerciale. Tale direttiva è frutto, inoltre, di una serie di percorsi
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normativi determinati dalla volontà di sviluppare delle tecniche
alternative di A.D.R
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.
Soprattutto, dopo il Libro Verde della Commissione europea del 16
Novembre 1993 relativo a “L’accesso dei consumatori alla giustizia e
la risoluzione delle controversie in materia di consumo nell’ambito
del mercato unico”, l’azione legislativa comunitaria si è orientata
verso la determinazione di principi e di valori cui devono ispirarsi i
modelli conciliativi da adottare nei vari Stati membri
2
.
In tale quadro
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, le raccomandazioni 98/257/CE e 2001/310/CE
4
,
adottate dalla Commissione europea, godono di una certa rilevanza, in
quanto, attraverso la prima vennero fissati i principi-cardine delle
procedure di conciliazione quali: l’indipendenza del conciliatore, i
canoni di trasparenza, efficacia e libertà del procedimento, nonché il
diritto delle parti all’assistenza legale. Nei “considerando” di tale
raccomandazione si legge che quest’ultima si applica “ alle procedure
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A.D.R. è l’acronimo di “Alternative dispute resolution” ed indica tutte quelle procedure di
autocomposizione “eterodiretta” delle controversie caratterizzate dall’intervento di un terzo e
costituenti una deroga alla giurisdizione statale. Vi rientrano l’arbitrato e la mediazione civile.
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La commissione auspica la creazione di un dispositivo di gestione delle controversie
transfrontaliere composto da magistrati ed esperti indipendenti, in modo da verificare i problemi
incontrati e proporre una lista delle priorità, inoltre auspica lo sviluppo del concetto di mediatore e
dell’insieme delle procedure extra-giudiziali che permettano di ridurre lo squilibrio tra il costo
della procedura giudiziaria transfrontaliera e il valore della controversia.
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Sull’argomento vedi G. IMPAGNATIELLO, La mediazione finalizzata alla conciliazione di cui
al d.lgs. n. 28/2010 nella cornice europea, www.judicium.it, 2010, pag. 2 ss.
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Tali raccomandazioni dettano i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione
extragiudiziale delle controversie in materia di consumo.
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che portano ad una risoluzione della controversia tramite l’intervento
attivo di un terzo che propone o impone una soluzione” con esclusione
di quelle che “si limitano a un semplice tentativo di riavvicinare le
parti per convincerle a trovare una soluzione di comune accordo”.
La seconda raccomandazione fa riferimento alle procedure
conciliative c.d. facilitative durante le quali “gli organi terzi
responsabili si adoperano per risolvere una controversia facendo
incontrare le parti per convincerle a trovare una soluzione di comune
accordo”. Inoltre, quest’ultima raccomandazione incoraggia l’uso
delle nuove tecnologie affinché le parti possano accedere a tali
procedure conciliative facilmente, indipendentemente dal luogo in cui
esse si trovino.
Tornando alla Direttiva 2008/52/CE la quale, insieme al Libro Verde
della Commissione europea del 2002, rappresenta il vero punto di
svolta per l’applicazione, nonché adozione dei metodi di risoluzione
alternativa alle controversie in ambito civile e commerciale, essa ha
come obiettivo quello di garantire un migliore accesso alla giustizia, il
quale può avvenire solo se si garantisce l’accesso ai metodi giudiziali
e stragiudiziali di risoluzione delle controversie. Nei ”considerando”,
infatti, la direttiva oltre a sottolineare la necessità del principio
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dell’accesso alla giustizia, fa presente l’invito già rivolto agli Stati
membri (Tampere 15 e 16 Ottobre 1999) ad istituire procedure
extragiudiziali e alternative. Una risoluzione extragiudiziale
conveniente e rapida svolta attraverso la mediazione mira ad ottenere
risultati ed accordi aventi maggiori probabilità di essere rispettati, in
quanto, tale procedura si basa sulla mera volontà delle parti le quali
gestiscono e organizzano lo svolgimento della mediazione.
Le disposizioni di tale direttiva, come viene chiarito nei considerando,
si applicano alle controversie transfrontaliere, ma nulla vieta agli Stati
membri di adottare tali disposizioni anche per i procedimenti interni di
mediazione.
Il mediatore, come chiarisce l’articolo 4 della Direttiva 2008/52/CE,
“deve essere in grado di condurre la mediazione in maniera efficace,
imparziale e competente”, ed inoltre, deve sottoporsi a percorsi
formativi sia iniziali sia successivi per eventuali aggiornamenti in
materia, rispettare regole etiche e deontologiche e operare all’interno
di “organizzazioni che forniscono servizi di mediazione”.
Tutte le informazioni che riguardano il procedimento di mediazione
sono garantite e tutelate dal c.d. principio di riservatezza. Infatti,
l’articolo 7 stabilisce che “né i mediatori, né i soggetti coinvolti
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nell’amministrazione del procedimento di mediazione sono obbligati a
testimoniare nel procedimento giudiziario o di arbitrato in materia
civile e commerciale riguardo alle informazioni risultanti da un
procedimento di mediazione o connesso con lo stesso”. Ciò non è
previsto sia nel caso in cui vi siano esigenze di tutela dell’ordine
pubblico dello Stato interessato sia qualora la comunicazione, inerente
il contenuto dell’accordo risultante dalla mediazione, sia necessaria
per l’applicazione o l’esecuzione dell’accordo stesso.
L’articolo 8, sotto la rubrica “Effetto della mediazione sui termini di
prescrizione e decadenza” stabilisce che “gli Stati membri
provvedono affinché alle parti che scelgono la mediazione, nel
tentativo di dirimere una controversia, non sia successivamente
impedito di avviare un procedimento giudiziario e di arbitrato in
relazione a tale controversia, per il fatto che durante il procedimento
di mediazione siano scaduti i termini di prescrizione o decadenza”.
Gli Stati membri intrapresero le relative vie legislative, regolamentari
e amministrative al fine di potersi conformare e quindi recepire il
contenuto di tale direttiva entro il 21 Maggio 2011.
È sempre più radicata l’opinione che la società moderna necessiti di
strade diverse, più veloci ed economiche, rispetto al tradizionale ius
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dicere statuale. Cristiano Cicero
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sostiene infatti che, “L’Alternative
Dispute Resolution risulta essere oggi lo strumento risolutivo dei
procedimenti giurisdizionali più utilizzato (sia negli Stati Uniti sia in
Europa) rispetto al procedimento di cognizione davanti al giudice
statale; sembra essere quindi lontano il modello “kelseniano” secondo
cui gli interessi dei soggetti assurgono a livello di diritto soggettivo
quando interviene il riconoscimento e la tutela dell’ordinamento”.
Il Consiglio d’Europa ha così più volte, nel corso degli ultimi anni,
ripreso lo Stato italiano esortandolo a porre rimedio all’inefficienza
del sistema giudiziario.
Lo Stato italiano ha intrapreso, da un lato numerose riforme della
disciplina del processo ordinario di cognizione, dall’altro ha introdotto
la possibilità, per il cittadino che veda leso il suo diritto alla
ragionevole durata del processo, di ottenere l’equa riparazione
direttamente dal giudice italiano. L’esperienza della c.d. Legge
“Pinto” (L. 89/2001) non si è rivelata però positiva
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.
Numerose risultano essere ancora le cause instaurate, con pesanti
oneri finanziari per il bilancio dello Stato e con aggravi delle
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Cfr. C.CICERO, Osservazioni sulla nuova mediazione civile e commerciale, www.altalex.com,
2011, pag. 1.
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La Legge Pinto prevede la possibilità, per il cittadino, di richiedere un’equa riparazione per il
danno, patrimoniale e non patrimoniale, subìto per l’irragionevole durata del processo.
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pendenze di fronte le corti d’appello, con il risultato che oggi si assiste
alla proposizione di domande volte ad ottenere la riparazione della
violazione del diritto e la pronuncia in tempi ragionevoli sulla
violazione della medesima garanzia. Nonostante il diritto del cittadino
di ottenere giustizia in un tempo ragionevole fosse riconosciuto dalla
nostra Carta costituzionale dall’articolo 111, comma 1
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e dall’articolo
6 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo che riconosce il
diritto di “ogni persona a che la sua causa sia esaminata equamente,
pubblicamente entro un termine ragionevole da un giudice
indipendente e imparziale, costituito per legge”, il legislatore italiano
ha inteso i sistemi alternativi di soluzione delle controversie come
strumenti per deflazionare la giustizia statuale, ottimizzare la sua
efficienza ed offrire un migliore servizio al cittadino.
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L’articolo 111, comma 1, della Costituzione italiana stabilisce che “ la giurisdizione si attua
mediante il giusto processo regolato dalla legge “.
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2. L’iter normativo del procedimento di mediazione civile e
commerciale in Italia
Recentemente, il panorama italiano è stato scandito da alcune tappe
normative che hanno determinato l’introduzione della mediazione di
controversie in materia civile e commerciale.
Il 27 Gennaio 2009 il Ministro della Giustizia presenta al Parlamento
una relazione sull’amministrazione della giustizia in Italia,
sottolineando, in relazione al settore civile, un progressivo aumento
dei procedimenti (passati da 3.665.479 del 2001 ai 4.577.594 del
2007) e della giacenza media degli stessi (960 giorni per il primo
grado e 1509 per il giudizio di appello).
Il 18 Giugno 2009, allo scopo di adeguare la legislazione alle norme
comunitarie che disciplinano la mediazione (Direttiva 2008/52/CE), il
Parlamento delega il Governo ad adottare entro 6 mesi dall’entrata in
vigore della L. 69/2009, uno o più decreti legislativi in materia di
mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale.
Il 28 Ottobre 2009, il Consiglio di Ministri, approva, su proposta del
Ministro della Giustizia e in attuazione della delega conferita con la L.
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69/2009, uno schema di decreto legislativo che, in materia di processo
civile, riforma la disciplina della mediazione civile e commerciale,
con obiettivi di deflazione e di diffusione della cultura del ricorso a
soluzioni alternative.
Nel mese di Gennaio del 2010, le Commissioni Giustizia del Senato
della Repubblica e della Camera dei Deputati, sentite le altre
Commissioni competenti sulle materie interessate alla riforma,
esprimono parere favorevole allo schema di decreto legislativo sulla
mediazione civile e commerciale.
Il 19 Febbraio 2010, nella seduta n. 83 del Consiglio dei Ministri,
viene approvato il decreto legislativo che riforma la disciplina della
mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie in materia
civile e commerciale.
Il 5 Marzo 2010, sulla Gazzetta Ufficiale n. 53 viene pubblicato il
D.lgs. n. 28 del 4 Marzo 2010 recante titolo “Attuazione dell’articolo
60 della Legge 18 Giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione
finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”.
Dal 20 marzo 2011, in attuazione del D.lgs. 28/2010, si è dato avvio
alla mediazione civile nelle materie di cui all’articolo 5 del medesimo
decreto, mentre è stato previsto nel c.d. Decreto “Milleproroghe” il
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rinvio a Marzo 2012 solo per le controversie in materie di condominio
e responsabilità derivante dalla circolazione di veicoli e natanti.