7
La campagna è un paese di verdi misteri
al ragazzo, che viene d’estate.
da "Lavorare stanca"
1) Preambolo allo studio
a) Pluralità dei ruoli del paesaggio
Analizzeremo tre opere di Pavese, nelle quali il paesaggio ci è parso svolgere, in modo diverso
in ogni romanzo, un ruolo essenziale dal punto di vista simbolico.
Il termine « simbolo », in letteratura, è inteso nel suo significato più abituale. Il dizionario lo
definisce : « elemento concreto che rappresenta un’entità astratta ».
Si deve anche precisare il termine « ruolo » che appare nel titolo di questo studio. Ruolo,
secondo il dizionario, potrebbe significare che il paesaggio interviene come personaggio o come
elemento contingente del decoro, un fondo che esprime l’ambiente o ancora un termine
utilizzato nelle metafore al servizio dell’espressione dell’autore. Ora, si trova che l’utilizzazione
del paesaggio in Pavese resiste a questa analisi parcellizzante poiché questo elemento è
sfruttato in tutte le sue possibilità, ed i suoi molteplici impieghi sono imbricati gli uni negli
altri.
Il nostro studio non si limiterà a rilevare delle immagini appropriate ed evidenti, ma cercherà
di scoprire, almeno in parte, le diverse funzioni più o meno simboliche del paesaggio e le
sorgenti dalle quali derivano. Ne possiamo distinguere quattro maggiori :
Introduzione
8
- La prima è semplicemente naturale. È l’ambiente nell’infanzia di Pavese e fino alla maturità.
Questa influenza va da sé, ma la si può anche intravedere nei romanzi, poesie, diario e
corrispondenza.
- La seconda è culturale. Si tratta della formazione letteraria dell’autore e dei suoi interessi
personali, come le scienze naturali o la geografia.
- Segue l’aspetto psicologico, determinato in gran parte dalla sua infanzia, dai suoi manchi
affettivi, dal suo bisogno di amare ed essere amato.
- Infine il quadro storico dell’epoca, gli eventi maggiori della guerra, l’atmosfera angosciante
di anni in cui alcuni resistono, altri subiscono o collaborano. Apparirà qui il tema del
« nascondiglio » che si ritrova nella vita dell’autore e che è un elemento maggiore della sua
opera. Nascondiglio concreto, ma anche emblematico di un dato psicologico e morale di Pavese
e fatto determinante della sua tragica fine.
b) La referenza biografica come riferimento
I paesaggi dell’infanzia hanno sempre avuto su Pavese un effetto benefico, tranquillizzante,
benché li utilizzi a volte per esprimere, o almeno accompagnare, delle situazioni drammatiche.
Constateremo spesso che il riferimento al paesaggio costituisce una specie di ricerca
dell’essenziale, elemento di una speranza futura che paradossalmente si riferisce al passato
sotto forma di ricordi riattivati dall’opera.
Il paesaggio è anche un mezzo per situarsi in questo passato, luogo intatto delle scelte e degli
impegni « perduti », quelli che non si rifaranno più, giuramenti, indietreggiamenti, avanzate
ammesse o no. In questo ci appare il carattere eminentemente nostalgico del riferimento al
paesaggio, luogo immutato, casa dell’infanzia, colline, alberi, ora rivisitati con l’animo di chi ha
vissuto e che ripensa alle idee d’allora, alle circostanze di quella età lontana, innocente.
La maggiore difficoltà del nostro studio risiede nella ricerca di una coerenza, di una “verità”, di
una unicità in una personalità molteplice, complessa, paradossale, ancor più ambigua e
confusa per lo stesso Cesare che per coloro che lo hanno conosciuto personalmente o
attraverso la sua opera di romanziere e poeta.
Casa natale a Santo Stefano Belbo
9
2) Sulla difficoltà dell’interpretazione dei simboli
a) Il problema della polisemia
Sottolineiamo la varietà d’interpretazione delle metafore e dei simboli di cui Pavese addobba il
paesaggio ed il cui significato va più lontano di quanto appare a prima vista. Svilupperemo
dunque il nostro studio nelle diverse direzioni d’interpretazione indicate dai numerosi scrittori
vicini a Pavese e baseremo la nostra analisi su tutti i dati biografici che ci sembrano affidabili.
b) Riferimento alla critica
Davide Lajolo Italo Calvino D.Fernandez Lorenzo Mondo Alessandro Moscé Emilio Cecchi
Molto numerosi sono gli scrittori che ci hanno parlato di Cesare Pavese, l’uomo e il letterato.
In primo luogo Italo Calvino, che sottomise all’amico i propri scritti, poi Davide Lajolo
1
la cui
opera più nota Il vizio assurdo, è una commossa rievocazione della vita dell’amico Cesare
Pavese, Lorenzo Mondo che si occupò della prima edizione delle Lettere 1924-1950, in
collaborazione con Calvino, contributo questo di prima importanza alla conoscenza dello
scrittore piemontese, e che mette in rilievo il ruolo storico della letteratura italiana dell’epoca.
Fernanda Pivano
Nell’introduzione alle Lettere, Lorenzo Mondo cita una missiva del mese di giugno 1942
all’amica Fernanda Pivano : « Le faccio subito i saluti e auguri perché poi me ne dimentico. Ho
da parlare di me » e Mondo prosegue : « Di sé, ma nel presagio trasfigurante dell’opera
d’arte. In effetti Pavese è interamente assorbito dalla campagna nativa, dov’è tornato a
distanza di tempo, per cercarvi la dileguata presenza di un dio. Già intravede, allo stato
1
LAJOLO D., Il vizio assurdo, Milano, Il Saggiatore, 1960
10
larvale, la teoria del mito e i Dialoghi con Leucò : già racconta di Ercole, del suo passo
perduto là dove la collina svolta nel cielo. »
2
Oltre alla monumentale monografia critica Cesare Pavese
3
, si devono a Lorenzo Mondo anche
le raccolte d’inediti di notevole interesse per la storia letteraria di quegli anni, come il Taccuino
1942-43 di Cesare Pavese e gli Appunti partigiani di Beppe Fenoglio.
Beppe Fenoglio
I critici non hanno interpretato in modo univoco le metafore ed i simboli legati al paesaggio.
Armanda Guiducci in Invito alla lettura di Pavese
4
allude alle critiche suscitate dallo scrittore
e dall’uomo Cesare Pavese, emettendo delle riserve in particolare a proposito della biografia di
Davide Lajolo. Invece, riferendosi al libro di Lorenzo Mondo, scrive : « Nel 1961 apparve una
monografia letteraria di Lorenzo Mondo, ma di estremo equilibrio e ardente dominio dei vari
temi e svolgimenti interni dell’opera di Pavese […] Personaggi e figure sono sottolineati con
nitore e acutezza in uno sguardo d’insieme ».
Armanda Guiducci cita anche la monografia di Franco Mollia, Cesare Pavese : saggio su tutte
le opere
5
, pubblicata nel 1961, ove l’autore sottolinea che « Il mondo di Pavese è, spesso, un
labirinto senza via d’uscita. L’insistenza esasperante con cui lo scrittore scava determinati
temi […] è il segno più convincente della coerenza fantastica e insieme della volontà
impegnata a districare una verità dal complesso groviglio di problemi che lo tormentano. »
La biografia di Dominique Fernandez, L’échec de Pavese
6
, può essere definita anti-Lajolo. Vi
sottolinea infatti gli aspetti dubbiosi dell’impegno politico di Pavese e dell’insieme della sua
opera. In un libro più recente, Le voyage en Italie
7
la critica di Fernandez si fa ancora più
virulenta nei confronti del biografo e dello stesso romanziere e poeta.
2
MONDO L., Introduzione alle Lettere 1924-1950, Torino, Einaudi, 1966
3
MONDO L., Cesare Pavese, Milano, Mursia, 1965
4
GUIDUCCI A., Invito alla lettura di Pavese, Milano, Mursia, 1974
5
MOLLIA F., Cesare Pavese, saggio su tutte le opere. Firenze, “La Nuova Italia”, 1963
6
FERNANDEZ D., L’Echec de Pavese, Paris, Grasset, 1967
7
FERNANDEZ D., Le Voyage en Italie, dictionnaire amoureux, Paris, Plon, 1997
11
Il saggio di De Napoli, Del mito, del simbolo e d’altro – Cesare Pavese e il suo tempo, vuole
rendere giustizia ad un’opera tanto controversa che « rappresentò in Italia il filone più fertile e
vitale dell’esistenzialismo di derivazione europea. »
8
Quanto a Paesi tuoi, ricordiamo le analisi di Eugenio Galvano : « L’anima chiusa dei contadini
[…] si svolge più sotterranea con lampeggiamenti sporadici di un linguaggio tutto sensi e
istinti e immagini e simboli. »
9
Luigi Vigliani
10
paragona Pavese a Verga, per la sua capacità d’utilizzare il dialetto allo stesso
livello della lingua nazionale. Emilio Cecchi
11
sottolinea anch’egli lo stile dello scrittore, Carlo
De Matteis
12
risente nella terra, la collina, i frutti, l’acqua, i simboli di una forza sotterranea
che tutto travolge. Nella nostra ricerca abbiamo scoperto, più vicino a noi, Arnoldo Colombo
13
che, in un libro il cui titolo è formato da una disposizione incrociata di nomi, paragona Pavese
a Leopardi. Alessandro Moscé, nel testo Cesare Pavese, terra e sangue, alludendo a La Luna e
i falò, scrive che « il romanzo rincorre la coscienza umana in una separazione, in una
divisione nel mistero dell’esistere, così insondabile ».
14
Molto personale e estremamente interessante ci è parso lo studio di Pier Paolo Pracca
(antropologo, psicologo e psicoterapeuta) su Il meriggio nell’opera letteraria di Cesare
Pavese, come accesso ad uno stato modificato della coscienza
15
, ed anche l’intervento di Marco
Grassano
16
al Convegno intorno a Francesco Biamonti, ove l’oratore paragona la
rappresentazione del paesaggio nell’opera di Biamonti, Fenoglio e Pavese.
Questo accenno ad alcune analisi critiche dello scrittore testimonia la varietà delle
interpretazioni della dimensione simbolica nella sua opera fortemente legata al paesaggio.
Cercheremo in questo studio di farne una sintesi che non si allontanerà dallo statuto d’ipotesi.
8
DE NAPOLI F., Del mito, del simbolo e d’altro – Cesare Pavese e il suo tempo, Cassino,
2000
9
GALVANO E., « Primato », 15 luglio 1941, in Paesi tuoi, Torino, Einaudi, 2001, p.114
10
VIGLIANI L., « Leonardo », a.XII, 1941, pp.216-218
11
CECCHI E., « Nuova Antologia », n.1679, 1942, pp. 66-67
12
DE MATTEIS C., « Studi novecenteschi », a.IV, b.11, luglio 1975
13
COLOMBO A., Santo Stefano Bello e Recanati, Leopardi e Cesare Pavese, Fabiano, 2000
14
MOSCÉ A., Cesare Pavese, terra e sangue, in Luoghi del Novecento, Venezia, Marsilio,
2004
15
PRACCA P.P., Il meriggio nell’opera letteraria di Cesare Pavese come accesso a uno stato
modificato della coscienza, « Aiseris », site internet : www.melink.it/personel
16
GRASSANO M., Le parole e il silenzio, Convegno Francesco Biamonti, tavola rotonda del
18/10/2003
12
3) Organizzazione del proposito
a) Ipotesi di partenza : la pista biografica
Ci pare necessario circoscrivere dapprima la nozione di paesaggio attraverso la sua espressione
pittorica a partire da un affresco del medio Evo, per evolvere fino alle ricerche del XX secolo.
Parallelamente evidenzieremo la presenza del paesaggio nella letteratura, la sua origine e la
sua evoluzione nel romanzo e nel racconto di viaggio. S’inseriranno, nel corso dell’analisi,
molteplici esempi d’autori la cui ispirazione deve molto all’ambiente naturale.
Studieremo poi la presenza paesaggistica in tre romanzi : Paesi tuoi
17
, La Casa in collina
18
, La
Luna e i falò
19
. Perché avere scelto questi tre romanzi, allorché il paesaggio occupa un posto
importante in tutta l’opera di Pavese ? Poiché vi si trovano delle piste biografiche che ci
permettono di andare immediatamente all’essenziale, all’approccio della complessa personalità
dell’autore, poiché in essi gli elementi del paesaggio assumono, più che altrove, un ruolo
simbolico.
Il secondo capitolo sarà diviso in tre parti, perché lo studio separato dei tre romanzi si è
imposto con forza. In ognuno infatti gli elementi simbolici si riferiscono ad epoche diverse
della vita dell’autore e ci rimandano a dati biografici e psicologici particolari.
Prima d’iniziare l’analisi, ricordiamo semplicemente che se Paesi tuoi permette una visione
cittadina del paesaggio campestre, la Casa in collina ci mostra un paesaggio maculato dal
sangue dei partigiani, mentre La luna e i falò è un ritorno alle origine mitiche del paese natale.
Dice lo scrittore all’amico Layolo : « Non sono un uomo di biografia. L’unica cosa che lascerò
sono pochi libri, nei quali c’è tutto o quasi di me…”
Eppure scrive Italo Calvino : “Vero è che non bastano i suoi libri a restituire una compiuta
immagine di lui: perché di lui era fondamentale l’esempio di lavoro, il veder come la cultura
del letterato e la sensibilità del poeta si trasformavano in lavoro produttivo, in valori messi a
disposizione del prossimo, in organizzazione e commercio d’idee”.
17
PAVESE C., Paesi tuoi, con uno scritto di Alberto Asor Rosa, « Einaudi tascabili », Torino, Einaudi, 2001
18
PAVESE C., La Casa in collina, « Einaudi tascabili », Torino, Einaudi, 1990
19
PAVESE C., La luna e i falò, introd. di Gian Luca Beccaria, « Super ET », Torino, Einaudi, 2005
13
Passaggi sulla letteratura estratti dal diario “Il mestiere di vivere”
20
“Ecco perché “Moby Dick” è una scoperta del nostro tempo. Non è personaggi, è
puro ritmo. Narrerà ora con chi “conosce la natura umana” e ha fatto scoperte di
psicologie significative e profonde, ma chi possiede blocchi di realtà, esperienze
angolari che gli ritmano e cadenzano e ricamano il discorso. Hemingway ha la
morte violenta. Levi il confino, Conrad la perplessità dei mari del Sud, Joyce le
stereoscopio delle parole-sensazione, Proust l’inafferrabilità degli istanti, Kafka la
cifra dell’assurdo. Mann il ripetersi mitico dei fatti, ecc.”
“Mai riflettuto sul fatto che gli iniziatori del romanzo italiano – i cercatori disperati
di una prosa narrante – sono anzitutto dei lirici – Alfieri, Leopardi, Foscolo, La
“Vita, i “Frammenti di Diario” e il “Viaggio sentimentale” sono il sedimento di una
fantasia tutta data alle illuminazioni d’eloquenza lirica. E il primo romanzo riuscito
– I Promessi Sposi – è la maturità di un grande lirico. Ciò deve avere lasciato tracce
nel nostro ideale narrativo.
Penso invece al ‘700 inglese o francese e al ‘600 spagnolo : là la prosa di romanzo
nasce ignorando ogni accensione fantastica. Così l’800 russo.”
“Non è vero che al nostro tempo non si scrivano romanzi perché non si crede più
alla consistenza del mondo ; non è vero, perché il rom.’800-esco nacque durante il
crollo di un mondo ed anzi rappresentava un surrogato di quella consistenza che il
mondo perdeva. Adesso il romanzo cerca una nuova legge in un mondo che si va
rinnovando, e di muoversi nel nuovo mondo secondo la vecchia dimensione non si
contenta”.
20
PAVESE C., Il Mestiere di vivere, introd. Di Cesare Segre, « Super ET », Torino, Einaudi, 2000
14
b) L’ipotesi di partenza sostenuta dalla nozione di traduzione
Nel corso dello studio abbiamo notato a che punto la pratica della traduzione sia stata
determinante nella formazione dello scrittore Pavese. Sappiamo che l’atto del tradurre parte
anche da una impostazione intellettuale e parrebbe che Pavese l’abbia conservata. Per questo,
al termine dello studio, abbiamo insistito su questo fattore includendo la pratica della
traduzione nel formalismo pavesiano.
Scrive Stefano Colangelo :
“Non sembra difficile, dunque, individuare nel tradurre di Pavese un’energia critica: l’uscita
da sé, e l’intenzione di tornare a un antico grumo di dubbi e di lacerazioni con l’occhio
mutato. Tradurre significa sperimentare un «già accaduto», in modo simile a quanto accade
per il mito, che resta la condizione fondamentale di una narrazione (e di un’esistenza)
autentica: un «già accaduto» che ha avuto origine fuori dal proprio spazio linguistico, e che
in tale spazio il narratore deve ostinatamente mediare e ricostruire.”
21
Tuttavia la nostra ipotesi si partenza, che vedeva negli elementi del paesaggio uno stretto
legame con la cronologia biografica dell’autore e la sua psicologia, è sempre attuale e
determina l’incostanza dell’interpretazione simbolica.
21
COLANGELO S., CesarePavese, scoprire l’America traducendola, http://www.liberazione.it/
15
Capitolo 1 : Paesaggio e letteratura
Paul Cézanne
« Si la Beauté nous révélait son secret
nous pénétrerions dans l’intimité de la nature."
22
Bergson (La Pensée et le Mouvant)
1. L’arte del paesaggio
Dobbiamo prima di tutto indicare la definizione del termine « paesaggio ». Secondo Le Petit
Robert
23
, si tratta di « la partie d’un pays que la nature présente à un observateur »
24
. Il
paesaggio dunque non ha un’esistenza in se stesso, ed è piuttosto legato allo sguardo che
l’uomo posa su di esso ed ai sentimenti che questo sguardo suscita.
Si potrebbe dunque far risalire la sua « nascita » all’espressione pittorica primitiva dell’uomo,
che manifesta così il desiderio di fissare in modo stabile quanto lo circonda nella speranza di
potere in tal modo arrestare la fuga inesorabile del tempo. Gli archeologi ritrovano da sempre
delle vestigia che rivelano l’interrogazione mai risolta dell’uomo sul significato della vita.
a) Origini pittoriche
La semantica del termine « paesaggio » ed il suo ruolo nell’espressione artistica, hanno
naturalmente subito un’evoluzione nel tempo : nell’antichità greca e romana, non appare che
come sfondo o ambiente che serve da contesto ad una scena principale.
22
« Se la Bellezza ci rivelasse il suo segreto penetreremmo nell’intimità della natura. » Trad. R.T.
23
« Le Petit Robert : dictionnaire alphabétique et analogique de la langue française », Le Robert, 2007
24
« la parte di un luogo che la natura presenta a un osservatore ».Trad.R.T.
16
Durante tutto il Medio Evo cristiano e il Rinascimento, il paesaggio è considerato opera divina
e la sua presenza fa riferimento al suo creatore. Secondo le analisi di Piero Camporesi
25
è
pensato e rappresentato come un Liber creatorum che porta la firma di Dio.
Tuttavia, già nel Medio Evo, s’incontra nell’espressione artistica un paesaggio che si potrebbe
chiamare « sociale » e « laico », che perde così la sua base religiosa. Un esempio ci è dato dal
celebre affresco d’Ambrogio Lorenzetti intitolato Gli effetti del buono e del cattivo governo
26
,
ove si osservano due paesaggi distinti, il campestre e il cittadino : appaiono sullo sfondo delle
terre lavorate e dei vigneti, mentre in primo piano si vede « la città comunale ». Questi due
paesaggi antitetici sono riuniti dal va e vieni dei contadini che si recano in città per vendere i
loro prodotti. Naturalmente questo affresco presenta numerosi elementi simbolici politici e
sociali, ma, anche se ci si limita all’aspetto artistico, ci sorprende per il contrasto tra una
architettura che si potrebbe definire come “Casa di bambole” ed il suo gigantesco panorama.
Gli effetti del buono e del cattivo governo, affresco d’Ambrogio Lorenzetti ((1338-1339),
Sala della pace del Palazzo Pubblico (Palazzo Pubblico, Siena)
25
CAMPORESI P., Les belles contrées : naissance du paysage italien, Paris, Le Promeneur, 1995.
26
Gli effetti del buono e del cattivo governo, (1338-1339), affresco d’Ambrogio Lorenzetti, Sala della pace del
Palazzo Pubblico (Palazzo Pubblico, Siena)
17
Nell’evoluzione della percezione del paesaggio, il Rinascimento si presenta come un momento
cruciale : i personaggi delle scene religiose in esterno si riducono fino a non essere più
simbolizzati che da elementi del paesaggio. Per esempio, l’immagine di una montagna può
divenire la metafora della grandezza divina di Cristo. Capita anche che il paesaggio, dapprima
intravisto attraverso gli infissi della finestra nei dipinti rappresentanti delle scene d’interno,
prenda sempre più grande importanza fino ad occupare tutta la superficie della tela.
b) Evoluzione, « Les charmes du paysage » di Henri Magritte
ll paesaggio non esiste dunque, secondo la definizione del dizionario, che grazie allo sguardo
dello spettatore. Per rendere valido il proposito desideriamo riferirci ad un’importante tesi Il
Paesaggio, finestra aperta sul romanzo, ove l’autore, Aurélie Gendrat-Claudel
27
apre, all’inizio
della sua ricerca, una riflessione sul posto dell’osservatore rispetto al soggetto di studio, il
paesaggio, presentando un dipinto di Magritte intitolato Les charmes du paysage (1928). Vi si
vede una cornice vuota, senza tela e senza dipinto, che porta il titolo “Paysage”, posata su un
suolo verde e che pare appoggiarsi, o quasi, su una parete dal fondo nero. A destra, un fucile da
caccia con la canna verso l’alto contro un muro rosso vivo. La ricerca di Magritte nei confronti
del rapporto tra titolo ed immagine sembra culminare in questa tela. Grazie al quadro nel
quadro, si pensa che sia rappresentato un paesaggio. Il termine figura due volte, nel titolo e
sulla cornice. « Mais ce cadre est vide […], il est attente demandant à être comblée par le
spectateur, par le regard et par la subjectivité : « Les charmes du paysage » sont avant tout
27
GENDRAT-CLAUDEL A., Le paysage, « fenêtre ouverte sur le roman » : poétiques descriptives et pratique
romanesque chez Foscolo, Manzoni, Tommaseo e Nievo,(Il paesaggio, « finestra aperta sul romanzo » : poetiche
descrittive e pratica romanzesca in Foscolo, Manzoni, Tommaseo e Nievo, tesi di dottorato preparata sotto la dir. del
prof. François Livi, Université Paris IV, novembre 2005)