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INTRODUZIONE
Incipit, dal latino incipěre, cominciare.
Nei codici, parola iniziale della formula che si poneva di solito al principio di
un’opera o di una sua parte, con indicazioni riguardo al titolo e al nome
dell’autore. Nell’uso filologico e bibliografico, le parole iniziali di un testo.
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L’incipit nel lessico comune definisce l’inizio, l’avvio, il punto di partenza per
la creazione di un’opera, ma i significati che si possono attribuire a questa
parola e soprattutto ai molteplici e differenti usi che di essa vengono fatti,
sono evidentemente molto più estesi. Riuscire a tracciare i confini dell’incipit
è un’operazione molto delicata; in letteratura si potrebbe parlare della prima
riga o del primo capitolo di un romanzo, in pittura del bozzetto che precede
un quadro o delle prime pennellate di colore impresse sulla tela, l’incipit di
un’opera teatrale potrebbe configurarsi nelle prime note dell’overture e
infine nel mondo cinematografico l’esordio potrebbe essere rappresentato
dalle prime immagini diegetiche o dai titoli di testa.
In ogni caso, di qualsiasi campo artistico si parli, l’azione del cominciare
qualcosa, del dare vita alla propria opera presuppone un momento cruciale,
un’operazione faticosa e difficile per chi la crea, per il suo autore.
Eccomi dunque giunta al “mio” momento cruciale, quello che Italo Calvino
definisce come il luogo dove abbiamo la possibilità di esprimere tutto in tutti i
modi possibili ma dobbiamo arrivare a dire una sola cosa in un determinato
1
G. Devoto, G. C. Oli, Dizionario della lingua italiana, Firenze, Le Monnier, 1990.
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modo.
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Da dove cominciare, quindi, quando l’argomento della propria
indagine è l’inizio? Come affrontare la partenza quando il foglio è ancora
bianco e siamo consapevoli che essa rappresenta il momento decisivo per la
buona riuscita del nostro lavoro?
Ho deciso di costruire il mio incipit partendo dalla semplice spiegazione degli
interessi da cui la mia ricerca deriva, dei motivi che l’hanno originata,
plasmata e portata a termine. La decisione di scegliere come oggetto del mio
lavoro di tesi l’incipit cinematografico è scaturita in primo luogo da una
passione personale che da sempre nutro per il mondo del cinema e in
secondo luogo perché ritengo che l’incipit, inteso come luogo in cui il film
prende avvio e si presenta allo spettatore, sia un momento dell’esperienza
della visione che, purtroppo ancora oggi, molti di noi trascurano e
tralasciano. Il pubblico, spesso distratto o semplicemente ancora non
consapevole di trovarsi già all’interno del film, non presta, alle prime
immagini proiettate sullo schermo o alla sequenza dei titoli di testa,
l’attenzione che questa parte della pellicola si meriterebbe. L’incipit del film
rappresenta infatti il momento d’incontro tra la storia e lo spettatore, un
luogo di fondamentale importanza nel quale il film si autopresenta e
contemporaneamente ci fornisce le informazioni determinanti per definire il
genere a cui esso appartiene, per avere un’anticipazione del tipo di vicenda
che racconta e per garantire una corretta comprensione della storia. Si
configura inoltre come il momento privilegiato in cui si stabilisce il “patto di
fiducia” tra narrazione e spettatore e in corrispondenza del quale il pubblico
viene preso per mano e accompagnato per tutta la durata del film.
Insomma, una corretta interazione con quanto proposto dall’incipit e un
buon grado di attenzione sono gli ingredienti necessari per godere di una
completa, corretta e soddisfacente esperienza cinematografica.
2
I. Calvino, Lezioni americane: sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Mondadori, 1993, p.
137.
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Detto ciò, il mio lavoro si propone, oltre che di dare una definizione al
termine incipit, di studiarne le funzioni principali e di analizzare le varie
modalità con cui esso si presenta al pubblico di lettori e spettatori, anche di
affrontare come lo studio più propriamente letterario della questione
dell’inizio possa quasi nella totalità dei casi riguardare anche il mondo
cinematografico. Per quanto riguarda il cinema ho ritenuto interessante dare
un taglio specifico alla mia ricerca e occuparmi, tra gli altri, di quegli incipit
cinematografici che attraverso l’uso di particolari suoni, immagini, colori e
ambientazioni riescono in qualche modo a disturbare lo spettatore creando
effetti di shock.
Il risultato concreto degli obiettivi che mi sono posta è stata la creazione di
un lavoro che presentasse una prima parte relativa ad una trattazione più
generale del concetto di incipit che partisse dalla tradizione letteraria per poi
giungere a quella cinematografica e una seconda parte dedicata all’analisi di
alcune pellicole i cui incipit potessero fungere da esempi utili alla
comprensione degli effetti traumatizzanti e disorientanti che spesso l’esordio
può sortire. Ho voluto discutere alcuni inizi che, contrariamente a quello che
la loro funzione ultima imporrebbe loro di fare, ovvero informare, guidare e
accompagnare lo spettatore nel cammino della visione, agiscono in maniera
diametralmente opposta, quindi sono responsabili di un forte shock, di un
trauma percettivo o di un totale disorientamento.
Il mio lavoro, quindi, si costituisce di due capitoli. Il primo, più teorico,
affronta l’incipit studiando il significato che nel tempo ha assunto in
letteratura, le funzioni a cui deve assolvere per essere considerato tale, la
lunghezza e i limiti e i modelli tradizionali in cui solitamente si configura.
Un’ultima parte è dedicata più specificatamente alla definizione di incipit
cinematografico, allo studio delle parti che lo compongono (titoli di testa,
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logomorphing, pre-credit sequence, colonna sonora) e al compito delicato di
“ancoraggio” che svolge nei confronti dello spettatore.
Nel secondo capitolo, invece, la trattazione teorica lascia il posto ad un’analisi
dell’incipit filmico, realizzata attraverso lo studio di alcune pellicole
esemplificative. In primo luogo ho voluto premettere che il mio interesse è
rivolto verso quegli incipit che risultano essere disturbanti per lo spettatore,
ho individuato tre diversi tipi di shock e ad ognuno di essi ho accompagnato
l’analisi di alcune pellicole che ho ritenuto potessero esemplificare nella
maniera più esaustiva le caratteristiche del caso. Per la categoria dello shock
visivo ho preso in considerazione gli incipit dei film Dancer in the Dark (Lars
von Trier 2000), Fargo (Joel e Ethan Coen 1996), Sin City (Robert Rodriguez
2005), Pulp Fiction (Quentin Tarantino 1994) e Halloween (John Carpenter
1978); per quanto riguarda lo shock prodotto dalle dissociazioni tra visivo e
sonoro ho analizzato gli esordi di Profondo Rosso (Dario Argento 1975), Il
Divo (Paolo Sorrentino 2008) e Ultimo tango a Parigi (Bernardo Bertolucci
1972); infine per lo shock iniziale di tipo interpretativo, proveniente dall’uso
della strategia del film nel film, ho scelto i casi di Blow Out (Brian De Palma
1981), Omicidio a luci rosse (Brian De Palma 1985) e Scream 4 (Wes Craven
2011).
Il corpus di film selezionati, per un totale di undici pellicole, è interamente
riconducibile all’epoca contemporanea. Ho voluto concentrare il mio lavoro
di analisi filmica in un ambito di produzione più recente in quanto la mia
riflessione ha mantenuto fin dall’inizio un carattere più teorico che
storiografico e quindi il mio interesse ultimo è sempre stato quello di fornire
delle esemplificazioni utili a comprendere le problematiche che il mio lavoro
si poneva. Io stessa provengo da studi più propriamente artistici che
cinematografici, non ho avuto una formazione specifica nell’ambito del
cinema e ho ritenuto più efficace e se vogliamo più utile ai fini comunicativi e
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di comprensione adottare per la mia ricerca un corpus di film che fossero più
conosciuti e condivisibili. Il mio percorso di studi mi ha portata a sviluppare
un interesse trasversale per la contemporaneità e a rinforzare le mie
conoscenze riguardo questo periodo di produzione artistica che, sia
nell’ambito della storia dell’arte che in quello della storia del cinema, ha
portato avanti un inesorabile processo di rielaborazione, ripresa, richiamo,
citazione e integrazione di tutti quei concetti, quelle regole e quegli elementi
che sono stati propri della classicità. Questo per giustificare il fatto che, a
prescindere dalla mia scelta di occuparmi di cinema contemporaneo, che è
stata dettata da un mio interesse e da una mia volontà personale, ritengo che
il cinema della contemporaneità contenga in sé molti richiami a elementi
della tradizione e un’interessante dose di aspetti innovativi e potenti dal
punto di vista comunicativo e che quindi rappresenti materiale più che valido
per un’analisi di espressione e contenuto come quella esposta nel mio lavoro.
Durante il periodo di ideazione e stesura della tesi mi sono trovata a
interagire con un corpo bibliografico davvero consistente ed eterogeneo.
Avevo ingenuamente creduto che lo “stato dell’arte” riguardante l’incipit
come momento d’inizio letterario e cinematografico si componesse di un
numero meno cospicuo di opere rispetto a quelle di cui sono venuta a
conoscenza e ho potuto studiare. Proprio perché ho trovato la letteratura
sull’incipit già abbastanza completa, ho deciso, di concentrarmi su territori
meno esplorati e rivolgere la mia attenzione verso quegli inizi insoliti che
procedevano in direzione contraria a quelli che erano i precetti e le regole
che avevo appreso dalla lettura dei testi; quegli inizi che invece di mettere a
proprio agio lo spettatore e guidarlo nella storia, lo spaventano, lo
traumatizzano e confondono la sua normale capacità di comprensione e
interpretazione delle immagini. Ho deciso che la strada che volevo
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intraprendere era quella che andava verso lo studio e l’analisi di questi
particolari tipi di esordio e ho fatto dell’incipit “shock” il tema della mia tesi.
Per quanto concerne la metodologia e i riferimenti bibliografici tramite i quali
ho costruito e sviluppato il mio lavoro è stata mia premura costruire un primo
capitolo con caratteristiche introduttive, informative ed esplicative del
concetto di incipit e per farlo ho cercato di individuare fin da subito le
definizioni del termine e gli usi che di esso si fanno in letteratura e cinema;
per il mio lavoro iniziale ho consultato e studiato testi più specificatamente
dedicati all’incipit letterario, tra i quali di fondamentale aiuto e importanza
per la stesura della mia ricerca sono stati senza dubbio Gli inizi difficili di
Andrea Del Lungo, Cominciare e finire appendice alle Lezioni Americane di
Italo Calvino e Soglie di Gérard Genette. Dalla lettura di questi volumi ho
potuto apprendere quanto sia delicata l’operazione di iniziare un’opera, quali
siano le caratteristiche, i limiti, le regole e le consuetudini tramite le quali un
incipit letterario possa definirsi tale e assolvere alle proprie funzioni. Per la
parte cinematografica invece, tra i molti libri riguardanti la tematica
dell’incipit filmico e dei titoli di testa che ho consultato, i più utili, direi anzi
indispensabili, per una buona riuscita del lavoro sono stati il saggio di Roger
Odin L’entrata dello spettatore nella finzione, il volume a cura di Valentina Re
e Veronica Innocenti Limina/Le soglie del film, il testo di Fabio Carlini Popcorn
Time, l’arte dei titoli di testa e la trattazione specifica della strategia del film
nel film che occupa l’omonimo paragrafo del libro di Christian Metz
L’enunciazione impersonale o il luogo del film. Attraverso lo studio di questo
materiale sono riuscita a ricostruire il ruolo fondamentale e attivo dello
spettatore nell’entrata nella finzione, in relazione alle informazioni visive,
cromatiche e sonore che sono contenute nella sequenza dei titoli di testa e
dell’incipit.
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Ho imparato leggere le immagini diegetiche sezionandone significato, forma,
estetica, messaggio e forza comunicativa cercando di creare un percorso di
analisi, un repertorio di immagini, lettere, colori e suoni che, senza alcuna
pretesa di esaustività, potesse trasformarsi in uno strumento utile e pratico
da cui poter attingere.
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CAPITOLO PRIMO
SOGLIA, CONFINE, LIMITE.
INTRODUZIONE AL CONCETTO DI INCIPIT: SIGNIFICATO, VALORE E
FUNZIONI.
1.1 Il problema dell’inizio
Il Coniglio Bianco si mise gli occhiali. “Da dove devo iniziare, vostra Maestà?”
domandò. “Inizia dall’inizio” rispose il Re con gravità,
“poi vai avanti fino alla fine: quindi ti fermi”.
LEWIS CARROLL, Alice in Wonderland.
Cominciare qualcosa è un momento davvero cruciale. È il momento di
prendere una decisione, di fare una scelta: “ci è offerta la possibilità di dire
tutto, in tutti i modi possibili; e dobbiamo arrivare a dire una cosa in un modo
particolare.”
3
Il punto di partenza, quindi, rappresenta un momento fondamentale per chi
scrive: “il distacco dalla potenzialità illimitata e multiforme per incontrare
qualcosa che ancora non esiste ma che potrà esistere solo accettando dei
limiti e delle regole.”
4
Fino ad un secondo prima che la penna si posi sul foglio di carta o il nostro
dito tocchi una lettera della tastiera, abbiamo tutto l’intero mondo a nostra
3
Ivi.
4
Ivi.
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disposizione; inteso come universo di esperienze, sentimenti, valori, memorie
e potenzialità. Il compito dello scrittore è estrarre da questo mondo, un
racconto, una storia, un sentimento, una parola.
Abbiamo a disposizione tutti i linguaggi: quelli elaborati dalla
letteratura, gli stili in cui si sono espressi civiltà e individui nei
vari secoli e paesi, e anche i linguaggi elaborati dalle discipline
più varie, finalizzati a raggiungere le più varie forme di
conoscenza: e noi vogliamo estrarne il linguaggio adatto a dire
ciò che vogliamo dire, il linguaggio che è ciò che vogliamo
dire.
5
La difficile operazione dell’iniziare, è per ogni scrittore il momento in cui è
necessario isolare la storia che si vuole raccontare da un universo
indifferenziato e molteplice dove codesta si “nasconde”.
Per il narratore l’allontanare da sé la molteplicità delle storie
possibili, in modo da […] rendere raccontabile la singola storia che ha
deciso di raccontare questa sera; per il poeta l’allontanare da sé un
sentimento del mondo indifferenziato per isolare e connettere un
accordo di parole in coincidenza con una sensazione o un pensiero.
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L’inizio è anche la porta d’ingresso per un mondo completamente nuovo:
quello della parola. Fuori da questa porta il resto del mondo è diverso; non è
un mondo scritto, ma un universo “vissuto o vivibile”.
7
Con l’aiuto delle parole di Italo Calvino, abbiamo chiarito ed evidenziato
quanto sia difficile e delicato per uno scrittore iniziare la propria opera.
5
Ibidem, p. 138.
6
Ivi.
7
Ivi.
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Questo particolare momento spesso crea nell’autore sensazioni di
frustrazione, ansia e indecisione, che lo spingono a sperare invano che la sua
opera possa costruirsi da sola.
È dunque, desiderio irrealizzabile dell’artista, quello di trovare l’opera già
perfettamente compiuta eliminando il terribile scoglio di come iniziarla.
Il pittore sogna di spolverare la tela con i pennelli per liberare
un’opera nascosta e già terminata, così come lo scrittore potrebbe
sognare di disperdere d’un soffio, o con un tocco di penna, il bianco
della pagina per trovarvi il nero inchiostro di parole immaginate.
8
In entrambi i casi, la volontà dell’artista è quella di eludere il processo di
stesura dell’inizio di un’opera, sperando che essa possa trovarsi già compiuta
in natura esattamente come lui l’aveva immaginata.
Il sogno di un’opera che sia apparizione e non costruzione si ricollega
a un’utopica speranza di sfuggire all’inevitabile arbitrarietà della
creazione artistica, nell’illusione che l’opera possa essere ‘trovata’
come se fosse inserita nell’ordine naturale delle cose, e non fosse
invece il frutto delle scelte – ovvero dell’arbitrio – di un autore.
9
La questione dell’inizio, quindi, questione fondamentale in tutti i campi
dell’arte, ha un carattere problematico, in quanto si può iniziare da qualsiasi
cosa, da qualunque parola, da infinite immagini e da molteplici gesti.
10
Inoltre, l’incipit è una soglia a doppio senso perché da una parte si rivolge
8
A. Del Lungo, Gli inizi difficili, Padova, Unipress, 1997, p. 13.
9
Ivi.
10
Si prenderanno in esame nei paragrafi successivi di questo capitolo e più approfonditamente nel
capitolo seguente alcune delle regole, delle situazioni-tipo, dei topoi, delle convenzioni e dei modelli
riconoscibili e più o meno diffusi, con cui un’opera lettereraria e o cinematografica è solita
cominciare.
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all’interno, cioè verso l’opera che sta per prendere forma, e
contemporaneamente anche verso l’esterno, ovvero verso il mondo.
L’inizio è un luogo di contatto, di avvicinamento, tra qualcuno che racconta e
qualcuno che ascolta. L’inizio di un libro è quindi l’incontro tra ciò che lo
scrittore vuole raccontare e le aspettative che il lettore-spettatore possiede o
si è creato. Le prime inquadrature di un film sono il luogo immaginario dove
si incontrano il mondo del regista e della sua storia e il mondo vero di chi la
guarda, che si lascia trasportare con fiducia in un universo fittizio,
allontanandosi momentaneamente da quello reale.
Quando si comincia qualcosa, non si fa altro che distaccarsi dal reale per
addentrarsi in un mondo finzionale, che lascia all’artista ogni modalità
possibile ed immaginabile per iniziare questo passaggio, portando con sé
anche noi.
1.2 La cornice di un’opera
Tra i compiti principali dell’artista c’è quello di tracciare i limiti della sua
opera, sia dal punto di vista temporale, sia da quello spaziale. In sostanza
disegnare una linea di confine tra ciò che è interno all’opera e ciò che ne
resta al di fuori. La costruzione di una cornice è quindi elemento essenziale e
determinante di qualsiasi opera d’arte.
La cornice del quadro, la ribalta teatrale, l’inizio e la fine di un’opera
letteraria o musicale, le superfici che delimitano una scultura o
l’insieme architettonico dallo spazio artistico tagliato fuori da essi,