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che si aggira per le strade in cerca di colla da inalare e soldi, da guadagnarsi
in qualsiasi modo, per poter sopravvivere anche il giorno successivo.
Molti quartieri della città di Garoua la notte sono inquietanti, popolati da
bande di ragazzini che non di rado si tramutano in veri e propri banditi, i loro
obiettivi sono, in genere, le donne sole (spesso prostitute che rientrano a
casa), i davvero non numerosi turisti che si avventurano per le strade di sera,
i passanti solitari.
Durante il giorno li possiamo incontrare al mercato, nelle stazioni di
servizio, alle fermate dei pullman che collegano i villaggi, dove si adattano a
fare a qualsiasi servizio, cercando di raggranellare qualche spicciolo.
Il problema è evidente e complesso: se da un lato, si pongono tutte le
questioni morali e anche politiche relative all’educazione e alla preservazione
delle nuove generazioni, futuro dell’Africa; dall’altro esiste anche un
problema d’ordine pubblico e sociale, che si sta affacciando in tutta la sua
brutalità: per i bambini più forti, ossia quelli che sopravvivono alla
disperazione della strada, si può solo aprire un futuro di fuorilegge.
I “coupers des routes”, i “tagliatori di strada”, sono una realtà temuta
da chiunque si sposti, di giorno e di notte, sulle strade del Camerun.
Banditi armati disposti a tutto, che assaltano le automobili in viaggio a
scopo di rapina. Spesso queste azioni finiscono nel sangue, per la reazione
dei passeggeri, per l’intervento della polizia, o solamente perché le situazioni
sfuggono di mano. Difficile pensare che queste persone abbiano avuto una
“scuola” differente dalla “strada”.
Le autorità, lungi dal leggere queste problematiche ad un livello
educativo e preventivo si limitano alla repressione. I “ragazzi di strada”
vengono tollerati fin quando restano “sottobosco”, ossia la loro presenza,
anche numerica, non infastidisce la vita quotidiana del mercato o della
piazza, in caso contrario la reazione della polizia è brutale: vengono eseguite
vere e proprie retate, “fermati” tutti i giovani privi di documenti d’identità,
talvolta picchiati duramente, ed in qualche caso, se trovati in possesso
d’oggetti o danaro di cui non sanno spiegare la provenienza, arrestati per
furto.
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Per quanto riguarda il banditismo, sulle strade del Camerun è in atto una
vera e propria guerriglia, non di rado si trovano posti di polizia e controlli che
tentano troppo tardi di neutralizzare il problema, ormai radicalizzatosi, dei
“copeurs des route”, rispondendo ancora una volta alla fine con la
repressione ad un problema ignorato alla radice.
In un’ottica differente, basata sull’intervento educativo e su una politica
di prevenzione sociale, si svolge il lavoro del C.O.E che, in collaborazione con
le Diocesi di Milano e Garoua, ha dato vita ad un progetto educativo per i
“ragazzi di strada”, che impegna volontari italiani ed educatori camerunesi e
propone un modello articolato in più aree d’intervento: la strada, in cui si
cerca l’approccio con i ragazzi; la comunità, in cui vengono inseriti i casi più
difficili e generalmente i bambini più piccoli;
la prigione, in cui si cerca di non abbandonare al loro destino i giovani
reclusi ed, all’occorrenza, l’ospedale, in cui sempre più spesso capita di
trovare i ragazzi colpiti dalle diverse patologie cui sono esposti, e, non di
rado, ricoverati per violenze subite.
Grazie alla mia partecipazione al lavoro del COE è dunque da questo
“osservatorio privilegiato” che prende vita questo lavoro, con l’intento di dar
voce ad un problema ancora ignorato.
A questo scopo alla parte descrittiva e, per così dire, narrativa ho inteso
affiancare un minimo di analisi del lavoro svolto nella città di Garoua
cercando di percorrere insieme ai “ragazzi della strada” un tratto della loro
via- vita.
Nel primo capitolo prendo in considerazione la realtà politico- storico –
sociale del Camerun in generale, cercando di tracciare un breve profilo
dell’intera nazione in modo da poter dare al lettore alcuni strumenti per
meglio orientarsi nella realtà che descrivo.
La seconda parte del primo capitolo è dedicata alla famiglia rurale; se di
questa non si analizza la cultura la composizione, i problemi, le difficoltà
economiche e sociali, penso che sia impossibile comprendere il fenomeno,
complesso ed articolato, dei “ragazzi di strada”, nella seconda parte del
primo capitolo si accenna anche alle problematiche scolastiche, legate in
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qualche modo al rapporto famiglia- stato sociale e cittadino futuro di una
società.
Nel secondo capitolo, più centrato sulla quotidianità, e sul lavoro
educativo diretto con i ragazzi, inizia il mio “viaggio sulla strada”. Ho cercato
di seguire il percorso tipico di ogni ragazzo che, fuggito da casa, approda alla
grande città e la struttura che ho dato al lavoro rispecchia luoghi e tempi
della vita che ho condotto insieme ai ragazzi; nel secondo capitolo si vive per
strada, si finisce in carcere, si passa un po’ di tempo in ospedale.
Vestendo i panni dell’osservatore non ho potuto fare a meno di
descrivere le strutture ospedaliere e l’organizzazione della sanità sul territorio
del Camerun e di come lo Stato si fa carico della salute dei propri cittadini.
Nel terzo capitolo descrivo il lavoro che il progetto si propone e
l’intervento educativo che il COE sta attuando e al quale ho partecipato
attivamente. Si riportano alcune rilevazioni sul numero dei “ragazzi di
strada”, si descrivono interventi di ordine educativo, e linee d’intervento
sociale, difficoltà e tentativi di superarle.
Nel quarto ed ultimo capitolo vengono rilevati aspetti del problema che
non sono strettamente inerenti alla vita dei ragazzi; provo ad addentrarmi
nell’organizzazione e nella “filosofia” delle politiche sociali camerunesi per
spiegare negli ultimi due paragrafi quale sia il ruolo sociale che i ragazzi
svolgono e interpretandoli come una spia di problemi sociali e politici ben più
complessi. Viene spontaneo il paragone, del resto non difficile, con i
“meninhos de rua” sudamericani.
L’intento di questo lavoro è quello di far conoscere una realtà che, a mio
parere, rischia di divenire incontrollabile e sanguinosa come le realtà attuali
dei ragazzi sudamericani. Sarebbe fondamentale affrontare con decisione il
problema oggi, per non trovarselo di fronte fra dieci anni incancrenito e
allargato a dismisura.
Porsi delle domande sulla drammaticità di alcune realtà, sulla nostra
capacità di intervenire, sui nostri mezzi e la nostra preparazione
professionale e culturale, sulla possibilità che noi tutti abbiamo nel nostro
piccolo mondo di cambiare qualcosa, rientra in un discorso pedagogico e di
crescita personale ed intellettuale.
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CAPITOLO 1
IL CAMERUN, AMBIENTE E SOCIETÀ
Parte I
1.1.1. Profilo geografico e storico sociale; 1.1.2. La figura del Lamido e le
chefferies; 1.1.3. Popoli e popolazione; 1.1.4. Garoua.
1.1.1 Profilo geografico e storico sociale.
Il territorio del Camerun, situato sulla costa occidentale dell’Africa, è il
paese geograficamente più vario dell’intero continente. Si divide in tre zone
principali: la savana del Nord, le foreste pluviali del Sud e dell’Est, la piccola
regione montuosa occidentale a ridosso della Nigeria. Nella zona di
Bafoussan e Bamenda i fertili suoli vulcanici sono causa di un’alta densità di
popolazione rurale. La regione anglofona occidentale, ricca di caffè e cacao,
conta il 22°% della popolazione totale occupando il 10% della superficie
totale. Il Nord è caldo e asciutto e vi si trovano zone desertiche. All’estremità
settentrionale si situano il lago Ciad, i più grandi parchi nazionali tra cui il
Waza, ed il grande fiume Benoue’ che scorre attraverso Garoua per affluire
nel Niger
Il bacino del fiume Sanaga può essere considerato il nucleo centrale del
paese. Solo in alcuni tratti i confini si appoggiano ad elementi naturali , ma in
generale sono stati tracciati artificialmente senza tenere conto delle esigenze
dei gruppi etnici che sono attualmente uniti sotto un’amministrazione di tipo
federale con un regime presidenziale “forte”. Nella regione settentrionale il
clima è tropicale con due stagioni l’anno: quella delle piogge che va da
maggio ad ottobre e quella secca che va da novembre ad aprile. Nella
regione dell’Adamaua, regione centrale, il clima è più mite a causa
dell’altitudine. Nella regione meridionale si ha un clima equatoriale
caratterizzato da tre stagioni: “secca” da novembre a febbraio, delle “piccole
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piogge” da marzo a giugno, delle “grandi piogge” da agosto ad ottobre.
Intorno al monte Camerun il clima è più umido e dolce.
1
La vegetazione passa progressivamente dalla foresta vergine alla savana
ed infine alla steppa (o “brousse” secondo la dizione locale). La foresta
vergine si estende lungo la fascia costiera sino a 250 Km dalla costa. E’
caratterizzata da una grande varietà di specie arboree, di liane, d’epifite.
Lungo il corso dei fiumi predominano le specie d’alto fusto. In prossimità
della costa, troviamo le mangrovie che risalgono per grandi tratti gli estuari
dei fiumi. Lungo la costa numerose sono anche le palme. Alla foresta pluviale
subentra una vasta regione con foreste a galleria che seguono il corso dei
fiumi. In corrispondenza del 6° parallelo la foresta a galleria scompare e
subentra la savana arborea con acacie, baobab che si dirada poi sull’altipiano
dell’Adamaua. A Nord dell’altipiano troviamo la savana arbustiva che in
direzione Nord diventa sempre più rada. Intorno al lago Ciad e nelle zone
lungo il fiume Longone si stende una vegetazione palustre con numerosi
papiri. La fauna varia secondo il paesaggio
2
. La zona più ricca di fauna
selvatica è la parte settentrionale dove si trovano tutte le specie di grandi
mammiferi della savana: tra i carnivori leoni, leopardi, iene, ghepardi; tra gli
erbivori elefanti, bufali, ippopotami, facoceri, gazzelle, antilopi e giraffe. Nella
foresta a galleria numerosi sono i babbuini, gli scimpanzé e le scimmie
cinocefale; più raro il gorilla che compare nella zona meridionale del paese.
Nei fiumi numerosi sono i coccodrilli ed i pesci. Nella zona forestale vivono
per lo più rettili ed uccelli, nonché molti insetti, fra cui la mosca tse-tse
3
.
Il Camerun
è uno Stato nato da diverse esperienze coloniali, e anche
perciò è una delle formazioni statali più singolari dell’Africa: ha una posizione
di convergenza tra l’Africa centrale francofona e l’Africa occidentale
anglofona.
Francia e Inghilterra si spartirono il Camerun durante gran parte del
periodo coloniale, causando gravi problemi d’unificazione al momento
dell’indipendenza. Non c’è neppure una lingua ufficiale, in quanto sia l’inglese
1
Cfr. J. Criaud, Geographie du Cameroun, Editions Saint-Paul, 1976, p. 43
2
Cfr. AA.VV. Il territorio del Camerun, in “il milione”, Istittuto Geografico De Agostini, Novara 1970,
vol. IX, Pag. 436
3
Cfr Iean Imbert, Le Cameroun, Presses Universitaires de France, Parigi 1973.
11
sia il francese svolgono indifferentemente questa funzione. Se si pensa poi
che la popolazione è etnicamente frammentata, desta stupore che il paese
abbia avuto fino a pochi anni or sono un governo estremamente stabile.
Poco si sa delle vicende antecedenti all’arrivo dei Portoghesi nel 1472, che
diedero nome al paese osservando i gamberi giganti che affollavano i suoi
mari.
Fino alla metà del secolo scorso la storia del Camerun del Sud ruotava
intorno al commercio degli schiavi, mentre il Nord era campo di battaglia per
la conquista da parte di imperi diversi, dai Kanem-Bornu del Ciad a quello dei
Fulani della Nigeria, che controllarono il Camerun feudale del Nord fino
all’arrivo dei Tedeschi alla fine del secolo scorso.
Nel 1856 uno dei capi dei Douala
4
firmò un accordo commerciale con gli
Inglesi, per poi chiedere alla regina Vittoria di stabilire un protettorato sul
paese. Quando finalmente nel 1884 gli Inglesi acconsentirono a tale richiesta
scoprirono che i Tedeschi li avevano preceduti di soli cinque giorni. I
Tedeschi si attivarono subito, costruendo scuole, porti lungo le coste, una
ferrovia da Douala a Yaounde’ ed impiantando piantagioni alle falde del
monte Camerun per più di 1000 Kmq. La loro legge era durissima, ed in una
piantagione si raggiunse una mortalità del 20%. Nuovi padroni arrivarono
alla fine del primo conflitto mondiale, quando la Società delle Nazioni affidò
l’80% del paese ai Francesi, riservando due zone non contigue, una nel Sud-
Est ed una nel Nord, agli Inglesi. Tale anomala divisione in tre parti nocque
poi al momento della riunificazione. Gli Inglesi si disinteressarono dei territori
del Nord, vendendo tutte le piantagioni, in cinque anni, agli originari
proprietari tedeschi. Nel 1939 la presenza tedesca, costituita da circa 300
proprietari, era di nuovo fortemente radicata nel paese, salvo venire
frettolosamente rimpatriata dopo l’espropriazione conseguente alla
dichiarazione della seconda guerra mondiale. Nel contempo i Francesi
completarono la costruzione della ferrovia (utilizzando manodopera forzosa,
in contrasto col proprio mandato), introdussero piantagioni di cacao e palme
ed esportarono legna, quintuplicando il fatturato del commercio del Camerun
nel periodo tra le guerre. Poiché il Camerun per loro era solo un mandato, i
4
Cfr. tratto dagli archivi del C.O.E
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Francesi non lasciarono un’impronta come altrove: ecco perché non ci sono
ancora oggi molti commercianti francesi nel paese, mentre sono molto più
numerosi Greci ed Indiani. Con la guerra per l’indipendenza, negli anni
Cinquanta, nacquero in Camerun due partiti politici indipendentisti, l’UPT
sostenuto dai meridionali (in particolare Bamileke’ e Bassa) e l’UC, guidato da
un musulmano settentrionale, A. Ahidjo. Quest’ultimo conquistò la
maggioranza nel nuovo parlamento, istituito a metà degli anni Cinquanta,
che fu, di fatto, disertato dai meridionali. In seguito all’indipendenza del 1960
i Bamileke’ iniziarono una rivolta armata nella zona di Bafoussam. La rivolta
fu repressa grazie all’intervento, durato otto mesi, di cinque battaglioni
francesi supportati da cacciabombardieri; migliaia di Bamileke’ furono
sterminati ed i loro territori non furono accessibili liberamente fino al 1975.
Nelle elezioni del 1960 l’UC ebbe la maggioranza assoluta ed Ahidjo diventò
presidente nonostante l’assoluta mancanza di carisma. Nel contempo i
territori inglesi del Camerun continuarono ad essere amministrati come
territorio nigeriano. Nel 1961 un referendum in questi territori sancì il
passaggio dei meridionali al Camerun mentre i settentrionali preferirono
divenire parte della Nigeria. Fino al 1972 vi furono due parlamenti, uno delle
zone ex-francesi ed uno di quella ex-britannica, fino alla confluenza del 1972
in un’unica assemblea.
Ahidjo governò il paese con mano dura e spazzò via ogni opposizione; fu
rieletto nel 1975, anno in cui Biya, un meridionale cristiano, divenne primo
ministro. Nonostante che molte cariche fossero affidate a meridionali, il
potere rimase ben saldo nelle mani di un ristretto circolo di musulmani del
Nord fedeli ad Ahidjo e chiamati “i baroni”. Ahidjo era un uomo politico
archetipo, pur non essendo un trascinatore. Ossessionato dal controllo,
esigeva che tutti gli alti funzionari gli prestassero giuramento di fedeltà,
anche in occasione di cerimonie pubbliche, ed abolì tutti i partiti politici al di
fuori del proprio: il dissenso politico non era assolutamente tollerato ed i
servizi segreti lavoravano con efficienza. Durante il suo governo circa 30000
persone (su sette milioni d’abitanti totali) furono imprigionati come oppositori
politici. Nonostante che il pericolo di ribellione non esistesse più a metà degli
anni Settanta, rimasero tuttavia in vigore le leggi marziali dichiarate nel
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1960, così come la censura della stampa. Sul versante economico Ahidjo agì
cautamente, evitando i massicci prestiti che oggi sono la causa del tracollo di
molti paesi del terzo mondo. Invece di investire in progetti di facciata e nelle
infrastrutture, si concentrò su agricoltura, sanità, educazione e viabilità.
Per sua stessa ammissione, Ahidjo ebbe anche fortuna, come quando,
nel 1978, cominciarono le estrazioni petrolifere. Va riconosciuto ad Ahidjo di
aver unificato il paese mantenendo corruzione ed odi tribali entro limiti
accettabili. Improvvisamente quanto inaspettatamente, Ahidjo annunciò le
proprie dimissioni nel 1982, gli succedette Biya, il quale, fedele solo a se
stesso, esautorò i baroni dal governo sostituendoli con persone dei Betl, la
sua tribù. Ahidjo a questo punto ritornò sui suoi passi, ma nel 1983 fu
accusato di voler ispirare un colpo di stato e condannato a morte in
contumacia.
Nel 1984 “i baroni”, ormai relegati a ruoli di secondo piano, assoldarono
un gruppo di ufficiali settentrionali che realizzarono un golpe. Non riuscirono
però a sfruttare l’elemento sorpresa e, dopo due giorni di combattimenti,
Biya tornò a controllare la situazione (e fu rieletto senza opposizione nel
1988). Nel 1990 gli anglofoni occidentali, esasperati dalla incapacità politica
di Biya e dal grado di corruzione pubblica insopportabile, formarono un
nuovo partito, I’SDF. La prima assemblea fu repressa dalle mitragliatrici
dell’esercito, che causarono 12 morti. Questa tattica non funzionò: entro un
anno furono fondati 30 partiti tra cui l’UNDP e nacquero circa 10 giornali
indipendenti. Seguirono manifestazioni di massa, in particolare nell’Ovest,
finite spesso in carneficine che costarono la vita in un anno a circa 200
persone. Il governo nascose le abnormi violazioni dei diritti umani non
permettendo alle organizzazioni internazionali di entrare nel paese.
Le forze armate, però, divennero timorose dopo che in diverse occasioni
la folla linciò i militari che sparavano su di essa. Biya introdusse il
multipartitismo in un disperato tentativo di salvare la situazione, ma
l’opposizione chiese invece con insistenza una nuova assemblea costituente.
Biya rifiutò conscio dei precedenti in Africa, tra cui il Benin che aveva
deposto il presidente, ed offrì invece un nuovo posto di primo ministro.
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L’opposizione proclamò lo sciopero generale ed ogni forma di resistenza non-
violenta; l’adesione fu di massa, specialmente all’Ovest.
Durante il 1991, seguendo l’esempio della “città fantasma di Bafoussam”
quasi tutti gli uffici, negozi e mercati occidentali rimasero chiusi durante la
settimana, i taxi restarono fermi e persino il porto di Douala fu praticamente
inattivo per diversi mesi. Biya rispose instaurando la legge marziale in sette
province su dieci. Non riuscì ad avere la meglio su tanti partiti d’opposizione
e giornali indipendenti (guidati dal Le Messager) e fu costretto ad indire le
elezioni, primo voto multipartitico in 30 anni. L’opposizione, guidata dal
UNDP, ottenne il 52% dei seggi, mentre Simon Achidi Achu divenne primo
ministro di un governo di coalizione. Un mese dopo Biya indisse a sorpresa le
elezioni presidenziali, vincendo l’opposizione frammentata ed impreparata;
ciò causò violente rivolte nell’Ovest. Ciononostante Biya riuscì a consolidare il
suo potere che mantiene tutt’oggi.