PREMESSA
Il seguente lavoro di tesi si propone di analizzare i poteri attribuiti al
consiglio di sorveglianza dalla “Riforma organica della disciplina delle società di
capitali e società cooperative” operata con il d.lgs. n° 6/2003, ponendo particolare
attenzione alle significative integrazioni apportate con i decreti correttivi nn° 37 e
310 del 2004.
Il consiglio di sorveglianza è un organo concepito nel quadro del diritto azionario
tedesco, nella seconda metà del diciannovesimo secolo, con il compito di
sorvegliare l'amministrazione dell'impresa affidata al consiglio di gestione. Con il
maturare delle esperienze ed in risposta alle nuove caratteristiche dei mercati, il
controllo ex post sull'operato degli amministratori ha dimostrato i suoi limiti ed è
stato affiancato da istituti che hanno ampliato le competenze del consiglio di
sorveglianza sino ad includere forme di controllo preventivo sulla c.d. “alta
amministrazione”.
La normativa con cui il legislatore italiano ha trasposto tale modello di origine
tedesca nel nostro ordinamento non si presenta di facile lettura: la tecnica
legislativa usata, che si affida ad un massiccio uso di norme di rinvio e di
richiamo, richiede un attento lavoro interpretativo volto ad identificare la corretta
distribuzione dei poteri tra l'assemblea dei soci, il consiglio di sorveglianza ed il
consiglio di gestione.
Nell'esaminare i poteri attribuiti al consiglio di sorveglianza si è cercato di seguire
il più possibile l'ordine e la logica con cui essi sono disciplinati nel codice civile e
I
di ricostruire, di volta in volta, la volontà del legislatore e le ragioni che lo hanno
spinto ad “importare” solo alcuni istituti e non altri.
La trattazione che segue si basa principalmente su una serie di analisi dottrinali
che si trovano spesso su posizioni divergenti tra loro, poiché la relativa
“giovinezza” dell'argomento trattato, insieme con la tiepida accoglienza ricevuta
dai modelli alternativi di governance da parte delle società italiane, ha finora
impedito la formazione di consolidate correnti giurisprudenziali che potessero
aiutare ad identificare la corretta interpretazione delle norme dal significato più
dibattuto.
Nel primo capitolo di questo lavoro di tesi, dedicato alla struttura del consiglio di
sorveglianza quale organo delle società per azioni di modello dualistico, sono
analizzate le modalità di nomina dell'organo di controllo, i requisiti richiesti ai
consiglieri di sorveglianza e la cause che possono determinare loro ineleggibilità o
decadenza. Di seguito, relativamente al funzionamento di tale organo, viene
esaminato l'iter che conduce alle deliberazioni del consiglio di sorveglianza, le
funzioni che sono attribuite al suo presidente, nonché i doveri e le responsabilità
dei consiglieri.
L'ultimo paragrafo del primo capitolo è stato dedicato all'analisi delle peculiarità
del consiglio di sorveglianza della società controllante un gruppo d'imprese. La
scelta di tale caso specifico è stata dettata dal particolare riscontro che il modello
dualistico ha trovato in questo tipo di realtà, specialmente nei gruppi di società
bancarie.
Nel capitolo secondo, entrando nel merito delle funzioni caratterizzanti il
consiglio di sorveglianza, vengono analizzati i poteri di nomina, revoca e
II
determinazione del compenso dei consiglieri di gestione. In particolare
l'argomento è affrontato ponendo in evidenzia come tali attribuzioni, nonostante
non siano espressamente qualificabili come attinenti alla sfera gestoria,
permettano al consiglio di esercitare una notevole influenza sull'organo
amministrativo.
Nel capitolo che segue, il terzo, si da spazio all'analisi dei poteri di controllo
attribuiti all'organo di vigilanza del modello dualistico. Tali poteri sono stati in
buona parte ripresi da quelli previsti per il collegio sindacale, con l'ampio utilizzo
di norme di rinvio: ciò ha comportato un notevole sforzo interpretativo volto a
coordinare tali attribuzioni con le caratteristiche proprie dell'organo in esame.
Il capitolo quarto, dopo aver affrontato il tema dell'approvazione del bilancio,
tratta dell'attribuzione al consiglio di sorveglianza di funzioni di “alta
amministrazione”. Tale possibilità, introdotta con i decreti correttivi del 2004,
permette al consiglio di sorveglianza di differenziarsi in modo netto dal collegio
sindacale e rappresenta il reale elemento di novità all'interno del modello
dualistico di amministrazione e controllo.
Infine, nelle conclusioni, si è cercato di evidenziare gli aspetti critici che
caratterizzano il modello dualistico così come introdotto nel nostro Paese e
d'identificare i possibili sviluppi che potrebbero riguardare il suo futuro.
III
Capitolo primo
IL CONSIGLIO DI SORVEGLIANZA
Sommario: 1. Elementi introduttivi. – 2. Struttura e composizione dell'organo. – 3. Nomina, durata
della carica, revoca e sostituzione dei consiglieri. – 4. Requisiti soggettivi, cause d'ineleggibilità e
di decadenza. – 5. Funzionamento dell'organo, le deliberazioni e il presidente. – 6. Doveri e
responsabilità dei consiglieri di sorveglianza. – 7. Competenze del consiglio di sorveglianza. –
8. Gruppi d'imprese: il consiglio di sorveglianza della società capogruppo.
1. – La riforma del diritto societario attuata con il d.lgs. 17 gennaio 2003,
n. 6 ha introdotto nel nostro ordinamento la possibilità, rimessa all'autonomia
statutaria, di scegliere tra il modello tradizionale di amministrazione e controllo
delle S.p.A. e due modelli alternativi di nuova elaborazione, anche se largamente
ispirati dal regolamento sullo statuto della Società Europea (SE)
1
: il sistema
monistico ed il sistema dualistico.
Il sistema monistico si rifà al modello in vigore nei paesi anglosassoni ed è
caratterizzato dalla previsione di un consiglio di amministrazione con, al suo
interno, un comitato di controllo sulla gestione.
Il sistema dualistico, di derivazione tedesca, è fondato sulla compresenza di due
organi: il consiglio di gestione, nominato dal consiglio di sorveglianza, cui spetta
l'amministrazione della società, ed il consiglio di sorveglianza, nominato
dall'assemblea, cui spetta la funzione di controllo
2
.
L'attribuzione al consiglio di sorveglianza di alcune importanti funzioni
dell'assemblea, tra cui la nomina del consiglio di gestione e l'approvazione del
bilancio, rende quest'organo una sorta di “diaframma”
3
tra la proprietà e l'ufficio a
1 Cfr. A. GUACCERO, Sub art. 2409/VIII-XV, in G. NICCOLINI E A. STAGNO D'ALCONTRES (A CURA DI),
Società di capitali. Il nuovo ordinamento aggiornato al d.lgs. 6 febbraio 2004 n. 37, Napoli,
2004, 865.
2 Cfr. Relazione al Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, §6.
3 Cfr. L. SCHIUMA, Sub art. 2409/VIII, in M. SANDULLI E V . SANTORO (A CURA DI), La riforma delle
società. Commentario del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, Torino, 2003, 671.
1
cui è affidata la gestione dell'impresa sociale ; nel disegno del legislatore ciò è
funzionale al raggiungimento della massima autonomia dell'organo gestorio
rispetto alla compagine sociale, rendendolo meno sensibile agli andamenti
ondivaghi degli assetti proprietari
4
.
Nonostante non sia attribuito al consiglio di sorveglianza alcun diretto compito
gestorio, esso non può essere ritenuto un semplice organo di controllo poiché è
titolare di alcune prerogative che, direttamente o indirettamente, gli permettono di
esercitare un'influenza significativa sulla gestione della società
5
, anche e
soprattutto alla luce della possibile previsione statutaria introdotta dall'art. 2409-
terdecies, lett. f-bis).
2. – L'art. 2409-duodecies disegna il consiglio di sorveglianza come un
organo necessariamente collegiale, modellato in parte sul collegio sindacale ed in
parte sul consiglio di amministrazione.
La legge fissa in tre il numero minimo di consiglieri, fatta salva la possibilità che
lo statuto ne preveda un numero maggiore e non precisa se l'eventuale diversa
composizione debba necessariamente prevedere un numero dispari di componenti.
Nulla sembra ostare ad un consiglio di sorveglianza formato da un numero pari di
consiglieri ed anzi tale ipotesi pare essere assecondata dalla previsione contenuta
nell'art. 2409-novies relativa al consiglio di gestione, il quale indica in due il
numero minimo dei suoi componenti, con ciò dimostrando la possibilità del
corretto funzionamento di un organo collegiale in composizione paritaria
6
.
4 Cfr. V . CARIELLO, Il sistema dualistico, Milano, 2007, 10.
5 Cfr. D. RUFINI, Sub art. 2409/VIII, in A. MAFFEI ALBERTI (A CURA DI), Il nuovo diritto delle
società, Padova, 2005, 1124.
6 Cfr. M. C. BREIDA, Sub art. 2409/VIII-XIV, in G. COTTINO, G. BONFANTE, O. CAGNASSO E P.
MONTALENTI, Il nuovo diritto societario, Bologna, 2004, 1157.
2
In tema di composizione dell'organo possiamo identificare il primo sensibile
scostamento del modello dualistico italiano dal suo omologo tedesco, in cui è
previsto l'istituto della cogestione che invece è stato del tutto trascurato dal nostro
legislatore. La presenza nell'ordinamento tedesco delle leggi sulla cogestione fa sì
che, per le società con più di 500 dipendenti, il consiglio di sorveglianza sia
designato per metà dall'assemblea e per metà dai rappresentati dei dipendenti
7
.
L'entità di tale differenza diviene apprezzabile nel momento in cui si tiene conto
che tale previsione permette la presenza, all'interno di quello che può essere
considerato il più importante organo sociale (va ricordato che nel modello tedesco
esso ha espressi poteri di gestione), dei rappresentanti di quelle categorie che
difficilmente vi troverebbero posto.
La dottrina è divisa circa la possibilità che, nel nostro Paese, sia possibile
raggiungere risultati simili per il tramite di apposite clausole statutarie.
Gli Autori favorevoli a tale soluzione la giustificano con il riferimento alla
rappresentanza dei dipendenti contenuto nello statuto della Società Europea e
nella Direttiva 2001/86/CE
8
, oppure con ragioni di natura sistematica attinenti alla
rappresentanza ed alla tutela delle minoranze
9
.
Di diverso avviso è la dottrina più tradizionale, che esclude la presenza in senso al
consiglio di sorveglianza di esponenti della minoranza o comunque di interessi
diversi da quelli della maggioranza assembleare (in cui vanno evidentemente
ricompresi i rappresentati dei lavoratori)
10
e che ritiene vi sia una vera e propria
7 Cfr. M. C. BREIDA, Sub art. 2409/XII, (nt. 6), 1156 e M. LUTTER, Una introduzione al Codice
tedesco di corporate governance, in Riv. soc., 2003, I, 235.
8 Cfr. M. C. BREIDA, Sub art. 2409/XII, (nt. 6), 1157.
9 Cfr. E. SANTI, Sub art. 2409/XII, in A. MAFFEI ALBERTI (A CURA DI), Il nuovo diritto delle società,
Padova, 2005, 1160.
10 Di tale opinione è L. SCHIUMA, Sub art. 2409/VIII, (nt. 3), 695.
3