15
CAPITOLO 1: DEFINIZIONI FONDAMENTALI
Il tema centrale della matematica finanziaria (attuariale) è da sempre quello di definire,
attraverso l’impiego di strumenti analitici anche piuttosto sofisticati, l’equivalenza tra
importi monetari disponibili, (ovvero esigibili dal punto di vista del creditore) in
epoche diverse.
In questo capitolo si daranno le definizioni fondamentali relative alla caratterizzazione
formale dei principali “regimi di capitalizzazione” e delle loro proprietà analitiche.
Alla fine del capitolo si definiranno invece le principali caratteristiche tecniche degli
strumenti finanziari obbligazionari, con una particolare attenzione all’approfondimento
del concetto di rischio e del modo in cui il mercato tratta tale problematica, dando
conto quindi della ragione per la quale nella modellizzazione matematica della dinamica
dei tassi d’interesse si faccia in pratica sempre riferimento ai titoli del debito pubblico
(il cui emittente cioè è uno Stato Sovrano).
1. 1. Regimi di capitalizzazione e traslabilità
Detto M il montante generato dall’impiego di un capitale iniziale, indicato con C, per
un certo intervallo di tempo (in genere indicato con t) e fissato un certo tasso
d’interesse
1
da un punto di vista strettamente matematico il problema è quello di
trovare una funzione continua del tempo tale che:
MtfC t , (1.1)
dove la funzione f sia lineare rispetto a C, ovvero soddisfi alla seguente condizione :
12 1 2
fCCtfCtfCt ,,, (1.2)
1
Si definisce interesse la differenza IMC mentre si definisce tasso d’interesse il rapporto / iMCC .
Si definisce invece tasso di sconto il rapporto / dMCM
16
In tal modo, risulta quindi lecito scrivere
1, f Ct C f t ,
dove la funzione
definibile come “intensiva”
1 f t , , prende il nome di funzione fattore di
montante
2
e viene di solito indicata con rt, sicché dalla (1.1) si ha:
1 MtC ftC r t , (1.3)
Appare inoltre ragionevole richiedere che la funzione fattore di montante soddisfi le
seguenti due proprietà:
1. 0
r
t
0 t 2.
01 r (1.4)
Ogni funzione rtche soddisfi le 2 proprietà di cui sopra definisce una “legge di
capitalizzazione”, mentre si definisce “regime di capitalizzazione” una famiglia di
funzioni fattori di montante che dipendono da uno o più parametri (uno dei quali è
proprio il tasso d’interesse).
Si noti però che il numero di funzioni ammissibili come fattori di montante è limitato
anche da una terza condizione. Considerando infatti xcome l’istante iniziale ed y
come l’istante finale di impiego del capitale, è ragionevole richiedere che il montante
generato dall’operazione d’investimento sia funzione della sola differenza dei tempi
tyx () , e non già anche dal valore assoluto degli stessi. In altre parole, è
opportuno richiedere che la funzione fattore di montante, soddisfi alla seguente
condizione:
rxy rx y ,(,) (1.5)
La (1.5) esprime la condizione che va sotto il nome di traslabilità o uniformità del
regime finanziario.
2
Il reciproco della funzione fattore di montante è detta funzione fattore di sconto e si indica in genere con
1 vt rt /.
17
Per ragioni pratiche, spesso può essere necessario fare riferimento a regimi finanziari a
due variabili, ovvero a famiglie di funzioni fattori di montante del tipo
rxy x y ,, . In questo senso risulta ovvio richiedere la soddisfazione delle
seguenti proprietà:
1. 1 rxx vxx ,,
2. rxy rxx x y ,, (1.6)
3. 0 ixx dxx ,,
Considerare la funzione fattore di montante rxy , come funzione della sola variabile
tx y , è dunque lecito se e solo se vale la condizione di uniformità espressa dalla
(1.5).
Nella pratica finanziaria è ormai ampiamente affermato l’uso di funzioni fattori di montante
appartenenti a tre diversi tipi di famiglie, di cui di seguitosi riportano le formulazioni.
RIS (regime interesse semplice) 1 rt i t
RIC (regime interesse composto) 1
t
rt i (1.7)
RIA (regime interesse anticipato
1
1
rt
d
Per ragioni che saranno ulteriormente chiarite quando saranno illustrate altre proprietà
dei regimi finanziari, come la scindibilità e la forza d’interesse, il principale regime
che viene preso in considerazione nella finanza matematica è il RIC, il quale permette
la cosiddetta capitalizzazione continua: gli interessi mano a mano prodotti, vengono
cioè reinvestiti e remunerati a loro volta al tasso i, il ché da un punto di vista
concettuale permette di valutare appieno la profittabilità di un certo investimento,
ferma restando l’idea che gli interessi via via maturati vengano in teoria reinvestiti alle
stesse condizioni di mercato.
18
Per la trattazione esaustiva di quanto fin qui detto si rimanda il lettore ad un qualsiasi
testo universitario introduttivo di matematica finanziaria, mentre qui si osservi che per
consuetudine di mercato, il regime di capitalizzazione semplice viene solitamente
utilizzato per operazioni di durata inferiore all’ anno.
1. 2. Tassi nominali e tassi periodali
Nella pratica finanziaria capita molto frequentemente di imbattersi in operazioni di
durata diversa dall’anno solare.
Più esplicitamente, spesso i tassi d’interesse sono riferiti all’anno (quello solare è di
365gg, quello commerciale di 360gg) mentre non è detto che tale sia la durata di
un’operazione finanziaria. Nasce quindi l’esigenza di calcolare i tassi d’interesse
periodali equivalenti (di solito per frazioni dell’anno solare).
Nel RIC, detto i il tasso effettivo annuale ed m il numero di periodi in cui si
suddivide l’anno si ha:
1
(1 ) 1
m
m
ii (1.8)
dove
1
m
i indica il tasso periodale vigente nell’em-esimo di anno preso in considerazione.
Dalla (1.8) si ricavano agevolmente le relazioni tra tasso effettivo annuo e tasso periodale:
1
11
11 11
m
m
mm
iiii ; (1.9)
Nel RIC chiamiamo tasso nominale annuo d’interesse convertibile
3
m volte
all’anno il valore:
3
Tale definizione sta a significare che non si effettua più una capitalizzazione continua ma che gli interessi
maturati negli m periodi vengono via via riscossi e (solo eventualmente) reinvestiti. In capo ad un anno,
l’investitore avrà quindi riscosso su ogni unità di capitale investita, m rate di ammontare pari ad
1
i
m
,
ciascuna alla fine di ogni m-esimo di anno.
19
1
m
jmm i (1.10)
Tenendo conto delle (1.9) è possibile scrivere la (1.10) nel seguente modo:
1
1
11
m
m
jm m i m i
(1.11)
E’ utile notare come l’equivalenza tra tasso nominale (o convertibile) e tasso effettivo
annuo abbia un senso se e solo se gli interessi maturati (e riscossi) vengano investiti a
loro volta al tasso i equivalente a j m direttamente ricavabile dalla (1.11):
11
m
jm
i
m
(1.12)
Esempio 1.1. Si consideri un investimento di 100 C euro in un’obbligazione,
scadente tra un anno, che paga cedole semestrali al tasso d’interesse nominale annuo
del 5%. Risulta quindi un tasso nominale semestrale pari a 20 , 0 5 j che in base alla
(1.10) equivale ad 1
2
0.025 i ossia ad un tasso effettivo semestrale del 2,50%.
Questo tasso comporta il diritto di ricevere, dopo 6 mesi, una cedola pari a 2,5 euro.
Il tasso effettivo annuo è dato da
2
2
2
00 5
1 1 1 1 0 05062
22
j
i
,
, .
Alla fine dell’anno, il montante complessivo dell’investimento sarà quindi dato dal
capitale investito e dalla somma degli interessi maturati dopo 6 mesi e reinvestiti al
tasso effettivo annuo dello 0,05062 più gli altri 2,5 euro relativi alla seconda cedola
maturante in coincidenza con la scadenza annuale dell’investimento.
Il flusso complessivo degli interessi riscossi in un anno, e del capitale investito
generano quindi il seguente montante:
1
2 2 5 1 0 05062 2 5 105 0625 MC ,, , ,
20
Si noti come tale quantità monetaria è esattamente uguale a quella che si sarebbe
ottenuta investendo le 100 euro per un anno, ad un tasso effettivo annuale del 5,062%.
E’ ovvio come l’equivalenza manchi laddove i 2,5 euro derivanti dalla riscossione della
prima cedola vengano reinvestiti ad un tasso effettivo annuo diverso da quello
ricavabile dalla (1.12).
Per quanto fin qui detto si osservi anche che un tasso nominale annuo è sempre più
basso del corrispondente (secondo la 1.12) tasso effettivo annuo in quanto non tiene
conto dell’eventuale reinvestimento degli interessi via via maturati.
4
1. 3. Intensità istantanea d’interesse
Si supponga ora di voler conoscere, (a partire dalla 1.11), il tasso nominale per frazioni
di tempo sempre più piccole, arrivando quindi a considerare la successione
1 , 2 ,..., j jj m . Tale successione risulta essere decrescente ed è convergente per
m e risulta:
1
1
1 1
0
11
11 1
m
m
m
mm
m
i
jmmi i
lim lim lim In (1.13)
Il valore limite in (1.13), dove si è utilizzato il teorema dell’ Hospital, prende il nome di
Tasso Istantaneo d’Interesse o tasso nominale annuo d’interesse rinnovabile
infinite volte l’anno o intensità istantanea d’interesse, e viene di solito indicato
con:
In 1 i (1.14)
L’utilità della (1.14) appare subito evidente
5
: si tratta del tasso nominale annuo in
regime di capitalizzazione continua, e permette di conoscere il flusso (uniforme e
4
Per una dimostrazione formale si veda “Lezioni di Matematica finanziaria classica e moderna”, Cap. II di
F. Cacciafesta, (Giappichelli Editore-Torino, 2001).
5
Spesso può essere utile anche l’inversa della (1.14) : 1 exp i δ .
21
costante) d’interessi prodotti dall’investimento, che appena maturati vengono
istantaneamente reinvestiti al medesimo tasso i.
Si noti come il concetto d’intensità d’interesse sia del tutto generale e prescinda
dall’esplicita considerazione di un particolare regime d’interesse, anche se è vero che
essa è costante solo nel R.I.C.
Si consideri infatti una generica legge di capitalizzazione rt () .
Definiamo l’interesse nell’ intervallo di tempo
tt t , :
I tt t M t t M t , (1.15)
Consideriamo il tasso effettivo d’interesse:
M t t Mt rtt t rt
itt t
Mt rt
,
, (1.16)
Si definisce intensità d’interesse il rapporto:
1
itt t rt t rt
ttr t
,
(1.17)
Dalla (1.17) con passaggio al limite per 0 t si ottiene il tasso istantaneo
d’interesse o forza d’interesse
t :
00
i, r r
1
lim lim
tr t
tt
tt t t t t
t
t
1
r l n
r
d
tt r t
td t
(1.18)
La (1.18) è valida qualsiasi sia la funzione fattore di montante rt () . Di seguito si
riporta, per comodità espositiva, la forza d’interesse relativa ai tre principali regimi
finanziari impiegati nella matematica finanziaria:
22
RIS)
1
1
i
rt i t t
it
RIA)
1
11
d
rt t
dt dt
(1.19)
RIC)
1 1
t
rt i t I n i
Dalle (1.19) si noti un particolare importante: l’unica intensità istantanea d’interesse che
non dipende dal tempo è quella del RIC
6
, il ché rappresenta una proprietà
fondamentale di tale regime, che ci porterà successivamente ad analizzare il concetto di
scindibilità.
Per il momento concentriamo la nostra attenzione sull’analisi della (1.18).
La forza d’interesse rappresenta la derivata logaritmica
7
della funzione fattore di
montante, ovvero la velocità istantanea di accrescimento del montante per unità di
montante esistente.
Si tratta quindi di un’intensità istantanea: qualora ci si voglia riferire ad intervalli di
tempo e non a singoli istanti, è necessario ricorrere al calcolo integrale (sfruttando il
teorema della media).
Nella prossima sezione si vedrà come la forza d’interesse sia sufficiente ad individuare
univocamente il regime finanziario corrispondente.
6
La funzione fattore di montante nel RIC è 1
t
rt i la cui derivata è 11
t
iI ni , ottenuta sfruttando la
derivata notevole
gx gx
DaaI n a D g x . Con le sostituzioni 1 ai e tgx , ritroviamo così, a
partire dalla (1.19), proprio la corrispondente (1.7).
7
La derivata logaritmica di una generica funzione continua è '/ f xfx e rappresenta la velocità
(istantanea) di variazione della funzione rispetto al livello raggiunto dalla stessa.
23
1. 4. Fattori di montante come soluzioni di equazioni differenziali
Conviene a questo punto raffinare l’analisi per rendersi conto del fatto che una volta
definita la forza d’interesse, il regime di capitalizzazione corrispondente resta
univocamente determinato. Supponiamo a tale scopo nota la forza d’interesse t ed
assumiamo di non conoscere la corrispondente funzione fattore di montante rt:
dalla equazione (1.18) si vede che:
' rt trt (1.20)
La (1.20) è un’equazione differenziale omogenea del primo ordine.
Ricordando la seconda condizione delle (1.4) che è 01 r è possibile ottenere una
soluzione univoca della (1.20) tramite un’applicazione diretta del teorema
fondamentale del calcolo integrale
8
.
Riportando per comodità la prima parte della (1.18) vediamo infatti che:
' rt
t
rt
(1.21)
Con un cambio di variabile, consideriamo , 0 t , ed integriamo la funzione
sull’intervallo
0 t ,
00
' tt r
dd
r
(1.22)
L’integrale definito al secondo membro della (1.22), che rappresenta la velocità media
di accrescimento del montante nell’intervallo 0,t , è d’immediata soluzione:
8
Il Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale dice che se fXR : è una funzione continua, allora è
possibile considerare aX la funzione
x
FxX ftd t
a
: , ta x , e si ha: F xfx ' ovvero
x
xaX ft d tF xFa
a
,:
24
0
'
In
0
t t r
dr
r
In In 0 In In1 rt r rt
da cui :
0
In
t
dr t
(1.23)
A questo punto per conoscere la funzione rtbasta semplicemente prendere gli
esponenziali di ambo i membri della (1.23), ottenendo:
0
t
d
rt e
(1.24)
Si noti che con un procedimento del tutto analogo, è possibile trovare una soluzione
della 1.20 rispetto ad un generico istante iniziale di valutazione,
0
t , integrando la 1.21
sull’intervallo
0
tt , ed ottenendo quindi la seguente:
0
0
t
t
rt rt τ d τ
exp δ (1.25)
Sostituendo nella (1.25) le espressioni in (1.19) ritroviamo i corrispondenti regimi
finanziari.
Naturalmente è sempre possibile ragionare in termini di funzioni fattori di sconto:
0
1
exp
t
t
vt rt
(1.26)
Abbiamo così visto come a partire dalla conoscenza della forza d’interesse si possa
risalire al corrispondente regime finanziario.
Si noti come nel caso in cui la legge di capitalizzazione sia espressa da una funzione
fattore di montante a due variabili, la (1.18) porti alla considerazione della seguente:
1
rxy
xyI n r x y
rxy y y
,
,,
,
δ (1.27)
25
La 1.27 rappresenta la forza d’interesse alla data y con riferimento ad un investimento
effettuato alla data x.
Integrando la 1.27 rispetto ad y e con la ovvia condizione iniziale 1 rxx , si ottiene
la 1.24 espressa sotto forma di funzione a due variabili:
y
x
rxy xud u u xy
,e x p,, , δ . (1.28)
La 1.28 esprime quindi il regime finanziario valido nell’intervallo
, x y .
Osservazione
In realtà alla (1.24) si sarebbe potuti arrivare anche in maniera più diretta e formale
considerando il problema di Cauchy per le equazioni differenziali del primo
ordine:
00
yaxybx
yx y
'
(1.29)
la cui soluzione generale è :
00
0
0
xt
xx
a t dt a s ds x
x
yx e y e btd t
(1.30)
Ricordando che per le equazioni differenziali omogenee, il termine 0 bt , la (1.30)
si riduce a:
0
0
x
x
atd t
yx ye
(1.31)
La (1.31) non è altro che la (1.25) qualora si consideri yx rt , at .
Il processo di capitalizzazione del montante (quale che sia il regime di
capitalizzazione adottato) è quindi un vero e proprio processo dinamico di
accumulazione di capitale, la cui legge di evoluzione è descritta dalla seguente relazione:
26
0
0
t
d
Mt M e
(1.32)
dove ovviamente 0 M non è altro che il montante all’istante iniziale, corrispondente
al capitale investito e solitamente indicato con C.
1. 5. Scindibilità di un regime finanziario
Si dice che un regime finanziario è scindibile quando:
rxy rx r y ,,, , x y , (1.33)
La (1.33), unitamente alla condizione di traslabilità di cui alla 1.5, esprime una proprietà
molto importante richiesta ad un regime di capitalizzazione che sia coerente con le
esigenze di obiettiva valutazione degli investimenti finanziari, specie con riguardo al
confronto tra i rendimenti di operazioni attuate in tempi diversi: il livello del montante
complessivo di un’operazione finanziaria non viene influenzato da eventuali operazioni
di capitalizzazione intermedie. Si può dimostrare che una condizione sufficiente affinché
un regime finanziario sia traslabile e scindibile è che la forza d’interesse sia costante.
Come sopra, si rimanda il lettore interessato a tale dimostrazione formale verso un
buon manuale di matematica finanziaria di livello universitario come quelli citati in
bibliografia. Qui basti osservare invece che l’unico regime di capitalizzazione
traslabile e scindibile è il RIC, che per tali ragioni si è imposto come il regime di
capitalizzazione di riferimento per gli operatori finanziari. Si osservino ora alcune
importanti conseguenze della scindibilità: innanzitutto, dalla 1.33, si ottengono le
seguenti relazioni:
1. vxy vx v y ,,,
2. rxyv y rx ,,, (1.34)
3. vx rxy r y ,,, .
27
Inoltre, la 1.33 permette il calcolo del cosiddetto “montante di proseguimento”: sia
C il capitale in tx ed M il montante in ty .
Dalla 1.33 risulta evidentemente:
Cr x y
Cr y
rx
,
,
,
, x y , (1.35)
La 1.35, che definisce appunto il montante di proseguimento, viene utilizzata per il
calcolo dei tassi forward, su cui torneremo più oltre.
A questo punto dovrebbe essere quindi sufficientemente chiara la ragione per cui il
regime dell’interesse composto si è imposto nella matematica finanziaria ed il suo uso
si è ampiamente affermato nell’operatività degli intermediari finanziari sui mercati di
tutto il mondo: assumere regimi non scindibili significa, in sostanza, rinunciare alla
possibilità di poter stabilire, sempre e comunque, a prescindere dalla durata
dell’operazione e dal numero di capitalizzazioni intermedie effettuate, importi
“finanziariamente equivalenti”, il che è, invece, lo scopo proprio della matematica
finanziaria (attuariale).
1. 6. Il Tasso Implicito in un flusso finanziario
Si consideri un generico flusso finanziario di poste
k
F pagate 0
k
F o riscosse
0
k
F alle epoche
k
t , in genere indicato con
01
kk
Ft k n , , , ,..., .
Consideriamo ora la somma di questo flusso (in pratica si tratta di considerare il flusso
generato da un’operazione finanziaria complessa) data da :
01
0
n
kn
k
FFFF
,..., (1.36)
Si supponga ora di volere attualizzare la (1.36), si da giungere alla seguente:
1
01 1
0
kn
n
tt t
kk k n n
k
Avv FF F vF v
,..., (1.37)
28
dove il generico fattore di sconto
k
v indica il tasso
k
i vigente nel periodo
9
0 k
tt . In
generale, è chiaro che la (1.37) assumerà diversi valori, per diversi valori degli
k
i .
Altrettanto chiaro è che i tassi
0
,
kk
itt possono non essere noti e che comunque la
loro esplicita considerazione rende difficile il confronto tra operazioni svolgentisi in
periodi diversi. Per tali ragioni, spesso è utile passare alla considerazione della (1.37) in
funzione di un unico fattore di sconto, in modo da rendere lecita la scrittura seguente:
1
01
0
kn
n
tt t
kn
k
Ajv FFF vF v
,..., (1.38)
La (1.38) fornisce quello che va sotto il nome di R. E. A. (rendimento economico
attualizzato) e rappresenta quindi un utile criterio
10
per il confronto tra operazioni
finanziarie diverse.
Si noti ora che la (1.38) è una funzione continua di j , ed inoltre, assumendo che la
successione (1.36) abbia una certa regolarità
11
avremo:
1.
0
00
n
k
k
AF
( risp. <0): per operazioni di investimento, i ricavi superano i
costi. Il viceversa per le operazioni di finanziamento.
2.
0
0
j
Aj F
lim ( risp. >0): per operazioni di investimento, la prima posta è
infatti negativa, mentre è positiva per le operazioni di finanziamento.
9
E’ chiaro che pur potendo il flusso avere cadenze diverse dall’anno, è sempre possibile fare riferimento a
tassi annuali ricorrendo alla 1.8 ed esprimendo il periodo in anni, secondo la relazione
0
365
k
tg
tt dove
tg è la misura in giorni di
0 k
tt .
10
Per una disamina dei criteri di selezione degli investimenti si veda ancora il già citato “Lezioni di
matematica finanziaria classica e moderna” di F. Cacciafesta (capitoli 6 e 7) oppure “Appunti di
matematica finanziaria” di R.L. D’Ecclesia , Giappichelli editore (capitolo 4).
11
Quello che si richiede è in sostanza che il flusso considerato possieda caratteristiche tali da renderlo
classificabile come un’operazione d’investimento, nel qual caso a fronte di una prima posta negativa,
avremo una serie di poste positive o rispettivamente di finanziamento, nel qual caso ad una prima posta
positiva, seguirà una serie di poste negative.
29
Qualora vengano soddisfatte le condizioni di cui sopra, in base al Teorema degli Zeri
12
A j ammette lo zero, cioè esiste un valore j
*
tale che :
0 Aj
*
(1.39)
Si definisce quindi Tasso implicito (spesso indicato con T.I. ) di un’operazione
finanziaria, il tasso j
*
, se esiste ed è unico, tale che
0 Aj
*
.
Per quanto fin qui detto, una condizione sufficiente affinché il T.I. esista e sia
unico è che A j sia strettamente decrescente, ovvero che 0
d
Aj
dj
.
Un’operazione il cui valore attuale complessivo sia nullo viene definita “equa” ed in
questo senso il T.I. può essere visto come il tasso che rende equa un’operazione
finanziaria. Si noti come non sia necessario specificare a quale tempo si effettua la
valutazione, in quanto per la proprietà di scindibilità, se un’operazione è equa ad un
certo tempo,
0
t , lo è anche in qualunque altro tempo t.
Nella pratica, il T.I. prende il nome di tasso implicito (o anche effettivo) di rendimento
(T.I.R) per operazioni di investimento e rispettivamente di tasso implicito di costo
(T.I.C.) per operazioni di finanziamento
13
.
Un’importante osservazione è che per flussi generici che non siano classificabili
come progetti di investimento o finanziamento, lo zero di A j può non essere
unico, il ché rende vano quanto fin qui detto. Altra considerazione da fare è che
solitamente, la soluzione della (1.38) non può essere esplicitata e va quindi ricercata
12
Teorema degli Zeri : Sia : fX . Se esistono due elementi
12
, xxX tali che
1
0 fx ( risp.
1
0 fx ) ed
2
0 fx (risp.
2
0 fx ), allora esiste almeno un numero
12
cx x
, tale che
0 fc .
13
La legge n. 141 del 1991 stabilisce l’obbligo, negli annunci pubblicitari con cui vengono comunicate le
cifre relative alla concessione di finanziamenti, del T.A.E.G. (tasso annuo effettivo globale) che è definito
dal D.M. 8 luglio 1991 come quello che rende uguale, su base annua, la somma del valore attuale di tutti
gli importi che compongono il finanziamento erogato al creditore, alla somma del valore attuale di tutte
le rate di rimborso: si tratta in sostanza proprio del T.I.R, qualora se ne consideri l’equivalente tasso
effettivo annuale.