7
Introduzione
L’outsourcing è il tema principale della tesi e nello specifico verrà spiegato l’utilizzo
di questa strategia nella ristorazione alberghiera. L’outsourcing è una strategia
utilizzata dalle aziende e in breve può essere definita come far gestire, ad
un’azienda esterna specializzata, una parte della propria azienda, preferibilmente
che non faccia parte del core business, nella quale non si è specializzati . Viene
chiarito anche quali teorie la supportano, ovvero la teoria dei costi di transazione e
quella basata sulle risorse. Si accennerà al percorso storico di questa strategia, il
perché le aziende hanno deciso di utilizzarla, come si utilizza e quali sono i
principali passaggi da seguire per poter fare outsourcing. Chiaramente i passaggi
descritti nella tesi sono solamente la base, ogni azienda dovrebbe adattarli alle
proprie esigenze.
La parte teorica verrà poi illustrata a livello pratico e quindi sarà chiarito come
viene affidata a terzi la gestione del Food and Beverage nel caso dei servizi
alberghieri.
Il lavoro è diviso in due parti:
La prima, nella quale sono sviluppate la storia di questa strategia aziendale, le
principali teorie alla base delle scelte di outsourcing, nonché vantaggi e svantaggi
di questa strategia. In questa parte inoltre è spiegato il processo “tipo” per
esternalizzare un’attività aziendale, ovvero qual è lo schema da seguire, come
prendere le relative decisioni, quando è possibile scegliere questa strategia,
nonché vantaggi e svantaggi che questa può apportare.
La seconda parte spiega quali sono le principali problematiche riscontrate in
campo alberghiero, soprattutto nell’ambito Food & Beverage. Il tutto si conclude
con l’esempio di un’azienda outsourcer, che fornisce il servizio, la F&De Group.
Durante l’analisi dell’azienda è emerso che questa strategia può essere applicata
in concreto alla ristorazione alberghiera. Si è notato che l’azienda sa impostare un
rapporto di outsourcing, come esso deve essere impostato, cioè collaborando con
la varie aziende e non semplicemente fornendo un servizio. È proprio questo che
le ha premesso di evolversi in cosi poco tempo e riscuotere un buon successo.
8
Capitolo 1 - Che cos’è l’outsourcing
A livello etimologico, il termine outsourcing fa parte di un neologismo
anglosassone e può avere due interpretazioni. Una dalla contrazione delle parole
outside e resource, cioè il collocare all’esterno le risorse di cui l’azienda si avvale;
l’altra invece fa riferimento all’unione delle parole out e sourcing, dove out indica la
provenienza dall’esterno e sourcing dal verbo to source, che significa “arrivare alla
fonte”. In italiano viene tradotto in “esternalizzazione”, termine che viene molto
usato nella pubblica amministrazione e la cui etimologia rende ciò che avviene
nella pratica: dare all’esterno una parte delle proprie attività. (Ventricelli 2004)
L’outsourcing è una scelta strategica che un’azienda può effettuare. Per decidere
se fare questa scelta, è necessario che l’organizzazione si ponga una domanda:
“quali dovrebbero essere i confini del mio business?”, in altre parole che cosa
l’organizzazione dovrebbe fare o che cosa dovrebbe comperare. Questo quesito
fa parte della cosiddetta “make or buy question” che è un problema posto da
Ronald H. Coase nel 1937 e rispondere a questa domanda permette di individuare
i fattori che giocano un ruolo nella decisione di produrre internamente o ricorrere al
mercato esterno.
L’outsourcing può essere definito come “l’uso strategico delle risorse esterne per
eseguire le attività normalmente svolte internamente dall’azienda” (Cantone 2004)
o come definisce questa strategia Curcio (2005) “è la delega dell'organizzazione,
per l’erogazione e la gestione di uno o più servizi funzionali all'attività dell'impresa
ad un soggetto esterno ad essa”. L’outsourcing è la strategia mediante la quale
vengono date in gestione esterna le funzioni a fornitori di servizi specializzati, che
talvolta possono diventare soci d’affari stimati. Le aziende assumono “appaltatori”
per particolari tipi di lavori, più o meno “corposi”, e formano relazioni a lungo
termine con aziende che hanno la capacità di completare o integrare il proprio
business. Comunque la differenza tra il semplice subappalto e l’outsourcing è che
quest’ultimo richiede una ristrutturazione di alcune attività del proprio business e
spesso è necessario il trasferimento di persone dalla propria società ad altra
specializzata con le competenze di base richieste.
9
È importante sottolineare che spesso il termine outsourcing, essendo un concetto
ampio, viene confuso con altre tipologie di strategie. Curcio (2005) proponeva
delle distinzioni di tali strategie che talvolta vengono utilizzate come sinonimi
dell’esternalizzazione:
- il facility management (www.ifma.org) è la disciplina che integra i principi
della gestione aziendale, dell'architettura, della tecnica e delle scienze
comportamentali;
- il global service (norma UNI 10685:2007) è una modalità contrattuale
basata sulla piena responsabilità sui risultati da parte dell'assuntore.
- l’offshoring, una sorta di outsourcing con la presenza di una distanza
logistica rilevante, di solito messo in pratica a supporto di delocalizzazioni
produttive in Paesi a minor costo del lavoro o fiscalmente privilegiati
(Cigolini 2010).
Per capire l’outsourcing è necessario puntualizzare chi sono gli attori principali. Ci
sono tre figure in gioco:
Outsourcee, in italiano committente, è colui che rinuncia o cede all’esterno un
segmento / ramo della propria azienda, per avvalersi di quanto prodotto
dall’outsourcer;
Outsourcer, detto anche provider, vendor o in italiano fornitore, è colui che si
occupa di offrire prodotti e servizi realizzati in precedenza all’interno
dell’azienda;
Cliente finale, che può essere sia esterno all’azienda oppure può far parte di un
settore o di una divisione interni ad essa che, in tal caso, viene indicato come
cliente interno. In entrambi i casi si tratta dell’utente del servizio o
dell’utilizzatore del prodotto realizzati in outsourcing.
Come si vede le figure in gioco sono tre, a meno che il committente, oltre a gestire
la parte contrattuale con il fornitore, non rivesta anche il ruolo di utilizzatore finale
del servizio o del prodotto offerto in outsourcing, riducendo quindi gli attori a due.
Solitamente l’outsourcee, indipendentemente che esso sia o meno il cliente finale,
organizza un postservizio o customer survey, stabilendo dei contatti diretti con il
cliente finale, in modo da avere un riscontro di quanto attuato, finalizzato ad
10
accertare che non si siano verificati dei disservizi che solo l’utente finale può
percepire, essendo il beneficiario di quanto realizzato dall’outsourcer.
1.1. Nascita ed evoluzione dell’outsourcing
L’outsourcing non ha un’effettiva data di nascita, che si possa evidenziare, in
quanto un’attività con la stessa idea di fondo dell’outsourcing era messa in pratica
già dal medioevo, quando per esempio i mercanti comperavano stoffe da paesi
lontani e poi le davano ad artigiani affinché trasformassero queste stoffe in prodotti
diversi. Questo fenomeno si ripeteva costantemente nei secoli ed ha iniziato a
svilupparsi come strategia economica dopo la 2° guerra mondiale. Per
comprendere meglio la storia che ha portato all’utilizzo dell’outsourcing occorre
spiegarla in maniera più ampia, partendo da un processo che ha una base
d’azione opposta, ovvero la diversificazione.
Con la rivoluzione industriale le imprese hanno cercato di trovare un modo che le
potesse condurre ad incrementare il vantaggio competitivo necessario ad ampliare
i loro mercati e i loro profitti. Infatti per gran parte del XX° secolo il modello che le
imprese avevano in comune era quello di “essere proprietari, gestire e avere un
diretto controllo” sui beni necessari alla produzione. Tra gli anni ‘50-‘60 ciò si è
evoluto verso la direzione della diversificazione per “ampliare le basi aziendali” e
trarre vantaggio dalle economie di scala. Dalla diversificazione le aziende si
aspettavano di proteggere i propri profitti nonostante questa espansione
richiedesse diversi livelli di gestione (Handfield 2006). Ma già negli anni ‘50 è si
erano manifestati i primi casi di outsourcing come strategia aziendale (Quinn e
Hilmer, 1994), anche se è diventata una strategia praticata più tardi. Arrivate agli
anni ‘70-‘80, le organizzazioni hanno cercato di competere globalmente, questo
però le ha portate ad una perdita di agilità della “struttura manageriale”. Infatti per
aumentare la propria flessibilità e creatività, queste hanno sviluppato una strategia
che permettesse loro di focalizzarsi sul proprio core business e che permettesse
loro di identificare i processi critici e decidere quali tra questi era possibile
esternalizzare. Negli anni ‘80 infatti cominciarono ad esternalizzare i call center e
altre attività simili (Hätönen e Eriksson, 2009, citano Lacity e Hirschheim, 1993),
intese come funzioni nelle quali non avevano una preparazione (know-how)
11
sufficiente. L’uso di fornitori esterni per queste attività necessarie ma accessorie
potrebbe essere visto come il punto d’inizio del percorso evolutivo riguardante
l’outsourcing. Hätönen e Eriksson (2009) scrivono che “la parola d'ordine <<
outsourcing >> era uno strumento per rendere le organizzazioni delle unità
economiche più efficienti per la massimizzazione del profitto. L’Outsourcing è
avvenuto soprattutto sul mercato interno e le relazioni sono state
gestite basandosi sui contratti”. Appena alla fine degli anni ’80, però, l’outsourcing
è stato identificato come strategia (Handfield, 2006, cita Mullin, 1996).
Fu negli anni ’90 che l’outsourcing ha iniziato a prendere piede, la Harvard
Business Review infatti lo ha definito come una delle grandi idee di gestione del
XX° secolo (Sibbet, 1997). Le organizzazioni si focalizzarono maggiormente sulla
riduzione dei costi e iniziarono a esternalizzare le funzioni per snellire l’azienda
(Morgan, 1999). I manager iniziarono a creare collegamenti, a contrattare con
aziende di servizi emergenti alle quali affidare contabilità, gestione delle risorse
umane, elaborazione dei dati, distribuzione della posta interna, sicurezza,
manutenzione degli impianti, etc., il tutto per una questione di “buona gestione”
(Handfield 2006). Secondo Hätönen e Eriksson (2009) in quegli anni c’era stato un
cambiamento del pensiero sull’outsourcing dovuto all’articolo di Hammel e
Prahalad (1990) su “Le core competences della società”, che ha introdotto
un nuovo approccio di gestione per sostituire l'Area Strategica d'Affari (ASA
1
).
Pensiero che ha favorito i manager a ripensare su come creare il proprio
vantaggio competitivo. Di conseguenza, le imprese hanno iniziato ad
esternalizzare cercando competenze e conoscenze esterne che potessero
contribuire alla creazione del valore nei processi organizzativi più complessi e di
importanza strategica. L’outsourcing tradizionale si è trasformato in "outsourcing
strategico" (Alexander and Young, 1996 ; Quinn e Hilmer, 1994), nel quale la
differenza principale è l’esternalizzazione di funzioni aziendali più
strategiche. Come risultato di questo cambiamento, le aziende iniziarono a
costruire relazioni più strette con i loro fornitori. Le organizzazioni iniziarono ad
allargare i loro confini per acquisire un vantaggio competitivo attraverso
1
Definibile come una combinazione economica parziale cui appartengono elementi del
patrimonio, assetto tecnico, componenti dell’organismo personale, assetto organizzativo
parzialmente differenziati rispetto al resto dell’azienda. (Cerri A. , Sottoriva C. , 2010)
12
l’outsourcing. Infatti l’idea del concentrarsi sulle proprie competenze centrali ed
esternalizzare il resto (ad es. Porter 1996) ha guadagno popolarità in diversi
settori. Lo svolgimento di questa strategia iniziava a non limitarsi solamente a
livello domestico, ma si intravedeva di una possibile internazionalizzazione
(Hätönen e Eriksson 2009).
Con il XXI° secolo l’outsourcing piuttosto che una strategia per differenziarsi è
diventata una strategia normalmente utilizzabile. Questo è stato permesso dalla
globalizzazione dei mercati con la possibilità che le aziende ristrutturassero le loro
attività mediante: l'accesso globale ai fornitori, l’abbassamento dei costi di
interazione e il miglioramento della tecnologia e della comunicazione (Hätönen e
Eriksson, 2009, citano Doig et al., 2001). Sempre secondo lo studio di Hätönen et
al. (2009), il XXI° secolo ha portato ad un’evoluzione dell’outsourcing ovvero da
outsourcing definito strategico negli anni ‘90 si è passati ad un “outsourcing
trasformazionale”. Questo si differenzia da quello precedente perché l’outsourcing
viene visto come uno strumento per trasformare le imprese in forme organizzative
flessibili. L’outsourcing si è evoluto ad una fase in cui le imprese possono
ottenere flessibilità operativa, senza dover sostenere i costi associati alla
burocrazia.
A volte si sostiene che l’outsourcing sia una forma moderna della tradizionale
alternativa tra “make or buy” di Coase (1937). In realtà, l’outsourcing coinvolge
molto di più gli operatori esterni in quanto ai fornitori non viene chiesto di fornire
solo semplici attività ma anche insiemi di attività a volte concatenate in interi
processi aziendali, e attività che sono sempre più vicine al core business
tradizionale. Inoltre l’outsourcing non condivide assolutamente la logica del
buy (visto come scarico di responsabilità, di delega) in quanto richiede al fornitore
un aumento della responsabilità, la condivisione degli obiettivi e un atteggiamento
cooperativo. In molti concordano però che la strategia di outsourcing si sia evoluta
dalla Make or buy question posta da Coase nel 1937. Questa idea è stata ripresa
negli anni ‘80 da Williamson che si può considerare il padre fondatore della “teoria
istituzionale dell’economia dei costi di transazione” nella quale trova fondamento
l’importanza dell’economia di costo nelle decisioni di outsourcing. Questa teoria