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1. La “seconda modernità” o “modernità liquida”
1.1. La Modernità. Un' introduzione attraverso i Classici (Simmel, Weber, Durkheim)
La modernità è un epoca che si snoda tra quattro secoli e che, da una prospettiva socio-
logica viene fatta iniziare con l’avvento degli stati nazione europei tra il XVI e XVII secolo. È
tuttavia solo verso la fine del XVIII sec. e i primi decenni del XIX sec., in concomitanza con
la Rivoluzione liberal-borghese in Francia e con la rivoluzione industriale britannica, che si
può veramente parlare di modernità. Si tratta di un periodo attraversato da profonde trasfor-
mazioni economiche, sociali, culturali, scientifiche e politiche accomunate da un unico fattore
determinante: il capitalismo, che trova il suo pieno sviluppo attraverso l’industrialismo.
In questo periodo infatti diventano secondarie le gerarchie sociali ascrittive, per lasciare il po-
sto ad un nuovo concetto di persona nella sua doppia dimensione di cittadino ed individuo
borghese, il tutto corroborato da una profonda fiducia positivista fondata sull’idea di un pro-
gresso continuo e sulle capacità individuali. Ma è anche il periodo in cui la stratificazione so-
ciale divide la società in due classi (principali) in perenne conflitto tra loro, la classe operaia e
contadina contro la classe borghese dei capitani d’industria e dei proprietari terrieri. Tuttavia
il conflitto che si viene a creare, in più di un secolo, porterà la società nel suo complesso a
livelli di sviluppo e di benessere generalizzato mai conosciuti in passato e soprattutto diffuso
a quasi tutti gli strati sociali.
Quindi la modernità, a tutti gli effetti, diventa il “materiale” d’eccellenza di studio per la so-
ciologia. Infatti, tra la seconda metà del XIX sec. e i primi decenni del XX sec., i fenomeni
legati al rapporto tra individuo e società nel contesto della modernità saranno studiati da i tre
classici e fondatori della sociologia: Emile Durkheim, Max Weber e Georg Simmel.
Durkheim, in La divisione del lavoro sociale (1893), affronta il problema del valore della so-
cietà rispetto all’individuo nella trasformazione della modernità. Egli infatti sostiene che una
delle caratteristiche principali dell’epoca moderna è la divisione funzionale del lavoro favorita
dall’economia capitalista, la quale ha una ricaduta fondamentale sulla struttura e
sull’organizzazione sociale.
Attraverso il concetto di coscienza collettiva
1
, che permette la cooperazione e quindi la solida-
rietà sociale tra individui, egli distingue tra società premoderne e società moderna. Le prime
infatti sono caratterizzate da una solidarietà meccanica, cioè basata su una comunanza di valo-
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L’insieme «delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri di una società». Crespi F., Jedlowski P., Rauty
R., La sociologia. Contesti storici e modelli culturali, Roma, Laterza, 2000, p. 86.
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ri tradizionali come la famiglia che rende le persone similari tra loro in società poco differen-
ziate a livello funzionale. La società moderna, invece, si caratterizza da una solidarietà di tipo
organico, che permette la differenziazione funzionale e favorisce l’individualismo, in quanto
l’omogeneità delle regole e dei valori diventa meno stringente, pur però rimanendo una co-
scienza collettiva che permette la solidarietà (integrazione) tra individui.
Uno dei problemi che solleva Durkheim è il timore di un eccesso di individualismo. Secondo
lui la società è il vero protagonista della modernità in quanto essa modella secondo le regole
(socializza) gli individui differenziandoli a seconda della loro funzione, determinata a sua vol-
ta dalla divisione del lavoro. Il rischio è, però, che in momenti di profonda trasformazione so-
ciale, come era la fine del XIX sec., i fatti sociali, o l’apparato di regole condivise vengano
sconvolte, gettando gli individui in uno stato di incertezza col rischio di condurli a conse-
guenze estreme. Durkheim chiama il fenomeno della mancanza o il venir meno delle regole
che garantiscono l’integrazione sociale anomia.
La società quindi non è prodotta dagli individui, bensì emerge come un qualcosa di più, un
sistema.
Anche Max Weber dedica il suo lavoro allo studio dei vari aspetti della modernità, partendo
da quella che è la sua unità di analisi: l’azione sociale
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orientata a sua volta dai valori. Tramite
l’azione sociale che coinvolge più attori si instaurano delle relazioni sociali che permettono la
coesione e l’integrazione sociale. Individuando quattro tipi ideali di azione sociale, Weber fa
notare che quella prevalente nella modernità è l’azione razionale rispetto allo scopo, ovvero
un’azione che tiene conto dei fini da raggiungere, valutando i mezzi con cui raggiungerli. In-
fatti, la modernità altro non è che un processo di razionalizzazione dell’Occidente basato su
un agire economico prevalentemente capitalistico che trova la sua plausibilità grazie
all’orientamento culturale legato alla riforma protestante e al calvinismo del XVI secolo.
In L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904-1905), il capitalismo occidentale mo-
derno viene favorito dal calvinismo in quanto «pone più di altre confessioni […] l’accento
sull’ individuo come interprete diretto della parola di Dio»
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ponendo l’enfasi sulla vita mon-
dana che si realizzerebbe attraverso una ascesi intramondana svolta a scongiurare il disagio
psichico indotto dal credo della predestinazione: ogni individuo è così stimolato a dare il me-
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«[…] un agire che sia riferito – secondo il senso intenzionato dell’ agente – all’atteggiamento di altri individui, e orienta-
to nel suo corso in base a questo». Crespi F., Jedlowski P., Rauty R., La sociologia. Contesti storici e modelli culturali,
Roma, Laterza, 2000, pp. 174-175.
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Crespi, Jedlowski, Rauty cit., p. 180.
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glio di sé nel lavoro e nella famiglia al fine di poter cogliere qualche segnale divino della pro-
pria salvezza, già decisa da Dio.
Ma la razionalizzazione moderna, per Weber, è dovuta anche ad un progressivo disincanto del
mondo e una progressiva demagizzazione della cultura: con l’illuminismo infatti vengono for-
temente ridimensionate le credenze popolari magiche e viene anche messa in discussione la
cieca fede ai dogmi religiosi.
Insieme a Weber, Georg Simmel, sicuramente può considerarsi uno dei maggiori analisti della
modernità. Partendo dal presupposto che il tema di studio della sociologia siano le forme di
sociazione, cioè le molteplici interazioni tra individui, gruppi, egli sostiene che la società non
esiste: essa è piuttosto è una forma del pensiero che emerge considerando gli individui
all’interno delle loro interazioni osservate da una certa distanza.
Simmel svolge nella sua Filosofia del denaro (1900) un’analisi approfondita della vita mo-
derna: in essa la modernità è vista come un assieme di forze di cui il principale agente,
prodotto e simbolo è la diffusione dell’economia monetaria, cioè il denaro. Ecco che il denaro
diventa il mediatore sociale di tutte le interazioni permeando il sé e lo stile di vita degli indi-
vidui. Ciò ha varie conseguenze, prima tra tutte che il valore del denaro tende ad oggettivarsi,
ovvero a trasformarsi in un valore in se stesso, cioè da mezzo a un fine assoluto.
Altra conseguenza è che le relazioni vengono improntate alla calcolabilità ovvero vengono
definite da tutto ciò che è quantificabile. I rapporti tendono così a perdere gli aspetti qualitati-
vi a favore di quelli quantitativi. Tutto ciò avviene in un luogo di eccellenza che per Simmel
rappresenta la summa della modernità: la metropoli. Berlino ne costituisce un esempio
evidente. La metropoli è sede per la crescita dell’individualismo; essa è il luogo ove
l’economia monetaria si sviluppa più intensamente. La libertà individuale e di espressione del
singolo sembra essere una caratteristica principale delle metropoli; ciò è dovuto alla
«massima ampiezza delle cerchie sociali e alla massima differenziazione sociale»
4
, ovvero la
differenziazione sociale comporta la crescita dell’individualismo.
Tuttavia questo aumento di libertà ha conseguenze non solo positive. Infatti «è solo l’altra
faccia di questa libertà il fatto che a volte non ci si senta da nessuna parte così soli e abbando-
nati come nel brulichio della metropoli: qui come altrove, non è detto affatto che la libertà
dell’uomo si manifesti come un sentimento di benessere nella sua vita affettiva»
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. Ma, allo
stesso tempo, nella metropoli ogni individuo è soggetto ad una intensa attività nervosa, ad un
4
Crespi, Jedlowski, Rauty cit., p. 162.
5
Simmel G., La metropoli e la vita dello spirito, Roma, Armando Editore, 2005, p. 49.
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continuo “bombardamento” di stimoli che, se fossero tutti interiorizzati, egli impazzirebbe.
Per difendersi l’individuo metropolitano sviluppa uno stato psichico che Simmel chiama bla-
sé, stato che «consiste nell’attutimento della sensibilità rispetto alle differenze delle cose,[…]
nel senso che il significato e il valore delle cose sono avvertite come irrilevanti»
6
. Tutte le
qualità tendono a esser livellate, e questo processo è in fondo il riflesso fedele dell’economia
monetaria.
Questa brevissima introduzione sulla modernità permette di introdurre alcuni concet-
ti/fenomeni come capitale, denaro, sistema, differenziazione funzionale, individualismo, ra-
zionalità, incertezza che troveranno il loro pieno e parossistico sviluppo o trasformazione in
quell’epoca che ci appartiene: la seconda modernità.
1.2. La società come sistema autopoietico: la comunicazione di Niklas Luhmann
Nella sua nota opera, Teoria della società (1992), Niklas Luhmann mette in rilievo una
delle analisi sul sistema della società più lucide e epistemologicamente interessanti. Parte dal
presupposto che la società sia un sistema autoriflessivo e che ogni possibile osservazione deve
essere fatta, e non può essere altrimenti, dal suo interno. Per questo la società in realtà altro
non è che una forma a due parti, ovvero una forma sistema/ambiente dove l'una include l'altra
e naturalmente, l'una esclude l'altra. Ora il problema fondamentale sta nella capacità di osser-
vazione di questa forma: benché esista, essa non può essere osservata nella sua completezza,
bensì di volta in volta è necessario distinguere una-delle-due-parti. Ecco quindi che sfugge
l'indistinto sistema/ambiente, che diventa quello che Luhmann chiama “il terzo escluso”.
Da questa premessa epistemologica, Luhmann si propone l'analisi del sistema della società nel
suo complesso, includendo quindi ad un livello diverso anche l'analisi dei sottosistemi sociali
(finanziario,economico,culturale, ecc.).
Quindi l' analisi di Luhmann si snoda lungo tre differenti livelli:
• la teoria generale dei sistemi autopoietici;
• la teoria dei sistemi sociali;
• la teoria del sistema della società come caso dei sistemi sociali.
I sistemi, secondo Luhmann, sono dotati di un processo definito autopoietico, rifacendosi alla
teoria dei sistemi biologici di Maturana e Varela. Con autopoiesi si intende la capacità propria
dei sistemi in grado di auto-rigenerarsi, secondo un processo circolare, a livello di organizza-
6
Simmel cit., p. 43.
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zione, struttura e funzioni operando quella che viene detta una chiusura operativa, ovvero una
distinzione dall'ambiente, che però gli permette di esistere attraverso un accoppiamento strut-
turale con l'ambiente medesimo.
Ora la funzione più importante per i sistemi sociali è la comunicazione. La comunicazione
infatti permette l'autopoiesi del sistema, distinguendolo dal suo ambiente.
Tendo a sottolineare che Luhmann intende per comunicazione una vera e propria funzione
sistemica, ricorsiva e circolare, che poco ha a che vedere con la comunicazione “fenomenolo-
gica” dell'apertura empatica di Edith Stein o della condivisione dei mondi della vita (Leben-
swelt) e dell'agire comunicativo di Jurgen Habermas, quindi coinvolgendo le coscienze indi-
viduali.
La comunicazione altro non è anch'essa che una unità di tre selezioni: informazione, atto del
comunicare e comprensione.
Già dal concetto di comunicazione si possono trarre importanti spunti di riflessione riguardo
alla definizione della nostra epoca come post-moderna o della modernità liquida. Tengo però a
precisare nuovamente che Luhmann non parla mai di post- o di liquidità rivolgendosi alla
modernità; anzi come è noto, tende ad essere piuttosto caustico nei confronti di chi fa specu-
lazione semantica riguardo alla modernità
7
.
Tuttavia, l'intuizione geniale della comunicazione come funzione sistemica precede con quasi
venti anni di anticipo una delle caratteristiche fondamentali della nostra epoca della seconda
modernità. Infatti la comunicazione coinvolge ogni individuo, tuttavia ciò che oggi conta più
di tutto è una ricorsiva e frenetica trasmissione di informazione funzionale ai sistemi differen-
ziati del sistema della società, in particolar modo al sistema finanziario, al sistema economico
ed al sistema politico, che si muovono in maniera quasi istantanea. Uno degli esempi più evi-
denti a portata di tutti noi occidentali è il cosiddetto e-banking: comodamente da casa si pos-
sono svolgere funzioni relative al sistema economico solo attraverso la trasmissione di infor-
mazioni decodificate attraverso il codice binario 0/1, che opportunamente combinato riesce a
trasmettere una complessità di informazioni da una parte all'altra del globo a velocità impen-
sabili fino all'inizio del secolo scorso.
È, infatti, nella nostra seconda modernità che la comunicazione sistemica raggiunge il suo
massimo potenziale, una comunicazione binaria alla quale deve essere garantita la sua ricorsi-
vità. È appunto il carattere binario, quindi la possibilità che vi sia una informazione positi-
7
Luhmann N., Osservazioni sul moderno, Roma, Armando Editore, 2006.
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va/negativa, 0/1, inclusiva/esclusiva tra alter/ego che permette la ricorsività della comunica-
zione. Questo processo della doppia alternativa possibile viene detta doppia contingenza, ov-
vero l'altrimenti possibile.
Luhmann quindi focalizza bene la comunicazione come funzione principale del sistema della
società-mondo, che rende possibile l'improbabile autopoiesi del sistema. La stessa comunica-
zione è un sistema costituito da «una distinzione tra medium e forma, ove il media rappresenta
l'uso operativo tra sub-strato mediale e forma. Tale distinzione traduce l'improbabilità della
continuità operativa del sistema in una differenza che può essere trattata internamente al si-
stema, trasformandola in una condizione di base per l'autopoiesi. Il sistema opera in modo da
legare il proprio medium in forme proprie, senza consumare il medium»
8
. Per spiegare questa
distinzione, si pensi come medium alle frequenze radio nel sistema delle telecomunicazioni, si
tratta di campi elettromagnetici, veri e propri media che di volta in volta si accoppiano in
forme che possono essere suoni, immagini, testi o la loro combinazione: ad ogni accoppia-
mento/disaccoppiamento successivo cambiano le forme, ma non vengono distrutte le onde
elettromagnetiche.
Ora il medium principale della comunicazione è il linguaggio, che ne garantisce la ricorsività.
Per poter garantire l'autopoiesi della comunicazione, il linguaggio ha, come già detto, una
struttura codificata binaria: nel senso che ciò che viene detto può essere accettato (si/1) oppu-
re rifiutato (no/0). Il fatto che in un atto comunicativo il contenuto venga compreso implica
che la comunicazione può essere accettata o rifiutata e tale opzione binaria innesca un ulterio-
re atto comunicativo che può essere a sua volta accettato o rifiutato. Si attiva così un processo
comunicativo circolare regolato da una doppia contingenza, ovvero da una serie di alternative
doppiamente possibili legate alla dimensione sociale di Alter ed Ego. In ultima analisi la codi-
ficazione del linguaggio supera l'improbabilità comunicativa garantendone così l'autopoiesi.
A questo punto, diventa importante introdurre quelli che Luhmann chiama i media della co-
municazione simbolicamente generalizzati
9
. Si tratta di media differenziati, a codifica binaria
come il linguaggio, tipici dei sistemi sociali complessi; quindi la loro analisi ben si coniuga
con lo studio della nostra società contemporanea. Una delle caratteristiche fondamentali è che
riescono a condizionare la possibilità di accettazione o rifiuto della comunicazione, infatti tra-
sformano la possibilità di rifiuto in probabilità di accettazione. Rendono quindi possibile un
evento altamente improbabile: la comunicazione.
8
Luhmann N., De Giorgi R., Teoria della società, Milano, Franco Angeli, 2003.
9
Luhmann, De Giorgi cit., p. 105.