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INTRODUZIONE
L’elaborato qui presentato verte su Octavia Estelle Butler, una scrittrice di
fantascienza degli anni ’70. La sua importanza è legata al fatto che è la prima
donna africana americana ad affermarsi in un genere letterario di dominio
maschile bianco.
Ho organizzato il mio elaborato in una prospettiva che va dalla science
fiction, in quanto genere letterario in cui la Butler si muove, alla vita della
scrittrice cui ha preso spunto per le sue opere e che ha sempre condizionato la
sua scrittura, fino all’analisi delle due opere, Kindred e Xenogenesis, che
secondo me rappresentano la summa dei temi da lei trattati.
Il motivo per cui ho scelto di scrivere un elaborato su questa scrittrice è
proprio per l’importanza e la rilevanza dei temi trattati. L’obiettivo che mi sono
proposta quando ho scelto questo tema è stato quello di far conoscere una donna
così talentuosa la cui importanza letteraria è stata riconosciuta dai più grandi
maestri della science fiction, ma che è ancora sconosciuta al resto del pubblico
che si avvicina con scetticismo a questo genere letterario. Le sue opere sono
incentrate su temi sociali e politici riguardanti il popolo nero a lei
contemporaneo. Il suo obiettivo è quello di riscattare con i suoi romanzi la
schiavitù che ha condizionato i primi africani americani, ma che ha i suoi effetti
ancora oggi. Inoltre, nelle sue opere tratta temi femministi. Le sue protagoniste
sono tutte donne di colore. In questa maniera, da un lato sottolinea il concetto di
razza e dall’altro lato enfatizza il ruolo della donna di colore nella società.
Solitamente le eroine della Butler sono donne che affrontano nel futuro le stesse
battaglie che combattono le donne africane americane fra gli anni ’60 e gli anni
’70.
Altro interesse della Butler è per la biologia. Le sue opere parlano delle
malattie, della riproduzione e del corpo, la cui importanza va oltre la fisicità: il
corpo rappresenta l’identità. Gli alieni di cui parla hanno una nuova accezione.
Essi rappresentano “il diverso” nella società e mettono in luce le differenze di
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identità o di razza o di gender che ci sono fra gli uomini. Le protagoniste sono le
prime ad accettare questa diversità, fanno da ponte fra la cultura degli uomini e
la cultura degli alieni.
Infine, la sua fantascienza si intreccia con la distopia, infatti, poiché i suoi
romanzi sono una rappresentazione futura del presente, hanno sempre una fine
triste. Talvolta però sembra che ci sia un orizzonte utopico poiché durante tutta la
lettura emerge la necessità di voler cambiare le cose. Una scrittrice di tale
importanza non può passare inosservata e questo mi ha spinto a scrivere la tesi su
di lei.
La parte iniziale della tesi proporrà un’introduzione alla science fiction, che
servirà per spiegare il panorama letterario in cui la scrittrice si muove e per
affrontare in maniera migliore un’analisi più dettagliata delle sue due opere.
La seconda parte è incentrata sulla vita della Butler che ha giocato un ruolo
di rilievo per scrivere le sue opere. La sua penna diviene un’arma di
rivendicazione dei diritti degli africani americani e delle donne. In quanto donna
di colore ha dovuto sopportare i soprusi della società, per cui decide di scrivere
per riscattare se stessa e tutti gli africani americani come lei che non sono stati
accettati dalla cultura mainstream. Inoltre usa la fantascienza per rappresentare
ciò che accadrà secondo lei nel futuro. Trasla in mondi futuri, utopici o distopici,
i problemi che riscontra nel presente. La science fiction nelle sue mani diventa un
modo per criticare la scienza, la politica, l’etica e il costume di oggi.
L’ultima parte del lavoro è sull’analisi di Kindred e Xenogenesis. Sono due
opere molto diverse fra loro, la prima ambientata in un passato in cui vigeva
ancora la schiavitù nelle piantagioni, l’altro in un mondo futuro post-apocalittico.
La mia scelta ricade su queste due opere in particolare per la rilevanza dei temi
trattati e per gli spunti di riflessione che danno al lettore. In entrambe, infatti,
emerge il tema della schiavitù, in quanto forma di oppressione dei regimi
totalitari, limitazione della riproduzione sessuale e perdita di controllo del
proprio corpo.
In Kindred, Dana, la protagonista, viaggia indietro nel tempo dalla
California del 1976 al Maryland prebellico del 1800 per salvare il suo antenato
bianco e proprietario di schiavi, Rufus, da cui dipende la sua esistenza nel
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presente. In questo capitolo si affronterà l’orrore della schiavitù evidenziando il
carattere ciclico della storia, in cui la protagonista paragonerà la schiavitù delle
piantagioni all’orrore dell’olocausto. Quello che si vuole sottolineare è che
l’uomo dovrebbe imparare dai propri errori piuttosto che commetterli di nuovo.
Inoltre la schiavitù comporta, soprattutto per le donne, una dura prova poiché
oltre ad annullare la loro identità di esseri umani, è calpestata anche la loro
femminilità. Gli uomini abusano di loro, il loro corpo è continuamente violato,
ma la Butler riscatta il suo personaggio uccidendo Rufus affinché non abusi di
lei. Il suo corpo e la sua identità sono salve. Tuttavia il prezzo da pagare per
assicurarsi la sua esistenza è stato molto alto: prima della nascita di Hagar (la
neonata figlia di Rufus che le garantirà la discendenza) è costretta ad una tacita
sottomissione che le costerà anche la solidarietà degli altri schiavi. La sua
accondiscendenza verso le richieste di Rufus la fanno diventare il capro
espiatorio per lo sfogo degli altri schiavi. Il lettore tuttavia tende ad appoggiare
le scelte di Dana poiché comprende che la sua è una lotta sia per la
sopravvivenza che per i propri diritti.
In Xenogenesis, una trilogia composta dai tre romanzi Dawn, Adulthood
Rites e Imago, gli alieni, gli Oankali, colonizzano gli uomini per creare incroci
di razze e dare alla luce un nuovo essere metà umano e metà alieno. Lilith, la
protagonista del primo romanzo, ma presente anche negli altri due, incarna la
figura post-umana poiché ha subito alcune modifiche genetiche per mano degli
Oankali. Inoltre ha acconsentito a dare alla luce figli per metà umani e per metà
alieni così da essere considerata la traditrice del genere umano. Altro tema
emergente è il rapporto che gli uomini hanno con la diversità incarnata dagli
alieni, archetipi letterali di cui la Butler si serve per introdurre anche gli assetti di
gender. La loro società, infatti, è divisa in uomini, donne e ooloi, un terzo gender
neutro che ha la capacità di modificare il DNA umano e grazie al quale le donne
possono concepire bambini. Oltre alla manipolazione del corpo, gli Oankali
influenzano fortemente la società privando gli uomini della libertà di decidere.
Gli uomini credono di essere liberi di scegliere, ma in realtà le uniche opzioni
che hanno sono quelle che danno loro gli Oankali. Questo romanzo può essere
considerato una distopia se si considerano gli Oankali come i colonizzatori della
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Terra e una minaccia per l’intera umanità che a breve finirà di esistere. Ma può
essere considerata un’utopia se si pensa che grazie a loro e alle loro tecnologie
avanzate in grado di manipolare il genoma umano si sono scoperte delle cure per
il cancro che hanno allungato la vita media di un uomo fino ai 250 anni e la
memoria umana si è rafforzata.
In entrambe le opere la scrittrice si serve degli espedienti della fantascienza,
viaggio nel tempo in Kindred e alieni in Xenogenesis, per mettere in evidenza le
ripercussioni che la vita della società americana passata ha avuto sulla società
presente e le ripercussioni che la condotta della nostra vita di oggi può avere sul
futuro. I lettori si personificano così tanto con i protagonisti delle sue opere che
sembrano vivere in prima persona ciò che accade nel testo e, una volta finito il
romanzo, il lettore continua a pensare ciò che ha vissuto, ciò che può cambiare e
ciò che non deve ripetere affinché il futuro possa essere migliore. Le sue opere
non sono quindi semplici narrazioni, ma vogliono aprire un ventaglio di
possibilità da seguire per avere una condotta che porti al miglioramento della
società.
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CAPITOLO I: SCIENCE FICTION
1.1 L’evoluzione della science fiction: dal gothic romance alla
speculative fiction
Si pensa che la prima scrittrice di fantascienza sia Mary Wollstonecraft
Shelley che nel 1816, durante un soggiorno sul lago di Ginevra a casa di George
Byron, che propose a ciascuno degli ospiti di scrivere un racconto dell’orrore,
concepì l’idea di scrivere Frankenstein: or The Modern Prometheus fondendo
gli elementi più tipicamente gotici con un vivido realismo sostenuto da nozioni
di biologia e galvanismo.
Il romanzo rispetta una convenzione comune al Gothic Romance che è
l’intreccio ad incastro: una struttura circolare e concentrica, con tre narratori che
introducono ciascuno la narrazione successiva: Walton (la cornice; quattro lettere
iniziali e il cap. XXIV, l’ultimo), Victor Frankenstein (il soggetto del racconto:
capp. I-IX e XVI-XXIII), il mostro (l’oggetto del racconto: cap. X-XV). Tre
narratori, tre punti di vista, quattro storie (quelle in cui sono posti i narratori oltre
quella della famiglia De Lancey che occupa il capitolo XIII). Il protagonista del
romanzo è uno studente di medicina, Victor Frankenstein, che, con gli avanzi
delle dissezioni, costruisce un essere vivente, mimando l’atto stesso della
creazione. Dopodiché, inorridito dall’esperimento, abbandona la creatura, che
comincia a vagare nel tormento del suo completo isolamento dal resto
dell’umanità. Il precipitare degli eventi rivela il funesto potenziale della creatura
generata, che, nonostante l’aspetto mostruoso, risulta essere una figura
intensamente tragica. Dal realismo epistolare della cornice il lettore è condotto al
gotico/fantastico delle narrazioni di Frankenstein e del mostro, fino al racconto
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del nucleo centrale del “domestic novel”. Solo che Mary Shelley non aveva la
consapevolezza della tradizione di un nuovo genere da lei iniziato.
1
Ad individuare Mary Shelley come iniziatrice di un nuovo genere narrativo
è Brian Aldiss, scrittore di SF, che nel primo capitolo di Billion Year Spree dal
titolo “The Origins of the Species: Mary Shelley” scrive:
The central contention of my book, supported by evidence, is that SF was born in
the heart and crucible of the English Romantic Movement in exile in Switzerland, when
the wife of the poet Percy Bysshe Shelley wrote Frankenstein: or The Modern
Prometheus. And I seek to show how the elements of that novel are still of seminal
interest to our technological society… Shelley’s generation was the first to enjoy that
encouraged vision of time – to this day still expanding – without which SF is
perspectiveless, and less itself.
2
L’individuazione delle origini romantiche e gotiche della SF si dimostra
inoltre importante per la definizione stessa del genere che Aldiss propone:
“Science fiction is the search for a definition of man and his status in the
universe which will stand in our advanced but confused state of knowledge
(science), and is characteristically cast in the Gothic or post-Gothic mould”.
3
Quindi Frankenstein e la sua autrice si rivelano cruciali, secondo Aldiss, sia
per una definizione della natura, della funzione e dei futuri orientamenti della
fantascienza, sia per l’opportunità di rivendicarne le ascendenze femminili,
sgombrando il campo da tutte quelle “father-figures” che le sono state attribuite,
da Edgar Allan Poe a Hugo Gernsback a John W. Campbell, Aldiss esclama “It
was a relief to be able to appoint a mother-figure instead!”
4
Ciò non significa che però non esista anche un padre della science fiction.
Si tratta di H.G.Wells che in Billion Year Spree è definito “the Prospero of all
brave new worlds of the mind, and the Shakespeare of the science fiction”.
5
Pur
1
Carlo Pagetti, a cura di, “Cronache del futuro”, vol.I in La città e le stelle. Studi su fantascienza e utopia, Bari,
Adriatica Editrice, 1992, pp.132
2
Brian Aldiss, Billion Year Spree, London, Corgi Books, 1975, pp 361-363
3
Ibidem, p.3
4
Brian Aldiss, The Pale Shadow of Science. Recent Essays, Seattle, Serconia Press, 1985, p. 112
5
Brian Aldiss, Billion Year Spree, op. cit., pp. 150 e 133
7
non riconoscendogli la “inwardness” di Mary Shelley, Aldiss ne loda la dovizia
di immaginazione e di inventiva.
I due sono accumunati perché hanno costruito una sovrastruttura fantastica
sulle fondamenta di fatti scientifici precisi,
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distanziando così la SF dalla
letteratura utopica di fantascienza che analizzeremo più avanti.
Dunque, la differenza fra questi due generi è, secondo Aldiss, quella fra
estrapolazione e speculazione logica, fra anticipazione di possibilità future e
“scientific fantasy” puramente ipotetica. E questa è anche la differenza fra quella
science fiction rappresentata da Campbell e dal primo Heinlein che, estrapolando
da tendenze sociali e tecnologiche contemporanee, pensa al presente parlando del
futuro, e la SF più genuina (lungo la linea Shelley-Wells, appunto) che propone
la speculazione scientifica e non la predizione.
Ma questo genere letterario non aveva ancora un nome. Si dovrà aspettare il
1886, con la pubblicazione dell’antologia Scientific Romances, una serie di nove
pamphlet che comprendevano What is the Fourth Dimension? e A Plane World
di Charles Howard Hinton, un matematico e scrittore di fantascienza britannico,
per il nome di scientific romance che verrà dato al primo genere di fantascienza.
Questo termine, per Carlo Pagetti, significa:
Quel romanzo che assorbe in sé elementi significativi della letteratura precedente
(il racconto di viaggi straordinari, il trattato utopico), ma li utilizza per esplorare i
confini che dividono/collegano l’ordine supremo delle leggi scientifiche e la follia delle
ipotesi e della loro applicazione alla realtà quotidiana, la rigorosa speculazione
scientifica e le confuse aspettative e paure dell’uomo comune, la più accanita veridicità
che il linguaggio narrativo può esprimere e la più assoluta finzione che attraverso di
esso si può raggiungere.
7
Questo termine è associato alla fantascienza dei primi esordi e veniva usato
per indicare scrittori francesi come Jules Verne e Camille Flammarion, ma
soprattutto per gli scrittori di romanzi inglesi, assai diversi nei contenuti da quelli
6
Brian Aldiss, “Science Fiction’s Mother Figure”, The Pale Shadow of Science, op. cit., p.46
7
Fabio Giovannini e Marco Minicangeli, Storia del romanzo di fantascienza, Roma, Castelvecchi, 1998, p. 12
8
americani. Gli scrittori britannici, infatti, tendevano a minimizzare il ruolo degli
“eroi”, assumendo una “prospettiva evoluzionistica” e una visione tetra del
futuro, mostrando scarso interesse per lo spazio visto come una nuova frontiera.
La svolta avviene intorno agli anni Trenta del ventesimo secolo, quando
alcuni autori britannici, non riconoscendosi nel genere della scientific fiction,
iniziano a pubblicare i loro romanzi su riviste americane identificandosi così con
la science fiction. Infatti, nello stesso periodo della scientific fiction inglese, in
America il genere della fantascienza aveva acquistato sempre più prestigio, al
punto che dalla fine degli anni Trenta ai primi anni Cinquanta del Novecento
questo periodo va sotto il nome di Golden Age of Science Fiction.
È datata al 1926 la prima apparizione ufficiale della definizione
“fantascienza”, se ufficiali possono essere chiamate le povere riviste popolari su
cui apparve. In realtà, bisognerebbe parlare di due definizioni originali:
scientifiction (1926) e science fiction (1929). Ospitò la prima definizione
ufficiale la prima rivista tutta fantascientifica Amazing Stories, voluta, diretta e
edita da Hugo Gernsback nel 1926. Gernsback era un lussemburghese nato nel
1884, folgorato a nove anni dalla lettura della traduzione tedesca di Mars as the
Abode of Life dell’astronomo americano Percival Lowell, cresciuto tra febbrili
letture di Jules Verne e di Herbert George Wells in margine al suo lavoro di
elettrotecnico, e sbarcato nel 1904 negli Stati Uniti con duecento dollari in tasca
e il brevetto di una batteria che non era riuscito a brevettare né in Germania né in
Francia. Aveva sempre scritto per riviste che si occupavano di elettronica, ma
nell’anno 1911 si era buttato a scrivere non proprio di scienza e non proprio di
fantascienza, la prima puntata di Ralph 124C41+, un romanzo ambientato nel
2660. Questo romanzo steso senza una trama ben precisa aveva dato a Gernsback
la possibilità di sfogare in previsioni e illazioni l’insofferenza che avvertiva per
la lentezza del progresso scientifico. Così egli scrive in Ralph 124C41+ un
elenco di invenzioni che in seguito si sono veramente realizzate come il radar,
l’illuminazione fluorescente, le materie plastiche, i fertilizzanti chimici, le
culture idroponiche, i juke-box, i registratori a nastro, gli altoparlanti, i
microfilm, le reti radiofoniche, la televisione, il meccanismo per imparare
durante il sonno, l’utilizzazione dell’energia solare per il riscaldamento e il
9
fabbisogno energetico, l’acciaio inossidabile, i tessuti di fibre di vetro, i materiali
sintetici come il nylon per gli indumenti, le macchine per l’imballaggio
automatico, i distributori automatici di bibite e cibi caldi o freddi, i dischi
volanti, e così via. Poiché oltre a Gernsback iniziano a nascere altri nuovi autori,
nel 1923 Gernsback pubblica un numero speciale di Science and Invention
dedicato al nuovo sottogenere di narrazione in crescita, la narrativa scientifica
ovvero scientificheggiante. Per Gernsback, però, non si trattava di un
sottogenere, ma di letteratura, di fiction, e, poiché essa era sempre in espansione,
meritava una rivista tutta per sé che trattasse di mondi futuri, viaggi
interplanetari e scoperte scientifiche nella tradizione di Verne e di Wells. Il titolo
da lui scelto sarebbe stato Scientifiction, ma, contro ogni sua previsione, non
trovò nessun abbonato, cosicché nel 1926 la pubblicò con un titolo meno
specializzato, Amazing Stories. Anche se usò un titolo più generico,
nell’editoriale del primo numero spiegava comunque cosa fosse per lui la
scientifiction, e questa è la prima delle due definizioni originali ufficiali:
“Amazing Stories è un nuovo tipo di rivista narrativa! È assolutamente nuova,
assolutamente diversa, una cosa senza precedenti nel nostro paese. Quindi
Amazing Stories merita la vostra attenzione e il vostro interesse… Per
scientifiction intendo il genere di storie alla Jules Verne, alla Herbert George
Wells e alla Edgar Allan Poe: un’affascinante avventura mescolata a fatti
scientifici e a visioni profetiche…”
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Il primo numero della rivista uscì in aprile e
da quel momento fu sempre un crescendo, una continua ricerca di una realtà
concreta, ovvero l’ispirazione a una irrealtà immaginaria.
A causa del successo di questa rivista, Bernarr Macfadden, padrone di un
ben più imponente impero editoriale chiamato Physical Culture improntato sul
fanatismo per la salute e per l’igiene del corpo, convinse tre fornitori di Amazing
Stories a fare causa per bancarotta contro il gruppo editoriale Gernsback,
vincendo e rilevando la rivista. Gernsback non restò a guardare, anzi decise di
creare un’altra rivista forte del fatto che i suoi lettori non l’avrebbero
8
Citato in Darko Suvin, Le metamorfosi della Fantascienza. Poetica e storia di un genere letterario, Bologna, Il
Mulino, 1985, pp. VIII-X
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abbandonato, e nel giugno del 1929 mandò in edicola il primo numero di Science
Wonder Stories. E in quel primo numero usò il neologismo science fiction. Isaac
Asimov, anche lui scrittore di fantascienza, parla di questa come “una lettura
d’evasione. Era la quintessenza in fatto di evasione, lo era più di qualsiasi altro
genere di letteratura popolare perché ti faceva evadere addirittura da questo
mondo e pareva che l’evasione fosse una cosa molto spregevole…”; infatti,
quando iniziava a parlare di questo tipo di letteratura la domanda che sorgeva
spontanea era “leggi davvero quelle storie insensate?”.
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Nel 1930 Harry Bates pubblica Astounding Stories of Super-Science, dove
racconta i problemi che ebbe col titolo della rivista:
La mia seconda preferenza (per il titolo) andava a Science Fiction che era
generico e aveva dignità alla pari degli altri (Tomorrow), ma lo eliminai con
l’argomentazione che un’espressione del genere difficilmente qualcuno l’aveva mai
vista o sentita […] e che da un nome del genere ci si sarebbero aspettati solo racconti
leggeri e ortodossi riguardanti la scienza di oggi […] la rivista avrebbe potuto morire
facilmente per mancanza di lettori.
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Fu nel 1938 che Astounding Stories of Super-Science cambiò nome in
Astounding Science Fiction, e solo nel 1939 e nei primi anni Quaranta il
riconoscimento comune di questa nuova convenzione fu confermato da titoli
come Science Fiction, Future Combined with Science Fiction e Science Fiction
Quarterly. Ma dire che la prima convenzione storica della SF apparve verso la
fine degli anni Trenta o Quaranta potrebbe forse essere considerato un tentativo
di spogliare il genere della sua antica nobiltà e dei suoi autori più famosi, come
Jules Verne e H.G. Wells.
11
Semplicemente in questo periodo la fantascienza aveva acquistato un ampio
pubblico al punto da essere chiamata Golden Age e da avere dei temi ben
identificabili, come sostiene anche lo storico Adam Roberts “the phrase Golden
9
Ibidem
10
Ibidem
11
Luigi Russo, a cura di, La fantascienza e la critica. Testi del Convegno internazionale di Palermo, Milano, Feltrinelli,
1980, pp.67-76