INTRODUZIONE
La liberalizzazione dei servizi, privati e pubblici, ha avuto una
progressiva estensione nel sistema comunitario europeo. Tale processo comporta
l’apertura alla concorrenza dei mercati attraverso la riduzione o l’eliminazione
degli ostacoli, di qualsiasi natura, che incidono sull’accesso alle attività di
fornitura dei servizi e sul loro esercizio. Spesso il processo di liberalizzazione ha
comportato l’erosione di rilevanti monopoli, come accaduto in diversi settori di
servizi di pubblica utilità (Public Utilities).
In un contesto, come quello attuale, caratterizzato da una situazione di
crisi economica, dove i governi europei, tra cui soprattutto quello italiano, sono
impegnati a risanare i pesanti deficit dei propri bilanci pubblici, la scelta politica
di liberalizzare i servizi permette di introdurre nell’ambito dell’economia
nazionale fattori di stimolo al miglioramento continuo, all’efficienza,
all’innovazione, ad una migliore qualità complessiva del servizio erogato, ad un
abbassamento dei prezzi. In Italia, infatti, uno dei più importanti interventi
effettuati dall’attuale governo tecnico di recente costituzione, presieduto dal
Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti, è stato quello di introdurre
nuove liberalizzazioni (ad es. nel settore della fornitura di carburante) e di
accelerare i processi di apertura alla concorrenza già in essere, tra cui quello
relativo al settore dei trasporti.
Scopo del presente lavoro è analizzare le caratteristiche del processo di
liberalizzazione in Italia del mercato del trasporto ferroviario, che rappresenta un
Introduzione
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settore di rilevanza cruciale per le esigenze di mobilità dei cittadini. Sarà pertanto
esaminato il livello di attuazione del processo di liberalizzazione del settore sia da
un punto di vista legislativo, esaminando il grado di recepimento in Italia delle
direttive comunitarie, e sia da un punto di vista sostanziale. A tale proposito, sarà
fornita una descrizione della situazione attuale del mercato ferroviario, con
un’analisi critica relativa ai vincoli e agli ostacoli che sino ad oggi hanno impedito
una piena apertura del settore ferroviario alla concorrenza. Alla luce dei recenti
emendamenti emanati in materia, inoltre, con una visione prospettica, si
forniranno delle considerazioni circa gli scenari futuri e le proposte per un
effettivo miglioramento della situazione attuale.
Le tesi è strutturata fondamentalmente in quattro parti. Nel Capitolo 1
saranno introdotti i concetti teorici relativi alle Public Utilities, alla politica della
concorrenza, al ruolo delle Autorità di regolazione, e si fornirà inoltre una
descrizione delle caratteristiche generali del settore ferroviario, con una
focalizzazione sui vantaggi e svantaggi derivanti da una separazione strutturale tra
la gestione della rete e l’erogazione del servizio di trasporto. Il Capitolo 2 sarà
dedicato all’esame dei riferimenti normativi, comunitari e nazionali, circa il
processo di liberalizzazione del settore ferroviario, con dei cenni relativi alle
esperienze di due differenti Paesi europei. Nel Capitolo 3 si fornirà un’analisi
della situazione attuale del nostro Paese, analizzando il grado di liberalizzazione
effettivamente raggiunto nei vari segmenti del settore ferroviario. Inoltre, a
supporto, verranno illustrati alcuni risultati ottenuti dall’indagine statistica
condotta nel 2007 dall’istituto di ricerca del CENSIS (Centro Studi Investimenti
Sociali) relativamente al fenomeno del pendolarismo italiano, oltre ad alcuni
Introduzione
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risultati emersi nel 2011 all’interno del rapporto “Pendolaria 2011” redatto
dall’associazione Legambiente.
Il Capitolo 4, infine, sarà dedicato alla discussione finale e alle considerazioni
conclusive, alla luce anche dei recenti sviluppi normativi circa l’istituzione di una
Autorità di regolazione dei trasporti indipendente.
CAPITOLO 1
L’APERTURA ALLA CONCORRENZA NELLE PUBLIC UTILITIES.
IL SETTORE DEL TRASPORTO FERROVIARIO
1.1 I Servizi di Pubblica Utilità e la Politica della Concorrenza
I servizi di pubblica utilità, definiti con un termine anglosassone come
Public Utilities, presentano una forte connotazione sociale in quanto sono rivolti a
soddisfare bisogni essenziali dell’intera collettività. Tali servizi, pur organizzati a
livello nazionale, sono distribuiti per via capillare a livello locale attraverso
un’unica rete infrastrutturale. Esempi di settori che presentano tale caratteristica
sono: l’energia elettrica, il gas, i trasporti, le telecomunicazioni.
Tali servizi si configuravano in passato come dei monopoli naturali, cioè
servizi in cui l’efficienza economica non era ottenibile tramite l’operare dei
classici meccanismi concorrenziali di mercato, soprattutto a causa della presenza
di un’unica rete fisica attraverso cui i prodotti devono essere distribuiti. Il sistema
infrastrutturale è quindi centrale nelle Public Utilites. Per lungo tempo, il
monopolio pubblico nella gestione ed erogazione dei servizi di pubblica utilità è
stato giustificato dalle condizioni di monopolio naturale delle infrastrutture
produttive a rete. Si riteneva che ragioni di efficienza, dettate dalla tecnologia
prevalente, rendessero necessario estendere il monopolio a tutta la filiera verticale,
per le seguenti ulteriori ragioni:
tentare di sfruttare le conseguenti economie di scala e di scopo. In
particolare, si ottenevano delle economie di scala in quanto il monopolista,
Capitolo 1
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producendo su larga scala, avrebbe minimizzato i costi per poi trasferire
sui consumatori il vantaggio ottenuto, mediante la riduzione del prezzo di
vendita. Le economie di scopo derivavano, invece, dalla possibilità di
produrre congiuntamente più prodotti nell’ambito della stessa
organizzazione produttiva
1
;
consentire la distribuzione in ogni parte della nazione, incluse le aree
maggiormente inaccessibili, compensando la distribuzione più redditizia
con quella più costosa, con l’applicazione di un unico prezzo equo ai
consumatori. Era prevalente la concezione che la concorrenza avrebbe
indotto le imprese a servire solo la parte più lucrativa della domanda,
lasciando prive del servizio le aree meno redditizie;
abbinare alle tariffe eque ed accessibili a tutti, una qualità elevata del
servizio. La presenza di più imprese avrebbe comportato il rischio che il
gioco della concorrenza degenerasse in una diminuzione eccessiva dei
costi e quindi della qualità erogata.
Inoltre, la natura pubblicistica del monopolista era volta a salvaguardare la
collettività da possibili abusi di tale posizione da parte di un eventuale
monopolista privato, i cui tentativi di imporre extra profitti ai consumatori
avrebbero comportato esigenze di costante regolamentazione. Pertanto, in
Europa ma soprattutto in Italia, fino agli anni ’70 e ’80, i settori delle Public
Utilities sono stati caratterizzati da una forte presenza di imprese pubbliche o a
partecipazione statale.
1
Ad esempio, nel settore ferroviario la produzione congiunta di servizi di trasporto merci,
passeggeri a media e lunga distanza, servizi Alta Velocità.
L’Apertura alla Concorrenza nelle Public Utilities. Il Settore del Trasporto Ferroviario
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Il cambiamento di rotta è dipeso in primo luogo dalla spinta della
normativa comunitaria. A partire dagli anni ’80, infatti, trovò ampia diffusione
in Europa la cosiddetta “politica della concorrenza”, intesa come “un insieme
di misure che mirano ad ampliare l’area del mercato nell’economia”
2
. Si tratta
di un insieme di interventi di:
privatizzazione, volti a eliminare i vincoli alla contendibilità del
controllo impliciti nella proprietà pubblica;
liberalizzazione, volti a rimuovere i vincoli pubblici al libero operare
degli agenti economici;
regolazione, volti a introdurre nuove regole maggiormente orientate al
mercato.
Ma, sebbene la Comunità Europea abbia fornito un forte stimolo alla politica della
concorrenza, essa in verità ha agito solamente da supporto ed ha svolto un ruolo
strumentale nel processo di rinnovamento di un sistema ormai superato, risultato
del generale cambiamento dell’atteggiamento di politica economica in relazione al
sistema produttivo, che si è verificato in tutti i paesi industrializzati a partire dai
primi anni ’80. In quel periodo storico, gli sviluppi della tecnologia hanno reso
possibile la separazione verticale tra le diverse fasi della filiera e, di conseguenza,
l’enucleazione delle fasi produttive in monopolio naturale da quelle che potevano
essere operate in concorrenza. Per quanto riguarda la rete, in alcuni casi è venuta
meno a causa di un’evoluzione tecnologica (es. settore della telefonia mobile), per
gli altri si è ritenuto opportuno liberalizzare il mercato con un gestore imparziale
della rete, che dia la possibilità a tutte le imprese di utilizzare la stessa in maniera
2
Pera A. e Porrini D. (2002), “La Regolamentazione dei Mercati per la Concorrenza in Italia”, La
Competitività dell’Italia: Regole per il Mercato, 16, p. 2.
Capitolo 1
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equa. Il disegno di liberalizzazione europeo, quindi, aveva come obiettivo
fondamentale garantire la parità delle condizioni di accesso alla rete per tutti gli
operatori in concorrenza tra di loro, al fine di migliorare l’efficienza delle imprese
coinvolte e incrementare la qualità dei servizi offerti, a un prezzo equo e
accessibile a tutti. Pertanto il termine liberalizzazione fa riferimento ad “un
insieme di politiche orientate a ridurre gli ostacoli all’ingresso di nuovi operatori
nei settori regolamentati ed a rendere l’ambiente economico più sensibile agli
incentivi di mercato, riducendo i controlli amministrativi sui prezzi, le quantità o
la qualità. Gli interventi di liberalizzazione, quando hanno coinvolto le imprese di
proprietà statale o gli enti locali, hanno portato alla cessione del controllo a
soggetti privati, ossia alla privatizzazione”
3
.
L’impresa privata, rispetto all’impresa pubblica, dovrebbe avere
maggiori incentivi all’efficienza, per effetto dell’interesse della proprietà a
massimizzare il rendimento netto sul capitale investito. Tale interesse non sarebbe
presente, oppure lo sarebbe ma in maniera affievolita, presso l’imprenditore
pubblico. A favore della privatizzazione vi è inoltre la convinzione secondo cui lo
Stato, attraverso la gestione diretta dei servizi (mediante le imprese pubbliche),
assume il duplice e contraddittorio ruolo di gestore e controllore, con notevoli
conseguenze negative in termini di efficienza e trasparenza.
La privatizzazione è tuttavia un passaggio complesso e delicato, poiché è
sempre necessario salvaguardare il valore dell’impresa da privatizzare. Tale
processo, infatti, avviene in genere con la trasformazione della società statale in
società per azioni, e con la successiva collocazione delle azioni in Borsa. Occorre
3
Mathieson H. e Pedersini R. (2009), “Gli Effetti della Liberalizzazione del Trasporto Pubblico
Locale sulle Relazioni Industriali: Regno Unito e Italia a Confronto”, Giornale di Diritto del Lavoro
e di Relazioni Industriali, 122 (2), p. 1.
L’Apertura alla Concorrenza nelle Public Utilities. Il Settore del Trasporto Ferroviario
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evitare che l’improvviso collocamento di un numero elevato di azioni sul mercato
provochi un abbassamento del prezzo e una conseguente perdita di valore
dell’impresa, oltre al rischio che una quota rilevante di azioni di società che
operano in settori estremamente rilevanti per l’economia nazionale siano
acquistate da società estere. Inoltre, una vera privatizzazione si ha quando si attua
un effettivo trasferimento del controllo dell’impresa dal settore pubblico al settore
privato, mentre “non sono considerate privatizzazioni le trasformazioni di stato
giuridico delle imprese, da impresa pubblica a impresa di diritto privato, ovvero la
cessione di quote di minoranza del capitale, quando non si accompagnano a
trasferimenti di controllo”
4
. Finché l’impresa è pubblica, i suoi eventuali deficit
ricadranno sempre sull’azionista pubblico, che potrebbe sentirsi libero, per
esigenze di bilancio, di ridurre unilateralmente le risorse pattuite per l’erogazione
dei servizi. La proprietà privata dell’azienda implica, in teoria, una maggiore
responsabilizzazione del management nel rispetto dei vincoli di efficienza, in
assenza dell’intervento ex-post dello Stato a ripianare eventuali deficit.
Ma per garantire altresì il rispetto di determinati standard di qualità dei
servizi, diventa opportuno aprire tali mercati alla concorrenza. Liberalizzare i
mercati delle Public Utilities significa attenuare o eliminare le barriere all’entrata
che ostacolano l’ingresso di nuovi operatori sul mercato, e ciò implica scelte di
politica economica importanti. Le barriere all’entrata possono essere di natura
legale, cioè imposte dalla normativa, ma possono riguardare anche vincoli e limiti
imposti dallo Stato, ovvero difficoltà di insediamento, di ottenere licenze e
permessi, di procurarsi i beni necessari per l’erogazione del servizio, oppure
4
Pera A. (1999), “Privatizzazioni e Assetti di Mercato: Economia o Ideologia? Proposta per un
Dibattito”, Rivista Internazionale di Scienze Sociali, 107 (2), p. 147.
Capitolo 1
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essere causate dalla continua presenza dominante dell’ex monopolista.
Un’effettiva liberalizzazione, infatti, non può non coincidere con una riduzione
del potere di mercato del vecchio monopolista pubblico, il quale sarebbe obbligato
a cedere parte della sua attività ai nuovi entranti privati, in concorrenza tra loro
nell’erogazione della stessa tipologia di servizio (concorrenza nel mercato).
Quando non è possibile, o non è efficiente, giungere ad una completa
liberalizzazione, ad esempio per quei servizi non remunerativi la cui offerta viene
sussidiata dallo Stato in quanto presentano finalità sociali, il monopolio pubblico
può essere sostituito da una forma di concorrenza per il mercato, ovvero
assegnando il servizio, tramite gara o affidamento diretto, all’impresa
aggiudicataria che può erogare il servizio minimizzando il sussidio pubblico.
Nello specifico, per ciò che riguarda l’Italia, il cambiamento è stato frutto
del fallimento dell’enfasi interventista degli anni ’70, evidenziato dalla profonda
crisi del sistema delle imprese pubbliche e delle partecipazioni statali.
L’esperienza italiana in tema di politiche della concorrenza si presenta anomala
rispetto ad altre esperienze nazionali, in quanto privatizzazioni e liberalizzazioni
sono partite in ritardo rispetto ai processi avviati in sede comunitaria, e sono
avvenute in un momento storico particolare, in cui la fiducia nelle istituzioni
politiche si era incrinata. Le privatizzazioni in Italia si sono svolte seguendo in
linea di massima le indicazioni contenute nel programma delineato dal Libro
Verde del Ministero del Tesoro del 1992, con l’obiettivo di rafforzare la
competitività del sistema industriale italiano attraverso il miglioramento
dell’efficienza delle imprese da privatizzare, la promozione della concorrenza nei
mercati e l’aumento delle entrate dello Stato con conseguente riduzione del debito
L’Apertura alla Concorrenza nelle Public Utilities. Il Settore del Trasporto Ferroviario
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pubblico. Con il Libro Verde in particolare si pongono le basi di una politica
economica volta a limitare la presenza dello Stato e il controllo pubblico nel
sistema produttivo italiano. Così i primi anni novanta si caratterizzano per
l’avvenuta trasformazione degli enti pubblici in società per azioni. Il quinquennio
dal 1990 al 1995 ha visto l’introduzione della legge sulla concorrenza, la
progressiva riduzione della sfera di intervento dello Stato nell’economia
attraverso la revisione del sistema delle partecipazioni statali e il riassetto
societario delle imprese pubbliche, oltre alla istituzione delle autorità di
regolazione. Occorre segnalare che nel caso di imprese operanti nei settori di
pubblica utilità, assume un rilievo particolare la tempistica delle privatizzazioni e
delle liberalizzazioni, cioè è importante che la privatizzazione avvenga quando il
processo di liberalizzazione del settore sia completato o quanto meno ben avviato,
per non rischiare di passare da una situazione di monopolio pubblico ad una di
monopolio privato. Inoltre, una preventiva netta separazione tra le attività di
gestione della rete, da esercitarsi in monopolio, e le altre fasi da svolgersi in
regime concorrenziale, agevola l’attività successiva di regolamentazione, la quale
risulta più semplificata ed efficace. In Italia, sia per l’esigenza di ripianare quanto
prima il deficit statale, e sia per la riluttanza ad eliminare del tutto la presenza
pubblica nei settori in questione, il processo di privatizzazione è stato spesso
avviato senza seguire le modalità appropriate per dar luogo ad un’effettiva
liberalizzazione
5
. Ciò ha favorito gli interessi degli ex monopolisti, poiché il
mantenimento quanto più a lungo possibile di strutture verticalmente integrate, ed
allo stesso tempo il ritardo nell’apertura alla concorrenza dei rispettivi mercati,
5
Cfr. De Nardis S. (2000), “Privatizzazioni, Liberalizzazioni, Sviluppo: Introduzione e Sintesi”, in Le
Privatizzazioni Italiane, Il Mulino, Bologna.
Capitolo 1
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hanno consentito a tali soggetti economici di rafforzare vantaggi competitivi nei
confronti dei potenziali nuovi entranti. Pertanto, a fronte di una separazione
contabile, e a volte societaria, tra le diverse fasi del servizio, spesso non si è
arrivati a un’effettiva separazione strutturale.
1.2 Il Ruolo delle Authority
Il passaggio da un sistema basato sul monopolio pubblico attraverso la
gestione e il controllo dei servizi di pubblica utilità da parte di imprese pubbliche,
a un sistema liberalizzato che prevede la possibilità che tali servizi siano erogati
da più imprese private in concorrenza tra di loro, non è semplice ed immediato, e
necessita di appropriati interventi di regolazione. La liberalizzazione, infatti, è
presupposto necessario della concorrenza, ma non è sufficiente a garantirla.
Anche il monopolio naturale, sebbene gestito da un’impresa privata,
determinerebbe una situazione di inefficienza, cioè di fallimento del mercato,
rappresentata dall’eccedenza del prezzo sul costo marginale, per cui è necessario
un intervento pubblico sulla formazione della tariffa. Il termine regolazione è stato
spesso utilizzato come sinonimo di intervento pubblico, riferendosi agli atti
autorizzativi o concessori, agli interventi per la fissazione e l’adeguamento delle
tariffe e per la determinazione degli standard tecnici, qualitativi e di sicurezza. In
effetti, mediante gli interventi di regolazione, “gli obiettivi pubblici devono essere
perseguiti indirettamente tramite regole e incentivi che dispongano l’operatore o