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INTRODUZIONE
Obiettivo di questo elaborato è di esaminare i fattori che influenzano la scelta
di un sito industriale ed ipotizzare l'applicazione di algoritmi di ricerca di un
cammino minimo per operare la scelta fra più siti.
Il lavoro si articola in tre parti. Nella prima parte verranno presi in analisi le
problematiche e le metodologie note, relative alla scelta del luogo dove far
sorgere un impianto industriale. Sempre in questa parte saranno accennate le
tematiche ambientali legate alle industrie ed le relative norme nazionali e
comunitarie che disciplinano il settore.
Nella seconda parte saranno presentati diversi algoritmi di ricerca per
individuare il cammino minimo in un grafo. L'idea alla base di questo lavoro
è di individuare una possibile metodologia ingegnerizzata per
l'individuazione del sito migliore. Si è scelto di utilizzare il metodo dei costi
di trasporto minimi e l'algoritmo di Dijkstra come strumenti e di verificarne
l'applicabilità nell'individuare il sito più conveniente mettendo a confronto
due o più siti individuati mediante altri criteri noti in letteratura.
Verrà quindi presentato un focus sull'algoritmo di Dijkstra individuato come
strumento per l'automatizzazione della selezione fra vari siti candidati.
Verranno presentate funzionalità e caratteristiche dell'algoritmo con brevi
cenni sui suoi vari campi di impiego.
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Infine, nella terza ed ultima sezione si procederà ad applicare ad un caso di
studio quanto illustrato in precedenza, al fine di verificare la bontà dell'ipotesi
alla base di questo lavoro. Per questa fase si è deciso di prendere in esame un
area geografica all'interno della quale siano presenti vari siti aventi le
caratteristiche necessarie ad un insediamento industriale. Si individueranno
poi i principali siti collegati ad esso, limitandosi ai luoghi di smistamento dei
prodotti finiti (aree di mercato).
Verranno dati dei pesi in base alle distanze ed ai costi di trasporto per ciascun
luogo rispetto al sito candidato e verrà infine applicato l'algoritmo di Dijkstra
per la selezione finale.
In ultimo si procederà ad analizzare i risultati ottenuti, e se ne trarranno le
opportune considerazioni.
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1. GENERALITA’
Il processo decisionale che porta alla scelta del sito in cui far sorgere un
impianto industriale, può svilupparsi a priori esplorando varie ipotesi con
metodi deduttivi per individuare gli effetti sulle localizzazioni.
I fattori che influenzano questo processo sono molteplici e spaziano dalle
dimensioni dell’impresa alla tipologia dell’attività industriale da svolgere. Ad
esempio piccole e medie imprese hanno maggiori vincoli di natura
economica con il territorio circostante ma generalmente un minore impatto di
tipo ambientale. Viceversa le grandi imprese hanno minori vincoli economici
ma rilevanti impatti ambientali.
In termini generali l’obiettivo primario che si persegue nella scelta di un sito
è quello di minimizzare la somma dei costi ad esso legati:
costi di insediamento (acquisto del terreno, costruzione dello stabilimento,
collegamenti con le infrastrutture)
costi di acquisizione delle risorse necessarie alla produzione
costi di distribuzione dei prodotti realizzati
costi dei servizi legati all’impresa
Scendendo nei dettagli, la tematica è molto ampia, si tratta di una ricerca
multidisciplinare che prevede la collaborazione di diverse specializzazioni:
pianificazione tradizionale, pianificazione ambientale, diritto, trasporti e
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mobilità, tecnologie innovative, gestione aziendale, gestione delle risorse,
ecc..
La scelta localizzativa è il primo passo di un processo che, passando per le
dotazioni infrastrutturali e gli elementi edilizi, le scelte tecnologiche, la
gestione delle risorse e dei processi, ha come obiettivo la minimizzazione
degli impatti. Ma anche, e soprattutto, la massimizzazione della competitività
dei sistemi produttivi.
È in questo scenario che interagiscono i soggetti operanti nel territorio:
pubblici e privati (le pubbliche amministrazioni, le imprese, i soggetti del
credito, i sindacati, le associazioni locali, ecc.).
Le imprese generano inevitabilmente influenze sull'ambiente: consumano
energia, acqua, materie prime, modificano il paesaggio, generano traffico,
rifiuti, rumore, emissioni in acqua e in atmosfera.
Si tratta quindi di uno scenario composito caratterizzato da un lato
dall’obiettivo di ridurre al minimo gli impatti ambientali ed il consumo di
risorse, tendendo alla chiusura dei cicli naturali. Dall’altro dall’esigenza delle
imprese di individuare insediamenti che offrano economie di scala,
infrastrutture, servizi comuni, una gestione ambientale condivisa e
possibilmente partecipata, ed una riduzione dei costi per
l'approvvigionamento idrico ed energetico.
1.1. Cenni sulle normative nazionali e comunitarie inerenti
l’ubicazione di impianti industriali
La scelta di un sito industriale deve tener conto delle norme legislative in
materia urbanistica ed ambientale. In particolare la pianificazione urbanistica,
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delimita le aree dei territori comunali destinate agli insediamenti industriali
regolandone le condizioni di costruzione ed esercizio.
I principali strumenti urbanistici sono il Piano Regolatore Generale (PRG) ed
il Piano degli Insediamenti Produttivi (PIP).
In generale i piani regolatori pubblici delimitano le aree industriali all'interno
dei comuni e limitano l'utilizzo dei terreni.
Il Piano regolatore Generale
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(PRG), è definito dal cap. III della legge
urbanistica del 17 agosto 1942 n. 1150 con atto amministrativo che determina
la futura configurazione del territorio comunale e stabilisce direttive e
vincoli.Concretamente il PRG viene redatto sotto forma di elaborati in scala
1/25000 per quanto riguarda l'intero territorio comunale; ulteriori elaborati
scala 1/5000 o 1/2000 infine elaborati 1/1000 che entrano nei dettagli per
quanto concerne interventi nell’abitato. Il PRG rimane in vigore fino a
quando viene sostituito da un altro approvato successivamente. E’ permessa
la redazione di “varianti” al piano approvato. Il PRG deve essere reso
pubblico entro un prefissato periodo di tempo e si possono presentare le
proprie “osservazioni” delle quali viene tenuto conto secondo il merito con
cui esse sono state fatte.
Nell’ambito del PRG possono essere redatti diversi Piani Regolatori
Particolareggiati (PRP) riguardanti determinate ZONE; normalmente la scala
adottata per la realizzazione dei PRP è di 1/500, prende in esame un
comprensorio. Per esempio legge 167 (acquisizione di aree per l’edilizia
economica popolare).
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Il primo Piano Regolatore in Italia fu introdotto dalla Legge 2359/1865 ed era costituito da due parti: un
Piano regolatore edilizio e un Piano d'ampliamento.
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Il Piano degli Insediamenti Produttivi, è il Piano Particolareggiato delle zone
da destinare ad insediamenti produttivi, ed assolve ad una duplice funzione:
stimolare l’espansione produttivistica nel territorio comunale ed al tempo
stesso garantire l’ordinato assetto urbanistico dell’area in cui dovranno essere
localizzati i nuovi complessi produttivi (L.865/717). Il P.I.P. contiene
l’individuazione delle aree destinate alla normale pianificazione, alla
conservazione ed alla ristrutturazione edilizia, con riferimento al tipo o ai tipi
di fabbricati ammessi per ciascuna di esse.
Inoltre, va ricordato il Piano Paesistico, disposizione di tipo legislativo che
regola gli insediamenti edilizi, con l’imposizione di vincoli per la tutela e la
salvaguardia delle bellezze panoramiche e paesistiche. Riferimento alla legge
29/2/39 n. 1497 e legge 17/8/42 n. 1150.
La normativa italiana in tema ambientale, da molti anni è applicativa delle
diretive comunitarie e si fonda principalmente su due articoli della nostra
costituzione: l'articolo 9 sulla tutela del paesaggio e l'articolo 32 sulla tutela
della salute e sul Titolo VII del trattato di Maastricht che definisce la
salvaguardia del territorio, la salvaguardia delle risorse naturali e la tutela
della salute.
Le politiche comunitarie e nazionali sulla prevenzione e la riduzione integrate
dell'inquinamento prodotto da impianti industriali di rilevante impatto
ambientale hanno messo in evidenza l’importanza, tra gli altri strumenti
d’azione, della promozione e dell’assistenza all’attività industriale per
l’adozione di nuove tecniche ecocompatibili (si parla in proposito di BAT -
Best Available Techniques).
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La norma di riferimento in questo campo è la Direttiva comunitaria n.
96/61/CE, nota con il nome “IPPC” (Integrated Pollution Prevention and
Controll), recepita dall’Italia con il Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n.372
(G.U. n.252 del 26 ottobre 1999) limitatamente agli impianti industriali
esistenti.
Questo decreto legislativo, infatti, disciplina la prevenzione e riduzione
integrate dell'inquinamento di fonte industriale nonché il rilascio, rinnovo e
riesame dell'autorizzazione integrata ambientale per gli impianti compresi in
una apposita lista.
Sempre in ambito comunitario, nel 1993 è stato emanato il primo
Regolamento EMAS (Eco-Management and Audit Scheme) n.1836,
sostituito nel 2001 dal Regolamento n. 761 che, a sua volta sottoposto è stato
sostituito nel 2009 dal nuovo Regolamento n. 1221. Esso consiste in un
sistema di ecogestione ed audit cui possono aderire volontariamente imprese
ed organizzazioni, sia pubbliche che private, con sede nel territorio della UE
o al di fuori di esso, che desiderano impegnarsi nel valutare e migliorare la
propria efficenza ambientale.
Lo scopo principale del regolamento EMAS è di migliorare l'ambiente e
fornire uno strumento di misurazione delle prestazioni ambientali, alle
aziende, agli organi di controllo ed ai cittadini.
Il sistema di gestione relativo alle attività tecniche di registrazione EMAS,
accreditamento e sorveglianza dei Verificatori Ambientali EMAS sono svolte
in conformità alla norma ISO 9001:2008 (Certificato 9175 rilasciato da IMQ-
CSQ).