2
INTRODUZIONE
1. Scopo ed organizzazione del lavoro
Questo mio elaborato di tesi è improntato sullo studio
di uno dei campi d’indagine fondamentali dell’onomastica, ovve-
ro l’antroponimia.
È stata una scelta dettata dal forte interesse che essa ha
destato in me dopo aver superato l’esame di “Grammatica Italia-
na” in cui era appunto prevista tra gli argomenti.
Inizialmente il tutto doveva riguardare l’analisi dei so-
prannomi, i quali, diversi secoli fa, erano dati per sottolineare con
intento solo distintivo, o scherzoso, a volte anche polemico, spre-
giativo od offensivo, determinate caratteristiche della persona o
del gruppo familiare.
Con il tempo poi, e soprattutto dopo il Concilio di Tren-
to (1545-1563), questi si sono radicalizzati e trasformati in co-
gnomi veri e propri. Da allora tutti noi abbiamo avuto un “secon-
do nome”.
Ho, pertanto, rivolto la mia attenzione alle forme co-
gnominali della mia regione, pensando a quelli più particolari ed
interessanti, dato che anche il mio stesso cognome si prestava
perfettamente allo scopo.
Del resto, è poco probabile che ognuno di noi presti at-
tenzione al significato del proprio cognome e, difficilmente, ci si
sofferma a pensare ai motivi o alle circostanze che hanno portato
i nostri lontani antenati a tramandarci tali forme.
Ci sono molti casi in cui il significato è piuttosto palese,
ma non è sempre scontato che il proprio cognome sia “trasparen-
te”: oggi non è escluso che alcuni termini abbiano perso nel tem-
po il significato che avevano in origine. Non dobbiamo dimenti-
3
care, di certo, che si tratta di formazioni antiche, lontane di seco-
li. Per questo, possono essere andate in disuso o addirittura
scomparse del tutto.
Posso, perciò, ammettere che non si è trattato di un la-
voro molto semplice: l’onomastica resta pur sempre una scienza
affermatasi da poco e la mancanza di numerosi studi scientifici
sui cognomi italiani mi ha portato, inevitabilmente, a chiedere a-
iuto agli studiosi più attendibili.
Ho dato inizio a questa nuova esperienza raccogliendo,
ordinando e selezionando dall’elenco telefonico un buon numero
di cognomi, privilegiando quelli della mia città, Bari e, soprattut-
to, quelli che, secondo me, meritavano uno studio più approfon-
dito.
Si tratta di forme cognominali piuttosto insolite, a volte anche
“simpatiche”, o “divertenti” che dir si voglia; qualcuna,
all’impatto, incomprensibile.
Per ogni cognome ho cercato di risalire alla sua etimo-
logia, al fenomeno linguistico che, eventualmente, lo caratteriz-
zava, e ovviamente all’area storico-culturale di provenienza.
Lavoro di raffronto è stato costantemente svolto con
l’opera di Caffarelli-Marcato edita da UTET e con qualche lavoro
di autori locali.
In un secondo momento, per risalire alla frequenza as-
soluta in Italia e, soprattutto, alla distribuzione areale, ho consul-
tato i siti internet www.gens.labo.net per le cartine che rendono
visiva l’effettiva presenza attestata e www.pagninebianche.it per
le attestazioni di utenza.
4
2. L’onom astic a
Nella tradizione italiana il termine “onomastica” è rife-
rito alla scienza che studia i nomi propri nel loro complesso.
I due principali campi d’indagine dell’onomastica sono la “topo-
nomastica” e la "antroponimia”: la prima riguarda i nomi propri
di luogo; la seconda si occupa dei nomi propri di persona.
Se oggetto di studio dell’onomastica sono i nomi pro-
pri, il problema di fondo consiste nell’individuare un sistema di
nomi propri rispetto ad un sistema di nomi comuni. Per quanto
sia evidente che il nome proprio esprima un qualcosa di definito
nell’ambito dell’enunciazione denominando uno specifico indivi-
duo rispetto ad altri della stessa classe, non è chiaro quando un
nome comune diventa nome proprio e viceversa.
È davvero difficile stabilire una distinzione fra la classe
dei nomi propri e quella dei nomi comuni.
Ma vi sono delle differenze di tipo morfologico e sintat-
tico: generalmente il nome proprio non ha plurale e l’uso
dell’articolo determinativo, di solito, si usa con i nomi comuni.
Tenendo presente che per onomastica oggi s’intende,
comunemente, lo studio dei nomi di persona, di luogo, di altro, ci
si può chiedere di che tipo di ricerca si tratti. Normalmente si
considera una branca della linguistica o più in particolare della
lessicologia.
Ma non è sempre scontata l’appartenenza
dell’onomastica all’interno delle discipline linguistiche per il fat-
to che il nome proprio non è considerato del tutto un segno lin-
guistico data la mancanza o la debolezza del significato.
A volte il nome proprio può dirsi “trasparente” tanto
quanto può esserlo in rapporto all’identificazione di un qualche
significato per un parlante italiano di oggi per la possibilità di as-
sociare il nome ad elementi del vocabolario della propria lingua;
invece, si dirà “opaco” un nome che non offre la stessa possibili-
tà, essendo stato creato in un’epoca remota.
5
L’opacità è spesso responsabile di tentativi di dare un
significato ad un nome accostandolo a parole della propria lingua
o di altre lingue conosciute.
La semantica di un nome proprio è, quindi, un fatto
complesso che va esaminato tenendo conto anche di una prospet-
tiva extralinguistica e considerando sia sincronia che diacronia.
Un nome proprio può diventare un nome comune e vi-
ceversa: è il caso, ad esempio, di Pinocchio.: dal termine toscano
“pinocchio”, pinolo, è derivato il nome Pinocchio, il nome del
famoso burattino; da questo nome proprio deriva quello comune
di pinocchio ‘ragazzo dal naso lungo, o chi dice bugie’. Tra i tan-
ti esempi abbiamo anche il caso noto di “cicerone”, oratore da
strapazzo, o persona eloquente e saccente, o guida turistica.
3. Il cognome
Il cognome, o nome di famiglia, ha la funzione di di-
stinguere un individuo specificando l’appartenenza ad una delle
comunità minori, come la famiglia, un clan, in cui si articola la
collettività; rispetto a questa funzione il nome ha la funzione di
identificare un individuo in sé, in modo assoluto, rispetto a tutti
gli altri individui che formano la collettività.
Rispetto al nome, che viene scelto, il cognome, che è il
risultato di un processo di fissazione, viene assunto in base a spe-
cifiche disposizioni di legge che riguardano la filiazione sia legit-
tima che naturale, o altri istituti giuridici relativi al riconoscimen-
to, all’adozione. Il cognome può essere scelto ed imposto
dall’ufficiale di stato civile, o da altri aventi diritto, soltanto nel
caso in cui il soggetto venga dichiarato “figlio di ignoti”; viene
scelto anche nel caso in cui un soggetto chieda ed ottenga il cam-
biamento del proprio cognome.
L’attuale normativa in materia di cambiamento di co-
gnome, anche di nome, o di aggiunta di un altro nome o cogno-
6
me, prevede tale possibilità con istanza da rivolgere al Prefetto
della provincia di residenza; il cognome può essere cambiato per-
ché ridicolo o vergognoso, o perché rivela l’origine naturale o per
motivi diversi.
Per quanto attualmente nella tradizione italiana il cognome che si
tramanda è quello del padre, potrebbe essere possibile, in futuro,
assumere quello della madre o di entrambi, come raccomanda il
Trattato di Lisbona del 2007 sottoscritto dai Paesi europei che
prevede la possibilità di tramandare il cognome materno.
Il sistema dei cognomi in Italia è soggetto a modifica-
zioni che avvengono per le possibilità di innovazione nel sistema
dei nomi; si può osservare una progressiva diminuzione del nu-
mero di cognomi storici e tradizionali a causa dell’estinzione di
famiglie, ma il repertorio viene incrementato dall’ingresso di
numerose forme cognominali straniere, oggi fenomeno partico-
larmente evidente.
Inoltre, se il sistema dei nomi può ampliarsi per numero
e qualità per via delle motivazioni che lo determinano, i cognomi
possono modificarsi per il numero della consistenza numerica dei
gruppi familiari e variare dal punto di vista areale a seguito di
spostamenti della popolazione.
3.1 Cenni storici
Il cognome è il risultato della fissazione e della tra-
smissione ereditaria di un elemento aggiunto al nome di persona,
un processo che inizia nel Medioevo.
Il sistema nominale romano è formato da tre elementi,
comprendente un PRAENOMEN o nome individuale, NOMEN o gen-
tilizio e COGNOMEN o soprannome; in qualche caso è presente un
quarto elemento, una sorta di soprannome chiamato
SUPERNOMEN.
7
L’onomastica trinomia si afferma a Roma alla fine del VII secolo
e riguarda la classe sociale dei liberi, dei cittadini con pieni dirit-
ti; si distinguono anche l’AGNOMEN ed il SIGNUM, elementi che in
epoca tarda si diffondono largamente a spese del gentilizio e del
COGNOMEN.
Progressivamente il PRAENOMEN perde la sua funzione
di nome individuale, fin dall’epoca repubblicana, poi assunta dal
NOMEN e, quindi, dal COGNOMEN o dal SUPERNOMEN.
La progressiva perdita di funzionalità di questi elementi si attri-
buisce allo scarso numero dei nomi che perciò si ripetono, diven-
tano equivoci e scarsamente distintivi.
In età imperiale, intorno al III secolo, il sistema ono-
mastico si riduce a NOMEN UNICUM, che può essere sia il NOMEN,
sia il COGNOMEN, sia un SUPERNOMEN; tali cambiamenti interes-
sano prima gli ambienti popolari e l’uso corrente per estendersi,
poi, a quello ufficiale ed alle classi più elevate.
La crisi del sistema onomastico romano a formula tri-
nomia, poi binomia, con la successiva generalizzazione del
NOMEN UNICUM, ha varie motivazioni, tra cui la diffusione del
cristianesimo che favorisce l’uso di un nome individuale.
Fra il IX ed il XVI secolo, si forma un nuovo sistema
costituito da nome e cognome determinato dalla fissazione di vari
tipi aggiunti, che in origine hanno solo una funzione distintiva
per evitare le ambiguità create dalle omonimie, i quali diventano
ereditari, e ai fini statali assumono un’importanza superiore al
nome personale. Dai documenti risulta che in Italia, a partire
dall’XI secolo, per l’identificazione delle persone, si comincia ad
introdurre un nome aggiunto che in alcuni casi risulta nome di
famiglia o cognome, collettivo e trasmesso ereditariamente, uso
che inizia a stabilizzarsi nell’ultima età medievale, tra il XIII e il
XIV secolo, ma si fissa definitivamente tra la fine del Cinquecen-
to ed il Settecento con la norma, data dal Concilio di Trento del
1563, di tenere regolarmente registrazione degli atti di battesimo
e di matrimonio.