Le politiche di sicurezza e difesa dell’Unione Europea nel Mediterraneo
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INTRODUZIONE
All’indomani del crollo del muro di Berlino, l’Europa unita fu chiamata
ad un importante appuntamento con la storia, dal quale sarebbe dipeso il suo
futuro. L’Europa poteva continuare sulla strada che aveva percorso nei 40 anni
precedenti oppure poteva provare ad adeguarsi ai mutamenti politici che
rapidamente si susseguirono nel biennio 1989-1991. La nascita della Politica
Estera, di Sicurezza Comune prima, e di Difesa poi, sono il frutto di questo
tentativo, e rappresentano l’evoluzione storica della cooperazione politica
europea. Una volta evolutasi grazie ai trattati, che con cadenza quasi
quadriennale si sono susseguiti tra il 1992 e il 2007
1
, la PESC ha affrontato un
importante banco di prova: il Mediterraneo. Le politiche europee verso
quest’area non erano ovviamente cosa nuova, ma il mutamento che stava
attraversando il Mondo e con esso l’Unione Europea, di questo mutamento
figlia, si sarebbero riflesse anche nei rapporti tra le due sponde del
Mediterraneo fino a quel momento legati ad una logica commerciale e
bilaterale. E’ stata la PESC all’altezza nel proporre al Mediterraneo una politica
che rispondesse ai cambiamenti che avevano investito l’area? E’ stata l’UE in
grado di dotarsi di strumenti e misure capaci di affrontare rapidamente le
conseguenze delle vicissitudini, che da allora ai nostri giorni hanno
incisivamente e indefessamente alterato il quadro politico? Queste sono alcune
delle domande, alle quali le pagine che seguono ambiscono a dare risposta.
Una risposta sola forse non c’è, ognuno può darne una e argomentarla di
conseguenza. Ciò che questo lavoro si propone di fare, è illustrare il cammino
dell’Unione Europea dal Trattato di Maastricht al Tratto di Lisbona, con
inevitabili riferimenti agli anni precedenti al primo e successivi al secondo, al
fine di fornire uno schema quanto più esaustivo sulle motivazioni storiche,
politiche e strategiche che hanno condotto l’Unione Europea a intraprendere
questo viaggio nel Mediterraneo. Nel farlo , ho ritenuto opportuno porre
l’accento sulle dinamiche sia interne che esterne all’Unione, per questa ragione
sono numerosi i richiami al contesto delle relazioni tra l’Europa e gli Stati Uniti
d’America e tra l’UE e la NATO. Spesso nelle pagine che seguono, le due
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Le date indicano rispettivamente la firma del Trattato di Maastricht e del Trattato di Lisbona
Le politiche di sicurezza e difesa dell’Unione Europea nel Mediterraneo
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sponde dell’atlantico vengono accomunate nella parola “Occidente” un termine
che dopo l’11 settembre 2001 si ha avuto paura di pronunciare per timore di
essere etichettati come eurocentrici o peggio filoamericani, come se entrambe
le cose fossero un’onta indelebile partorita da un’eccessiva libertà di pensiero.
Personalmente per Occidente intendo l’insieme di caratteristiche, storiche,
culturali e di costume, politiche, economiche e militari che accomunano le due
sponde dell’Atlantico; ma a questo termine, ci tengo a precisarlo per dovere di
chiarezza e non per paura di etichette, non intendo apportare un valore
necessariamente positivo o negativo. In numerose occasioni, analizzo le
divergenze presenti nei rapporti tra Stati Uniti d’America e Unione Europea e
come esse influenzino le dinamiche interne all’Unione e come ne orientino
inevitabilmente l’evoluzione delle sue politiche, promuovendo una ricerca
continua, e a mio avviso il più delle volte doverosa, di un compromesso tra
questi due soggetti politici. Il compromesso però mai è stato tale da svuotare di
significato l’attività europea, tuttavia ritengo che essa sia stata in buona parte
frenata.
Il Mediterraneo offre numerose chiavi di lettura in quanto è
storicamente legato alla civiltà europea ma anche culla della civiltà araba, sia
nella sua denominazione africana (Magrheb) sia in quella del Vicino Oriente
(Mashreq). Realtà e storie così diverse tutte strette in un relativamente piccolo
specchio di mare, due, anzi, tre continenti che distano tra di loro appena 14
chilometri nel punto più vicino.
2
Una vicinanza che però negli anni bui della
guerra fredda è venuta sempre meno e che una volta conclusisi, riemerge con
naturale prepotenza e vigore. Il dialogo, e non solo gli affari sono alla base della
politica mediterranea dell’Unione Europea, una base da cui nulla può non
prescindere. Un’impostazione questa nuova, non tanto per l’Europa, ma quanto
per il Mondo in generale, abituato a combattere o nella migliore delle ipotesi a
comprare. L’UE ha invece subordinato forza militare (che pur ovviamente è
stata coltivata) e aiuto economico alla condivisione di valori e principi, una
scelta coraggiosa e che spesso non è stato possibile portare del tutto a termine.
Questo rappresenta un punto di innovazione, di forza ma anche di grande
debolezza dell’azione dell’Unione, sia per quanto concerne gli aspetti di
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Mi riferisco a Gibilterra, considerando la Turchia interamente europea e non solo la parte della Tracia
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coesione interna che per ciò che riguarda la forza dell’azione esterna. Tuttavia,
e sarà in seguito meglio articolato, il tempo ha dimostrato come questo divario
tra debolezza e forza si sia enormemente affievolito a favore del secondo. Non
sempre l’Unione, o meglio gli Stati che la compongono, hanno adottato con la
stessa tenacia e convinzione questi principi, nell’esercizio della politica estera
nazionale, e difficilmente è stato possibile far sì che ne pagassero le
conseguenze. Per questa e altre ragioni, è mio profondo convincimento che
occorra sempre più Europa, non perché sia certo che tutto ciò che venga deciso
a Bruxelles dalle persone che poi puntualmente siedono ai tavoli di comando
dei rispettivi Paesi, sia oro colato, ma credo anche che a Bruxelles quegli
uomini diano, se non il meglio di sé, quanto meno, qualcosa di meglio del solito.
Sarcasticamente si potrebbe controbattere che se così fosse, abbiamo poco in
cui sperare, ma aldilà del sarcasmo stemperante, ritengo che le pagine che
seguono siano un’importante occasione d’analisi del percorso compiuto
dall’Unione Europea come soggetto internazionale, come Occidente come
attore regionale, come realtà mediterranea. Nel percorrere i due decenni
trascorsi, svolgo analisi a mio avviso obiettive, non rinunciando a personali
considerazioni, che esprimo con relative argomentazioni e contestazioni, nel
profondo convincimento che la demonizzazione così come l’apologia, siano
esercizi inutili e poco lodevoli.
Struttura e Bibliografia
L’elaborato è composto da tre parti, le prime due suddivise a loro volta
in quattro capitoli ognuna e l’ultima in tre; complessivamente copre un arco
temporale che va dalla fine della guerra fredda ai giorni nostri. La prima e
seconda parte sono strutturate seguendo un ordine tematico-cronologico che
può essere diviso in due tronconi, uno prima e l’altro dopo gli eventi dell’11
settembre 2001. Pertanto, l’analisi di questioni che si delineano nel corso degli
anni novanta, vengono poi ripetute alla luce degli eventi del 2001, al fine di
enfatizzare i mutamenti che quei fatti tristemente noti, hanno contribuito a
creare nel contesto mediterraneo e nelle politiche europee. La terza parte
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invece, trattando la Politica Europea di Vicinato non ha nessun richiamo a fatti
antecedenti gli attacchi terroristici del 2001.
Da un punto di vista bibliografico l’intero elaborato è principalmente
basato su documenti di diversa natura reperiti nella stragrande maggioranza
presso l’Istituto Affari Internazionali di Roma, al cui personale e al cui Direttore,
colgo l’occasione di rivolgere un sentito ringraziamento per la cortese
disponibilità nel consentirmi di fruire di una vasta disponibilità di testi.
E’ possibile suddividere la bibliografia in quattro principali categorie:
1) Bibliografia di riferimento generale: rappresentata dall’insieme
della letteratura che affronta in maniera complessiva e non
specifica i temi oggetti dell’elaborato.
2) Bibliografia di riferimento specifico: composta da testi che
trattano specificatamente uno o più temi affrontati (monografie) e
testi frutto di studi specifici da parte di istituti di ricerca
specializzati come lo IAI, ma anche altre università (John Cabot,
Sais ecc)
3) Bibliografia giuridica di riferimento specifico: tutti i documenti
ufficiali quali Trattati dell’Unione Europea, Trattati Internazionali
dichiarazioni e azioni comuni dell’Unione Europea,
comunicazioni e documenti approvati dagli organi comunitari,
dichiarazioni ufficiali a termine dei Consigli Europei e Conferenze
ministeriali, documenti del Consiglio Atlantico e delle Nazioni
Unite.
4) Bibliografia di riferimento generale e specifico: insieme di
documenti giornalistici, di riviste specializzate e non, interventi
presso Convegni e Conferenze.
Le fonti multimediali sono trasversali a tutte e quattro le precedenti,
soprattutto alle ultime tre in quanto è vastissima la disponibilità di materiale
ufficiale in rete.
Nella prima parte dell’elaborato, si illustra il percorso di formazione ed
evoluzione della Politica Estera di Sicurezza e Difesa, dal Trattato di Maastricht
al Trattato di Lisbona. In questa parte, dopo un’importante premessa che
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fornisce un rapido sguardo ai principali momenti del processo di integrazione
europea a partire dal dopoguerra, vengono analizzate le tappe storiche,
politiche e giuridiche che caratterizzano e contribuiscono alla nascita e allo
sviluppo dell’Unione Europea e della Politica Estera di Sicurezza e Difesa. La
prima parte quindi è un excursus temporale che segna l’evoluzione dell’Europa
da Comunità a Unione, e della cooperazione politica a politica estera. Vengono
analizzati gli aspetti giuridici con riferimento ai trattati, che sono il frutto di
processi storici e politici sia rispondenti a dinamiche interne sia a influenze del
contesto esterno. Lo scopo principale della prima parte è quello di illustrare le
capacità e i limiti organizzativi della PESC e PESD alla luce dei quali è possibile
poi comprendere meglio come e perché si sviluppa la politica mediterranea
dell’Unione Europea. Nella prima parte si analizzano i vari passaggi politici che
si riflettono poi nella stesura dei trattati e questi a loro volta sull’azione esterna
dell’Unione. Credo sia una parte fondamentale, propedeutica alla comprensione
delle successive in quanto fornisce le linee guida della Politica Estera
dell’Unione.
La seconda parte è il cuore dell’elaborato, in quanto affronta il tema
centrale, ovvero la dimensione mediterranea della politica estera dell’Unione e
le sfide che essa comporta per l’Europa. Innanzitutto si parte da un’analisi
stessa del concetto di “Mediterraneo” il quale a dispetto di quanto si possa
credere può essere inteso in diverse accezioni e con diversi riferimenti
geografici. Una volta chiarito il concetto di base, si passa all’osservazione più
dettagliata delle caratteristiche delle due sponde del Mediterraneo, sia sotto un
profilo politico che economico ma con particolare riferimento alle percezioni di
sicurezza differenti e ovviamente alle motivazioni storiche che le giustificano.
Dopodiché si dà uno sguardo al panorama della cooperazione nel Mediterraneo
sia effettuata dai Paesi europei prima del 1995, che dalla NATO; in seguito ci si
addentra nel cuore del tema e cioè l’analisi del principale strumento europeo
verso il Mediterraneo il cosiddetto processo di Barcellona o Partenariato Euro-
Mediterraneo. Nel capitolo finale di questa parte viene invece trattata l’Unione
per il Mediterraneo. Ho ritenuto in questo caso di non rispettare un rigido ordine
cronologico, prediligendo l’aspetto tematico, e quindi portando a compimento il
percorso sulle politiche mediterranee che definirei “tipiche” dedicando
all’illustrazione della Politica Europea di Vicinato, l’ultima parte della tesi, che
Le politiche di sicurezza e difesa dell’Unione Europea nel Mediterraneo
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ritengo una politica non mediterranea o meglio una politica mediterranea
“atipica”.Dal punto di vista bibliografico particolare rilevanza hanno assunto i
convegni e i rapporti di riviste specializzate quale ad esempio l’EuroMeSco, in
quanto mi hanno permesso di osservare con gli occhi dei contemporanei
l’evoluzione del Partenariato Euro-Mediterraneo nel corso degli anni, attraverso
le conferenze ministeriali, i resoconti giornalistici e gli incontri che a più livelli di
società civile si sono susseguiti nel corso degli anni. Questo tipo di documenti
permette di valutare le aspettative e le iniziative prese negli anni e di
confrontarle immediatamente con i risultati ottenuti. E’ assai utile e interessante
poi verificare gli interventi degli stessi soggetti a distanza di tempo, nel vedere
come si reagisce alla realizzazione o al mancato ottenimento di ciò che si era
auspicato di raggiungere.
La terza ed ultima parte, compie un passo indietro a livello cronologico
in quanto, la fine della seconda si conclude al 2008, mentre la Politica Europea
di Vicinato nasce a cavallo tra il 2002 e il 2003. Come ho già anticipato la scelta
di non seguire un ordine cronologico è dovuta al fatto che la PEV, a mio avviso,
non rientra tra le politiche mediterranee tipiche, ma contempla il Mediterraneo
come area in cui la sua azione politica si sviluppa. Sembra la stessa cosa, ma
come sarà esplicato durante l’elaborato, non lo è assolutamente. Dopo aver
individuato il percorso storico e le ragioni politiche che conducono alla
formulazione di questa nuova politica europea a soli 7-8 anni dalla nascita del
PEM, ci si focalizza sulle problematiche che la PEV si prefigge di affrontare,
ponendole al centro di un importantissimo contesto generale delle misure e
delle capacità contrattuali dell’Unione Europea. In effetti questa parte
dell’elaborato ha un taglio abbastanza diverso dalle due precedenti in quanto si
prefigge di fornire al lettore anche delle conoscenze più pratiche e non solo
teoriche su quella che è l’attività concreta dell’Unione Europea sia da un punto
di vista di attore civile, che dal punto di vista delle missioni in ambito PESD che
vengono illustrate nell’ultimo capitolo. Il nodo cruciale della terza parte è tuttavia
l’analisi dei punti di conflitto e di analogia tra PEV e PEM e al fine di valutare se
queste due politiche sono in conflitto tra loro, o se sono una indipendente
dall’altra o se addirittura possono essere considerate complementari.
Anche in questa parte dell’elaborato la bibliografia di riferimento
attraversa un po’ tutte le tipologie documentali già citate, ma particolare rilievo
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data anche la vicinanza temporale dei fatti che vengono affrontati, è data da
studi specialistici effettuati sulla materia, nonché dall’esito di convegni e dai
documenti ufficiali dell’Unione Europea, particolarmente preziosi nell’analisi
delle missioni PESD.
Le politiche di sicurezza e difesa dell’Unione Europea nel Mediterraneo
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Parte Prima
Nascita, sviluppo e struttura della Politica Estera
di Sicurezza e Difesa Comune:
dal Trattato di Maastricht al Trattato di Lisbona
(1992-2007)
Sommario
Premessa 1.Il trattato di Maastricht 1.2. Il contesto storico 1.3 La
PESC nel trattato di Maastricht 1.4 Organi e Processi decisionali della
PESC 1.5 La PESD nel trattato di Maastricht 2. Dal Consiglio Atlantico
di Bruxelles al Consiglio UEO di Marsiglia: 1994-2000 2.1 L’eredità di
Maastricht 2.2 Il trattato di Amsterdam 2.3 La svolta di Saint Malo 2.4
Da Colonia a Santa Maria de Feira: 1999-2000 3. Dal Trattato di Nizza
al Trattato di Lisbona: la Politica Estera, di Sicurezza e Difesa all’alba
del XXI° secolo 3.1 Dal trattato di Nizza all’European Security Strategy
3.2 La PESC/PESD nel Trattato di Lisbona
Le politiche di sicurezza e difesa dell’Unione Europea nel Mediterraneo
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Premessa
Le questioni inerenti la sicurezza, la politica estera, e la difesa comune
europea sono state per un lungo periodo considerate un aspetto secondario se
non addirittura esterno al processo di integrazione europea che nel corso dei
decenni si è prevalentemente affermato e consolidato sul piano economico,
commerciale e monetario. In realtà, proprio i temi della difesa e della politica
estera furono affrontati all’inizio del processo di integrazione avviatosi nel
secondo dopoguerra.
All’indomani del conflitto mondiale infatti, accanto alla ricostruzione
economica consentita in particolar modo dall’attuazione del Piano Marshall
3
,
l’Europa si organizzò nell’ambito della difesa, in un primo momento attraverso il
3
Nome ufficiale del Piano, è European Recovery Program, conosciuto come Piano Marshall dal nome del
suo ideatore il Generale George Marshall, Segretario di Stato Americano del Presidente H.S. Truman. Il
Generale lanciò quest’iniziativa in un discorso del 5 giugno del 1947 all’Università di Harvard,
evidenziando i problemi economici e politici ai gli Stati Uniti sarebbero andati incontro se l’Europa non si
fosse ripresa dal punto di vista economico e non avesse perseguito un’economia di mercato. Le ragioni
di tale discorso risiedono nel fatto che gli anni della guerra, in particolare il quadriennio 1941-1945,
furono per gli Stati Uniti un periodo di fortissima espansione economica, a causa delle esportazioni verso
l’Europa e della produzione bellica. Il piano Marshall è stato oggetto di diverse revisioni storiche,
considerato da alcuni la mossa imperialista americana, e da altri addirittura un ostacolo alla ripresa
economica europea, senza dubbio il piano Marshall ha un fortissimo peso ideologico e politico in quanto
benché fosse rivolto a tutti i paesi europei compresa l’URSS, esso puntava all’affermazione
dell’economia di mercato ma anche alla presenza americana in Europa. E’ certo che il rifiuto degli aiuti
da parte di Mosca era assolutamente prevedibile, non quanto la forzatura al rifiuto esercitata da questa
sulle “democrazie popolari”. La cortina di ferro si rafforza dopo il Piano Marshall ma storicamente essa
non è imputabile alla proposta americana quanto alla risposta sovietica. Per quanto riguarda il processo
di integrazione europea, il sussidio statunitense è condizionato ad un impegno diretto degli Stati europei
alla creazione di organizzazioni comuni per la gestione di tali aiuti al fine di coordinare e armonizzare la
ripresa dell’economia nei singoli paesi nel modo più uniforme possibile. Questo avrebbe assicurato un
“continuum” dell’economia capitalista. Il piano Marshall è la base del benessere e del processo di
integrazione economica che tale benessere rende possibile. Il piano divenne legge grazie al Presidente
H.S. Truman il 3 aprile del 1948. Tra il 1948 e il 1951 Stati Uniti contribuirono con più di tredici miliardi di
dollari (circa ottanta miliardi di euro del 2002) di assistenza tecnica ed economica nei confronti di 18
nazioni. Il piano provvede anche alla creazione di un’importante organizzazione la O.E.C.E.
(Organizzazione europea per la cooperazione economica)Più in generale su tale argomento:Europa e
Stati Uniti: un’alleanza difficile (1945-1985) di Mammarella, Giuseppe Laterza Bari 1996 e Storia degli
Stati Uniti d’America (1607-1980) di Jones, Maldwyn A., Bompiani Milano 2002
Le politiche di sicurezza e difesa dell’Unione Europea nel Mediterraneo
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Trattato di Dunquerke
4
, seguito a breve dal Trattato di Bruxelles
5
che istituisce
l’Unione Europea Occidentale e successivamente con il trattato istituente la
Comunità Europea di Difesa. Non è un caso quindi che il processo di
integrazione europea sia iniziato proprio dall’esigenza di creare un’Europa
sicura, un’Europa che fosse in grado di prevenire in futuro le cause delle guerre
trascorse. Inizialmente il tentativo fu fatto in visione anti-tedesca, ma in un
secondo momento si capì che la necessità di superare la storica rivalità franco-
tedesca era vitale per l’Europa stessa; le sorti dell’integrazione europea restano
per lunghissimo tempo (e in parte lo sono ancora) legate all’asse franco-
tedesco, presupposto storico-politico dell'integrazione stessa.
4
Firmato il 17 marzo 1947 tra Gran Bretagna e Francia costituisce un’alleanza reciproca di carattere
difensivo. Il nome Dunkerque si riferisce alla località francese dove si tenne la battaglia tra il 26 maggio e
il 3 giugno 1940 tra le forze tedesche e quelle anglo-francesi costrette a riparare in Gran Bretagna
lasciando abbandonato così il continente ai Nazisti.
5
Siglato il 17 marzo del 1948, prevede sostanzialmente l’assistenza militare reciproca secondo il
principio di legittima difesa nei confronti di un attacco tedesco. Il patto di Bruxelles, “Patto di Unione
economica, sociale, culturale e di legittima difesa collettiva,”dal punto di vista dell’impostazione militare
è il proseguimento del Trattato di Dunkerque del 4 marzo del 1947 siglato da Francia e Gran Bretagna, in
funzione anti-tedesca. Per la Gran Bretagna è l’ossatura della futura Unione Occidentale. Il patto di
Bruxelles non si limita all’alleanza militare ma lancia la cooperazione in diversi settori, per queste ragioni
viene visto come un passo nel processo di integrazione europea differente rispetto al trattato di
Dunkerque. Esso però darà i suoi frutti nella costruzione europea solo in seguito. Nel maggio del 1948 ha
luogo all’Aja un Congresso sull’Europa. Questo evento, presieduto da Winston Churchill, porta
all’incontro di numerose personalità politiche ed intellettuali di estrazione e ideologie diverse, riunite
però con l’intenzione di riordinare il continente. All’Aja parteciparono persone che da lì a pochi anni
dopo avrebbero fatto il buono e il cattivo tempo della Comunità Europea.Se per i federalisti l’Aja
avrebbe rappresentato addirittura la nascita di una Costituente, per altri non fu altro che fumo negli
occhi dell’opinione pubblica. Effettivamente che da questo Congresso potesse uscir fuori qualcosa di
concreto era difficile e nessuno se lo aspettava. Tuttavia l’Aja fu un evento importante, un evento che
mette a nudo le difficoltà del processo di integrazione europea, e le distanze tra i federalisti, gli unionisti
e i funzionalisti. Un anno dopo, il Congresso dell’Aja presentò i suoi frutti con la nascita del Consiglio
d’Europa, il 5 maggio del 1949. Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione dotato di una struttura di
rappresentanza dei paesi membri che si sarebbe occupato di promozione culturale, sociale ed
economica. Il Consiglio d’Europa oggi giorno ha un ruolo fondamentale nella promozione e salvaguardia
dei diritti civili politici economici sociali e umani nel mondo, rappresenta 46 paesi naturalmente molti
non europei. Se il Consiglio d’Europa non dà nulla di diretto al processo di integrazione europea porta
via alcuni dei compiti di cui il Patto di Bruxelles voleva occuparsi, ne consegue che quel patto è già
superato tranne che per il ruolo militare.
Più in generale su tale argomento: Storia e Politica dell’Unione europea di Mammarella, G e Cacace, P.
Laterza Bari 2004 e Diritto dell’Unione europea:dal piano Schuman al progetto di Costituzione per
l’Europa di Daniele, Luigi Giuffré Editore Milano 2004
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I tentativi europei di avviare una cooperazione in materia di politica
estera e sicurezza avvengono dunque molti anni prima della formulazione della
PESC e della PESD.
Alla fine della seconda guerra mondiale l’Europa non disponeva di
risorse economiche e militari tali, da essere in grado di rappresentare
autonomamente una forza da opporre all’Unione Sovietica, pertanto furono gli
Stati Uniti a farsi carico della ricostruzione europea attraverso il già citato Piano
Marshall, che prevedeva un forte sostegno alle spese militari. L’intervento
americano nell’Europa Occidentale si rafforza con la firma del Patto Atlantico e
la successiva istituzione della NATO.
Il contesto storico in cui tale organizzazione nasce è ovviamente quello
della Guerra Fredda; l’opposizione tra i due blocchi pone l’Europa (divisa in
due) al centro delle due potenze. Era dunque inevitabile che l’Europa dovesse
affrontare la questione della Difesa parallelamente a quella della ricostruzione
economica che si avvia col Trattato di Parigi del 1952 e che porta alla creazione
della CECA
6
. Congiuntamente agli sforzi che produssero questo importante
passo verso il riavvicinamento delle nazione europee, fino a poco prima in
guerra tra di loro, ci si impegnò anche nella costruzione di un apparato militare
europeo che fosse migliore dell’istituzione della UEO, e che quindi
comprendesse anche la Germania federale. In opposizione ad un rapido
allargamento della NATO alla Germania Ovest, proposto dagli Stati Uniti, la
Francia propose prima il Piano Pleven
7
e in seguito si spinse alla creazione di
6
Istituita dal Trattato di Parigi del 18 aprile 1951, entrato in vigore il 25 luglio del 1952, può essere
considerata la pietra miliare della costruzione europea, in quanto il suo carattere sopranazionale è del
tutto nuovo e rivoluzionario. Prima istituzione europea sopranazionale, l’Alta Autorità fu concepita e
presieduta da Jean Monnet, federalista gradualista, considerato il vero ideatore della CECA, in quanto
proprio nel suo “memorandum” consegnato a Schuman, Monnet indicava la necessità di mettere in
comune con la Repubblica federale tedesca, il carbone e l’acciaio. Tale proposta trovava giustificazione
sia nella volontà di riavvicinamento politico con la Germania sia soprattutto per volerne controllare la
gestione delle risorse principali dell’epoca. Questa iniziativa è “rivoluzionaria” in quanto pone una
soluzione pacifica alle tensioni secolari tra Germania e Francia per la gestione e l’usufrutto dei bacini di
Ruhr e Saar. La CECA sarà allargata a Benelux e Italia, diventando così un’iniziativa europeista, benché e
non bisogna dimenticarlo essa sia un’iniziativa franco-tedesca.
7
Il Piano Pleven prende nome dal Presidente del Consiglio francese, che oppose al Piano Acheson del
settembre 1950 il proprio piano nel dicembre dello stesso anno. Il Piano Acheson (dal nome di Dean
Acheson segretario di Stato americano) prevedeva la creazione di un esercito europeo integrato con la
N.A.T.O, tale esercito avrebbe incluso la Repubblica federale tedesca, questo significava un riarmo della
Le politiche di sicurezza e difesa dell’Unione Europea nel Mediterraneo
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una Comunità Europea di Difesa
8
alla quale sarebbe seguita, su proposta di
Alcide De Gasperi, una Comunità Politica Europea, ovvero un comando politico
della Comunità Europea di Difesa. Essa avrebbe controllato politicamente e
democraticamente l’utilizzo del futuro esercito europeo, attraverso la
costituzione di una Politica Estera Comune. Se il trattato CED fosse entrato in
vigore ci sarebbe stata di fatto la costituzione degli Stati Uniti d’Europa, uno
Stato federale e democratico in cui i Paesi avrebbero trovato eguale spazio e
rappresentanza,una situazione questa, contraria al progetto della Francia
9
.
Il fallimento della CED, fece sì che per lungo tempo l’Europa dei “Sei”
non si occupasse di nessun progetto di cooperazione politica e/o militare. Sul
piano politico infatti anche i meno ambiziosi Piani Fouchet
10
fallirono e su quello
Germania. Tutti i paesi nel Consiglio Atlantico di New York furono d’accordo con tale possibilità tranne la
Francia che due mesi più tardi propose il Piano Pleven, che prevedeva un esercito europeo,
indipendente dalla N.A.T.O. ma che avrebbe con essa collaborato. Il Piano Pleven non intendeva
escludere la Germania ma integrarla nella costruzione europea al fine di controllarne l’eventuale riarmo.
Nel 1951 a Parigi si tenne una Conferenza sul Piano Pleven, che in sostanza puntava alla creazione di un
esercito europeo, un ministero della difesa europeo e un bilancio comune per la difesa. Il Piano Pleven
punta dunque ad una confederazione se non addirittura ad una federazione. Breccia, A. (1991) L’Italia e
la difesa dell’Europa. Alle origini del Piano Pleven, Roma I.S.E.
8
La Comunità Europea di Difesa è l’evoluzione del Piano Pleven di fronte alla spinta federalista. Questo
significa che mentre il Piano Pleven si limitava ad indicare gli obiettivi la Comunità Europea di Difesa
poneva delle basi forti per il raggiungimento di questi. Così dopo alcune controproposte che miravano
ad eludere incomprensioni e imprecisioni quali ad esempio il ruolo della Germania nell’esercito, il
bilancio comune necessitava di un governo comune e non era sufficiente un ministro della difesa
europeo a garantire la rappresentatività di tutti i Paesei membri. Per queste ragioni si promosse una
Comunità che soddisfacesse le esigenze di equilibrio garantite da un governo comune, grazie
all’istituzione di un Collegio di Commissari (6 membri per sei anni) un’Assemblea parlamentare (come
quella della CECA);un Consiglio dei Ministri (6 membri);una Corte di Giustizia (la stessa della CECA). Il
trattato CED fu siglato il 27 maggio del 1952.
9
Il Parlamento francese non ratificò il Trattato CED per ovvi motivi, come indicato nel paragrafo infatti la
Francia non avrebbe mai demandato il controllo della Germania e del suo riarmo o addirittura la
ricostituzione di uno Stato Maggiore tedesco ad un’entità federale, fuori dal proprio diretto controllo.
L’Italia dal canto suo temporeggiò sul trattato per motivi di politica interna. In questo periodo infatti il
Parlamento era in agitazione per l’approvazione della legge elettorale voluta da De Gasperi, la
cosiddetta “legge truffa”. De Gasperi non voleva rischiare che il Parlamento bocciasse il trattato a causa
di un dissenso generale verso la sua proposta di legge elettorale di conseguenza rimandò l’esame del
trattato da una commissione all’altra in attesa dell’esito della votazione francese. Una volta arrivato non
valeva la pena battersi per esso rischiando la propria posizione politica interna.
Più in generale su tale argomento: L’Italia e l’unità europea:dalle premesse storiche all’elezione del
Parlamento europeo di Pistone, Sergio Loescher Editore, Torino 1982;Storia di una speranza:
la battaglia per la CED e la Federazione europea
nelle carte della Delegazione italiana (1950-1952) di Preda D. Edizioni Universitarie Jaca, Milano 1990
10
Tale piano, che vede il frutto della politica francese e tedesca, era assolutamente innovativo in quanto
prevedeva la creazione di un’Unione con una sua politica estera e difesa collettiva, una cooperazione in
materia di sicurezza interna, ricerca scientifica e promozione culturale. Per adempiere a questi compiti il
piano prevedeva una serie di istituzioni: Consiglio: composto dai Capi di Stato e/o di Governo e i Ministri
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militare l’unico successo fu dato dall’UEO; il vuoto lasciato dalla CED fu colmato
dall’estensione della NATO all’Italia e alla Germania nel 1955. Negli anni ’60 il
boom economico europeo e il gran successo dei Trattati di Roma, portarono
nuova energia a coloro che sognavano un’Europa più politica, ma i veti della
Francia gollista non produssero risultati concreti. Sarà solo col Rapporto
Davignon
11
del 1969 che nascerà la Cooperazione Politica Europea,
istituzionalizzata poi nel 1986 tramite l’Atto Unico Europeo
12
che crea il
Consiglio Europeo, ratificando giuridicamente ciò che già dal 1970 era
consuetudine, ovvero le riunioni periodiche su questioni di politica estera, dei
capi di stato e di governo.
degli Affari Esteri degli Stati membri (con riunioni ogni 4 mesi, decisioni all’unanimità, clausola di
revisione per passare ad una votazione a maggioranza); Assemblea rappresentativa dei parlamenti
nazionali con poteri solo consultivi in materia di politica estera e difesa;Commissione politica con sede a
Parigi composta da alti funzionari dei ministeri degli esteri dei singoli Stati. Trattato Comunità Europea;
Diritto dell’Unione europea, Daniele, Luigi Giuffré Editore Milano 2004; Storia e politica dell’Unione
europea, Mammarella, Giuseppe Cacace, Paolo Laterza Bari 2004; La coopération politique européenne,
Schoutheete, Philippe de. Paris F. Nathan 1986; Rapporto sull’Europa Spinelli, Altiero Edizioni di
Comunità Milano 1965; L’Europa Sicura. Le politiche di sicurezza dell’Unione Europea di Giusti S.
Locatelli A. Editore Eegea Milano 2008, pg35
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Il rapporto Davignon, riconosce che al fine di giungere ad un’unione politica gli Stati devono dotarsi di
strumenti che rendano possibile un’azione politica comune. Tali strumenti devono essere creati
nell’ambito della politica estera. Questo è un punto fondamentale che ancora oggi governa la
cooperazione politica dell’Unione europea. Il rapporto passa dunque a fissare quali sono gli obiettivi
della cooperazione politica: l’armonizzazione dei punti di vista, la concertazione e quando possibile
l’attuazione di azioni comuni. I governi di fatto non si assumono altre responsabilità che quella di
consultarsi su tutte le questioni di politica estera. Il rapporto Davignon fissa alcuni strumenti utili per il
raggiungimento degli obiettivi:Riunioni semestrali dei ministri degli affari esteri (diventeranno
trimestrali)Riunioni trimestrali del “Comitato Politico” composto dai direttori politici dei ministeri degli
esteri degli Stati membri.Il rapporto prevedeva inoltre un’associazione di tale attività intergovernativa
alle istituzioni comunitarie ed in particolare alla Commissione qualora il suo intervento potesse essere
d’aiuto alla cooperazione politica o meglio quando l’attività politica avesse risvolti sul lavoro e/o gli
interessi curati dalla Commissione. L’Assemblea parlamentare aveva il diritto di essere informata
regolarmente da parte del “Comitato Politico” sulle attività da questo svolte. La coopération politique
européenne, Schoutheete, Philippe de. Paris F. Nathan 1986 pgg.21-22-23
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E’ il primo dei trattati di riforma con il quale la Comunità Europea inserisce nel quadro istituzionale
formale la cooperazione in politica estera. La politica di sicurezza e difesa dell’Unione Europea: il
cammino europeo dopo il trattato di Amsterdam. Attinà,F. Editore Artistic&Publishing company Gaeta
(LT) 2001