Avviamento: evoluzione della dottrina economica
Introduzione
La Valutazione D’azienda
Il concetto di azienda si sempre è accompagnato al dibattito in merito all’
equo valore venale ad essa attribuibile.
Le disquisizioni si sono susseguite nel tempo dando vita a linee di pensiero
e teorie che, successivamente, si sono trasformate in metodologie di
analisi e formule di calcolo.
L’importanza strategica dell’argomento ha inoltre fatto sì che anche la
giurisprudenza se ne interessasse, approfondendone i differenti e, allo
stesso tempo, conseguenti aspetti puramente tecnici e di tipo
concettuale.
Se l’economia aziendale indaga i diversi aspetti economici dell’oggetto dei
suoi studi, l’azienda, elaborandone i processi valutativi; il diritto si
interessa alla valutazione d’azienda in quanto questa è suscettibile di
contrattazione, di conseguenza anche di controversie, e soprattutto,
producendo ricchezza in capo al cedente/cessionario/fruitore, di
tassazione.
Il fine ultimo di entrambi gli approcci, economico e giuridico, è stato ed è
tuttora quello di enunciare, in maniera il più possibile obiettiva, una o più
metodologie in grado di individuare il reale valore di un’azienda ; ciò che
cambia, in realtà, è il motivo che muove tali interrogativi.
Si può valutare un’azienda in prospettiva di un’operazione straordinaria,
una fusione piuttosto che una scissione, o una semplice trasformazione, e
pertanto gli organi decisionali necessitano di conoscerne il valore
commerciale.
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Il valore d’azienda può, inoltre, essere oggetto di contenzioso civile, oltre
che tributario, solitamente in merito a successioni o cessioni di
partecipazioni o d’azienda.
La quantificazione del valore di un’impresa però, non è solo argomento di
discussione in sede di cessione e/o trasformazione societaria, bensì è
elemento fondamentale di analisi nell’ambito delle garanzie societarie
come anche della formazione del bilancio e della valutazione delle
performance periodiche d’impresa ; ciò, ovviamente, nell’ottica di una
corretta informazione agli investitori, siano essi Istituzioni, Enti, soci
partecipi o semplici risparmiatori.
Nella moderna economia, che si trova a relazionare all’interno di un
mercato globale dove tutto è condiviso, tutto è oggetto di valutazione
proprio perché tutto è raggiungibile, il valore e la comunicazione d’impresa
costituiscono un elemento fondamentale del sistema aziendale.
Negli ultimi decenni, così, in merito alla valutazione d’azienda, la dottrina
economica ha elaborato, o rielaborato, diverse metodologie valutative
caratterizzandole in relazione alle differenti finalità di analisi perseguite.
Le metodologie valutative si differenziano per il tipo di approccio seguito:
si parla di metodo patrimoniale, reddituale, finanziario, misto e infine vi
sono i metodi cosiddetti relativi.
La logica dei metodi patrimoniali, maggiormente idonei all’analisi di
aziende fortemente patrimonializzate, ossia dotate di ingenti attività
immobilizzate (ad es. holding pure, attività immobiliari, etc…), risiede
nell’analisi delle singole poste facenti parte dello Stato Patrimoniale,
rivalutandole al costo di ricostruzione, piuttosto che al costo di
sostituzione o al costo di mercato. In tal modo viene individuato il capitale
netto rettificato (K) che sarà pari, secondo il metodo patrimoniale
semplice, al capitale netto contabile (C) in aggiunta alle plusvalenze
(P)/minusvalenze (M) riscontrate, dedotti gli oneri fiscali potenziali (t è
l’aliquota fiscale):
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K = C + ( P – M )( 1 – t)
La variante del metodo definito complesso inoltre tiene nella debita
considerazione gli intangibili non contabilizzati (BI) e pertanto l’equazione
diviene:
K’ = C + BI + ( P – M )( 1 – t).
Se invece l’ottica attraverso la quale si intende procedere alla valutazione
è quella della capacità dell’Istituto economico di generare ricchezza, la
staticità dei metodi patrimoniali viene superata da quelli reddituali. Le
metodologie di quest’ultimo tipo infatti, si basano sulla logica secondo cui
il valore di un’azienda è dato dall’attualizzazione ad un determinato tasso
dei flussi reddituali attesi per valori economici, assumendo a riferimento
grandezze già dimostrate in condizioni economiche già in atto, o
potenziali, i quali allungano gli orizzonti temporali tenendo in
considerazione la possibilità di dimensioni e strategie differenti, secondo
la generica equazione
W = R / i
Altro contributo alle logiche di valutazione aziendale, proviene dagli
analisti finanziari, i quali sostengono che il valore dell’impresa sia dato
dalla somma tra i dividendi che si stima siano ottenibili, attualizzati ad un
tasso d’interesse che assicuri un’adeguata remunerazione, e quanto sia
possibile ricavare dalla vendita dell’azienda qualora si decida di compiere
un’operazione di disinvestimento.
Le critiche mosse ai metodi di valutazione, patrimoniali e reddituali
principalmente, hanno portato poi alla formulazione dei metodi misti, che,
partendo dall’obiettività dell’analisi patrimoniale, allargano l’ottica
valutativa alle prospettive future di reddito.
Le metodologie così elaborate permettono di ridurre i margini di
soggettività nella stima propria del metodo reddituale accompagnandola
con la quantificazione oggettiva degli elementi del patrimonio aziendale.
L’obiettivo è, pertanto, quello di incrociare i dati storici dell’azienda con
quelli prospettici che da essi in gran parte dipendono.
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Di ultima generazione sono, infine, i metodi relativi, in base ai quali il
valore d’azienda viene calcolato moltiplicando per una costante un
determinato indicatore di performance considerato particolarmente
rappresentativo di un dato comparto economico.
Questo, fino ad oggi, e molto altro ancora di maggiormente tecnico e
specifico, ha elaborato la dottrina economica in merito alla valutazione
dell’azienda.
Ma cos’è che concretamente dà valore ad un’impresa, al di là del suo
valore netto contabile? Cosa rende l’istituto economico ad essa
sottostante, così originale, finanche strutturalmente identico a qualsiasi
altro? E come è possibile valutarla?
Questa è la domanda latente che spesso ha accompagnato le disquisizioni
dottrinali della scienza definita “economia aziendale”: cosa dia all’impresa
quel valore intrinseco e tuttavia concreto, per quanto spesso intangibile,
in grado di creare un’entità economica unica e irripetibile, e come
procedere alla sua valutazione.
Vi è dunque un valore, insito in ogni organizzazione aziendale, in grado di
caratterizzarla a tal punto da contribuire di fatto alla realizzazione dei
suoi risultati periodici.
Tale elemento, o insieme di elementi, contabilmente riconosciuto solo nel
momento della sua quantificazione a seguito di trasformazione o cessione
aziendale, ha, nel tempo, con lo specializzarsi delle tecniche contabili a
supporto delle teorie aziendalistiche, subìto un ridimensionamento a
seguito dell’identificazione di sue componenti autonomamente
assoggettabili a valutazione.
Man mano che diventa possibile individuare e valutare singolarmente
elementi intangibili dell’azienda, l’elemento definito convenzionalmente
avviamento perde una componente. Pertanto, inizialmente, l’avviamento
comprende tutto ciò che, pur non avendo consistenza materiale e/o
certezza contabile, caratterizza ed influenza i risultati
dell’organizzazione aziendale, ovvero il buon nome che è riuscita a crearsi,
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Avviamento: evoluzione della dottrina economica
la fiducia conquistata del proprio target, le favorevoli scelte strategiche ,
la giusta combinazione produttiva, come anche la competenza e
professionalità del capitale umano, e molto altro ancora.
L’evoluzione della dottrina economico-aziendale e delle tecniche contabili
ha permesso ad oggi di individuare e sottoporre a quantificazione
contabile elementi, quali la tecnologia e il marchio, a titolo di esempio,
alleggerendo di fatto il peso della posta di avviamento sul valore
dell’intero complesso aziendale.
Il lavoro esposto in queste pagine ha perseguito il fine di indagare le
interpretazioni che nel tempo hanno caratterizzato il concetto di
avviamento, e l’evolversi delle relative metodologie di stima.
Si è ritenuto inoltre interessante mettere a confronto l’evoluzione della
dottrina economica in merito all’avviamento con la produzine normativa
italiana a riguardo, evidenziandone i punti di contatto sia in termini
teorici, e quindi le definizioni enunciate dalla legge, che pratici, ovvero le
metodologie valutative imposte.
A tal fine si è avuto modo di interrogare la giurisprudenza che
sull’argomento si è espressa nei diversi gradi di giudizio interpretando per
ciascuna fattispecie la legge vigente.
Ciò in quanto la rilevanza dell’argomento trattato nella vita economica di
un Paese, la quale si concretizza nell’accordo tra i singoli privati e la
valenza di questo di fronte i Pubblici Poteri, trascende la mera
interpretazione economica del valore dell’avviamento, poiché capace di
produrre effetti di particolare interesse nella sfera giuridico del
cittadino. E questo sia sotto il profilo economico, che giuridico, che
tributario.
Il lavoro pertanto si dividerà in due capitoli nei quali rispettivamente
verrà indagata l’evoluzione del concetto di avviamento sotto il profilo
economico il primo e sotto quello giuridico il secondo. I due elaborati così
permetteranno di tirare le conclusioni in merito le interconnessioni
esistenti a riguardo tra dottrina economia e giuridica e se, e in che modo,
l’una abbia influenzato l’altra.
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