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INTRODUZIONE - MOTIVAZIONE
“ Il mondo si muove se noi ci muoviamo,
si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura ”
Don Primo Mazzolari
Con questo mio lavoro ho voluto costruire, per una precisa mia scelta professionale,
un itinerario, finalizzato alla visibilità della persona in quanto tale e a diffondere
elaborazioni e pratiche di un fare formazione destinata a soggetti disabili. Nell’elaborato
sono presenti contributi sia in chiave documentaria che di descrizione e progettazione,
frutto di diverse esperienze avute durante il mio ruolo di Formatore/Progettista presso
l’En.A.I.P. – Puglia (1979/2006) e attualmente di Orientatore presso il Centro per
l’Impiego.
Il tema dell’inserimento lavorativo, volto a far entrare una persona nel mondo del
lavoro e dell’integrazione lavorativa che si realizza quando la persona si inserisce e riesce
a permanere, con i propri mezzi nel lavoro o nel mercato del lavoro in condizioni normali
delle persone disabili e la formazione professionale, si collocano fra i settori delle politiche
sociali e delle politiche del lavoro. Si tratta, infatti, di un’area dai confini alquanto scoloriti,
nella quale operano numerosi e diversi soggetti pubblici e privati quali: strutture formative,
sanitarie, servizi sociali, centri per l’impiego, cooperazione sociale, associazioni sociali e
di volontariato, imprese. Un argomento che soltanto recentemente sta provvedendo a
riempire l’assetto legislativo ed istituzionale in materia, che colloca l’inserimento
lavorativo delle persone disabili nel quadro piø generale delle politiche attive del lavoro, in
particolare quelle azioni che attraverso la formazione, l’orientamento, il sostegno alla
creazione e/o allo sviluppo di impresa, gli incentivi mirati ed il contributo alle imprese per
l’adattamento del posto di lavoro, tutte azioni che hanno l’obiettivo di “ridurre le distanze”
e dare dignità a chi, non per sua colpa è destinato ad “inseguire” una dimensione di
equilibrio tra le proprie condizioni di salute ed una prassi di vita “ normale”.
L’obiettivo del mio intervento è quello di progettare una sperimentazione
formativa flessibile, fatta di percorsi di socializzazione e di recupero delle capacità
lavorative dei soggetti disabili delle aree fisiche e psichica, rispondere alla domanda
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multidimensionale ed individuale, che non trova piø risposta in una’organizzazione dei
servizi di tipo assistenziale e settoriale. Altro obiettivo è evidenziare la necessità di
promuovere reti di servizi territoriali, in un’ottica di decentramento, di coordinamento
interistituzionale e di partnership tra pubblico e privato, al fine di garantire loro, l’accesso
ai cosiddetti diritti alla cittadinanza.
Sulla base delle riflessioni e dei problemi evidenziati, la mia tesi vuole essere:
Un’incontro, tra quello che ho ricevuto, quello che ho visto e fatto nella mia vita
privata e professionale;
Uno strumento destinato a chi se ne approfittato della confusione professionale e
piø delle volte ha pensato di risolvere il tutto con un “non si può fare” o “ è
impossibile così come sei”;
Un aiuto a chi con la sfortuna è stato costretto ha fare un patto;
Un modello di interazione reciproca;
Dare fiducia al coraggio;
Rintracciare la fortuna per contrapporla alla sfortuna con la forza delle idee e della
pazienza;
Ridurre una distanza;
Dimostrare che il contesto ambientale non deve subire il disabile ma si deve
rapportare, commisurare;
Un sostegno per la conquista del piø elevato grado di autonomia personale
possibile per il diversamente abile;
Uno schema di approccio all’individuazione di problematiche che troppo spesso
non ricevono l’attenzione dovuta.
Concludendo, il mio obiettivo finale è progettare un’azione formativa, ovvero uno
strumento, che faciliti il superamento delle situazioni che provocano disagio, non solo a
beneficio di un’utenza svantaggiata ma, ad un miglioramento piø globale nell’inserimento
produttivo del Diversamente Abile e superare i modelli dei servizi formativi e dell’impresa
sociale diretti all’inserimento e integrazione del disabile.
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Per questo, mi preme, chiarire che progettare un percorso formativo mirato, non vuole
essere un intervento limitato di ordine assistenziale o di lavoro protetto, che sembrano
contenere in sØ le premesse di una rassegnazione culturale alla marginalità, ma vuole
essere uno strumento di soccorso, per le strutture formative e per le famiglie in grado di far
diventare il disabile meno disabile nelle politiche del lavoro.
L’elaborato finale composto di 6 capitoli ben definiti, è organizzato in due parti:
1. Parte:
Contiene riferimenti, norme legislative, analisi, concetti e definizioni che riguardano la
disabilità e le politiche attive del lavoro;
Capitolo 1. Bisogno Educativo Speciale (BES)
Capitolo 2. Il ruolo dell’Agenzia Formativa
Capitolo 3. Principi ispiratori della legge n. 68 del 12 marzo 1999
Capitolo 4. Formazione finalizzata gruppi svantaggiati “POR Regione Puglia”
2. Parte:
Presenta la progettazione di un’Azione Formativa mirata, relativa ad alcuni settori
produttivi del territorio del Gargano (Provincia di Foggia).
Capitolo 5. Ipotesi Progettuale Azione Formativa
Capitolo 6. Caratteristiche tecniche dei settori interessati al progetto
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PREMESSA
a) Accessibilità (ruolo dell’intervento formativo, obiettivo).
Oggi, si ha bisogno di definire nuove linee di approccio al tema dell’accessibilità
considerando in primo luogo la consistenza e le caratteristiche ambientali
indifferentemente sia dal contesto architettonico urbanistico e dalla tipologia del deficit
presente nelle persone diversamente abili.
Accessibilità dunque, vista non solo come un aspetto architettonico - edilizio (p.e.
l’eliminazione del gradino), ma come un sistema di interventi messi sinergicamente in
relazione: il servizio di assistenza, l’informazione preventiva, gli strumenti tecnologici,
l’accoglienza, le relazioni pubbliche, ecc... Il concetto di accessibilità deve riassumere un
cumulo di requisiti che non sono solo espressione tecnico-architettonico, ma includere
requisiti confacenti ad aspetti psicologici, fisico-sensoriali, del comfort ambientale,
dell’accesso all’informazione, dell’inserimento nel mondo lavorativo come peraltro viene
evidenziato dalla legge quadro sull’handicap 104/92.
Infatti, oggi rispetto al trend di crescita delle iscrizioni presso gli istituti di
formazione di ogni ordine e grado da parte di studenti disabili e rispetto alla diversa
tipologia di deficit presente negli studenti, diventa sempre piø evidente il disagio di non
poter offrire pari opportunità anche a studenti disabili. Dunque, l’accessibilità alle sedi di
lavoro, l’accessibilità ai corsi e alla documentazione, come il diritto piø in generale allo
studio, diventano ormai scelte improrogabili per l’integrazione del diversamente abile
sempre piø a rischio di marginalizzazione. Non a caso, la mia tesi “Formazione
Professionale un’opportunità per i Diversamente Abili” attraverso la rilevazione in loco, si
pone come momento conoscitivo e formativo di tutte quelle carenze, disfunzioni,
problematiche, che rendono difficoltosa la fruizione degli spazi da parte di un’utenza
variabile per esigenze e per capacità motorie e sensoriali. Si pone, altresì, come momento
propositivo attraverso l’indicazione di interventi finalizzati all’eliminazione delle barriere
architettoniche, percettive e sensoriali, da inserire in un auspicabile disegno piø organico,
mirante a una maggiore fruibilità di spazi e servizi del mondo del lavoro da parte di
un’utenza piø vasta compresa quella “diversabile” (neologismo coniato da Claudio
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Imprudente nell’anno europeo dedicato al disabile) come attualmente si usa dire. Un
modello di approccio all’individuazione di problematiche che troppo spesso non ricevono
l’attenzione dovuta, problematiche che si possono sintetizzare in quattro macro tipologie:
Carenze nei vari elementi infrastrutturali che non consentono di raggiungere
agevolmente la futura postazione lavorativa;
Ambienti sottodimensionati in funzione dell’attività svolta;
Assenza di strumenti idonei per perseguire gli obiettivi prefissati nell’azione
formativa;
l’Orientamento al Collocamento Mirato nei Centri Territoriali per l’Impiego.
b) Dignità e diritti del disabile
La persona disabile, anche quando risulta ferita nella mente o nelle sue capacità
sensoriali e intellettive, è un soggetto pienamente umano, con i diritti sacri e inalienabili
propri di ogni creatura umana. L’essere umano, infatti, indipendentemente dalle condizioni
in cui si svolge la sua vita e dalle capacità che può esprimere, possiede una dignità unica
ed un valore singolare a partire dell’inizio della sua esistenza sino al momento della morte
naturale, dove la qualità di vita all’interno di una comunità si misura in buona parte
dall’impegno nell’assistenza ai piø deboli nel rispetto della loro dignità di uomini e di
donne.
“Il mondo dei diritti non può essere appannaggio solo dei sani. Anche la persona
portatrice di handicap dovrà essere facilitata a partecipare, per quanto le è possibile, alla
vita della società ed essere aiutata ad attuare tutte le sue potenzialità di ordine fisico e
psichico” (Messaggio di Papa Wojtyla - Dignità e Diritti della Persona con Handicap
(Vaticano, 5 gennaio 2004). Quindi, soltanto se vengono riconosciuti i diritti dei piø deboli
una società può dire di essere fondata sul diritto e sulla giustizia, dove il disabile non è
persona diversa dagli altri, per cui riconoscendo e promovendo la sua dignità e i suoi
diritti, noi riconosciamo e promoviamo la dignità e i diritti nostri e di ciascuno di noi.
Purtroppo, oggi una forma sottile di discriminazione è presente anche nelle
politiche e nei progetti educativi che molte volte (anche per incapacità) cercano di
occultare e negare le deficienze della persona disabile, proponendo stili di vita e obiettivi
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non corrispondenti alla sua realtà e, alla fine, frustranti e ingiusti. La giustizia richiede,
infatti, di mettersi in ascolto attento e amoroso della vita dell’altro e di rispondere ai
bisogni singolari e diversi di ciascuno tenendo conto delle loro capacità e dei loro limiti.
Concludendo, al riconoscimento dei diritti deve pertanto seguire un impegno
sincero di tutti per creare condizioni concrete di vita, strutture di sostegno, tutele giuridiche
capaci di rispondere ai bisogni e alle dinamiche di crescita della persona disabile e di
coloro che condividono la sua situazione, a partire dai suoi familiari e dai suoi
educatori/formatori.
c) La prospettiva Lavorativa delle Persone Diversamente Abili
Al di fuori dei circuiti assistenziali, il futuro di un giovane diversamente abile non può
essere separato dalla necessità di avere un'occupazione, il lavoro si impone come una
prospettiva fondamentale nell'educazione di una persona, anche quando vi sono
menomazioni, disabilità ed handicap, contrazione che notoriamente, colpisce le fasce piø
deboli: giovani, donne, personale con basso grado di specializzazione, lavoratori prossimi
al pensionamento e in particolare la persona con deficit, per la sua scarsa contrattualità
sociale, rientra in questa fascia marginale del mercato del lavoro.
Infatti, l'avvicinamento del disabile ad un'occupazione è resa problematica anche da
una distorta concezione del lavoro, dove la cultura dell'apparenza, che passa attraverso la
nostra società, induce a valutare un impiego, secondo quanto rende economicamente e in
base al prestigio sociale, così alcune professioni vengono ritenute preferibili in termini
assoluti e non rispetto a capacità ed attitudini. dell'individuo. Purtroppo, viste anche le
congiunture economiche di fronte agli aspetti problematici del lavoro, la realtà (soprattutto
in territori economicamente poveri) è che non sono pochi i genitori che preferiscono la
garanzia di una pensione di invalidità piuttosto che coltivare la prospettiva di un
collocamento nella società del figlio disabile. Personalmente pur comprendendo la scelta
di alcune famiglie in stato di bisogno, sul piano pedagogico e psicologico l'opzione a mio
avviso è inaccettabile e rischiosa; molti casi hanno infatti mostrato come lo stato di
inattività in un adolescente disabile, concluso il periodo di scolarizzazione, conduca
inevitabilmente a forme anche accentuate di demotivazione alla vita con conseguente
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regressione funzionale. Infatti, la mancanza di prospettive per il futuro può portare ad una
demotivazione così profonda da costituire il substrato ottimale per l'insorgenza di nuove
patologie.
In pratica, con l'accesso ad un'occupazione si riconosce a tutti, e quindi anche alla
persona disabile, non solo il diritto alla sopravvivenza, ma anche alla realizzazione di sØ,
infatti, il recupero di una vita in comune, determinano per il giovane disabile le occasioni
per un inserimento piø generale nel contesto sociale e costituiscono un elemento
importante al fine della sua crescita psicologica e relazionale.