INTRODUZIONE
Heinz Kohut, nato nel 1913 e morto nel 1981, è stato uno dei più importanti
pensatori psicoanalitici del ventesimo secolo.
Il suo pensiero e i suoi scritti hanno sostanzialmente aperto la via ad un
nuovo approccio psicologico e aperto un nuovo campo d'indagine e di cura
psicoanalitica per quanto riguarda i disturbi narcisistici della personalità.
I pazienti affetti da questi disturbi non potevano essere curati per mezzo della
psicoanalisi classica. Kohut se ne accorse e, man mano che progrediva il suo
pensiero, cominciò ad occuparsi di problemi di tecnica. Nel 1971 descrisse tali
disordini come entità diagnostiche con una particolare origine evolutiva, e affermò
che potevano essere curati per mezzo dell'analisi.
L'impostazione psicoanalitica di Freud, basata sul concetto di pulsione, fu da
lui seguita nei primi anni della sua carriera. Infatti il tono e il contenuto di
“Narcisismo e analisi del sé”, scritto nel 1971, sottolineano tale continuità. Ma nel
1977, in “La guarigione del sé”, Kohut ammise che la struttura del modello delle
pulsioni non avrebbe potuto contenere tutte le osservazioni nate dal suo lavoro con
pazienti narcisistici. Così definì il suo approccio “Psicologia del sé”, e specificò che
non si trattava semplicemente di una correzione dell'approccio classico, ma di un
nuovo sistema globale.
Nella prefazione del 1977 egli afferma: “Non pretendo in altre parole che le
nuove teorie siano più eleganti, le nuove definizioni più raffinate, o le nuove
formulazioni più economiche e coerenti di quelle passate. Affermo invece che,
nonostante tutta la loro rozzezza e le loro imperfezioni, esse allargano e
approfondiscono la nostra comprensione del campo psicologico, all'interno e
all'esterno della situazione clinica”. Poi aggiunge: “Le indagini condotte nei decenni
passati non hanno portato a risultati tali da costringermi a sostenere la necessità di
abbandonare le teorie classiche e la concezione psicoanalitica dell'uomo, e io resto
favorevole a che esse continuino a venire adoperate all'interno di una certa area
chiaramente definita”.
Sempre nel 1977, presenta argomenti a sostegno di una nuova definizione della
salute mentale e del processo che permette di portare a termine una cura
psicoanalitica, e usa i termini come “disturbi del Sé”, “patologia del Sé”,
“restaurazione del Sé”, per poter descrivere i quali, egli sostiene, bisogna tracciare i
lineamenti di una Psicologia del Sé.
Il Sé è il centro dell'universo psicologico (1977) e, nel bambino, si sviluppa
dall'interscambio con figure parentali, e queste relazioni sono caratterizzate non dalla
gratificazione pulsionale ma dall'instaurasi e dal trasformarsi di particolari forme di
interazione con i genitori (Greenberg, 1986 p. 353).
Costituiscono il Sé la continuità dell'identità nel tempo e la coesione nello spazio di
qualcosa che noi chiamiamo Io e che è riconosciuto per tale dagli altri (Seminari, p.
38).
Il Sé è un concetto relazionale che appartiene di diritto alla psicologia del profondo,
e Kohut lo differenzia, da una parte, dalla nozione di Io, Super-Io, Es, che sono
astrazioni appartenenti a livelli differenti di elaborazione concettuale, e dall'altra da
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concetti come quello di personalità e identità che non sono originari della psicologia
psicoanalitica.
Occorre notare che nel 1977 (in La guarigione del Sé), rimanendo sempre
aderente all'esperienza clinica, Kohut propone di aggiungere ad una psicologia del
Sé in senso stretto (delineata nel 1971), nel quale il Sé rappresenta un semplice
contenuto della mente, una psicologia del Sé in senso lato, complementare alla
prima, nella quale il Sé rappresenta un centro indipendente d'iniziativa e il centro
dell'universo psicologico (La guarigione del Sé, 1977).
Prima di arrivare a queste e ad altre recenti formulazioni, è bene ricordare
che Kohut aveva avuto una formazione teorica e clinica aderente alla psicoanalisi
classica. Si era attenuto a quanto detto da Freud e dagli psicologi dell'Io, dei quali
fu un grande ed entusiasta ammiratore fino a metà degli anni sessanta.
Poi, a causa delle osservazioni raccolte nel corso del trattamento psicoanalitico
di un tipo molto diffuso di pazienti difficili, come quelli narcisisti, elaborò nuove
idee, aderendo alla teoria relazionale e facendosi fautore di un modello misto. Tentò
infatti di giustapporre considerazioni relazionali a considerazioni istintuali.
Concepì una visione nuova del narcisismo rispetto alla concezione classica, e
modificò il concetto psicoanalitico di pulsione libidica nelle manifestazioni pre-
edipiche ed edipiche. Modificò anche il concetto di aggressività come pulsione.
Viene così esplicitata una svolta teorica fondamentale rispetto alla
metapsicologia freudiana, sebbene Kohut, prudentemente, afferma che essa va
salvaguardata per salvare il “Sé gruppale psicoanalitico”.
Afferma così l'esistenza di due linee di sviluppo, e non già di un solo asse di
sviluppo dall'autoerotismo al narcisismo e all'amore oggettuale (Freud, 1914 b) ma,
oltre ad un primo asse evolutivo (da forme arcaiche a forme più mature di relazione
oggettuale), un secondo asse nel quale dall'autoerotismo si passa al narcisismo e a
forme più elevate di narcisismo. Il narcisismo a sua volta si sviluppa seguendo due
linee: quella del Sé narcisistico (Sé grandioso esibizionistico) e quella dell'imago
parentale idealizzata.
La teoria freudiana di una sola linea di sviluppo dal narcisismo all'amore
oggettuale rappresenta, come osserva giustamente Ornstein (1978) una “camicia di
forza” teorica, in quanto permetteva soltanto una concettualizzazione del narcisismo
come resistenza, e precludeva la scoperta delle traslazioni narcisistiche e della
concezione del narcisismo come forza motrice sui generis dello sviluppo (Paparo,
Introduzione 1978 p. 21).
Nei lavori di Freud si possono distinguere due direzioni complementari che gli
analisti hanno cercato di seguire nel loro tentativo di armonizzare il verificarsi di
alcuni esempi di squilibrio narcisistico in un contesto psicanalitico precedentemente
stabilito.
Da una parte, Freud ha attirato l'attenzione su certe funzioni dell'Io che sono in
rapporto con l'Es, e specialmente sugli aspetti esibizionistici delle pulsioni pregenitali
- ha cioè indicato la potenziale vergogna come un motivo per la difesa (lo
Schamgefuhl dell'Io, il suo senso di vergogna) - e sul verificarsi della vergogna
quando la difesa fallisce
1
(Forme e trasformazioni del narcisismo, 1966).
3
1(Freud, 1896, pp. 313-321; 1899, p. 226; 1929, pp. 581-595; 1905 b, p. 487; 1908 a, p.
404; 1908 b, p. 559.
Secondo il nostro autore, dal punto di vista teorico, il contributo del
narcisismo alla salute, all'adattamento e alla realizzazione non è stato trattato
esaurientemente (Ricerca del Sé, p. 83).
In linea con l'approccio di Kohut, sono le considerazioni di Federn che sono
state riunite in un capitolo del suo volume Psicologia dell'Io e psicosi, 1936 (Vedi
Hartman, 1950, p. 142).
Sostiene Kohut che l'esame del narcisismo in condizioni di disturbo è molto
fecondo. Infatti i disturbi dell'equilibrio narcisistico cui ci riferiamo come a ferite
narcisistiche sembrano offrire una via di accesso al problema del narcisismo, non
solo perché sono frequenti ma anche perché di solito facilmente riconoscibili dalla
penosa sensazione di imbarazzo e/o vergogna che li accompagna e dalla loro
elaborazione ideativa, conosciuta come senso di inferiorità o di orgoglio ferito
(Ricerca del Sé, p. 83).
Così per poter definire cosa è che porta a curare la patologia del Sé, è stato
necessario riesaminare un ampio spettro di concetti teorici già stabiliti.
La trama di riferimento teorica della psicoanalisi può essere ristrutturata in maniera
da adeguarsi alla molteplicità e diversità dei fenomeni concernenti il Sé che
osserviamo. Sigmund Freud, in tutta la sua vasta opera, non ha mai parlato del Sé.
Per far questo dobbiamo imparare a pensare alternativamente, o addirittura
contemporaneamente, nei termini di due trame di riferimento teoriche: dobbiamo, in
accordo ad un principio psicologico di complementarietà, riconoscere che, per poter
cogliere i fenomeni che incontriamo nel nostro lavoro clinico, è necessario far uso
di due approcci: una psicologia in cui il Sé è visto come il centro dell'universo
psicologico, e una psicologia in cui il Sé è visto come il contenuto di un apparato
mentale (Kohut, La guarigione del Sé, prefazione, p. 11).
“Pensieri sul narcisismo e sulla rabbia narcisistica” è un saggio di teoria
clinica scritto nel 1972, e rappresenta un altro punto nodale nello sviluppo del
pensiero di Kohut, il quale era stato criticato per aver trascurato l'aggressività in
Narcisismo e analisi del Sé (1971), e per aver definito il narcisismo esclusivamente
come “l'investimento libidico del Sé”.
Qui Kohut propone una nuova teoria dell'aggressività e del suo prodotto di
disintegrazione La rabbia narcisistica, che viene ampiamente descritta e
caratterizzata. “La metapsicologia sottostante è che la rabbia narcisistica, la
distruttività e il sadismo sono prodotti isolati della rottura del Sé, piuttosto che
configurazioni pulsionali isolate” (Ornstein, 1978, p. 104).
L'originale teoria dell'aggressività e della distruttività qui esposta sarà chiarita e
ulteriormente sviluppata in La guarigione del Sé (1977), con un tentativo di sintesi
tra la psicologia delle pulsioni e la psicologia del Sé (F . Paparo, Introduzione a “La
ricerca del Sé” 1982).
Infine in “Le due analisi del signor Z” (Kohut, 1979) presenta il resoconto di
un'analisi che si svolge in due fasi, ognuna condotta con cinque sedute alla
settimana, per la durata di quattro anni, separate l'una dall'altra da un intervallo di
circa cinque anni e mezzo. Durante la prima fase, Kohut considerava il materiale
analitico esclusivamente dal punto di vista dell'analisi classica.
La seconda fase cominciò invece quando egli stava scrivendo Forme e
trasformazioni del narcisismo (1965), e finì quando egli era profondamente immerso
nella stesura di Narcisismo e analisi del Sé (1971).
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L'analisi del signor Z rappresenta per Kohut il caso emblematico e classico come il
caso di Anna O. aveva rappresentato il caso emblematico e classico dell'origine
della psicoanalisi per Freud (Paparo,1982).
Cap. 1°
COME NASCE IL CONCETTO
DI RABBIA NARCISISTICA IN HEINZ KOHUT
La psicologia del Sé, oltre ad allargare il campo d'indagine e il potere della
psicoanalisi, era capace di dare una nuova formulazione e spiegazione ad alcuni
fenomeni che erano stati indagati dalla psicoanalisi.
Alcuni di questi fenomeni erano l'aggressività, la distruttività, la collera e la
rabbia che si presentavano come fenomeni comuni negli individui e nei gruppi e,
non di meno, si presentavano nel setting analitico in una varietà di forme. Essi
occupano un ampio spettro di diverse esperienze e di divergenti manifestazioni della
personalità e del comportamento: dal più inflessibile rancore del paranoico alla
rabbia apparentemente fugace che si manifesta come reazione ad una piccola offesa.
Il primo interessamento di Kohut al tema della rabbia narcisistica, che poi ha
assorbito per molti anni il suo interesse scientifico, risale alle letture del periodo
scolastico. Tali letture erano: il saggio “Uber das Marionettentheatre” (Sul Teatro di
marionette), una delle gemme della letteratura tedesca, opera conosciuta però solo
dalla cerchia di coloro che hanno familiarità con la lingua tedesca, scritto da
Heinrich von Kleist (1777-1811) nel 1811; e sempre dello stesso autore la storia di
Micheal Kohlhaas (1808); infine conosceva il Moby Dick dello scrittore americano
Herman Melville.
La lettura del saggio di Kleist colpì molto il giovane Kohut. Si narra
che un ballerino, in una immaginaria conversazione con l'autore, afferma che la
danza della marionetta, in confronto a quella umana, è pressoché perfetta. Il centro
di gravità della marionetta è la sua anima; il burattinaio deve solo pensarsi in
questo punto mentre manovra la marionetta e le gambe di quest'ultima si
muoveranno con un grado di perfezione che non può essere raggiunto dal ballerino
umano. Poiché le marionette non sono soggette alla gravità, e poiché il loro centro
fisico e la loro anima sono tutt'uno, esse non sono né artificiali né leziose. Il
danzatore umano, invece è affettato, lezioso, artificiale. L'autore risponde al ballerino
ricordando come alcuni anni prima avesse ammirato la grazia con cui il suo
interlocutore aveva portato il piede su una panca, e maliziosamente gli chiede di
ripetere quel movimento. Egli arrossisce e prova, ma è goffo e manierato. A partire
da questo momento, il giovane subì un misterioso mutamento. Cominciò a rimanere
davanti allo specchio per giorni.
Il lettore psicoanalitico non ha difficoltà a identificare i problemi che l'autore
del racconto stava vivendo: preoccupazione circa la vitalità del Sé e del corpo, e il
diniego di quei timori tramite l'affermazione che l'inanimato può essere aggraziato,
addirittura perfetto. C'è un'allusione a temi come l'insicurezza, l'esibizionismo, la
vergogna e il manierismo; s'accenna anche al tema della grandiosità nella fantasia di
volare, come l'idea dell'antigravità; e alla fusione con un elemento onnipotente da
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cui si è controllati: il burrattinaio. Manca soltanto un aspetto del narcisismo:
l'aggressività che ha origine dalla matrice dello squilibrio narcisistico. Ma Kleist
aveva trattato questo tema nella storia di Michael Kohlhaas, due anni prima, che è
un'efficace descrizione del desiderio insaziabile di vendetta che nasce da un'offesa
narcisistica, superata nel suo campo solo dal Moby Dick di Herman Melville.
Il racconto di Kleist narra il destino di un uomo che, come il capitano Ahab,
è preso nella morsa di un'implacabile rabbia narcisistica. Questo saggio è la massima
espressione, nella letteratura tedesca, del motivo della vendetta.
Kleist morì suicida dopo che ebbe scritto questi romanzi.
Kohut si deve essere soffermato molto su questo tema della vendetta nella
letteratura tedesca, perché tale tema è quello che gioca un ruolo molto importante
nel destino nazionale della Germania, la cui sete di vendetta, dopo la sconfitta del
1918, portò molto vicino alla distruzione totale della civiltà occidentale.
Facendo riferimento ai suoi lavori precedenti, in cui ha esaminato alcuni
fenomeni connessi al Sé, la sua coesione e la sua frammentazione, Kohut nel 1972
passa ad esaminare il rapporto che secondo lui esiste tra narcisismo ed aggressività,
e tale saggio gli offre l'opportunità.
Il narcisismo rappresenta quel gradino dello sviluppo psicologico che, secondo
la formulazione di Freud, segue lo stadio dell'autoerotismo e precede quello
dell'amore oggettuale (Freud, 1914).
Kohut, durante gli anni in cui svolgeva funzioni organizzative in ambito
psicoanalitico, si rese conto, come egli riferisce, del ruolo del narcisismo nella sfera
pubblica: come stimolo per una costruttiva pianificazione e collaborazione se viene
integrato e subordinato a scopi sociali e culturali; come fonte di sterili dissensi e
conflitti distruttivi se posto al servizio di ambizioni non neutralizzate e di una rabbia
razionalizzata.
Egli notava, tra i suoi colleghi psicoanalisti, la tendenza ad atteggiamenti di
reciproca sfiducia e disprezzo. Questo rifletteva il fatto, secondo lui, che non si era
ancora riusciti a spingere l'esplorazione delle radici infantili del narcisismo, come si
era fatto per le esplorazioni degli atteggiamenti infantili libidici e aggressivi verso
l'oggetto. Tale visione rimandava la responsabilità, per il mancato controllo dell'Io sul
narcisismo del futuro psicoanalista, al difetto dell'analisi didattica, che non esplorava
sufficientemente questo settore così importante del campo psicoanalitico.
Freud aveva studiato approfonditamente le vicissitudini della libido oggettuale
e, per quanto riguarda l'aggressività, l'aveva definita una pulsione indipendente e
primaria, responsabile della distruttività e della sofferenza dell'uomo. Kohut va oltre
e indaga la fase più precoce del narcisismo, il cui sviluppo era responsabile di
caratteristici disturbi della personalità del bambino e dell'adulto, nonché matrice, nel
suo squilibrio, di tutte le forme maligne di aggressività, di ostilità e di rabbia.
Amplia la visione classica della libido, sostenendo la presenza, non già, di una
solo libido, ma di due libido, quella oggettuale e quella narcisistica.
La libido narcisistica ha, come la prima, la sua linea indipendente di sviluppo,
dalla forma più primitiva a quella più matura, adattiva e culturalmente apprezzabile.
Accanto alla sfera oggettuale-istintuale, esiste la sfera narcisistica.
Questa nuova formulazione teorica non nasce da un'attività puramente speculativa
ma dalla sua esperienza clinica con i propri analizzandi.
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