Introduzione
Quando ci si approccia ad un autore immenso come Lev Ni-
kolàevič Tolstoj ci si trova spiazzati dal numero di punti di
vista e possibilità di analisi che le sue opere forniscono.
Quello che da subito ha colpito il mio interesse, e
che sarà quindi oggetto di questo percorso, è il combattuto
rapporto tra Tolstoj e il mondo femminile che tante volte è
stato discusso dalla critica.
Questo aspetto delle opere è, secondo il mio punto
di vista, estremamente importante perché sono proprio i per-
sonaggi femminili a rivestire un ruolo di primo piano all'in-
terno delle opere di Tolstoj. Ovvio in questo senso riferirsi
ad Anna Karenina, protagonista del romanzo omonimo o a
Nataša Rostova eroina di Guerra e Pace. Ma limitare a loro
le nostre riflessioni sarebbe quantomeno riduttivo: i romanzi
di Tolstoj ci presentano, infatti, un'intera fenomenologia del
mondo femminile.
Piuttosto interessante a questo proposito indagare le
basi su cui si poggia questo mondo variegato e corposo e
quali possono essere state le cause che hanno contributo a
crearlo. Quello che credo essere il punto centrale di questo
problema è il bisogno di Tolstoj di utilizzare la scrittura e
più precisamente la letteratura per colmare delle dolorose
mancanze della propria vita: egli insomma trasforma l'ango-
3
scia in una narrazione.
Vale la pena dare a questo punto una base teorica al
nostro percorso e accennare quantomeno alla teoria della let-
teratura che sta a fondamento di questo modo di rapportarsi
ai testi. Si tratta, per dirla con le parole di Francesco Orlan-
do, di una “teoria freudiana della letteratura”. Il lavoro di
Francesco Orlando prende le mosse dagli studi freudiani in-
teressandosi in particolar modo a due tipi di logica che gli
scritti di Freud presuppongono: si tratta della logica raziona-
le e dell'antilogica dell'inconscio. Queste due logiche ope-
ranti non sono due unità divise tra loro ma condividono del-
le funzioni che Freud chiama “formazioni di compromesso”:
i sogni, i lapsus, i sintomi isterici sono tutti esempi di questo
atto di compromesso tra le due logiche operanti. È a questo
punto che interviene l'interesse della letteratura: secondo l'i-
dea di Orlando, infatti, queste formazioni di compromesso
non sono "l'esito in sé di uno scontro di forze psichiche,
bensì la manifestazione linguistica in senso lato – semiotica
– di un tale esito: la quale fa posto da sola, simultaneamente,
a entrambe le forze in contrasto diventate significati in
contrasto".
1
È proprio per questo motivo che quest'ambito della
psicanalisi è di grande interesse per gli studiosi di
letteratura: è proprio il linguaggio, e quindi la letteratura, la
manifestazione di questa dicotomia di logiche. Il linguaggio
naturale è uno strumento proprio della logica razionale che
1
F. Orlando, Illuminismo, barocco e retorica freudiana, Einaudi, Torino,
1997, p. 4.
4
attribuisce significati a delle unità discrete, che seleziona e
combina tra di loro per comunicare un senso e rappresentare
la realtà. Nel fare questo, molto spesso deve tenere in
considerazione anche le modalità espressive e i contenuti
dell'inconscio che, come sappiamo, hanno qualità e
caratteristiche che consentono loro di penetrare nella
coscienza solamente subendo delle trasformazioni, venendo
rielaborate secondo le regole combinatorie del linguaggio
comunicante per dare esito a una formazione di
compromesso,una traduzione semiotica. E se consideriamo
tale importanza del linguaggio come possiamo non riferire
questo discorso alla letteratura, che del linguaggio è la
manifestazione principe? In essa diventerebbero visibili
quegli aspetti che Orlando chiama "il ritorno del represso",
"la negazione" e "lo spostamento" che altrimenti andrebbero
perduti.
Gli stessi fautori di questa teoria critica sono
perfettamente consapevoli dei pericoli in cui si rischia di
incappare: lo psicologismo e le biografie psicanalitiche sono
stati gli esiti scorretti di questo metodo. Cercheremo di non
incorrere in quest'errore. Utilizzeremo sì la biografia
tolstojana ma solo nella misura in cui essa avrà un forte
riscontro nelle opere.
Quella stessa ipotesi teorica vuole che ogni «letterarietà»
empiricamente avvertita abbia un suo fondamento «oggettivo» - cioè
analizzabile entro i testi.
2
2
Ivi, cit. p. 11.
5
Ci riferiremo, in tal senso, ai romanzi ossia le opere più
strettamente letterarie tralasciando le opere morali,
filosofiche e pedagogiche.
Sull'importanza della riemersione del represso nelle
opere di Tolstoj si è espresso anche Piero Citati nel lavoro
monografico che egli ha dedicato al grande scrittore russo:
Il gesto di scrivere aveva dunque, in lui, una funzione taumaturgi-
ca. Quello che era teso si scioglieva: quello che era torbido si pu-
rificava scrivendo. Per una specie di contagio, la letteratura gli fa-
ceva trovare, anche nella vita di ogni giorno, la scioltezza del
comportamento e l'esattezza dei movimenti interiori.
3
La letteratura quindi esercitava un potere immenso su Tol-
stoj.
Ad ulteriore riprova di ciò possiamo riflettere su due
aspetti: il primo riguarda quello che è divenuto famoso nella
biografia tolstojana come “l'orrore di Arkamas”. Analizzia-
molo più in dettaglio: siamo nel 1869 e Guerra e Pace è sta-
to appena terminato. Tolstoj si trova nella provincia di Penza
per la vendita di alcune terre, è il 2 Settembre ed ecco quello
che accade secondo il racconto dello stesso Tolstoj in una
lettera alla moglie Sonija:
L'altroieri ho pernottato a Arzamas, e mi è accaduta una cosa stra-
nissima. Erano le due di notte, ero terribilmente stanco, avevo
sonno, non avevo nessun dolore. Ma improvvisamente sono stato
3
P. Citati, Tolstoj, Adelphi, Milano, 1996 pp. 41-42.
6
preso dall'angoscia, dalla paura, da un orrore quali non ho mai
provato. Ti racconterò più avanti i dettagli (...)”
4
Ecco quindi che non appena egli ha “partorito” il suo primo
grande romanzo e si è, in qualche modo, allontanato dalla
letteratura, le paure e i tormenti della vita sembrano riaffac-
ciarsi nella sua mente sotto la forma di un'angoscia insop-
portabile (“un orrore quale non avevo mai provato”) Tutto
quello che la letteratura aveva, almeno temporaneamente,
sciolto si stava dunque in qualche modo riannodando im-
provvisamente.
Ma non solo: se pensiamo a quello che è oggi uni-
versalmente riconosciuto come il percorso compiuto dall'au-
tore, sappiamo perfettamente che il 1881 è l'anno della co-
siddetta “crisi spirituale”, che porterà lentamente Tolstoj ad
allontanarsi dalla letteratura a vantaggio dell'impegno etico-
politico e dunque delle opere saggistiche, filosofiche o peda-
gogiche. Alla luce di quanto sostiene Citati e di quello che
abbiamo detto in seguito è lecito pensare che la crisi spiri-
tuale possa essere non la causa ma proprio una conseguenza
dell'abbandono della letteratura da parte di Tolstoj.
Si spiegherebbe a questo punto la continua insistenza
della moglie Sonija nei confronti del marito affinché conti-
nuasse a scrivere romanzi. D'altra parte sarà da ricordare
che la stessa Sonija aveva fortemente contribuito all'attività
letteraria del marito favorendo in ogni modo la sua concen-
4
L.N. Tolstoj, Anna Karenina, Garzanti, Milano, 1965, p. XXII.
7
trazione nella scrittura e anche ricopiando (e ripetutamente!)
di sua mano la ribollente elaborazione letteraria di Tolstoj.
Perché ha smesso di credere ciecamente persino nella sua capacità
artistica?
5
E ancora:
C'è qualcosa che manca alla mia vita, qualcosa che amavo: e que-
sto è l'attività letteraria di Leo, che mi ha sempre dato un'immensa
gioia (...)
6
Ma non è solo Sonija ad esprimere questo desiderio: ecco
l'invito di Turgenev a Tolstoj in una corrispondenza tra i
due:
Amico mio, tornate alla letteratura. È il vostro dono, che viene di
dove vengono tutti gli altri. Ah come sarei felice se potessi crede-
re che queste mie parole avranno una qualche influenza su di voi!
7
Credo che gli esempi che abbiamo riportato abbiano ampia-
mente dimostrato quanto detto all'inizio: la letteratura aveva
su Tolstoj un'influenza positiva ed aveva la capacità di col-
mare le mancanze che la sua stessa vita aveva creato. Tutto
ciò è di un'importanza capitale anche per quanto riguarda il
campo di indagine di cui abbiamo scelto di occuparci.
5
S. Tolstaja, I diari, La tartaruga edizioni, Milano, 1978, p.91.
6
C. Asquith, Sposata a Tolstoj, Bompiani, Milano, 1963, p.110.
7
Cit., ibidem.
8
È lecito pensare che ci sia proprio una mancanza da
sviscerare alla base di tutto ciò. Questo percorso prenderà il
via dall'idea che tale mancanza risieda nella morte della con-
tessa Marija Volkonskaja, la madre di Tolstoj, venuta a
mancare quando egli non aveva ancora compiuto due anni.
Di questo aspetto si è occupata in particolare Ruth
Crego Benson
8
. L'idea di base della Benson è che la perdita
della madre in giovanissima età da parte di Tolstoj abbia
creato in Tolstoj un'immagine completamente idealizzata di
donna. Il ricordo di questa mancanza ha accompagnato la
vita dell'autore per la sua intera durata, lasciando tracce fino
agli ultimi giorni.
A questo proposito, nel primo capitolo approfondire-
mo questo aspetto: andremo a ricordare la morte della con-
tessa Marija Volkonskaja, ripercorrendo l'importanza di tale
ricordo nella vita dell'autore e le conseguenze della stessa
nella stesura delle opere.
Questa idea di donna che egli ha creato per riempire
un ricordo mancante ha di fatto creato due tipologie di don-
na nella sua mente: sono quelle che Tolstoj stesso definisce
“donne comme il faut” e “donne perdute”. E le loro caratte-
ristiche saranno approfondite nel secondo capitolo di questo
percorso. Alla prima categoria appartengono diversi perso-
naggi delle opere (Kitty, Dolly e Lize Bolkonskaja), che
fungono da perfette funzioni letterarie per rappresentare le
8
R.C. Benson,Women in Tolstoy, University of Illinois Press, Urbana
Chicago London, 1973.
9
qualità che il nostro autore riconosce e attribuisce al genere
femminile. La seconda categoria è incarnata perfettamente
dal personaggio di Hélène Bezuchova che assumerà il ruolo
di donna seduttrice e pericolosa. Essa rappresenta tutto il
potere malvagio delle donne che nei personaggi precedenti
non aveva trovato spazio e che tanto spaventava e tormenta-
va Tolstoj.
Rimangono fuori da queste categorie i due personag-
gi femminili più importanti creati da Tolstoj. È innegabile,
infatti, che tanto Nataša che Anna, siano state dotate di ca-
ratteristiche che le rendono uniche nel loro genere. Il terzo
capitolo di questo percorso sarà completamente dedicato a
loro: e dimostrerà che, seppur completamente diverse l'una
dall'altra, esse hanno in comune la qualità di essere donne
reali e vere. È impossibile, infatti, racchiuderle in una delle
due categorie precedenti ed è il motivo per cui la critica si è
espressa in maniera così varia sul loro conto. Esse sono, a
tutti gli effetti donne vive ed intere, è forse questo il motivo
per cui esse sono così care all'autore che le ha create.
Il quarto capitolo del nostro lavoro ripercorrerà l'evo-
luzione di Tolstoj riguardo questa tematica e in esso saranno
inserite anche alcune riflessioni su Resurrezione e la Sonata
a Kreutzer.
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Capitolo 1
Marija Nikolaevna Volkonskaja
Marija Nikolaevna V olkonskaja era stata fidanzata in gio-
ventù con un principe galiziano che era morto di tifo poco
prima del matrimonio. La donna era molto ricca, ma aveva
ormai trentadue anni quanto nel 1821 sposò il conte Nikolaj
Tolstoj, di quattro anni più giovane di lei, grazie ad un ma-
trimonio combinato tra le famiglie. Il matrimonio, basato su
un profondo affetto reciproco, donò al mondo cinque figli:
quattro maschi e una femmina. Il minore dei maschi nacque
il 9 settembre 1828 e gli fu dato il nome di Lev Nikolàevič
Tolstoj. Due anni dopo di lui, nel 1830, nacque un'ultima
bambina e dopo qualche mese dal parto, il 4 Agosto 1830, la
contessa morì. A quella data Lev non aveva ancora compiuto
due anni. Nel 1837, quando Tolstoj non aveva ancora dieci
anni, venne a mancare anche il conte Tolstoj e Lev Nikolàe-
vič fu affidato alle cure di una lontana zia, Tatjana Alexan-
drovna Ergolsky, con cui egli mantenne uno stretto rapporto
per tutta la vita.
Tolstoj rimase sempre fortissimamente legato alla
sua infanzia e amava raccontare ai figli le circostanze della
sua nascita.
A causa della sua cattiva amministrazione del dena-
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ro, in gioventù Tolstoj fu costretto a vendere parte della te-
nuta in cui nacque, ma conservò nel suo studio, come una
specie di reliquia, il divano di pelle su cui la madre lo aveva
messo al mondo. Per tutta la vita Tolstoj rimpianse di aver
venduto quella parte della tenuta che finì per essere distrutta.
Essa era stata costruita dal nonno materno Nikolaj Volkon-
skij che, dopo aver guidato l'esercito di Paolo I, si era trasfe-
rito a Jasnaja Poljana insieme alla sua unica figlia Marja e a
una governante francese. Tolstoj ci parla di lui descrivendo-
lo come un uomo molto severo ma mai crudele. Aveva un
fortissimo senso della bellezza: la tenuta infatti era estrema-
mente solida ma allo stesso tempo comoda ed elegante. Il
punto di forza della casa era l'immenso parco curato nei mi-
nimi dettagli. Grande amante della musica, Nikolaj Volkon-
skij, fece costruire un orchestra di piccole dimensioni per sé
e per la giovane figlia Marija, la madre di Lev Nikolàevič.
Appare evidente come la figura del nonno e della sua giova-
ne figlia servirono da guida per la costruzione del personag-
gio del vecchio principe Volkonskij e per la principessa Ma-
rja di Guerra e Pace, mentre la vecchia casa, ormai distrut-
ta, venne fatta rivivere dall'autore nella dimora della fami-
glia Rostov, nel medesimo romanzo.
Ma torniamo a Marija Volkonskij: le circostanze del-
la sua morte non sono chiarissime. La governante della casa,
Agafja Michailovna ricorda
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che un giorno la padrona urtò
violentemente la testa mentre si faceva dondolare sulla vec-
chia altalena del parco. Rimase stordita per parecchio tempo
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T.Tolstoj, Anni con mio padre, Garzanti, Milano, 1975, p.174.
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e da quel giorno continuò a soffrire di forti dolori alla testa.
Pare che trovò la morte per meningite o, come veniva chia-
mata all'epoca, febbre celebrale.
Sappiamo che Marija aveva una buona cultura. Oltre al rus-
so sapeva parlare e scrivere anche in italiano, tedesco, ingle-
se e francese. Aveva preso dal padre la passione per la musi-
ca e si dilettava con il clavicembalo. Ma la sua dote migliore
era l'innata capacità di raccontare storie che lei stessa inven-
tava per le sue amiche in gioventù e per i suoi figli nell'età
più matura.
Molto interessante è un ricordo della primogenita di
Tolstoj, Tatjana, che ci fornisce alcuni interessanti spunti di
riflessione:
Cercavo di saperne il più possibile, perché mio padre la ricordava
con amore e venerazione. Agafja Michailovna [la governate di
Jasnaja Poljana, NdR] diceva che fisicamente le assomigliavo, e
ciò mi faceva molto piacere, nonostante si dicesse che era brutta.
Ma questo non si può accertare, perché di mia nonna non è rima-
sto nessun ritratto all'infuori di una piccola figura nera
2
Sappiamo quindi che in casa non esisteva alcuna immagine
di Marija Volkonskaja ad eccezione di una piccola silhouette
nera. Quindi, di fatto, Tolstoj non aveva alcun ricordo reale
di sua madre: era infatti troppo piccolo, alla sua morte, per
poter aver conservato anche la più piccola memoria della
sua persona. Egli però non ne era dispiaciuto: in questo
2
Ivi, p. 66.
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