8
Capitolo 1: Il fenomeno
1.1 Prezzi più alti e volatili
La crisi alimentare globale corrente è data principalmente da un incremento dei prezzi dei
beni alimentari e da una drastica riduzione nelle scorte di cibo. Dopo decenni di
progressivo calo, il mondo sta attraversando un periodo di impennate e rapide oscillazioni
dei prezzi degli alimenti, questa nuova realtà implica prezzi più alti e volatili. La volatilità
dei prezzi
9
è cresciuta e con essa il rischio di impennate vertiginose nei prezzi del cibo e di
altri beni agricoli, rischio che infatti si è trasformato in realtà. C’è da sottolineare che non
tutte le variazioni dei prezzi sono problematiche, per esempio quando i prezzi si muovono
lungo un trend regolare e ben consolidato che riflette i fondamentali del mercato non
sussiste alcuna preoccupazione. Ma le variazioni nei prezzi diventano problematiche
quando sono grandi e non possono essere previste, di conseguenza creano un livello di
incertezza che accresce i rischi per i produttori, i commercianti, i consumatori ed i governi
e che possono quindi condurre a decisioni non ottimali o errate.
Il Professor Franck Galtier distingue fra tre tipologie di volatilità dei prezzi: naturale,
importata ed endogena. L’instabilità naturale è causata dalla instabilità dell’offerta da un
anno all’altro a causa di eventi naturali ed imprevedibili come, la siccità, le alluvioni, le
malattie, ecc. Nella tipologia della volatilità importata, invece, la variabilità dipende dai
movimenti dei prezzi sui mercati internazionali, dai tassi di cambio, dai costi di trasporto,
ecc. Nell’ultimo caso, quello dell’instabilità endogena, la volatilità è provocata
dall’andamento del mercato in sé: il prezzo nazionale o internazionale può essere volatile
9
La volatilità dei prezzi misura il tasso relativo di variazione del prezzo di una merce da un periodo –giorno, mese, anno- ad un altro. E’
una misura della variazione dei prezzi dal periodo t-1 al periodo di tempo t. Se c’è una variazione di prezzo dal periodo t-1 al periodo t,
allora Rt è di grandi dimensioni (che sia la variazione positiva o negativa) e quindi si parla di ritorni di grandi dimensioni o di grande
volatilità. Chiaramente, se non vi è alcuna variazione di prezzo nel tempo, la volatilità sarà nulla: Pt – Pt-1 = 0 e Rt = 0. (da Price
volatility in Food and Agricultural Markets: Policy Responses, Policy report che include i contributi di FAO, IFAD, IMF, OECD, UNCTAD,
the World Bank, IFPRI, WFP, the WTO e UN HLTF, 2011).
9
anche se non si sono verificati importanti spostamenti della domanda o dell’offerta.
Infatti lo spazio temporale che intercorre tra la decisione su cosa produrre e il
conseguente raccolto, è presa sulla base delle aspettative sui prezzi e non sui prezzi
correnti. Queste aspettative sono correlate all’andamento passato dei prezzi sul mercato,
dunque la volatilità endogena è il risultato dall’instabilità delle aspettative che a loro volta
si riflettono sui prezzi, i quali, a loro volta, alimentano la variabilità delle aspettative
10
. Un
esempio di ciò sono il manifestarsi di bolle speculative: la forte volatilità dei prezzi è
possibile che generi nel corso del tempo rendimenti crescenti che possono così attrarre
nuovi investitori nel mercato dei prodotti agricoli, in questo modo la variabilità dei prezzi
può tradursi in un aumento delle operazioni commerciali che con un potenziale
speculativo non indifferente, acuiscono le alterazioni dei prezzi.
Una caratteristica importante dei mercati agricoli è che sono da sempre caratterizzati
dall’instabilità dei prezzi e fanno riferimento alle caratteristiche di quelli che sono definiti
i fondamentali di mercato, la domanda e l’offerta. Gli economisti sostengono che la
domanda alimentare è caratterizzata da bassa elasticità: infatti anche di fronte a grandi
alterazioni dei prezzi, la quantità di cibo domandata non cambia in modo significativo.
Questo si verifica in quanto l’alimentazione è un bisogno primario e, una volta che
l’obiettivo di nutrirsi è stato raggiunto, la domanda non cresce. La volatilità dell’offerta, è
invece causata dal clima, dai costi (es. di trasporto, di stoccaggio) e dagli intervalli di
produzione, questi elementi costituiscono una barriera al normale funzionamento del
mercato e ciò crea volatilità nei prezzi, perché anche ad una variazione minima
10
Galtier F., How to manage food price instability in developing countries?, Working Paper Moisa n°5, 2009, p.4.
10
dell’offerta corrisponde un ampio cambiamento del prezzo
11
. I recenti sviluppi nel
mercato dei beni sono stati tutt’altro che ordinari. Il boom dei prezzi tra il 2002 e la metà
del 2008 è stato il più pronunciato in magnitudine, durata e ampiezza da molti decenni a
questa parte; inoltre nella metà del 2008 il calo dei prezzi in seguito all’esplosione
dell’attuale crisi globale, si distingue per la sua nitidezza e per il numero di prodotti
interessati. Per alcuni prodotti il run-up tra la media dei prezzi alimentari del 2005 e i
picchi del 2008 è stato più del 100%
12
. Il prezzo del grano era già raddoppiato nel gennaio
2008 rispetto al suo valore medio del 2002, e addirittura nel giugno del 2008 risultava
triplicato
13
. Dalla metà del 2009, specialmente dall’estate 2010, si assiste invece ad un
nuovo aumento nei prezzi dei beni alimentari e mentre in questo periodo gli aumenti dei
prezzi del petrolio sono stati modesti rispetto ai picchi raggiunti nel 2007-2008, i prezzi
alimentari hanno raggiunto il massimo storico nel mese di aprile 2011.
La figura 1 mostra il grafico che riproduce l’Indice dei prezzi dei beni alimentari del Fondo
Monetario Internazionale (Food Commodity Price Index), osservandola si nota
chiaramente che la tendenza verso il basso avvenuta dal 1980 alla fine del 2001, viene
invertita. Durante i cinque anni dal 2002 al 2007, l’indice cresce del 47% e, nei 18 mesi
successivi, l’indice dei prezzi IMF accelera la sua crescita salendo del 56% e fermandosi ad
un livello superiore del 130% rispetto a quello del 2002. Lo stesso indice nei sei mesi
successivi vede un declino del 33% e dopo aver raggiunto nel dicembre 2008 un punto
11
Granai contro la crisi. Il ruolo delle riserve alimentari per ridurre la volatilità dei prezzi e sostenere lo sviluppo agricolo; Actionaid
2011
12
Price volatility in Food and Agricultural Markets: Policy Responses; Policy report che include i contributi di FAO, IFAD, IMF, OECD,
UNCTAD, the World Bank, IFPRI, WFP, the WTO e UN HLTF, 2011
13
Development dimensions of High Food Prices, Philip Abbott; OECD Food, Agriculture and Fisheries, Working Papers No. 18
11
abbastanza simile ai trend precedenti il 2007, aumenta del 59% ad aprile 2011,
attestandosi di ben 6 punti percentuali al di sopra del record raggiunto nel giugno 2008
14
.
Figura 1: Andamento dell’indice mondiale dei prezzi dei beni alimentari (2011)
FONTE: http://www.ers.usda.gov/AmberWaves/September11/Features/CommodityPriceSpike.htm
Elemento ulteriore che caratterizza questo fenomeno di aumento dei prezzi ed eccessiva
volatilità è che sono state colpite soprattutto quattro colture di base: grano, riso, mais e
soia. Secondo i dati dell’IFPRI (International Food Policy Research Institute) nel caso del
grano duro utilizzato per la farina, ci sono stati 165 giorni di eccessiva volatilità
15
dei
prezzi tra dicembre 2001 e dicembre 2006, con una media di 33 giorni all’anno, ma è con
l’arrivo del 2007 che la situazione cambia: tra il gennaio dello stesso anno e il giugno 2011
i giorni caratterizzati da eccessiva volatilità sono stati ben 381, con una media di 85 giorni
l’anno
16
.
14
Why have food commodity prices risen again? United States Department of Agriculture, June 2011
15
Eccessiva volatilità: un periodo di eccessiva volatilità è caratterizzato da alte variazioni di prezzo (volatilità) ed è un periodo in cui si
osserva un numero elevato di rendimenti giornalieri ampi all’interno di un intervallo di 60 giorni consecutivi.
Global Hunger Index, IFPRI, Welthungerhilfe, Concern Worldwide , 2011.
16
Global Hunger Index, the challenge of hunger: taming price spikes and excessive food price volatility; IFPRI, Welthungerhilfe,
Concern Worldwide; Bonn, Washington, DC, Dublin, October 2011
12
La figura 2 confronta il totale dei prezzi dei beni alimentari con un suo sottoinsieme,
ovvero l’indice dei prezzi delle quattro colture: grano, riso, mais e soia (Crop price
index);
17
per le quattro colture di base le fluttuazioni sono state superiori rispetto al
totale dei prodotti alimentari presi in considerazione dall’indice dei prezzi dei beni
alimentari IMF. Tra gennaio 2002 e giugno 2008 l’indice della media mensile per queste
colture è aumentato del 226%, dato sensibilmente superiore rispetto all’aumento del
130% dell’indice totale dei beni alimentari. Durante i sei mesi successivi l’indice delle
quattro colture ha subito un declino del 40%, differentemente dall’indice totale che è
declinato del 33%.
Figura 2: Andamento dell’indice dei prezzi dei cereali rispetto all’indice generale dei
prezzi dei beni alimentari (2011)
Fonte: http://www.ers.usda.gov/AmberWaves/September11/Features/CommodityPriceSpike.htm
Da giugno 2010, l’indice di grano, riso, mais e soia si è abbassato dell’11% mentre l’indice
totale dei beni alimentari è cresciuto. Nell’ultimo periodo 2008 fino al giugno 2010 ai
17
Crop price index: indice costruito dal Servizio Economico di Ricerca dell’ USDA (United States Department of Agriculture) usa i prezzi
ponderati mensilmente del Fondo Monetario Internazionale per le azioni di commercio globale.
13
prezzi più bassi di grano, riso, mais e soia è stato compensato un aumento dei prezzi dello
zucchero, degli oli vegetali, della carne e di altre materie prime. Tra giugno 2010 e marzo
2011, l’indice delle quattro colture è cresciuto del 70%, diversamente dall’indice totale
dei beni alimentari che è aumentato del 39%. Specificatamente il grano duro utilizzato
per la farina, il mais e gli oli vegetali hanno visto il più alto aumento dei prezzi,
contrariamente al riso che è invece aumentato molto poco, diversificando il suo trend da
quello avuto nel corso del 2007 e 2008, il cui prezzo è stato quello ad aver subito
l’aumento maggiore rispetto agli altri beni alimentari
18
.
Dall’altro lato anche i prezzi dei beni non agricoli sono aumentati consistentemente. I
prezzi dell’energia, dei metalli, delle bevande e delle materie prime hanno subito degli
aumenti durante il periodo che va dal 2002 al 2008, per poi scendere bruscamente. Il
punto più basso nel livello dei prezzi raggiunto dai beni non alimentari è cresciuto rispetto
all’indice totale dei beni alimentari, ma il caso dei prezzi del greggio è differente perché
ha superato i picchi dei prezzi degli altri beni raggiunti nel 2008. Queste simultanee
oscillazioni dei prezzi, suggeriscono che fattori globali ad ampio raggio d’azione,
contribuiscano all’impennata dei prezzi in entrambi i periodi
19
. I prezzi delle materie
prime sono stati estremamente volatili e questa condizione ha portato a significativi
effetti negativi sia dal lato macroeconomico che da quello microeconomico. La volatilità a
livello macroeconomico infatti può portare ad un deterioramento della bilancia dei
pagamenti e delle finanze pubbliche che aumentano il grado d’incertezza, diminuendo
così gli investimenti e la crescita a lungo termine; a livello microeconomico invece, i prezzi
18
Why have food commodity prices risen again? United States Department of Agriculture, June 2011
19
Ibidem.
14
elevati e volatili delle materie prime hanno un grave impatto sui più vulnerabili,
soprattutto sulle famiglie già a rischio alimentare ed energetico
20
.
.Prezzi più alti e volatili conducono a conseguenze differenti per i consumatori e per i
produttori. Dal lato del consumatore, l’aumento dei prezzi dei beni alimentari ha un
impatto rilevante sul benessere e limita la capacità del consumatore stesso di acquistare
cibo ed altri beni e servizi di primaria importanza. Dal lato del produttore invece, il
risvolto potrebbe essere differente, l’aumento dei prezzi del cibo potrebbe comportare
un aumento dei redditi se il produttore è un venditore netto di beni alimentari, se
l’aumento dei prezzi mondiali raggiunge i mercati a cui partecipa e sempre che non
aumentino i costi dei fattori di produzione. Malgrado ci possa essere un risvolto positivo
per i produttori però, molte di queste condizioni non si sono verificate nella crisi globale
alimentare degli ultimi anni. Non solo l’aumento dei prezzi ma anche la loro volatilità
incide sulle condizioni di consumatori e produttori, e questo si associa a maggiori perdite
potenziali per i produttori che viste le continue oscillazioni dei prezzi non riescono a
prendere decisioni ottimali sull’allocazione dei fattori di produzione agricoli, come la
diminuzione nell’utilizzo di sementi e fertilizzanti di qualità, l’aumento del pessimismo per
la pianificazione delle colture a lungo termine, che può ridurre l’ammontare di
investimenti in grado di far crescere la produttività agricola. Questa serie di
comportamenti da parte dei produttori riduce l’offerta, generando così un aumento dei
prezzi che come in un circolo vizioso ricade sui consumatori. Da prendere in
considerazione nel misurare l’impatto della volatilità e dell’aumento dei prezzi dei beni
alimentari, sono anche quelle famiglie rurali che vivono sia da produttrici che da
20
Price formation in financialized commodity markets, the role of information. UNCTAD (United Nations Conference on Trade and
Development) and Arbeiterkammer Wien, 2011
15
consumatrici di cibo e che quindi vedranno su di loro le ricadute da entrambi i lati della
catena produttiva: i loro redditi saranno inferiori per l’incapacità data dalla volatilità, di
scegliere in maniera ottimale i fattori di produzione e contemporaneamente l’aumento
dei prezzi sui mercati ricadrà sulle loro scelte di consumo. Inoltre, come già accennato
nell’introduzione, i prezzi alimentari alti e volatili hanno effetti dannosi su quei Paesi che
sono grandi importatori netti di beni alimentari (Paesi LIFID), in quanto data la loro
necessità di acquistare ingenti quantità di prodotti alimentari sui mercati mondiali, la
volatilità dei prezzi si trasmette in modo più rapido e diretto a livello nazionale
21
. Si
consideri che la volatilità dei prezzi è una delle principali caratteristiche dell’attuale
mercato dei beni alimentari, e quindi uno dei fattori che stanno facendo confrontare gli
sforzi per ridurre la fame, con una nuova economia alimentare globale.
1.2 Riduzione delle scorte di cibo
L’utilizzo delle scorte è fondamentale per la situazione agro-alimentare di un Paese, i
governi immagazzinano scorte agricole quando i raccolti sono buoni e l’offerta è
abbondante, con l’obbiettivo di assorbire la parte eccedente ed evitare che il prezzo
scenda, per poi immetterle nel mercato durante i periodi di scarsità. Tramite questa
manovra si possono utilizzare inoltre le scorte immagazzinate in periodi di scarsità
quando i governi immettono parte delle scorte sul mercato interno, aumentando così
l’offerta e potendo ridurre perciò il prezzo relativo del bene agricolo. L’amministratore
deve fissare preventivamente una fascia di oscillazione del prezzo del prodotto agricolo,
costituita da un “ceiling price” (prezzo massimo) e da un “floor price” (prezzo minimo). Il
21
Global Hunger Index, the challenge of hunger: taming price spikes and excessive food price volatility; IFPRI, Welthungerhilfe,
Concern Worldwide; Bonn, Washington, DC, Dublin, October 2011
16
governo dovrà acquisire o svincolare le riserve in base all’allontanamento dei prezzi da
questa fascia. I valori stabiliti precedentemente, dovranno essere pubblicati e rispettati
22
.
Il rapporto tra i livelli delle scorte alimentari e la volatilità dei prezzi è ben consolidato:
bassi livelli di scorte sono fortemente associati a picchi nei prezzi e a volatilità. Gli
innalzamenti recenti dei prezzi, come è stato nel caso della crisi alimentare degli anni 70,
si verificano in una condizione di bassissimi livelli mondiali di scorte alimentari. Viceversa
periodi con alti livelli mondiali di scorte di cibo, sono accompagnati da prezzi bassi e
relativamente stabili, nonché da una distribuzione delle scorte non uniforme. Più
specificatamente, i periodi più stabili sono stati caratterizzati dal ruolo centrale giocato
dagli Stati Uniti nel detenere scorte di cibo per il mondo, come è dimostrato dai periodi
sia all’inizio degli anni ’60, sia ancora negli anni ’80, soprattutto per quanto riguarda le
colture di base come mais e grano. Negli anni ’80, l’USDA (United States Department of
Agriculture) riporta che gli Stati Uniti controllano più dell’80% delle scorte alimentari
mondiali di mais e grano, ed è solo durante gli anni ’90 che la Cina emerge come
detentrice di scorte, controllando più del 75% delle scorte mondiali di mais, del 50% di
grano e del 78% di riso. Per contro, altri Paesi non hanno mai accumulato livelli
significativi di scorte, anche in periodi di sovrapproduzione, per esempio l’Unione
Europea ha sempre controllato solo una piccola parte delle scorte mondiali di grano e
mais
23
.
Nelle crisi alimentari è normale assistere ad un calo nelle scorte di cibo, i prezzi
internazionali dei beni alimentari e la volatilità degli stessi sono strettamente correlati con
22
Granai contro la crisi. Il ruolo delle riserve alimentari per ridurre la volatilità dei prezzi e sostenere lo sviluppo agricolo; Actionaid,
ottobre 2011
23
Price volatility and food security, the High Level Panel of Experts (HLPE) on food security and nutrition, July 2011
17
il livello mondiale delle riserve alimentari. La bassa elasticità tra domanda ed offerta che
caratterizza il mercato agro-alimentare, implica che dei piccoli shock nella produzione
possono avere un grande impatto sui prezzi, tutto ciò è moderato dalle scorte: prezzi
bassi, causati da shock positivi dell’offerta o da shock negativi della domanda, o da
entrambi, implicano probabili rendimenti positivi a scorte. La caduta dei prezzi è
moderata nella misura in cui l’eccesso nell’offerta è assorbito in scorte, lo stesso
meccanismo vale per l’eccesso di domanda risultante dagli shock negativi dell’offerta o
positivi della domanda. Shock nella domanda comportano una riduzione delle scorte per
aumentare l’offerta e il problema si evidenzia una volta che se ne verifica l’esaurimento,
cioè quando il prezzo è determinato semplicemente da parità di produzione e domanda di
consumo. Infatti storicamente la riduzione delle scorte è stata determinante nel favorire
un alto livello dei prezzi, ma non è un fattore necessario e ciò suggerisce che le scorte
provvedono solo parzialmente alla spiegazione dei movimenti dei prezzi
24
.
La volatilità dei prezzi, come spiegato nel primo paragrafo, può essere di tipo naturale,
importata o endogena, ognuna di queste ha diverse caratteristiche. Le riserve alimentari,
come misure atte a calmierare i prezzi e ridurre la loro volatilità, si possono orientare ad
una instabilità di tipo naturale o importata, questo perché sono indirizzate ad abbassare
l’incertezza della reperibilità dei prodotti nel mercato potendo assicurare scorte costanti
e riducendo il bisogno di approvvigionare sui mercati internazionali; anche se non si
occupano delle cause strutturali del deficit di produzione, il giusto andamento delle
riserve internazionali può evitare diversi tipi di problematiche, come ad esempio quelle
che si verificano quando i prezzi interni sono colpiti da un livello di prezzi di importazione
24
Food reserves in developing countries: Trade policy options for improved food security; Prof. Christopher Gilbert, ICTSD International
Centre for Trade and Sustainable Development, May 2011
18
troppo bassi, o quando fluttuano seguendo il ciclo naturale di abbondanza (stagione del
raccolto) e scarsità, o anche quando aumentano in caso di siccità o inondazioni; quando
precipitano in caso di sovrapproduzione, oppure quando variano nei diversi mercati
regionali, ecc
25
. L’utilizzo delle scorte, il loro impiego nelle operazioni di riduzione della
volatilità dei prezzi, ha avuto più effetto nel moderare i movimenti dei prezzi al ribasso
piuttosto che le loro sovratensioni; inoltre le operazioni condotte tramite impiego di
scorte comportano ingenti oneri, infatti tentare di stabilizzare i prezzi usando le riserve
alimentari è potenzialmente molto costoso: stabilizzare i prezzi mondiali attorno ad un
livello più basso o più alto rispetto a quello determinato dai fondamentali del mercato,
richiede notevoli risorse. Le scorte di cibo sono state create per difendere il mercato
alimentare da picchi nei prezzi, ma anch’esse sono vulnerabili agli attacchi speculativi,
infatti se gli speculatori hanno la percezione che le scorte tenute dall’agenzia per la
stabilizzazione sono insufficienti a mantenere la tendenza del basso livello dei prezzi,
allora concorreranno nel comprare l’insieme delle scorte allo scopo di avvantaggiarsi
nell’ottenere probabili profitti. Per questo empiricamente un livello minimo di scorte
mondiali potrebbe essere una condizione sufficiente ad evitare picchi nei prezzi dei beni
alimentari ma purtroppo la realtà è più complessa e ci dimostra che, in una crisi, l’accesso
a meccanismi di finanziamento non può assicurare scorte di cibo sicure durante i periodi
di carenza alimentare
26
. In ogni caso le riserve alimentari giocano un ruolo chiave
nell’equilibrare i mercati ed appianare le variazioni dei prezzi, se le scorte sono a bassi
livelli rispetto a quelli di cui c’è realmente bisogno, i mercati saranno meno capaci a far
fronte a shock di domanda o a carenze nell’offerta, che quindi porteranno
25
Granai contro la crisi. Il ruolo delle riserve alimentari per ridurre la volatilità dei prezzi e sostenere lo sviluppo agricolo; Actionaid,
ottobre 2011
26
Rising Food Prices: causes and consequences; OECD report 2008
19
inevitabilmente a un grande aumento nei prezzi. Questo è avvenuto a partire dal 2006,
raggiungendo livelli storicamente alti nel 2008 e nel 2011. Il livello delle scorte,
principalmente dei cereali è iniziato a calare dalla metà degli anni ’90. Infatti, il primo
innalzamento dei prezzi si è avuto nel 1995, dopo il quale le scorte globali alimentari sono
calate in media dai 3 ai 4 punti percentuali per anno
27
. Osservando la figura 3 si nota
chiaramente un calo nei livelli mondiali del rapporto scorte-utilizzo dei cereali e dei semi
oleosi già a partire dagli anni ’90, il trend poi prosegue altalenante fino ai picchi al ribasso
che partono dagli anni 2000, questo fa intendere chiaramente quanto gli shock negativi
dell’offerta e positivi della domanda, possano influire ancora più drasticamente quanto
minori siano le scorte accumulate per soddisfare l’eccesso di domanda, e come si può
constatare oggi le riserve di beni alimentari sono a livelli storicamente bassi.
Figura 3: Andamento del tasso riferito al rapporto scorte-utilizzo dei cereali e dei semi
oleosi (2011)
Fonte: http://www.ers.usda.gov/AmberWaves/September11/Features/CommodityPriceSpike.htm
27
The State of Agricultural Commodity Markets, experiences and lessons learned; FAO report 2009
20
Vi sono molte ragioni che spiegano questi record negativi nelle scorte di cibo mondiali,
come lo sviluppo di tecniche “just in time” di gestione delle scorte, la stabilità dei prezzi
dei beni alimentari degli ultimi due decenni che ha portato gli Stati a constatare più
debolmente la necessità di assicurarsi contro eventuali impennate dei prezzi, la
liberalizzazione del commercio agricolo che facilita le importazioni nel caso di cattivo
raccolto, invece della detenzione di scorte di prodotti deperibili
28
. Un ruolo fondamentale
hanno avuto i cambiamenti di policy dagli accordi dell’Uruguay Round (terminato nel
1994, con la creazione del WTO e la ratifica di tre accordi principali: GATT General
Agreement on Tariffs and Trade, GATS General Agreement on Trade in Services, TRIPS
Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights) che sono stati strumentali nel
ridurre il livello di scorte nei maggiori Paesi esportatori, questi accordi hanno infatti
trattato: la dimensione delle riserve detenute dalle istituzioni pubbliche; gli alti costi della
conservazione di prodotti deperibili; lo sviluppo di strumenti meno costosi per la gestione
dei rischi; l’aumento dei Paesi in grado d’esportare, nonché il miglioramento nelle
tecnologie di trasporto e d’informazione. Quando carenze nella produzione avvengono
consecutivamente negli anni e nei maggiori Paesi esportatori in queste circostanze, i
mercati internazionali diventano più rigidi e la volatilità dei prezzi diventa più evidente,
soprattutto quando accadono eventi imprevisti. Infatti c’è una relazione negativa
statisticamente significativa tra le scorte di mercato d’inizio stagione (espresse come
percentuale di utilizzo previsto dalla stagione precedente a quella successiva) e i prezzi
formati durante la stessa stagione. Questo significa che mercati più rigidi a livello globale
all’inizio della stagione di mercato, tendono a portare i prezzi verso l’alto. Questa è stata
28
La crisi alimentare globale; Prof. Marco Missaglia; da Asia, una transizione sostenibile; settembre 2009