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INTRODUZIONE 
L’obiettivo della mia tesi è stato quello di studiare, in maniera approfondita, 
l’iconografia di San Ludovico di Tolosa. Il periodo che ho esaminato è quello 
che si riferisce al XIV secolo, quindi a tutto il 1300. L’ambiente di cui mi sono 
occupato è quello che riguarda le opere conservate in Campania in primis, poi 
ho analizzato un campione di opere conservate nel resto d’Italia e infine un 
campione di opere conservate all’estero, ma comunque appartenenti al XIV 
secolo.         
 Lungo e faticoso è stato il lavoro, ma anche le difficoltà mi hanno 
aiutato nella realizzazione di ciò che tra un po’ andrò a presentarvi. Il mio 
studio è partito dalla ricostruzione della vita di San Ludovico, evidenziando 
tutto il suo percorso dalla nascita, alla vocazione e quindi alla rinuncia del 
trono angioino a vantaggio di suo fratello Roberto, fino al suo ingresso 
nell’ordine francescano, cosa questa peraltro non accettata inizialmente dalla 
sua famiglia. Ludovico insieme ai numerosi fratelli e sorelle, cresce educato 
cristianamente dalla madre, mentre il padre si preoccupa di scegliere per loro 
validi educatori nelle arti liberali e nelle scienze teologiche e filosofiche. 
Trascorre una fanciullezza in serenità tra preghiera, studio, svaghi con i 
fratelli, passeggiate nei verdi parchi dei Castelli della sua famiglia, in 
Provenza e in Italia. Ma da lì a poco la vita di Ludovico sta per cambiare. 
Infatti, il padre Carlo II d’Angiò è fatto prigioniero da Alfonso III d’Aragona e 
sarà liberato solo dopo aver lasciato prigionieri tre dei suoi figli, Ludovico, 
Roberto e Raimondo. Il contatto con i francescani sarà decisivo nella vita di 
Ludovico, nel quale, proprio nel periodo catalano, sbocciò la vocazione al 
sacerdozio. Nel gennaio 1290 si ammala e si affida allora alla fede in Dio e 
alla Sua volontà e prodigiosamente guarisce istantaneamente, lasciando 
sbalorditi gli stessi medici; ed egli confida ai due francescani che 
l’assistevano, la promessa fatta sull’orlo della sua fine, di indossare il saio 
dell’Ordine di san Francesco. Ma la morte di Carlo Martello mette in linea di 
successione Ludovico che diventa erede del Regno. Ed è qui che lui rinuncia 
al trono e sceglie di intraprendere la vita ecclesiastica, vita che però terminerà 
presto. Infatti il 19 agosto 1297 muore serenamente a soli 23 anni. 
 L’oggetto del mio studio passa poi verso la ricerca delle opere campane 
in cui la presenza di Ludovico è evidenziata. Diverse sono le opere trovate qui,
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soprattutto a Napoli. Molte erano realizzate sicuramente per volere della sua 
famiglia, come venerazione di un santo di famiglia e della casata angioina, ma 
altre erano oggetto della volontà di ingraziarsi la stessa casata da parte di 
ricche famiglie del tempo. La strutturazione della tesi in questo capitolo passa 
per la realizzazione di schede che ne traccino la storia, i motivi della 
realizzazione e tutto ciò che riguarda lo stile. Infatti dopo la descrizione 
dell’opera, la scheda presenta uno schema che si ripete per tutte allo stesso 
modo: collocazione, autore, cronologia, descrizione di tutto quello che la 
riguarda a partire dalla presentazione dell’opera, descrizione della stessa, 
presentazione del santo e del modo con cui è raffigurato, i vari problemi 
relativi alla cronologia, all’autore e allo stile. Per finire poi con la bibliografia 
principale che ho consultato.      
 Sicuramente, tra le opere in cui mi sono imbattuto qui in Campania la 
più importante è la pala di Simone Martini del 1317 conservata al Museo 
Nazionale di Capodimonte, dove tanto c’era da dire e tanto ho detto riguardo 
al suo studio e ai confronti che vi sono stati fatti da tanti studiosi a cominciare 
dal mio relatore, il Prof. Francesco Aceto. Ma di sicuro, però, l’opera che mi è 
rimasta impressa di più è quella nell’Abbazia di Cava de’ Tirreni, perché è 
quella che sono riuscito a scovare io personalmente e di cui pochissimo si 
parla nei testi.                                     
Il passaggio poi alle opere riguardanti il resto d’Italia è stato un po’ più 
complicato a livello logistico, ma comunque, seguendo sempre lo stesso 
schema adottato per le opere campane, mi ha portato alla visione di diverse ed 
importanti opere anche all’interno di chiese importanti di Roma, Firenze, 
Ravenna, Siena e altre parti d’Italia.     
 L’ultima parte del mio elaborato è quella riguardante la raccolta di 
alcune opere nella quale vi è la rappresentazione di San Ludovico e che però 
sono conservate all’estero. Anche questo capitolo segue i canoni utilizzati per 
i due capitoli precedenti.       
 Come ho detto prima tanti sono gli studiosi che hanno trattato lo studio 
di opere in cui il San Ludovico era presente. Ho citato il Prof. Francesco 
Aceto, ma anche la Prof.ssa Vinni Lucherini, ho studiato Pierluigi Leone De 
Castris, G.A. Summonte, G.B. Cavalcaselle, R.Van Marle, E. Pásztor, B. 
Molajoli, G. Vasari, F. Bologna, A. Gosche, P. Torriti e diversi altri.
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 Ho cercato di riportare tutte le notizie che sono riuscito a trovare 
rielaborandole e sottolineandone le problematiche che magari un’opera in più 
rispetto ad un’altra portava con sé, cercando di riorganizzarle in maniera 
originale ed essere esauriente. 
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
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LA VITA DI SAN LUDOVICO DI TOLOSA 
Figlio di Carlo II d’Angiò, re di Napoli nacque a Brignoles (Provenza), nel 
febbraio del 1274 e ivi morì il 19 agosto 1297. Da ragazzo fu condotto 
prigioniero con i fratelli presso il re di Aragona, ed ebbe occasione di 
conoscere i francescani. Riacquistata la libertà, rinunciò al trono e ad ogni 
altra prospettiva di grandezza terrena. Ludovico venne ordinato sacerdote nel 
febbraio 1296, a ventidue anni, e vescovo nel dicembre successivo. Fu inviato 
a reggere la diocesi di Tolosa. Nel ricco episcopato Ludovico improntò la 
propria vita alle rigide regole della povertà francescana. Predilesse i poveri, i 
malati, i giudei, le vittime di persecuzione ed emarginazione. Ludovico venne 
elevato agli onori degli altari nel 1317 da Giovanni XXII. Un condensato di 
grandezza in una vita durata appena 23 anni; il titolo di d’Angiò proviene dalla 
dinastia angioina, fondata alla fine del secolo IX da Folco il Rosso, signore 
dell’antica contea di Angiò. Nel 1234 l’Angiò fu annessa alla Francia dal re S. 
Luigi IX (1214-1270) e da lui assegnata al fratello Carlo nel 1246. Carlo I 
(1226-1285) allargò la grande dinastia oltre i confini francesi, raggiungendo 
vasti domini in Italia, specie da quando il francese papa Clemente IV l’aveva 
chiamato a contrapporsi alla casata degli Svevi. Dopo aver sconfitto l’ultimo 
discendente, Corradino di Svevia (1252-1268), divenne il signore assoluto di 
tutto il Meridione d’Italia. Suo figlio primogenito Carlo II (1248-1309) si unì 
in matrimonio con Maria, figlia ed erede del re Stefano V d’Ungheria. Da 
questa unione nasceva secondogenito Ludovico nel febbraio 1274, a Brignoles 
in Provenza, e non a Nocera (SA) come sostengono alcuni scrittori. Ludovico 
insieme ai numerosi fratelli e sorelle, crebbe educato cristianamente dalla 
madre, mentre il padre si preoccupò di scegliere per loro validi educatori nelle 
arti liberali e nelle scienze teologiche e filosofiche. La fanciullezza trascorse 
in grande serenità tra preghiera, studio, svaghi con i fratelli, passeggiate nei 
verdi parchi dei castelli della sua famiglia, in Provenza e in Italia. Con la 
sensibilità del suo giovane cuore, si adoperò per aiutare i bisognosi, ricorrendo 
a tutti gli espedienti, anche non confacenti ad un principe, come quello di 
sottrarre dalle cucine del cibo per i poveri affamati. Il 5 luglio 1284, durante 
una battaglia navale nelle acque di Napoli, il padre Carlo II d’Angiò, erede al 
trono di Sicilia, venne fatto prigioniero da Alfonso III d’Aragona (1265-91)
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nell’ambito della guerra del Vespro Siciliano. Verrà poi liberato quattro anni 
dopo, per succedere sul trono al padre Carlo I che morì nel 1285; con il 
trattato di Camporeale del 1288 Alfonso III d’Aragona gli concesse la libertà, 
ma in cambio di tre figli, Ludovico, Roberto e Raimondo, insieme a cinquanta 
gentiluomini del regno. Costretto ad accettare, Carlo II però chiese per loro 
una educazione confacente al rango di principi. E il 18 novembre 1288 i tre 
giovani principi strappati dalla loro casa e dagli affetti familiari, si 
imbarcarono per la Spagna, facendo una prima tappa nel grande castello di 
Moncada in Catalogna, dove restarono per un anno, poi dal 1289 al 1293 
furono nel castello di Ciurana, nel 1293 per alcuni mesi a Castile e fino alla 
metà del 1294 a Barcellona.  In quell’anno vennero ricondotti al castello di 
Ciurana dove rimasero fino al 31 ottobre 1295, quando furono restituiti, dopo 
sette anni, alla famiglia. Durante tutto questo itinerante e tormentato periodo 
catalano, i tre giovani ostaggi, per volere del loro genitore, vissero insieme a 
due francescani, Francesco Brun (futuro vescovo di Gaeta) e Pietro Scarrier 
(futuro vescovo di Rapolla, confessore della regina Sancia), i quali furono 
valenti educatori; inoltre furono sempre in contatto epistolare con il dotto 
francescano Pietro di Giovanni Olivi, ricevendone conforto con il suo 
profondo pensiero. Tali contatti francescani avranno un’influenza decisiva 
sulla vita di Ludovico, nel quale proprio nel periodo catalano sbocciò la 
vocazione al sacerdozio. Del resto la sua vita fu più intensamente vissuta nella 
preghiera rispetto a quella dei suoi fratelli, con episodi premonitori. Nel 
gennaio 1290 si ammalò in modo così grave da sembrare ormai prossima la 
morte. Curato dai due fratelli esiliati e dai gentiluomini costernati del seguito, 
con i ritrovati più nuovi dei medici si cercò di vincere la terribile malattia, la 
tisi polmonare; Ludovico si affidò allora alla fede in Dio e alla Sua volontà e 
prodigiosamente guarì istantaneamente, lasciando sbalorditi gli stessi medici; 
ed egli confidò ai due francescani, la promessa fatta sull’orlo della sua fine, di 
indossare il saio dell’Ordine di S. Francesco. Pur se lontano, il padre Carlo II 
lo seguì con trepidazione e alla fine acconsentì alla sua scelta di vita religiosa, 
con qualche perplessità. Nel 1294 a 20 anni papa Celestino V gli permise di 
ricevere la tonsura ed i primi quattro Ordini minori; già nel 1290 nella piccola 
cappella della fortezza di Ciurana, indossò l’abito ecclesiastico. Nel 1295 morì 
il primogenito Carlo Martello suo fratello, re d’Ungheria dal 1292 ed erede del
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trono di Napoli. In linea di successione Ludovico diventa erede del Regno. 
Intanto egli tentò di entrare tra i francescani di Montpellier, durante il suo 
viaggio di ritorno dalla lunga prigionia in Catalogna, ma non venne accettato 
perché era un principe reale designato al trono; proseguì il viaggio, dopo aver 
incontrato i suoi genitori giubilanti e arrivò a Roma dove nel Natale del 1295 
papa Bonifacio VIII gli conferì il suddiaconato. Ripartito da Roma, giunse con 
i fratelli finalmente a Napoli e qui fra il gennaio e febbraio del 1296 compì il 
gesto ufficiale di rinuncia sui diritti del Regno di Napoli e sulle contee di 
Angiò e di Provenza a favore del fratello Roberto d’Angiò (1275-1343). 
Ludovico, libero dagli impegni ereditari, si ritirò per un breve periodo con 
alcuni religiosi, nel Castel dell’Ovo sul litorale napoletano, dove trascorse in 
preghiera e meditazione, la preparazione al sacerdozio. Verrà ordinato 
sacerdote il 19 maggio 1296 dall’arcivescovo di Napoli, nella basilica 
francescana di San Lorenzo Maggiore; il giorno seguente celebrò la prima 
messa nella stessa chiesa. Ludovico restò a Napoli proseguendo la sua opera di 
carità verso i bisognosi, fra il rispetto di tutti per il suo stato sacerdotale. 
Intervenne presso il padre Carlo II per risparmiare la vita di un centinaio di 
uomini sovversivi, di una ‘galera’ catturata e il padre accondiscese. Poi da 
Roma giunse la notizia inaspettata che il papa Bonifacio VIII lo volesse 
nominare vescovo di Tolosa in Francia. Egli cercò di rifiutare la carica, a 
causa della sua giovane età. Aveva appena 22 anni, ma a quei tempi erano altri 
i criteri nell’assegnazione di cariche così importanti. Dopo l’insistenza del 
papa egli accettò solo con la condizione di potersi fare prima francescano e 
così il 24 dicembre 1296 pronunziò i voti nel convento dell’Ara Coeli di 
Roma, dove aveva trascorso un periodo di preparazione all’evento, facendo 
vita in comune con i frati, portando però il saio celato sotto la veste 
ecclesiastica, per consiglio del papa, per non turbare la suscettibilità del re suo 
padre.  Il 30 dicembre sempre del 1296 nella basilica di S. Pietro fu consacrato 
vescovo dal papa, con una solenne celebrazione, così contrastante con lo 
spirito francescano di cui si sente pervaso.                      
Si fermò sempre in conventi francescani a Firenze, Siena, Genova, Marsiglia, 
Montpellier, accolto festosamente dai frati consci del suo rango, che invece lui 
non voleva ad ogni costo far risaltare. Nel maggio 1297 finalmente arrivò a 
Tolosa tutta in festa per il suo nuovo vescovo e in questa città Ludovico,
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sebbene così giovane, attuò il suo ministero episcopale senza risparmiarsi, 
sempre presente ovunque vi fosse bisogno di aiutare, senza escludere quanti 
fossero ammalati di mali oscuri probabilmente contagiosi. Un mese dopo 
l’arrivo a Tolosa si recò in Catalogna, per riappacificare Giacomo II re 
d’Aragona, suo cognato, in quanto sposo di sua sorella Bianca, e il conte di 
Foix. Durante il suo ritorno dalla Catalogna, egli pensò di recarsi a Roma per 
assistere alla canonizzazione del suo prozio S. Luigi IX re dei Francesi e in 
piena estate si mette in viaggio, a fine luglio 1297 arrivò a Tarascona nella 
Francia sud-orientale e qui apprese che il re suo padre si trovasse a Brignoles 
in Provenza e che desiderasse vederlo ed egli benché molto affaticato per il 
caldo afoso e per le strade accidentate, vi si recò. Sempre a dorso di mulo (il 
cavallo è da lui rifiutato per un incidente capitatogli qualche anno prima) e con 
alcuni frati, arriva a Brignoles il 3 agosto e s’incontrò con il padre, il quale 
vedendo il suo viso sofferente, lo invita a fermarsi qualche giorno per 
riprendersi.  
Il giorno dopo celebrò la messa in onore della festa di S. Domenico alla 
presenza del re e della corte, ma già durante il rito si notarono i segni del suo 
pessimo stato di salute; il 5 agosto celebrò ancora in suffragio del fratello 
defunto Carlo Martello; la sera, dopo un malessere, gli salì la febbre alta e da 
quel momento egli si dibatté tra la vita e la morte, fra lo sgomento del re, dei 
suoi superiori francescani e di tutta la corte. Il 15 agosto chiese il viatico. 
Trascorsero ancora quattro giorni di lotta inutile dei medici contro la tisi 
polmonare, con Ludovico che affinò la sua sofferenza offrendola a Dio, 
edificando con la preghiera e la sopportazione tutti i presenti.  Il 19 agosto 
1297 morì serenamente a soli 23 anni, nella sua città natia, fra la costernazione 
generale. Per suo desiderio venne tumulato nel convento dei frati minori di 
Marsiglia. La sua tomba diventò subito una meta di pellegrinaggi di tantissimi 
fedeli. Le sue spoglie rimarranno a Marsiglia fino al 1423, quando per volere 
di Alfonso V d’Aragona vennero traslate nella cattedrale di Valencia in 
Spagna, dove riposano tuttora. Tre anni dopo la morte, nel 1300, si avviarono i 
procedimenti per la sua canonizzazione, che avvenne il 7 aprile 1317, 
proclamata da parte di papa Giovanni XXII, nella città pontificia di Avignone 
in Francia. La sua festa fu posta al 19 agosto.
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Ludovico, fin dalla sua infanzia, mostrò sempre una grande inclinazione per le 
virtù e il mondo ecclesiastico. Il suo corpo fu sottoposto alla volontà 
dell’anima, il suo cuore fu distaccato persino dagli ingenui piaceri del mondo. 
Ma nonostante tutto fu presente in lui un <dramma spirituale> e ci pone in 
grado di riconoscere che <attore di esso> fu un <uomo vero>, che ebbe un 
cuore molto affettuoso e tenero, che, come dice Roche (Roche A., 1958), ebbe 
<le passioni e le debolezze degli uomini>. A questa sua formazione religiosa 
influirono molto l’esempio e gli insegnamenti della madre e della sua nutrice, 
una certa Seria. Dal giovane Ludovico sprizzavano già <segni> d’intelligenza 
e spirito di saggezza, per cui il d’Orta lo chiama novello Salomone. Il suo 
biografo spirituale, Giovanni d’Orta appunto, dice che mentre i suoi amici si 
divertivano con giochi abituali, Ludovico, spinto dalla voce della grazia, 
passava il tempo nella preghiera e nella pratica di ogni bene. La sua profonda 
fede era oggetto di ammirazione da parte della sua famiglia e degli addetti alla 
corte. Libero da ogni dovere educativo, entrava nella cappella del palazzo 
reale, dove lo si poteva sempre trovare in un raccoglimento precoce, intento 
alla preghiera. La dolcezza del suo carattere, la purità dei suoi costumi, erano 
rare per un giovane della sua età. Questo stato di grazia era il preludio dell’alta 
santità che avrebbe un giorno raggiunto per l’assidua preghiera. Il grande 
amore che ebbe fin da bambino per Dio portò il nostro Santo ad amare il 
prossimo. Per questo motivo non bisogna meravigliarsi del fatto che non 
trascurò occasione di attestare loro la carità che Dio si compiacque di 
ricompensare di prodigi. Oltre agli insegnamenti religiosi da parte della 
madre, egli riceveva anche l’educazione civile e militare. Per i suoi studi di 
grammatica e arti liberali e delle norme che riguardano l’educazione di un 
principe, furono scelti maestri eccellenti per sapere e virtù. Gli storici ci 
ricordano i famosi Ponzio Carbonelli, Riccardo da Mediavilla, Guglielmo del 
Falga.                   
Appena imparò a leggere, passava delle ore nella lettura dei <Fiori dei Santi>, 
a cui egli cercava di essere modello e attraverso le preghiere giornaliere cercò 
di mettersi in contatto con Dio. Conosceva già a poco più di cinque anni, oltre 
le comuni preghiere, alcuni salmi penitenziali e rimase fedele alla devozione 
della Madonna per tutta la vita e morì sussurrando il nome di Maria. Ogni 
mattina, durante il periodo della sua prigionia, assisteva alla messa, ed il suo
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volto aveva qualcosa di celeste e divino. Ormai giovane, prigioniero a Cuirana 
di notte, vegliava pregando e alle volte non resisteva al sonno e si 
addormentava sul tappeto sul quale si appoggiava. Ludovico aveva 14 anni 
quando gli toccò una disavventura che portò ad una svolta nella sua vita. 
Infatti divenne ostaggio, insieme ai due fratelli, in cambio del padre, 
prigioniero del re di Sicilia Alfonso III d’Aragona per diversi anni. Lontano 
dall’affetto della famiglia e dalla sua patria, si rifugiò in meditazione, a 
guardare oltre la ricchezza e a pregare Dio. Ludovico sentì e meditò che era 
stata la mano di Dio a mandarlo lì e non inveì contro chi lo rinchiuse in 
carcere, ma si consolò nella grazie del Signore e Dio lo ricompensò 
trasformando le dure prove in consolazioni.                 
All’indomani della rinuncia alla corona, Ludovico ottenne di ritirarsi, assieme 
ai religiosi addetti alla sua compagnia, nel Castel dell’Ovo per prepararsi 
all’ordinazione sacerdotale. Lì egli potè dedicarsi con serenità allo studio delle 
discipline ecclesiastiche, intensificare gli atti di umiltà, di carità e penitenza. 
Bonifacio VIII espresse al re Carlo II il desiderio di ordinare prete suo figlio, 
ma aveva 22 anni e quindi non aveva l’età canonica necessaria, ma il 
Pontefice gli concesse lo stesso la possibilità di farlo. Alla vigilia della sua 
ordinazione sacerdotale, Ludovico torna a casa tra i suoi familiari a 
Castelnuovo. La cerimonia, nella cappella di San Lorenzo, fu molto solenne, 
quasi un dramma sacro. Si rinnoverà, così, a Napoli, in maniera più 
spettacolare quello che era avvenuto ad Assisi: Francesco aveva consegnato al 
padre la camicia e il vescovo l’aveva ricoperto col proprio mantello; qui, 
Ludovico veniva ricoperto col sacerdozio e abbracciato dall’Arcivescovato 
Filippo Capece Minutolo.                         
Carlo II già il 27 gennaio 1300 aveva nominato un procuratore presso la Curia 
Pontificia con il compito di promuovere la causa di Canonizzazione di suo 
figlio. Il 1° agosto 1307, Clemente V fece indagare sui miracoli attribuiti a 
Ludovico, e a lui segnalati. E’ il mattino del 7 aprile del 1317 quando davanti 
ad una grande folla con a capo la famiglia D’Angiò, si attua il processo di 
Santificazione per il nostro San Ludovico di Tolosa. L’8 novembre 1319 
avvenne la ricognizione e la traslazione del venerato corpo di S. Ludovico dal 
coro all’altare maggiore della chiesa dei Frati Minori di Marsiglia.
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Bibliografia:                   
Bertaux E., Les saints Louis dans l'art italien, in Revue des deux mondes, 1900          
Analecta Franciscana, VII, Firenze, Quarachi 1951            
Pasztor E.,  Per la storia di san Ludovico d'Angiò 1247-1297, Roma 1955                                 
Roche A., Psicologia dei santi, Roma 1958, p. 17            
Pasztor E., Ludovico d’Angiò, Vescovo di Tolosa, in: Bibliotheca Sanctorum, 
VIII, Roma 1967               
Gallo P. A., San Ludovico d’Angiò, in: Nuova stagione, Napoli 1974, p. 10                         
Di Maria G., Ludovicò d’Angiò nell’eremo di Castel dell’Ovo, 1980                              
d’Orta G., Vita S. Ludovici, 1980  
 
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
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Capitolo I 
 
L’iconografia di San 
Ludovico in Campania  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
	
  
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Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte - San Ludovico di Tolosa incorona re il fratello Roberto d'Angio' - 
Storie della vita di San Ludovico di Tolosa
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Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte - San Ludovico di Tolosa incorona re il fratello Roberto d'Angio' - 
Storie della vita di San Ludovico di Tolosa – particolare predella	
  
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Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte - San Ludovico di Tolosa incorona re il fratello Roberto d'Angio' - 
Storie della vita di San Ludovico di Tolosa – particolare predella