Repubblicana, con il principio che la tutela della salute fisica e
psichica del cittadino, intesa come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività, viene garantita dallo
Stato, attraverso il Servizio Sanitario Nazionale, sempre nel rispetto
della dignità e della libertà della persona umana.
Il SSN è costituito dal “complesso delle funzioni, delle strutture, dei
servizi e delle attività destinate alla promozione, al mantenimento e
al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione”.
I principi fondamentali sono definiti dall’art. 1:
- il principio dell’uguaglianza: il SSN si esplica a favore di tutta la
popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali
e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei
confronti del servizio;
- il principio della globalità degli interventi: il SSN assicura il
collegamento ed il coordinamento con le attività e con gli
interventi di tutti gli altri organi, centri, istituzioni e servizi, che
svolgono nel settore sociale attività comunque incidenti sullo
stato di salute degli individui e della collettività;
- il principio della socialità della tutela sanitaria: questa non riguarda
più l’individuo come singolo, bensì il cittadino come società. La
tutela della salute non può più, quindi, essere circoscritta alla
semplice cura delle affezioni, dovendo estendersi
necessariamente, alla prevenzione ed alla limitazione delle
affezioni medesime;
- il principio della partecipazione democratica dei cittadini/utenti: la
partecipazione è intesa, nell’ottica del legislatore, come controllo
sulla funzionalità delle strutture sanitarie (artt. 13,15).
Va ricordato che l’emanazione della legge era stata preceduta da un
lungo e serrato dibattito, nel quale ebbero parte attiva forze politiche,
sociali, sindacali ed associazioni di categoria. I tre punti fondamentali
sui quali si raggiunse l’accordo furono:
- necessità del contenimento della spesa sanitaria entro limiti
ragionevoli in relazione al prodotto nazionale lordo;
- migliore utilizzazione del personale attraverso la qualificazione
professionale e la mobilità, in maniera tale da concentrare le
risorse là dove se ne presentasse effettivamente il bisogno;
- necessità di privilegiare la prevenzione rispetto alla diagnosi ed
alla cura.
In realtà, già dieci anni prima, il principio introdotto dalla
Costituzione repubblicana dell’assistenza sanitaria intesa come
diritto del cittadino ed interesse primario dello Stato, si era
concretizzato nella Riforma Ospedaliera attuata con la legge 12
febbraio 1968, n.132 . (17)
Detta riforma si basava su taluni principi che possono essere così
riassunti:
1) trasformazione radicale delle strutture dell’ente ospedaliero con
definitivo abbandono del concetto di enti di assistenza e
beneficenza;
2) affermazione del diritto alla tutela della salute pubblica
individuale secondo il dettato dell’art. 32 della Costituzione, con
il conseguente superamento del criterio caritativo-assistenziale;
3) struttura democratica dei consigli di amministrazione degli enti
ospedalieri;
4) decentramento dei compiti e delle funzioni alla Regione;
5) inserimento dell’attività ospedaliera nel quadro della
programmazione;
6) collegamento con le università mediante le previsioni contenute
nei piani;
7) previsione dei criteri per una diversa disciplina dei concorsi
ospedalieri;
8) accentuazione dei controlli sulle case di cura private.
Uno dei punti qualificanti della legge del 1968 è consistito, in
sostanza, nell’aver dato una configurazione giuridica uniforme a
tutte quelle istituzioni che avevano svolto fino ad allora attività di
assistenza ospedaliera. Nacque, quindi, l’Ente Ospedaliero, quale Ente
pubblico – istituzionalmente ed in via esclusiva – preordinato
al ricovero ed alla cura degli infermi. Tale denominazione venne
attribuita agli ospedali civili ed a quelli dipendenti dalle istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB), dagli Enti mutualistici
e previdenziali e da altri Enti pubblici.
Un’altro passo verso la riforma sanitaria viene attuato cinque anni
dopo dal D.P.R. 14/1/1972, n.4 . (17)
Il citato provvedimento legislativo realizzava, infatti, il passaggio
all’Ente Regione delle funzioni statali in materia sanitaria, nelle varie
fasi di intervento preventivo, terapeutico e riabilitativo, attuando
inoltre il trasferimento degli uffici statali periferici già titolari delle
predette competenze.
E un ulteriore passo avanti per il raggiungimento della auspicata
riforma fu fatto con la L. 29/6/1977, n.349 recante “ Norme transitorie
per il trasferimento alle Regioni delle funzioni già esercitate dagli enti
mutualistici e per la stipulazione delle convenzioni uniche per il personale
sanitario in relazione alla riforma sanitaria.”(17)
Tale provvedimento che in pratica segnava la fine, in Italia, del
sistema mutualistico ormai in crisi, sia dal punto di vista
organizzativo che finanziario, stabiliva:
- il passaggio delle mutue dallo stato di commissariamento a quello
di liquidazione, con la costituzione di un comitato centrale per la
liquidazione degli enti, composto anche di rappresentanti delle
Regioni, dei Comuni etc. ;
- il rapporto ottimale medico-assistibili per la medicina generica e
pediatrica, in base al quale stipulare poi le convenzioni uniche
nazionali;
- la garanzia e la regolamentazione della libera professione da
estendersi nell’ambito delle strutture ospedaliere;
- le norme relative all’amministrazione del personale delle mutue,
che veniva assoggettato alle direttive del suddetto comitato
centrale.
Il D.P.R. 24/7/1977, n.616 reca l’attuazione della delega legislativa
contenuta nella L. 22/7/1975, n.382, per l’ulteriore trasferimento
alle Regioni di funzioni amministrative esercitate ancora dagli organi
centrali e periferici dello Stato e da enti pubblici nazionali ed
interregionali differenti dallo Stato. Praticamente con il D.P.R. in
parola si sono volute integralmente devolvere alle Regioni tutte le
materie indicate nell’art. 117 Cost. . (17)
Non pare inopportuno ricordare a questo punto, per completezza,
che prima del 1978 l’unico corpus organico di leggi a tutela e governo
della materia sanitaria era stato il T.U. delle leggi sanitarie emanato
con R.D. 27/7/1934, n.1265, preceduto, dall’unificazione dello Stato
in poi, solo dalla legge 21/12/1888, n.5849 e dalla L. 20/3/1865,
n.2248, che istituivano, la prima il Consiglio superiore di sanità e la
Direzione generale della sanità pubblica nell’ambito del Ministero
dell’Interno, mentre la più antica affidava al Ministero dell’Interno
come tale, la tutela dell’igiene pubblica a livello centrale ed ai Sindaci
e Prefetti in periferia. (17)
Quanto sopra offre lo spunto per alcune considerazioni iniziali in
merito all’intervento dello Stato in materia sanitaria, e a come, tutto
sommato, questo si sia manifestato in modo conforme ai mutamenti
di atteggiamento espressi dalla società civile e, più in generale, dalla
popolazione, verso la Sanità stessa.
Storicamente possiamo osservare infatti che, da un iniziale
trattamento della Sanità come problema inerente al buon
ordinamento degli affari interni dello Stato, si è passati nel primo
quarto del secolo ad attività di tipo regolatorio più specifico,
lasciando tuttavia sostanzialmente inalterata la natura tradizionale
dei luoghi di ricovero e cura : istituzioni spesso dotate di grandi
patrimoni derivati da donazioni o lasciti testamentari (si pensi al
Pio Istituto di S.Spirito), il cui reddito doveva servire al loro
funzionamento per accudire alle persone senza mezzi.
Nel primo e nel secondo dopoguerra una più accentuata attenzione
alle necessità del sociale, in campo sanitario come in altri settori,
portò allo sviluppo di forme mutualistiche di intervento, sostenute
tuttavia fortemente da capitali pubblici : lo Stato cominciò ad
intervenire sempre più massicciamente nella Sanità, non solo
regolando e legiferando, ma anche gestendo direttamente o
indirettamente strutture di ricovero e di cura.
I successivi interventi riformatori, prima degli Ospedali, poi di tutta
la Sanità sono stati - almeno nelle intenzioni - nella stessa direzione,
volti a migliorare, razionalizzare, evitare sprechi, in una parola,
ottimizzare.
L’atteggiamento odierno di gran parte della pubblica opinione
(perlomeno di quella interpretata dai media) verso una maggiore
considerazione per le scelte autonome e personali in campo sanitario
(medicine alternative, assicurazioni private, enfasi sulla ‘libertà di
cura’ etc. ), assieme alla presa di coscienza che i costi sempre più
elevati delle spese ‘sociali’ non possono essere attribuiti alla fiscalità
generale senza un controllo di gestione appropriato, dovrebbero
portare, almeno in prospettiva, ad un arretramento dell’intervento
pubblico diretto ed invece ad una accentuazione degli interventi in
senso ‘preventivo’, cioè a quella promozione degli stili di vita
‘igienici’ volti ad evitare o a mitigare l’insorgenza e la diffusione
delle malattie, che è un poco il quadro da cui si era partiti, nel 1865.
FIGURA 1 : SUCCESSIONE STORICA DEGLI ATTI LEGISLATIVI DAL 1865 AL 1978
1865 1888 1934 1945 1958
1968 1972 6/1977 7/1977 1978
ξ Emanazione delle
prime norme organiche
in materia sanitaria
ξ La tutela della sanità
pubblica venne
affidata, in sede
centrale, al Ministero
dell’Interno, ed a
livello periferico, ai
Prefetti ed ai Sindaci.
ξ Legge sulla tutela
dell’igene e della sanità
pubblica
ξ Istituzione del Consiglio
superiore di sanità
ξ Costituzione della
Direzione generale della
sanità pubblica,
nell’ambito del
Ministero dell’Interno
ξ Istituzione degli uffici
sanitari provinciali alle
dipendenze dei Prefetti.
ξ Approvazione
del nuovo T.U.
delle leggi
sanitarie.
ξ Costituzione
dell’Alto
commissariato
per l’igiene e la
sanità
pubblica.
ξ Istituzione
del Ministero
della Sanità.
ξ Riforma ospedaliera:
1. Abbandono del
concetto di enti di
assistenza e
beneficenza
2. Decentramento dei
compiti e delle
funzioni alle Regioni,
ecc.
ξ Nascita dell’ Ente
Ospedaliero, quale Ente
Pubblico.
ξ Passaggio all’Ente
Regione delle
funzioni statali in
materia sanitaria
ξ “Norme transitorie
per il trasferimento
alle regioni delle
funzioni già esercitate
dagli enti mutualistici
e per la stipulazione
delle convenzioni
uniche per il
personale sanitario in
relazione alla riforma
sanitaria” = fine del
sistema mutualistico
ξ Ulteriore
trasferimento
alle Regioni di
funzioni
amministrative
statali =
devoluzione
alle Regioni di
tutte le materie
indicate
nell’art. 117
Cost.
ξ Prima legge di
Riforma
dell’ordinamento
sanitario
ξ Nascita del Sistema
Sanitario Nazionale
(SSN)
CAPITOLO II
PARALLELO TRA LE LEGGI DI RIFORMA SANITARIA DEL
1978
E DEL 1992/93
Quattordici anni sono stati sufficienti per rendersi conto che la
‘riforma epocale’ della Sanità del 1978 non riusciva ad interpretare
in modo sufficiente varie esigenze spesso contrastanti: tempestività
ed efficienza dei servizi erogati, equità nella allocazione delle risorse
finanziarie, prevedibilità delle spese, razionalità delle gestioni.
Una analisi comparativa delle differenze su alcuni capitoli
fondamentali tra quanto stabilito nel 1978, testato negli anni
successivi e poi modificato nel 1992 (Legge Delega 23/10/1992,
n.421, D.L.30/12/1992, n.502 e D.L. 7/12/1993, n.517 ), sarà di
aiuto per definire i problemi riscontrati ed i tentativi di soluzione.
(30)
A) IL DIRITTO ALLA SALUTE
1978
Il primo comma dell’art. 1 della L. 833/78 stabilisce che la salute,
come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettività, viene tutelata mediante il Servizio Sanitario Nazionale.
Si tratta di una grossa innovazione in quanto gli individui non sono
più considerati come semplici destinatari di una normativa, bensì
come titolari di un diritto soggettivo a pretendere, dalle strutture
amministrative competenti, tutta una serie di servizi assistenziali al
fine di difendere la loro salute.
Gli artt. 1 e 2 determinano, alla luce degli obiettivi del SSN, il
contenuto, l’estensione, e le modalità di esercizio di tale diritto, mentre
gli artt. 19, 20, 21, 22, 25 e 26 configurano analiticamente il diritto alla
tutela della salute.
Una ulteriore serie di norme è dedicata, dalla prima legge di riforma
sanitaria, al tema dei rapporti che intercorrono tra la tutela della
salute dell’individuo e la tutela della libertà personale. Una di queste è
contenuta nell’art. 33, il quale, al secondo comma, dispone che i
trattamenti sanitari debbano essere tassativamente previsti dalla
legge nonché effettuati nel rispetto della dignità della persona e dei
diritti civili e politici. (29)
1992
Il D.Lgs. 502/92 impronta l’azione di tutela del diritto alla salute in
chiave partecipativa come può evincersi dal tenore letterale dell’art.
14 (comma 1, modificato dal D.Lgs. 517/93) : “Al fine di
garantire il costante adeguamento delle strutture e delle prestazioni
sanitarie alle esigenze dei cittadini/utenti del SSN il Ministro della
Sanità definisce con proprio decreto, …, i contenuti e le modalità di
utilizzo degli indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni
sanitarie relativamente alla personalizzazione ed umanizzazione
dell’assistenza, al diritto all’informazione, alle prestazioni
alberghiere, nonché all’andamento delle attività di prevenzione delle
malattie.”
La partecipazione del cittadino può realizzarsi sia nella fase
strutturale ed organizzativa – l’art. 14 al secondo comma prevede
forme di consultazione fra le Regioni ed i cittadini, finalizzate a
“fornire e a raccogliere informazioni sull’organizzazione dei servizi”
– che nella fase finale di verifica degli obiettivi raggiunti – il quinto
comma dell’art. 14 riconosce al cittadino adeguati strumenti giuridici
per tutelarsi da ogni forma di malfunzionamento che sia di ostacolo
alla fruibilità delle prestazioni di assistenza sanitaria - .
Cambia, in tal modo, il principio ispiratore del sistema di assistenza
sanitaria: la tutela sanitaria è effettuata perseguendo il fine
dell’umanizzazione e della personalizzazione delle cure e non più
soltanto il criterio della rilevanza individuale e sociale del diritto alla
salute proposto dall’art. 32 Cost. .
B) LA RIPARTIZIONE DELLE COMPETENZE: FUNZIONI DI
STATO E REGIONI
1978
E’ compito dello Stato attuare il SSN insieme con le Regioni e gli altri
enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini
(art. 1, 3° comma).
Sono di competenza dello Stato:
- la funzione di indirizzo e coordinamento delle Regioni in materia
sanitaria, rispondente ad esigenze di unitarietà, anche con
riferimento agli obiettivi della programmazione economica
nazionale (art. 5). questa funzione viene esercitata, fuori dei casi
in cui si provveda con legge o con atto avente forza di legge,
mediante deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta
del Presidente del Consiglio, d’intesa con il Ministro della Sanità,
sentita la Conferenza permanente;
- la funzione amministrativa concernente quelle attività
amministrative che riflettono esigenze di carattere nazionale o
impegni internazionali (art. 6).
La Costituzione, all’art. 117, demanda l’assistenza sanitaria ed
ospedaliera alle Regioni, enti territoriali voluti dal Costituente
proprio al fine di realizzare un più immediato contatto tra le esigenze
locali e le strutture politico-amministrative preposte alla
soddisfazione di detti bisogni.
Le funzioni esercitate dall’ente Regione, secondo la legge di riforma
del 1978, sono:
a) la funzione legislativa, in materia di assistenza sanitaria ed
ospedaliera che deve avvenire nel rispetto dei principi
fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato e tendere,
essenzialmente, a: