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“Ogni epoca ha il suo stile di direzione”
Introduzione
Le argomentazioni che porterò a sostegno della mia tesi saranno volte a
comprendere come gli studi della direzione siano stati condizionati
dall’evoluzione dei cambiamenti ambientali avvenuti nei vari periodi
storici, dalla fine dell’Ottocento ad oggi.
Attualmente le organizzazioni moderne, per combattere le pressioni
competitive in costante aumento, richiedono sempre più leadership.
Questa variabile è diventata talmente cruciale, che gli equilibri aziendali
dipendono largamente dalla gestione degli stili di leadership delle risorse
umane.
Selznick, negli anni ’50, fu lungimirante quando dichiarò che “la
leadership manca dove è necessaria, altrimenti le istituzioni vanno alla
deriva nel lungo periodo”.
Si può dunque affermare, che questo è “il tempo della leadership”.
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1
Questo titolo è stato tratto da un articolo di G. Quaglino in “Sviluppo & Organizzazione” n. 182,
anno 2000.
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Cercherò di analizzare il passato seguendo il percorso storico che ha
legittimato l’importanza di questa variabile fondamentale, partendo dalle
radici degli studi manageriali.
Approfondirò le tematiche che ritengo più significative per il mio studio,
ponendo l’attenzione su quegli autori che hanno dato un’impronta
decisiva (diretta o indiretta) alla conformazione degli stili di direzione.
A tal proposito nell’ultimo capitolo cercherò di non confondere il
concetto di “direzione” con quello di “leadership”, esplicando sia le
differenze che il motivo per cui la leadership debba emergere dal
management.
Percorrerò le varie “scuole” riconducibili alle tappe fondamentali
dell’evoluzione del pensiero organizzativo, così da poter tracciare una
linea evolutiva cronologicamente susseguente (vedi tabelle n. 1 e n. 2).
La tabella n. 1 è stata realizzata per storicizzare gli argomenti che tratterò
nel mio elaborato. Quest’ultimi verranno esplicati nell’ordine temporale
illustrato.
Lo scopo della tabella n. 2 è di avere un quadro generale, seppur
generico, sui principali autori, suddivisi in relazione alle loro scuole di
appartenenza, che saranno analizzati nella mia ricerca.
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Tab. n. 1 Principali autori e scuole di pensiero in ordine
cronologico
AUTORI / TEORIE
PERIODO
STORICO
Weber
fine ‘800
Taylor
primi ‘900
Fayol
1925 ~
Mayo, Roethlisberger, Dickson
anni ‘20
Barnard
1938 ~
Gli studiosi delle “Relazioni
Umane”
anni ‘50
Il filone delle “Risorse Umane”
anni ‘60
Le teorie contingenti
anni ‘70
I “Contemporanei”
dagli anni ’80..ad oggi
Negli anni ’50 si sviluppano degli studi, tra cui quelli di Homans e dei ricercatori di Ohio, che si
rifanno alla corrente delle Relazioni Umane nata negli anni ’20 dalle teorie di Mayo e dagli
esperimenti di Roethlisberger e Dickson.
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Tab. n. 2 Scuole di appartenenza e principali autori del
pensiero organizzativo
TEORIE AUTORI
Classici
Weber Taylor Fayol
Approccio
personale
Relazioni Umane:
Mayo
Roethlisberger
Homans
Studi di Ohio
Risorse Umane:
Argyris
McGregor
Likert
Teoria
dell’azione
organizzativa
Barnard
Contingenti
Burns - Stalker
Fiedler
Tannenbaum e Schmidt
Contemporanei Drucker
Autori vari
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Da quest’ultima tabella emerge soprattutto la contrapposizione storica
fra i “classici” e coloro che seguono un approccio personale.
Quest’ultimo è così chiamato poiché tende a sottolineare l’importanza
del ruolo della persona, che diventa il perno attorno al quale ruota il
sistema. Durante il mio elaborato proverò a demarcare le differenze con i
tradizionalisti classici, i quali hanno accentrano l’attenzione sui compiti,
sulle procedure e sulla struttura stessa.
L’approccio tradizionale comprende i contributi di:
Weber, il quale analizza la legittimità dei diversi tipi di potere e
propone, ispirandosi ai principi delle Pubbliche Amministrazioni
dell’epoca, un modello universale, detto “burocratico”;
Taylor, i cui principi di direzione scientifica costruiti nelle fabbriche,
rappresentano una svolta epocale rispetto ai criteri discrezionali delle
vecchie botteghe artigiane;
Fayol, che isola la funzione direttiva dalle altre attività di gestione e
cerca di diffondere una dottrina direzionale attraverso l’emanazione
di principi generali da applicare a qualsiasi azienda.
Dopo aver determinato le basi del management, approfondirò gli studi di
Barnard, il quale teorizza, alla fine degli anni ’30, la criticità della
funzione di leadership (chiamata integrativa) all’interno dell’azienda.
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Ho preferito collocare questo autore tra gli studiosi non classici, poiché
si collega ad una concezione più organica del sistema che esalta il fattore
umano e la cooperazione, nonostante il suo contributo sia in evidente
continuità con il pensiero tradizionale.
Nell’ambito dell’approccio personale, dopo aver analizzato le teorie dei
propulsori delle Relazioni Umane (Mayo, Roethlisberger e Dickson), e
dei successivi studi di Homans e dell’Università di Ohio, che si
focalizzano sull’analisi delle interazioni tra i membri del gruppo, mi
soffermerò particolarmente sugli studiosi delle Risorse Umane (Likert,
Mc Gregor e Argyris), ritenendoli fondamentali nell’aver consolidato la
tesi che non esiste organizzazione senza uomo, inserendosi
inevitabilmente in tutti gli studi organizzativi successivi.
La mia ricerca non considererà il filone dei “Motivazionalisti”, dal
momento che essi si sono occupati esclusivamente del fattore
“motivazione”, trascurando l’impatto sugli stili di direzione.
E’ doveroso inoltre citare gli approcci successivi, che hanno tentato di
colmare le lacune delle precedenti analisi approfondendo nuove
tematiche, come la scuola dei contingenti che esamina le variabili di
contesto dell’organizzazione.
Nell’ambito di tale approccio prenderò in esame il modello di Burns e
Stalker, ma soprattutto i contributi funzionalistici di Fiedler e di
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Tannenbaum e Schmidt, dal momento che ritengo interessante
approfondire il rapporto tra leader e subordinati.
Nel corso degli ultimi anni, l’intento di trovare soluzioni originali per
fronteggiare più adeguatamente i problemi dovuti alla mutabilità
ambientale, ha portato alla nascita di un nuovo filone teorico, detto dei
“contemporanei”.
In questo ambito approfondirò gli studi effettuati da Drucker che
riguardano i nuovi compiti del manager; le capacità manageriali e gli
approcci per rendere efficiente un’azienda; e le decisioni strategiche e gli
obiettivi che si pone di realizzare un’azienda.
Nella parte finale del mio elaborato approfondirò la correlazione tra i
vari contesti culturali e la leadership; le nuove forme di leadership e i
fattori di successo di cui necessita una leadership efficace.
L’analisi sulle varie teorie avrà lo specifico intento di trarre da ogni
“scuola” i punti salienti, in modo da costruire un modello unico e
completo sullo stile di direzione.
Per realizzare tutto ciò sarà necessaria la massima imparzialità, per cui
occorrerà non schierarsi né con l’una, né con l’altra scuola di pensiero, in
modo da poter esprimere un giudizio significativo e obiettivo.
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A. Relazione tra ambiente e stili di direzione
In questa ricerca si vuol mettere in risalto come i diversi studi sulla
direzione siano sempre stati frutto del tempo in cui sono stati scritti e
conseguentemente adeguati alla mentalità e all’assetto sociale del
periodo considerato.
Il passaggio da un approccio all’altro è provocato dal lento e continuo
cambiamento dei fattori ambientali che hanno influenzato la società
migliorandola in modo da modificare gli stili di direzione.
Per facilitare la comprensione di questo discorso metterò a confronto due
periodi storici contigui, ma diversi: il periodo fordista del primo
Novecento e quello post-fordista caratteristico della seconda metà del
secolo XX, in modo da far capire come alla variazione ambientale abbia
fatto seguito un mutamento anche degli stili di autorità.
L’ambiente statico dell’impresa “fordista” è caratterizzato dai seguenti
elementi:
grandi dimensioni aziendali;
tecnologie produttive fisse;
lenta innovazione tecnologica;
accentramento delle decisioni nei “quartieri generali”;
forti economie di scala;
specializzazione del lavoro;
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trionfo della meccanica sull’uomo;
lunghi cicli di vita del prodotto;
limitato contesto ambientale;
pianificazione strategica, il cui orizzonte temporaneo è di medio -
lungo termine;
standardizzazione dei beni omogenei;
time to market lento.
Questa cornice storica ha favorito inevitabilmente un modello
organizzativo top - down, dove le decisioni tendono ad accentrarsi nei
vertici aziendali.
L’avvento di nuovi fattori ha provocato la modifica degli assetti
procedurali, normativi, ma anche organizzativi, tra questi vanno
segnalati:
la rapida evoluzione tecnologica;
l’apertura dei mercati internazionali e l’aumento della pressione
competitiva;
il primato dell’elettronica;
l’aumento della cooperazione;
la domanda più sofisticata e differenziata;
la flessibilità degli impianti produttivi;
il miglioramento del livello di vita;
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gli sforzi prodotti per un aumento della dignità dell’uomo.
Il nuovo contesto, sicuramente più dinamico rispetto a quello
precedentemente descritto, ha creato strutture organizzative
gerarchicamente più basse e quindi più appiattite, riuscendo ad
avvicinare i “vertici” alla “base”.
L’introduzione di tali novità ha avuto delle ripercussioni sui
comportamenti dei leader, i quali durante il processo decisionale
dovranno orientarsi al gruppo per coinvolgere i partecipanti agli obiettivi
aziendali. Per realizzare tutto ciò occorrerà attuare un decentramento
decisionale attraverso la concessione di deleghe verso il “basso”.
Queste argomentazioni mi consentono di intuire come gli stili direzionali
si siano sempre adeguati all’evoluzione dell’ambiente.
Il principale traguardo che mi propongo di realizzare è di definire
innanzitutto lo stile di direzione relativo ai vari periodi storici, che
corrispondono all’approccio classico e a quello personale; dopodiché,
analizzando le teorie manageriali contemporanee e considerando quanto
emerso dagli studi precedenti, stabilirò se al momento esiste uno stile di
leadership universale o se il leader deve adeguarsi alle situazioni (vedi
tab. n. 3).
Il passato sarà dunque lo strumento ideale per rispondere ai molteplici
interrogativi che riguardano le nuove forme di leadership e le qualità che
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un dirigente moderno necessita per aver successo e quindi per diventare
un leader efficace.
“Il passato è lo strumento per analizzare il presente”.
ANNI PERIODO
STORICO
AMBIENTE APPROCCIO STILE DI
DIREZIONE
2
1900
Fordista Chiuso Classico
?
1950
Post-fordista Aperto Personale
?
oggi Neo-fordista Parzialmente
aperto
Contemporaneo
?
Tab. n. 3 Ricerca sugli stili di direzione
2
I punti interrogativi presenti nella colonna che riguardano gli stili di direzione troveranno risposta
nelle conclusioni. L’obiettivo del mio lavoro è di determinare per ogni periodo storico lo stile di
direzione più adeguato ad esso. Lo studio del passato sarà quindi strumentale alla definizione dello
stile di leadership attuale.
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Ringraziamenti
Un ringraziamento al mio relatore Prof. Maurizio Decastri, per
la Sua disponibilità e per la Sua attenta assistenza.
Inoltre ringrazio vivamente tutti coloro che hanno contribuito
alla stesura dell’elaborato, ed in particolare mio fratello Nicola,
mio papà Mario, la mia ragazza Elisa ed Egidio, per essermi
stati sempre vicino.
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PARTE I
GLI STUDI CLASSICI
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CAPITOLO 1
Il SISTEMA DI AUTORITA’
“ RAZIONALE LEGALE ” DI WEBER:
“ LA BUROCRAZIA ”
1.1 Introduzione
1.1.1 L’influenza della razionalità nelle strutture
organizzative
Il precursore degli studi sulla direzione aziendale è stato il sociologo
tedesco Max Weber, che alla fine del XIX secolo si è reso conto che il
mutamento delle nuove forze produttive avrebbe implicato una profonda
riforma nell’organizzazione sociale. E’ logico pensare che il processo di
industrializzazione e l’avvento del capitalismo abbiano condizionato le
basi e l’esercizio del potere.
Il sistema peculiare di inizio secolo, cioè quello della catena di
montaggio fordista, ha dato origine all’esigenza di razionalità nei
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processi produttivi, dovuta alla produzione di beni standardizzati e allo
sviluppo di rapporti disumani e psicologicamente neutri.
Inoltre anche l’elevata domanda di personale specializzato, l’alta
formalizzazione dei flussi e delle comunicazioni e le procedure definite,
determinate dalla crescita delle dimensioni aziendali, hanno comportato
inequivocabilmente la necessità di regole e di razionalità.
L’autore, concentrandosi sullo studio delle strutture di potere dell’epoca,
osserva che queste sono troppo basate su discrezioni personali e di
conseguenza constata la loro obsolescenza rispetto agli imminenti
cambiamenti ambientali che si prospettano all’orizzonte.
La “ragione” sostanzialmente sostituisce le antiche regole basate sulle
consuetudini e sul carisma delle persone. La regolamentazione
corporativa degli artigiani vigente fino allora, fondata su rapporti di
fiducia, a causa del suo anacronismo incomincia a perdere vigore.
Weber osservando che esiste una notevole influenza reciproca tra l’agire
economico capitalistico e le nuove forme di “organizzazione” nascenti,
scopre che il concetto di razionalità è l’unico termine unificante tra loro.
A mio parere l’evoluzione verso uno Stato moderno e burocratico, che
giudica e amministra secondo un diritto empiricamente statuito o tramite
regolamenti precisi stabiliti, procede di pari passo con lo sviluppo
dell’impresa capitalistica orientata al profitto.