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INTRODUZIONE
La presente ricerca nasce con l’intento di inquadrare, da un punto di
vista storico e sociologico, le radici culturali ed estetiche, nonché il percorso
evolutivo, di un particolare mezzo di comunicazione: il fumetto. Il lavoro si
dispiega in due diversi ambiti d’indagine: nella prima parte della tesi, infatti,
ci siamo soffermati ad analizzare le caratteristiche, gli stilemi, le proprietà
del comics, prendendo in esame i diversi processi che ne hanno
accompagnato il mutamento; mentre invece, nella seconda parte, ci siamo
concentrati nell’analisi di un case study.
L’indagine parte dalla constatazione di un dato di fatto: rispetto a
quella degli altri media (cinema o radio, per esempio), la vicenda del
fumetto è stata alquanto complessa: la sua evoluzione, infatti, ha seguito un
percorso per molti versi problematico e piuttosto tormentato. Per questa
ragione, sarebbe forse opportuno, provare a fornirne una definizione quanto
più chiara e accurata possibile.
A tal proposito, nel primo capitolo abbiamo tentato di tracciare una
sorta di profilo identitario del comics, circoscrivendo e delineando i contorni
di questo medium. Tuttavia, non è affatto semplice cogliere i suoi molteplici
rimandi estetici, le sue suggestioni simboliche, né tantomeno tutto il suo
immaginario culturale racchiudendo il tutto in una definizione; d’altra parte,
gli sforzi in questa direzione fatti nel corso del tempo da parte di autori di
varia estrazione culturale – linguisti, psicologi, scrittori, semiologi,
fumettisti, studiosi dell’arte e dei media, ecc.) sono stati numerosi, ma con
risultati non sempre soddisfacenti. Anzi sono spesso emerse interpretazioni
divergenti e, non di rado, contraddittorie. Di fatto, una definizione “da
dizionario” non esiste (e forse non è nemmeno essenziale averla), ma è
tuttavia fondamentale individuare alcuni elementi peculiari dai quali non è
possibile prescindere. Ed è ciò che questa ricerca si propone di fare.
Lo studio del fumetto prosegue, infatti, con un’analisi della sua
struttura narrativa, concentrando l’attenzione sullo stile e sui codici
espressivi utilizzati. Parola scritta e immagini rappresentano gli strumenti
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mediante i quali il medium in questione comunica con il suo pubblico.
Dunque, immagine e scrittura rappresentano le fondamenta dell’edificio
simbolico e mediatico del fumetto. Della prima, “rappresentata” dal
disegno, se ne analizzano le caratteristiche tecniche; quali la linea e le sue
differenti funzioni, tra cui la prospettiva, cioè la resa della profondità, nelle
sue vari applicazioni; come la sua stessa assenza o il suo uso “deviante” per
finire poi, con l’inquadratura e la costruzione del punto di vista.
Per quanto concerne, invece, la seconda area tematica, ossia la
scrittura, le peculiarità indagate sono invece la parola, ovvero il suo uso e le
funzioni a cui assolve all’interno della narrazione; la visualizzazione della
metafora e la “nuvoletta” (il balloon); la costruzione della pagina e le
funzioni della vignetta, analizzando il significato delle sue forme, le
dimensioni e il numero; infine la closure, ovvero quel fenomeno per il quale
la mente umana attraverso l’osservazione delle parti ha la percezione di un
intero (probabilmente è questo l’elemento più caratterizzante del fumetto).
Il primo capitolo, si conclude con una breve analisi dei rapporti di
interscambio e contaminazione che il fumetto ha intrattenuto e intrattiene
con gli altri mass media. In particolare, l’attenzione si concentra sulla
relazione che esiste tra quest’ultimo e il cinema (medium suo
contemporaneo), delineandone i punti comuni e quelli divergenti.
Ad ogni modo, una tesi sul fumetto non può non interrogarsi sulle sue
origini e sulle diverse tappe del suo percorso evolutivo. Nella seconda parte
della tesi si cerca proprio di approfondire queste tematiche.
Il punto è che il discorso intorno all’ “identità” del fumetto è
strettamente legato al tema delle sue origini e della sua storia. Ad esempio,
se lo si definisce semplicemente alla stregua di una “narrazione per
immagini” allora si può dire che quest’ultimo nasca quando, l’uomo delle
caverne, prima ancora dell’invenzione della scrittura, tentava di riprodurre
con disegni sulle pareti di roccia le sue vicissitudini quotidiane. Se si accetta
questa linea di pensiero bisogna di conseguenza concludere che le pitture
rupestri sono i primi esempi di fumetto.
Queste riflessioni sono solo il punto di partenza, infatti lo studio della
storia del fumetto parte da alcune considerazioni sui suoi precursori e
antenati: i cosiddetti protofumetti. Dalle incisioni rupestri ai papiri
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dell’antico Egitto, il viaggio nella storia del fumetto passa poi attraverso le
“vignette” della Colonna traiana, gli affreschi, i mosaici e le vetrate di
chiese e palazzi, oltre che le miniature e le stampe dei testi antichi.
Ad ogni modo è nell’Ottocento che il fumetto inizia ad assumere
quelle tipiche caratteristiche formali che ancora oggi lo contraddistinguono.
L’anno di nascita del fumetto moderno (quello, cioè, con le peculiarità che
tutt’ora lo contrassegnano) è generalmente considerato il 1896, l’anno in cui
Richard Felton Outcault diede alla luce The Yellow Kid.
Tuttavia, anche prima di quella fatidica data, c’era chi aveva deciso di
raccontare storie attraverso le immagini. Infatti, da Rudolf Topffer (amato
anche da Goethe) a Wilhelm Busch passando per Georges Coulomb (in arte
Christophe), l’Ottocento è stato attraversato da molti autori capaci di
realizzare serie impostate sul racconto in sequenza di immagini, prima che il
fumetto ricevesse il riconoscimento della critica e i favori del pubblico.
Ad ogni modo, nel primo Novecento assistiamo al diffondersi del
fumetto fantastico (Little Nemo, The Kin-der-Kids, ecc.), mentre invece,
negli anni Venti, la striscia umoristica (Mutt & Jeff, Krazy Kat, ecc.)
raggiunge un successo inaspettato. Successivamente, a partire degli anni
Trenta e Quaranta, l’esigenza di fidelizzazione dei lettori porta allo sviluppo
del genere avventuroso (Tarzan, The Phantom, ecc.) e di quello poliziesco
(Dick Tracy, Steve Canyon, ecc.); in seguito, a partire dal secondo
dopoguerra e fino agli anni Sessanta, il genere dominante è quello dei
supereroi (Superman, Batman, ecc.).
Comincia, però, in questo stesso periodo, anche un processo di
criminalizzazione nei confronti dei fumetti, i quali sono accusati di traviare i
giovani, corrompendone la morale. Alle posizioni di coloro i quali
profetizzavano, augurandola, la “morte” del fumetto è dedicata una breve
riflessione. Ad ogni modo, la sua “rinascita” non si fa attendere; in
quest’ottica ci siamo soffermati nell’analisi dei cambiamenti che ne hanno
caratterizzato il processo evolutivo a partire dagli anni ’60.
Per concludere l’analisi sul percorso storico del fumetto ci si
concentra, infine, sugli aspetti che più di tutti lo contraddistinguono oggi:
ovvero lo sviluppo di un particolare genere fumettistico, il graphic novel
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(che a dirla tutta ha origine negli anni Settanta), e i web comics, cioè i
fumetti digitali, nati, ovviamente, dopo l’avvento di internet.
La seconda parte di questo capitolo, consta di due approfondimenti: in
primo luogo si affronta lo studio delle principali produzioni fumettistiche
non statunitensi, con particolare attenzione al contesto europeo (in
particolare la scuola inglese e franco-belga) ma, guardando al di fuori del
vecchio continente, ci si sofferma anche sull’esperienza argentina e, ancor di
più, su quella giapponese. In secondo luogo, l’attenzione viene posta sulla
produzione fumettistica italiana, affrontata in modo dettagliato,
analizzandone tendenze, contraddizioni e risvolti sul piano socioculturale;
da questo punto di vista ci siamo soffermati sulle serie di maggior successo
(dal Corriere dei Piccoli a Tex, passando per Diabolik, Coccobil e Corto
Maltese) concentrando l’attenzione sui principali protagonisti di quella
straordinaria avventura editoriale; tra cui Gianluigi Bonelli, Hugo Pratt,
Andrea Pazienza, ed altri ancora.
L’ultimo capitolo, è infine dedicato ad uno studio di caso. Il fumetto
preso in esame è Dylan Dog. Per ovvie ragioni, l’indagine non può non
partire da un’analisi dei motivi che si presume siano alla base dello
straordinario successo di questa serie; in tal senso, sono esaminati nello
specifico sia il contesto storico-sociale in cui nasce (il primo albo della serie
compare in edicola nell’ottobre del 1986), sia le interpretazioni e i
commenti di autori importanti (“Potrei leggere la Bibbia, Omero e Dylan
Dog per giorni e giorni senza mai annoiarmi”, Umberto Eco).
Dopo aver fornito queste “coordinate”, si passa ad alcune
considerazioni circa lo stile e le scelte narrative che strutturano il racconto,
ovvero si guarda al modo in cui si costruisce un episodio tipo di questo
fumetto. A questa considerazione segue una breve analisi delle suggestioni
cinematografiche e letterarie che si presentano nel racconto, con un cascame
di citazioni e allusioni che rappresenta la cifra stilistica di Dylan Dog.
Lo studio, infine, si conclude con un approfondimento delle tematiche
maggiormente ricorrenti in Dylan Dog. In primo luogo si affrontano i temi
del mostro e del diverso, analizzandoli nelle loro mille sfumature. In questo
quadro emergono temi come l’orrore, inteso come la summa degli incubi
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quotidiani (il traffico, la televisione, ecc.); la realtà e i suoi infiniti
significati; e il sogno, ossia la principale via di fuga da ogni orrore umano.
Tuttavia un posto centrale nell’immaginario poetico di Dylan Dog è
occupato dai temi dell’amore e della morte. Da questo punto di vista, a
venire alla luce è l’universo emotivo e sentimentale del protagonista e il suo
modo di guardare alla vita. Il risultato è un affresco sul male di vivere
dell’individuo contemporaneo dove però, grazie alla garbata e sagace ironia
dell’autore, anche nelle pieghe del tragico e nelle brutture dell’esistenza, si
possono scorgere tracce di profonda umanità e di speranza per il futuro.
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CAPITOLO 1
DEFINIZIONI, LINGUAGGI E STRUTTURA DEL
FUMETTO
1.1 Il primo passo
Il mondo dei fumetti è enorme e vario, affascinante e stimolante.
Entrarci significa scoprire che la nostra idea su di esso è sbagliata; ristretta,
nella migliore delle ipotesi. Perché è così, tutti sanno cosa sono i fumetti:
sono quei giornalini dai colori vivaci pieni di disegni strani, di storie stupide
e personaggi infantili. Infantile, appunto. E’ questo l’aggettivo che più di
tutti accompagna il fumetto nelle definizioni di coloro che non hanno
varcato la soglia di quel mondo. La ristrettezza di queste definizioni è, in
prima istanza, ciò che ci impedisce di capire il fumetto, che ci blocca sulla
soglia. Quindi, trovare una definizione appropriata, se è possibile trovarne
una, può smentire gli stereotipi e dimostrare che il potenziale dei fumetti è
emozionante e illimitato.
E’ il momento di fare il primo passo.
Un qualsiasi tipo di discorso intorno al fumetto non può non
soffermarsi, almeno inizialmente, sulle considerazioni circa la, o meglio, le
definizioni del medesimo. E’ importante intendersi preliminarmente su cosa
è possibile definire fumetto, perché ciò permette di affrontare meglio altri
discorsi ad esso inerenti. Ad esempio, la questione di cosa esso sia è
strettamente correlata a quella riguardante le sue origini, la sua nascita (e
quindi la sua storia). Dunque, una definizione “corretta” di fumetto consente
di tracciarne anche un adeguato confine storiografico. Ma la definizione
sfugge. Da questo punto di vista (e non solo) il fumetto è, tra i vari mezzi di
comunicazione, quello che più di tutti ha scaldato gli animi in frequenti e
accese polemiche.
Un buon punto di partenza, parlando di definizioni e concezioni,
potrebbe essere l’andare a cercare come se la sono cavata e come se la
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cavano i dizionari della lingua italiana nei confronti del termine “fumetto”.
E’ uno spunto interessante e curioso, oltre che fonte di importanti riflessioni.
L’edizione del 1942 del Novissimo Melzi non riporta neppure la voce
“fumetto”, anche se questo media era entrato da tempo in Italia, nella quale
la produzione di fumetti “era divenuta un fatto economico e culturale
notevolissimo” (Volpi, 1977, pag. 52). Infatti, curiosamente lo stesso anno,
il termine viene registrato per la prima volta nel dizionario della lingua
italiana di Bruno Migliorini per designare le “nuvolette”. Successivamente,
nell’edizione del 1953, alla parola si attribuisce per sineddoche la
definizione delle storie disegnate che delle nuvolette si avvalgono (Bonomi,
Masini, Morgana, 2003, pag. 165). Riflessione: la cultura “ufficiale” trova
sempre molto difficile accettare i neologismi, figurarsi i nuovi linguaggi dei
mass media.
Nello Zingarelli del 1970 (pag. 711) la voce “fumetto” presenta due
accezioni: “(1) Liquore di anice e finocchio; (2) Breve battuta di dialogo che
sembra uscire dalla bocca dei personaggi raffigurati in narrazioni svolte
soltanto per via di immagini”. Tralasciando la prima accezione, che
evidentemente si riferisce ad “altro”, guardiamo alla seconda. Benché
quest’ultima si riferisca al medium in questione, risulta essere una
definizione largamente incompleta, in cui spicca l’inesattezza e
l’insensatezza di quel “soltanto”.
Passiamo a vocabolari più recenti. Il Garzanti 1998 (pag. 517) offre
questa definizione: “racconto formato da una serie di disegni corredati di
dialoghi inscritti in nuvolette che escono dalla bocca dei personaggi”. Anche
se viene sottolineata la correlazione tra disegni e dialoghi, questa
definizione presenta non poche inesattezze, ad esempio: le nuvolette non
escono solo dalla bocca ma anche dalla testa (i pensieri), o da oggetti di
varia natura.
Nessuna delle definizioni citate coglie nel segno, non è stata colta
l’essenza dell’oggetto indagato, che resta ancora sfuggente. E’ opportuno
guardare altrove. Dunque, piuttosto che cercare la definizione nei vocabolari
ad opera dei linguisti, sarà bene cercarla presso gli “specialisti”.
In Italia, uno dei primi lavori di taglio scientifico dedicato al fumetto è
scritto a quattro mani da due psicologi, Antonio Imbasciati e Carlo Castelli.
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I due autori incentrano la loro definizione di fumetto sulla natura del suo
linguaggio, infatti definiscono fumetto ciò che è “costituito dalla fusione di
un linguaggio scritto, contenuto nei ballons e nelle didascalie, con un
linguaggio iconico, dato appunto dai disegni” (Imbasciati e Castelli, 1975).
Quindi un testo che si avvale di tale linguaggio è un fumetto. Ma basta il
riferimento a questo aspetto per definirlo appropriatamente? No,
evidentemente.
Lo storico dei mass media Roman Gubern ne elabora una definizione
piuttosto ampia, secondo la quale il fumetto consiste in una “struttura
narrativa formata dalla sequenza progressiva di pittogrammi, in cui possono
inserirsi elementi di scrittura fonetica” (Gubern, 1975). Qui, qualcosa di
importante viene sottolineato: la subordinazione della parola all’immagine.
Le parole possono inserirsi nei disegni, ma non sono imprescindibili: un
fumetto senza parole ha ancora un senso, ma se a mancare sono le immagini
allora ci troviamo di fronte ad un “normale” libro. Infatti “è possibile
raccontare una storia attraverso le sole immagini, senza l’aiuto delle parole”
(Eisner, 2010, pag. 11). Preminenza dell’immagine sulla parola: questo è un
punto fermo.
Un altro elemento che bisogna evidenziare è sottolineato dal
semiologo Pierre Fresnault-Deruelle, il quale dopo aver affermato che “il
fumetto, moderna forma di narrazione figurativa, è caratterizzato
dall’associazione di immagini fisse in sequenze integrate (sia sul piano
grafico sia sul piano diegetico) non necessariamente dotate di testi ”,
aggiunge un’importante riflessione, e cioè che “prodotte in massa, queste
immagini mostrano un’economia direttamente dipendente dai vincoli tecnici
o di mercato che regolano la loro comparsa nei circuiti di distribuzione”
(Fresnault-Deruelle, 1990). Il fumetto viene dunque riconosciuto come
prodotto della cultura di massa, sottoposto alle leggi del mercato. Da queste
affermazioni possiamo dedurre altri punti fermi.
La prima constatazione è che il fumetto nasce come un nuovo
linguaggio, un nuovo mezzo che gli uomini hanno inventato per trasmettere
idee, messaggi, informazioni e per raccontare storie. In questo senso, non
può che essere considerato una conquista positiva, poiché accresce le
possibilità e i modi della comunicazione.
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In secondo luogo bisogna riflettere sulla posizione del fumetto nel
mondo dei moderni mass media, in quanto è particolare e significativa.
Innanzitutto il fumetto è stato, in ordine di tempo, il primo mezzo di
comunicazione di massa della nuova era audiovisiva (insieme al cinema).
Inoltre esso “si pone a mezza strada tra la “galassia di Gutenberg” e il nuovo
universo dei mass media, e ciò perché, mentre esso è ancora composto di
carta e inchiostro e mentre ha ancora (generalmente) una struttura narrativa
“lineare” (…) e cronologicamente susseguentesi, nello stesso tempo esso è
anche una comunicazione globale fatta per immagini”. Dunque è possibile
notare, “come constatazione sociologicamente e culturalmente importante,
che fu il fumetto a rompere per primo il monopolio della parola scritta”
(Volpi, 1977, pag. 59).
Il fumetto, dunque, appartiene alla cultura di massa ed un mass
medium a tutti gli effetti, come il cinema e la radio suoi contemporanei.
Tuttavia, la riflessione sul fumetto ha una storia diversa, infatti “il filo di
una tenace e per molti versi inspiegabile discriminazione intellettuale
attraversa l’orizzonte dei comics”, la quale è da attribuire alla stessa
struttura del fumetto, al suo essere niente altro che un “magnifico bastardo”
(Giromini, 1996, pag. 31). Queste brevi considerazioni permettono di
introdurre una nuova riflessione riguardo le definizioni, le concezioni e le
parole usate per descrivere il medium in questione.
Come è facile immaginare, il termine fumetto è una prerogativa solo
italiana; ma è utile e stimolante fare una piccola panoramica mondiale
perché, come ha scritto Luca Raffaelli, il modo con cui una cosa viene
chiamata ci dice molto di come una data cultura la “vede” (Raffaelli, 1997,
pag. 8).
Il fumetto, come detto, si chiama così per sineddoche, figura retorica
che indica la definizione del tutto tramite una parte. In questo senso la
discriminazione di cui si è accennato, gli italiani la possono avvertire già nel
termine stesso. Negli Stati Uniti e in Inghilterra i fumetti vengono chiamati
comics (termine sopravvissuto all’analogo funnies, altra definizione delle
origine), “in riferimento al fatto che le prime storie a fumetti sono tutte di
contenuto umoristico” (Abruzzese, Borrelli, 2001, pag. 116). La bande
dessinée (striscia disegnata) è il termine con cui si designa il fumetto in