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INTRODUZIONE
“Le nostre valigie erano di nuovo
ammucchiate sul marciapiede;
avevamo molta strada da fare.
Ma non importava,
la strada è la vita.”
Jack Kerouac
1
Tutti almeno una volta nella vita abbiamo sognato posti lontani ruotando un mappamondo
o muovendo l’indice sopra una cartina geografica. L’uomo si è sempre chiesto che cosa ci
fosse oltre l’orizzonte: la migrazione è scritta nei suoi geni. In fondo la storia stessa è fatta
di viaggi, esplorazioni, conquiste, nomadismi e pellegrinaggi. Cercando il termine
“viaggio” sul vocabolario troveremmo differenti definizioni: giro più o meno lungo
attraverso luoghi, paesi..., azione del muoversi..., itinerario ideale, immaginario o mitico e
così via. Il tema che ho scelto di sviluppare è, infatti, aperto a mille interpretazioni: per
alcune persone viaggiare potrebbe significare conoscere ambienti nuovi, fare nuove
esperienze, esplorare terre lontane; per altre, invece, scappare, fuggire dai problemi
quotidiani, dalle incomprensioni... L’idea di questa tesi nasce dal desiderio di comunicare
la mia passione per il viaggio: viaggio inteso non solo in senso realistico/concreto ma
anche simbolico/metaforico. E’ stupendo visitare posti nuovi, entrare in contatto con
culture diverse, relazionarsi con persone di altre lingue, colori, abitudini…ma soprattutto è
meraviglioso addentrarsi nella profondità della propria essenza poiché ci permette di
scoprire chi siamo e a quale vocazione siamo chiamati per essere veramente felici. Il
viaggio più importante della nostra vita non implica, pertanto, l’utilizzo dell’aereo né del
treno: è il viaggio dentro noi stessi alla ricerca della verità. A volte cerchiamo scappatoie
per evitare di compiere questo cammino, abbiamo paura di scoprire chi siamo, cosa
proviamo, abbiamo paura di scoprirci agli altri; tendiamo a non svelare segreti che
racchiudiamo dentro noi stessi, teniamo tutto nascosto per paura, paura che qualcuno possa
portarceli via per sempre. In fondo lo sappiamo tutti che le terre lontane, i paesaggi esotici,
i tramonti più belli sono prima di tutto dentro di noi e che è da noi stessi che ha inizio la
bellezza della natura perché siamo noi la sua stessa bellezza. Cosa sarebbe, allora, un
tramonto se non ci fossero i nostri occhi ad ammirarlo? Attraverso i nostri occhi, attraverso
1
Kerouac Jack, Sulla strada, Mondadori, Milano, 1957.
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la nostra mente compiamo il viaggio più speciale, quel viaggio senza limiti e confini, senza
regole e problemi alla scoperta del nostro mondo interiore, alla scoperta di noi stessi. Ogni
viaggio è una partenza per un mondo nuovo, ma è anche un arrivo perché quello che è stato
mai più sarà e tornare indietro è praticamente impossibile; ed è per questo motivo che ogni
volta che compiamo un viaggio, una parte di noi si arricchisce ed un’altra “muore”.
Viaggiare è un po’ come aprire una porta nuova, ma ciò implica che se ne debba chiudere
un’altra, e a volte questo ci spaventa perché siamo troppo spaventati dal cambiamento e
dall’ignoto. In realtà, però, il viaggio è un tuffo bellissimo nel vuoto, un lungo e tormentato
sospiro verso la felicità.
Il titolo della tesi “Il viaggio come dispositivo di crescita interiore” nasce dall’idea di voler
indagare il fenomeno del viaggio, oggi molto diffuso, nella sua dimensione reale e in
quella simbolica, da un punto di vista pedagogico/esistenziale. Il viaggio, in tutte le sue
dimensioni, educa e porta il viaggiatore a una maggiore consapevolezza di sé, del proprio
mondo interiore e della realtà circostante. Attraverso di esso, infatti, l’individuo si
allontana dal conosciuto, si immerge nell’oceano dell’imprevedibilità, dell’ignoto,
abbandona tutte le sue sicurezze, si distanzia dai punti di riferimento a lui più cari, si mette
alla prova, si confronta con una realtà diversa dalla propria, si pone interrogativi che lo
portano a riflettere e a ricercare risposte adeguate. Il viaggio educa, inoltre, all’essenziale,
al dialogo, allo scambio, all’accoglienza del diverso e provoca delle trasformazioni interne:
è, insomma, portatore di cambiamento in quanto muta la stessa identità del viaggiatore.
Nella prima parte della tesi affronteremo il tema del viaggio nella sua dimensione
realistica. La vita dell’uomo è da sempre legata al movimento; il movimento è all’origine
della vita, lo stesso universo e la terra sono in moto perpetuo. La mobilità ha in sé una
forza eccezionale per quanto riguarda la capacità di mutare le caratteristiche di una società
o di un individuo. Forme diverse di viaggio si sono susseguite nella storia ed ogni tipo di
viaggio rispecchia i problemi, i desideri, le paure degli uomini e dell’epoca in cui essi
vivono. Le forme di viaggio sono, dunque, in continua evoluzione e sono strettamente
rappresentative del periodo storico nel quale si inseriscono. Ogni viaggio, inoltre,
rappresenta il viaggiatore: esprime molti aspetti della sua personalità quali il suo stile di
vita, i suoi valori, le sue abitudini, ecc… Tanti e diversi sono i motivi che spingono a
partire gli individui e altrettanti sono i generi di viaggi che si possono effettuare.
Nel primo capitolo compiremo un viaggio nel viaggio e metteremo in luce i fondamentali
momenti che lo caratterizzano tra i quali ricordiamo: l’incontro con la diversità, il dono
come nutrimento della relazione autentica e il dialogo come mezzo per creare la relazione.
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Il viaggio, infatti, è un’esperienza fortemente relazionale: è occasione di incontro e di
scambio con l’altro. Attraverso il viaggio si fa esperienza dell’alterità poiché non c’è
viaggio senza l’altro e, a volte, è proprio l’altro che è in grado di determinare la nostra
esperienza. Intraprendere l’esperienza del viaggio è fare anche esperienza di solidarietà:
ciò che rende un’esperienza tale è il confronto, il rapporto tra situazioni e persone diverse
che possiedono punti di vista diversi. I grandi cambiamenti della nostra società, in
particolare ricordiamo la diffusione del processo di globalizzazione che sta ridefinendo non
solo la nuova frontiera dell’economia ma anche della politica, della cultura, del diritto
ecc… oppure la diffusione della società multimediale o il meticciato etnico culturale, ci
pongono di fronte a numerose sfide quali quella della società plurale, della cittadinanza,
della costruzione dell’identità, di fronte alle quali non è possibile rimanere spettatori.
Pertanto concluderemo il capitolo con una breve riflessione sulla necessità di promuovere
nella realtà quotidiana una cultura della solidarietà, basata sulla gratuità, sul dialogo, sullo
scambio e così via, che risponda il più possibile ai bisogni odierni dei cittadini.
“Viaggia, scoprirai il senso delle cose e il valore degli uomini”
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è un detto frutto di secoli e
secoli di osservazione generazionale degli individui con la sindrome del viaggio nel cuore
e nella mente e riassume un po’ il capitolo secondo che ha come tema principale il viaggio
come esperienza che cambia la vita. Come abbiamo detto il viaggio è un’esperienza
polisemica, ricca di emozioni, profondamente personale, ma mai assolutamente
individuale, perché il viaggio porta sempre ad un incontro con l’altro o con la parte più
intima di noi stessi. Non tutti i viaggi, infatti, sono uguali; nel presente capitolo, parleremo
dell’esperienza di volontariato in terra di missione: un’esperienza che porta a riscoprire
l’essenza delle cose e della stessa vita umana. Tale esperienza permette di realizzare
incontri grazie ai quali l’individuo si arricchisce in umanità e muta radicalmente la sua
personalità, le sue abitudini, la sua stessa identità. Parleremo, pertanto, del volontariato in
senso generale, delle Organizzazioni che si preoccupano di progettare tali generi di viaggi
e dell’importante valore educativo e formativo che il fenomeno del volontariato possiede.
Il contributo del Professore Giuseppe Vico introdurrà, infine, la seconda parte della tesi in
cui vedremo il viaggio nella sua dimensione metaforica.
Il terzo capitolo riguarda, infatti, il viaggio come metafora della vita: un itinerario di
comprensione del senso ultimo dell’esistenza umana che porta a scoprire la verità di sé,
senza la quale ciascun essere umano è portato a compiere scelte alla cieca, che non portano
alla vera felicità. In tale prospettiva un particolare contributo verrà dato dalla mistica,
2
Mbacke Gadji “Il viaggio come metafora di crescita” in Bazar Magazine del 14 Novembre 2008.
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intesa come via di ricerca della Verità. Dare un senso alla vita significa riscoprire gli
autentici valori che possono illuminare e orientare la nostra esistenza verso una
responsabile maturazione dei nostri talenti. Molto spesso la fatica di essere se stessi porta
l’individuo a tentare strategie diverse per “sfuggire”, porta ad intraprendere una strada che
non è la sua e che non lo porterà mai alla felicità piena, cadendo in insoddisfazioni e
frustrazioni. La nostra società, oggi, accusa un forte malessere esistenziale che Victor
Frankl
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ha individuato nella “nevrosi noogena” ovvero nella mancanza di verità, di
significato e di senso all’immenso valore della vita. Ciò che manca, oggi, all’uomo
contemporaneo non è tanto un nomadismo terreno quanto un nomadismo
spirituale/interiore: possiamo anche girare il mondo, ma se lo spirito rimane fermo, il
nostro viaggio dice nulla o poco. Intraprendere l’affascinante viaggio di scoperta della
verità di sé e della propria vocazione è più importante di qualunque altro viaggio sulla
terra. L’esperienza, infatti, fine a se stessa, ovvero l’esperienza per l’esperienza non porta a
granché. Il viaggio reale può essere considerato un importante mezzo, una grande
opportunità per aprirci alla grandezza del mondo, alla Verità ultima dell’esistenza e,
quindi, alla nostra stessa verità. Ciò che ogni essere umano è chiamato a compiere è quello
di vivere la vita, ma la qualità della vita stessa fa riferimento alle scelte esistenziali che
chiamano in causa i valori, gli orizzonti a cui si guarda per indirizzare le proprie energie
affettive, morali e spirituali. Come dice Erich Fromm
4
, vivere bene è un’arte che va
imparata, imparare quest’arte richiede fatica e dedizione, comprensione e pazienza e,
tuttavia, costituisce la cosa più importante da apprendere. L’uomo contemporaneo è posto
di fronte all’alternativa tra avere ed essere: chi si impegna per una vita orientata all’essere
sceglie l’autentica dimensione umana, sceglie di rinnovarsi, crescere e amare trascendendo
il carcere dell’egoismo. La vita è un bellissimo viaggio che vale la pena vivere, con
impegno e responsabilità verso sé e verso gli altri. In essa l’individuo può realizzare una
feconda ed armoniosa evoluzione personale, orientata nell’impegno ad assumersi la
responsabilità della propria felicità e di quella altrui. Il cammino che ogni essere umano è
chiamato a compiere nel divenire pienamente se stesso è, pertanto, intrinsecamente
connesso al cammino di crescita umana: la metafora della vita è, quindi, inseparabile dalla
metafora del processo educativo. In entrambi i casi si tratta di un cammino tortuoso, in cui
è continuamente possibile smarrirsi o anche ritornare sui propri passi, ma in cui sempre e
comunque il viaggio opera una trasformazione interna del viandante. E’ per tale ragione
che nel quarto capitolo vedremo il viaggio come metafora pedagogica, un viaggio che pone
3
Frankl Victor, Alla ricerca di un significato della vita, ISBN, Milano, 2005.
4
Fromm Erich, Avere e essere?, Mondadori, Milano, 2001.
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la creatura umana al centro di un grande e meraviglioso progetto di vita che presuppone di
insegnare a vivere la vita nella libertà e nell’autenticità di essere pienamente se stessi, al
servizio della verità, la quale risiede nell’Amore. Educare al senso ultimo dell’esistenza e
ai valori importanti della vita, al giorno d’oggi, è un bisogno fondamentale. Proprio perché
la vita è un viaggio, all’inizio del cammino non sai mai dove questo viaggio ti condurrà,
non sai neanche che sei in viaggio ed in particolar modo perché. Da piccolo sono le
persone che hai accanto che ti aiutano ad intraprenderlo, tu piccolo ed indifeso ti affidi a
loro, al loro amore e loro ti conducono attraverso la vita aiutandoti con il loro esempio ed i
loro insegnamenti per far si che tu diventi autonomo e sappia a tua volta in futuro essere
una guida. Quando sei piccolo la tua guida ti sembra grande, importante, rappresenta il tuo
punto di riferimento e anche quando crescerai questa persona rimarrà per sempre grande ed
importante ma cambierà il rapporto che hai con lei: da silenziosa ammirazione a dialogo e
scambio reciproco. Le persone che ti aiutano ad iniziare questo meraviglioso viaggio ti
dovrebbero insegnare che bene prezioso questo sia e quanto sia importante poterlo
intraprendere; ti dovrebbero dare gli strumenti ed i mezzi per diventare sempre più
indipendente ed autonomo per riuscire a prendere in mano la tua vita.
In ogni momento della vita possiamo dire di essere arrivati ad un determinato punto del
nostro cammino, ma la vita è un viaggio continuo per tutti, ove ogni giorno è nuovo e
primo e ogni piccolo viaggio rappresenta un pezzetto del nostro grande viaggio, quello
dell’esistenza.
In seguito al viaggio compiuto dalla e nella pedagogia prenderemo spunto da un viaggio un
po’ particolare, quello dei Magi, pellegrini per eccellenza e simbolo dell’incontro tra
Oriente e Occidente, il quale suggerisce un’originale e suggestiva metafora
dell’incontro/dialogo fra uomini di culture diverse e di religioni differenti, disponibili a
seguire nuovi orizzonti. Come avevamo accennato nel primo capitolo, viviamo in un’epoca
particolare, abbiamo assistito e stiamo assistendo a cambiamenti radicali; la civiltà umana
ha fatto passi da gigante che hanno avuto ripercussioni positive ma anche negative sulla
società. Le sfide della globalizzazione toccano, pertanto, anche l’ambito educativo;
l’educazione, infatti, deve fare i conti con le contraddizioni che nascono dall’incapacità di
far fronte alla complessità. Per tale ragione essa deve configurarsi specificamente come
una proposta forte di valori che presenti chiaramente un riferimento, un ancoraggio e una
legittimazione convincente per le scelte di vita. Si tratta di dare una risposta significativa al
senso di smarrimento e di disorientamento che accompagnano le esperienze di molti
giovani. Ed è ovvio che tale proposta desume tutta la sua validità dal fatto che chi la
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presenta ne è anche un testimone credibile e coerente. Il compito educativo nella
prospettiva di una crescita personale, si concretizza, infatti, nella trasmissione della propria
umanità, del proprio vissuto interiore. Oggi molti giovani sono disperatamente alla ricerca
di un nucleo essenziale di valori che dia senso unitario alla vita e apra orizzonti di
speranza, in un mondo spesso caratterizzato dalla corruzione, dall’opportunismo e
dall’indifferenza. Allo stesso tempo hanno bisogno di essere educati all’attenzione critica
verso il pluralismo che caratterizza la società complessa, all’alterità, alla mondialità. La
missione dell’educatore assume, pertanto, il carattere di un’avventura affascinante che
investe e trasforma il senso della vita dei protagonisti e li proietta verso l’esplorazione
dell’epoca che sta al di là della preoccupante realtà presente. Tale missione ha come
obiettivo la trasformazione della coscienza degli individui per migliorare la Terra. Ciò che
occorre è, pertanto, una svolta etica interculturale, un consenso etico delle culture per
riorientare la convivenza mondiale. La nascita di una coscienza planetaria non si
improvvisa, ma nessun educatore che abbia almeno un pizzico di senso di responsabilità
potrà sottrarsi a questo compito essenziale e decisivo per il futuro dell’umanità.
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CAPITOLO PRIMO:
IL VIAGGIO…
13
1.1: Un viaggio nel viaggio
“La vita è un libro.
Chi non viaggia ne legge una sola pagina”
Sant’Agostino
5
Viaggiare, spostarsi, migrare, mettersi o essere in movimento sono condizioni note e
comuni alle civiltà umane di tutte le epoche e zone geografiche, che si espletano di volta in
volta con significati e modalità diverse.
Nella società odierna, si può tranquillamente affermare che il viaggio è ormai parte del
vivere quotidiano; tutti al giorno d’oggi viaggiano: bambini, ragazzi, adulti e anziani.
Chi viaggia sa sempre quello che lascia ma mai quello che trova. Come ricordano il dott.
Pier Paolo Bottin e il dott. Antonia Murgo
6
“partire è un po’ come morire” perché la
partenza implica sempre l’abbandono di qualcosa, di una parte di noi, di un luogo familiare
e di persone care. Il viaggio presuppone, infatti, la capacità di accettare di perdere i soliti
punti di riferimento, chiede di guardare al nuovo e di lasciare a casa le abitudini
consolidate; ci invita, insomma, ad incontrare l’ignoto, l’imprevisto. Secondo i due Dottori,
senza tutto questo, il viaggio non è più tale ma diventa quel prodotto, ben confezionato,
che siamo abituati ad acquistare nelle agenzie dove tutto è compreso anche “l’avventura e
l’imprevisto”. Ma, se ci spingiamo fuori dai confini del solito mondo che tutto l’anno
percorriamo, è anche perché una parte di noi ben comprende e coglie l’esigenza e il
bisogno di rinnovamento che, in qualche modo, oscuro e confuso, sappiamo appartenere ad
un cammino da percorrere fuori di noi e lontano dai luoghi conosciuti, in analogia a quei
luoghi lontani ed impraticati che abitano dentro di noi. Nel luogo sconosciuto il viaggiatore
intuisce esserci la propria sopravvivenza, la possibilità della vita di rinnovare se stessa
proprio come una nascita. Il viaggio inteso in questo senso come metafora della vita, ci
invita ad abbandonare quello che siamo per andare, sconosciuti a noi stessi, incontro a
quell’ignoto che abbiamo dentro perché la vita ci possa poi ricondurre incolumi a casa,
rinnovati. Il viaggio è un invito a perdersi per ritrovarsi; se non siamo disposti a partire per
lasciare morire quella parte vecchia di noi, allora avremmo cambiato solo luogo geografico
tenendoci ben stretto un bagaglio inutile che ci farà tornare a casa più stanchi ed affaticati
di prima della partenza, pieni di inutili ricordi da esibire come trofei, ma che hanno lasciato
5
Sant’Agostino, Le confessioni, Città Nuova, Roma, 2002.
6
Intervento a cura del dott. Pier Paolo Bottin e della dott.ssa Antonia Murgo
http://www.padovando.com/x08natura/x08mente.asp
14
intatto il nostro sguardo. Il viaggio ci chiede, in un certo modo, di stringere un patto con il
mondo rinnovando la fiducia in noi stessi nella nostra capacità di trasformarci. E allora se
ci va di cogliere la sfida che ogni partenza ci lancia, cominciamo a predisporci il cammino
da compiere iniziando dai preparativi. Un po’ alla volta scopriremmo di noi qualcosa di
assolutamente sconosciuto ma talmente vitale da permetterci di tornare a casa cambiati.
Il sociologo Eric Leed
7
considera il viaggio intrinsecamente legato all’esperienza, poiché
tramite il conosciuto, il già esperito, si tenta di acquisire l’ignoto e ciò giustifica il gran
numero delle espressioni metaforiche legate al movimento. Siccome il movimento è
un’esperienza di mutamento familiare a tutti gli esseri umani dal momento che
acquisiscono la locomozione durante la prima infanzia, allora il viaggio è un paradigma
dell’esperienza autentica e diretta. Possiamo quindi dire che vi sia uno stretto legame che
unisce metafora, viaggio ed esperienza. Eric Leed
8
, inoltre, sottolinea nel suo testo un
concetto molto importante relativo all’effetto del viaggio sul viaggiatore, o meglio sulla
sua psiche e sulla sua mente. Il viaggio, infatti, genera e soddisfa un bisogno di mutamento,
un bisogno che le nostre psicologie non studiano molto ma che è fondamentale per capire il
viaggiatore e il perché un individuo sia spinto a viaggiare. La mobilità territoriale produce
inevitabilmente dei cambiamenti sulla concezione dell’io, dell’altro e dei rapporti umani, in
altre parole, un cambiamento della percezione che il viaggiatore ha di sé e degli oggetti che
lo circondano prima, dopo e durante il viaggio. Le parole del sociologo ricordano che la
concezione del viaggio e dell’esperienza, così come i suoi effetti sulla mente, hanno
seguito un’evoluzione nel corso dei secoli, che ha portato alla radicale trasformazione della
percezione di sé e del movimento.
L’uomo ha iniziato molto presto a viaggiare. Da secoli, infatti, si è spinto ad abbandonare i
luoghi nativi per avventurarsi verso terre sconosciute. L’evoluzione dell’uomo nella civiltà
occidentale è stata accompagnata dal mutare delle tipologie di spostamento. Dapprima si è
avuto il nomadismo come necessità di sopravvivenza; poi la società stanziale ha dato vita a
spostamenti dalle finalità utilitaristiche, commerciali o culturali; fino all’introduzione del
viaggio di piacere e del turismo di massa, generato dalla possibilità dello spostamento
rapido. Negli ultimi anni si assiste a fenomeni opposti: da un lato un nuovo nomadismo
come espressione di mancanza d’identità, dall’altro la formula “viaggiare senza partire”
determinata dallo sviluppo di Internet e della realtà virtuale.
9
7
Leed Eric, La mente del viaggiatore. Dall’Odissea al turismo globale, Il Mulino, Bologna, 1992.
8
Leed Eric, La mente del viaggiatore. Dall’Odissea al turismo globale, Il Mulino, Bologna, 1992.
9
Articolo “In viaggio nel viaggio” di Maria Rosa Alessandrini
http://www.almapress.unibo.it/fl/numeri/numero3/monogr/viaggio.htm
15
Come sappiamo, molte invenzioni e scoperte agli inizi del ‘900, hanno cambiato
profondamente il modo di vivere e di percepire la realtà. Le distanze si sono accorciate
dopo la costruzione delle prime automobili, aerei e transatlantici; la comunicazione a
grandi distanze è diventata facile con il telegrafo, la radio e il telefono; si sono modificati i
concetti di spazio e di tempo, dopo la scoperta delle leggi della relatività di Einstein. La
scienza è arrivata ad offrire poche certezze; la relatività domina oggi molti aspetti della
realtà creando disorientamento e insicurezza, angoscia e solitudine. L’unica certezza, per la
maggior parte degli esseri umani contemporanei, rimane il proprio io, la propria interiorità,
indagata e ricercata persino nelle pieghe dell’inconscio. E’ proprio da questa constatazione
che il viaggio può assumere anche un valore simbolico della ricerca di se stessi, dei
meccanismi psichici, delle emozioni e delle motivazioni ai comportamenti umani.
Se il viaggio è un fenomeno assai antico, che implica un andare avanti indefinito, alla
ricerca di condizioni migliori, possiamo anche affermare che sia caratterizzato da un senso
di circolarità che sfocia nel ritorno al punto di partenza arricchiti e formati. Il turista, per
certi versi, è un viaggiatore temporaneo, volontario, che compie un viaggio circolare, che
lo conduce ad una distanza relativamente ampia, ma che poi torna al punto di origine. Di
fronte al viaggio vi è chi pianifica ogni cosa nel minimo dettaglio, chi pensa di poter avere
tutto sotto controllo e chi, all’estremo opposto, predilige la massima improvvisazione. Nel
viaggio, come nella vita, gli stili personali tendono a corrispondere. L’impronta di un
viaggio, così come di una vita, hanno la medesima matrice: il singolo individuo.
10
E’ bene domandarsi cosa spinga l’individuo a viaggiare e a lasciare la propria quotidianità
ma è altrettanto bene rispondere a tale interrogativo che vi sono talmente tanti modi diversi
e diverse motivazioni di viaggiare che se ne potrebbero elencare molte senza correre il
rischio di ripetersi. Si viaggia per spirito d’avventura, per conoscere altri popoli, per essere
amati e per imparare ad amare, per capire il mondo; si viaggia per cercare un piacere e non
soccombere alla noia, per essere stati i primi o per dire “io c’ero”; si viaggia perché ci si
crede più forti, per aiutare il prossimo e a volte per farsi aiutare, per donare se stessi o per
imparare a lasciarsi carpire, perché si è amici e per fare nuove amicizie; si viaggia per
incontrare qualcuno o per abbandonare qualcun’altro, per non saper attendere o perché
abbiamo atteso troppo, per indagare nel profondo della nostra anima o per fuggire da se
stessi e così via. Attraverso il viaggio, incontrando mondi nuovi ed alternative di vita
possibili, ci si può anche svincolare dai lacci di un sistema sociale basato, per certi versi,
sulla fissità e sull’immutabilità della persona. Ma è proprio tramite il mutamento che il
10
Articolo: “In viaggio, alla ricerca di se stesso e dell’altro”
http://www.armoniabenessere.it/articoli/viaggio.html
16
viaggio permette, che impariamo a guardarci nel profondo, a conoscerci un po’ meglio, a
capire chi siamo veramente e quale sia la nostra reale vocazione sulla terra, al fine di
realizzare tutto ciò per il quale siamo stati creati. Ecco che, in quest’ottica, il viaggio può
assumere un’importante valenza educativa, di crescita interiore, favorendo l’inizio di un
nuovo cammino verso la piena maturazione e realizzazione del vero sé.
11
Il viaggiare è una metafora complessa. È una delle azioni più semplici al mondo, ma anche
tra le più ricche di complessità. Viaggiare è avvicinarsi a qualcosa di diverso, ma anche
allontanarsi da qualcosa di noto; è l’andare oltre. Viaggiare ci mette a confronto con gli
altri ma soprattutto con noi stessi, con la nostra identità, che è non soltanto culturale, di
appartenenza, ma è anche identità dell’io, della particolare e irripetibile singolarità. Ma l’io
che riemerge al termine del viaggio, che riapproda al punto di partenza (conclusione
dell’esperienza del viaggiare), quell’io non è più lo stesso. L’attraversamento dei confini
spaziali, del fuori, di luoghi altri, ha mutato la natura del soggetto: nel viaggio spaziale si è
inserito un percorso spirituale nella profondità dell’io. L’uomo è lo stesso e non più il
medesimo: la riduzione dell’ignoto, dell’esterno, si tramuta in dilatazione del mondo
interiore. Il contatto con il non-noi, con l’altro, con il diverso, consente, inoltre, di
delimitarci, di marcare i nostri confini. Aprirsi all’altro, al nuovo, allo sconosciuto è
possibile quando i nostri confini sono già ben definiti, in modo tale che il timore di
fondersi e con-fondersi con l’altro venga meno.
12
Il viaggio implica una preparazione interna ed esterna. All’inizio di un viaggio spesso c’è
un sogno: un nome che stimola la fantasia, un richiamo della strada, delle montagne, del
mare, del deserto… L’impulso a viaggiare è in molti irrefrenabile, fa parte della natura
umana, è una passione che divora e arricchisce allo stesso tempo. Gli innumerevoli scopi
del viaggiare si intrecciano e non sempre sono chiari per chi resta, ma spesso neppure per
chi parte. C’è l’irrequietezza, che è bisogno di conoscere cose sempre nuove, far spaziare
lo sguardo, perdersi nell’immensità del mondo.
Il tema del viaggio ricopre un campo metaforico molto ampio, affrontato da diversi autori
nel corso della storia e acquisito in modo similare dalle civiltà occidentali, in particolar
modo per quel che riguarda la vita umana: dalla struttura della vita come cammino,
pellegrinaggio o passaggio, al concetto della morte come “trapasso”, “ritorno a Dio”,
“lungo viaggio della vecchiaia”, “ultimo viaggio”.
13
11
Lombardo Pietro, Comincio da me, Vita Nuova, Verona, 2007.
12
Villamira Marco Alessandro, Psicologia del viaggio e del turismo, Utet Università, Torino, 2001.
13
Tratto dall’articolo “Il viaggio e i suoi significati” di Walter Pasini
http://www.correrenelverde.it/salute/articoli/viaggioesuoisignificati.htm
17
Il viaggio come metafora della vita è, inoltre, una delle immagini più frequenti in tutte le
letterature, è un concetto trattato molto spesso dagli scrittori di ogni epoca, dai mitici
viaggi di Erodoto a quello ultraterreno di Dante.
Erodoto
14
, storico greco antico, famoso per aver descritto paesi e persone da lui conosciute
in numerosi viaggi, viene da sempre considerato il viaggiatore alla ricerca delle verità
empiriche. Per lui il viaggio svela il mondo: si lascia il proprio habitat per inoltrarsi in
quello altrui. Straordinari per Erodoto furono i viaggi di coloro che partirono per il puro
scopo di conoscere altre popolazioni diverse dalla propria, per confrontare giudizi
consolidati ma mai verificati, che si dicono sugli altri e quella che invece è davvero la
verità pratica, empirica. Il viaggiatore si verifica con gli stereotipi e spiega una sua verità.
Egli ha un’esperienza vera da dire, mentre gli altri soltanto una verità mai sperimentata. La
verità del viaggiatore sta, infatti, nella possibilità di sperimentazione dei luoghi; gli altri
devono accontentarsi di impressioni e immagini astratte e generiche. Così Erodoto, il
viaggiatore della classicità greca, sfata miti urbani, relazioni geometriche che si credevano
perfette, angoli, cerchi, triangoli e quadrati che secondo i vari architetti dell’antichità
avrebbero dovuto suggerire alle città originali armonie e inusitati equilibri tra le parti. Egli
misura e confronta, e così non giunge alle medesime conclusioni che avrebbero permesso
di confermare le forme ipotetiche della perfezione urbana di un certo luogo: anzi, insiste
nel trovare imperfezioni, salti e dissonanze; e dichiara che la realtà è davvero così perché
lui l’ha potuta verificare, e non desidera ingannare il suo lettore se conclude in un certo
modo piuttosto che in altro. Il viaggiatore è, in questo caso, un testimone, un sociologo
empirico, un osservatore. Svelando i trucchi, Erodoto assegna ai suoi viaggi un intento di
ricerca empirica in quanto finalizzati a verificare se certe diffuse convinzioni siano davvero
vere, o soltanto si tratta di luoghi comuni e di falsità.
Dante Alighieri
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, poeta, scrittore e politico italiano, narra nella Divina Commedia di un
viaggio immaginario attraverso i tre regni ultraterreni che lo condurrà fino alla visione
della Trinità. Il viaggio comincia in un giorno preciso: l’8 aprile 1300, il Venerdì Santo e
dura circa una settimana. Il poeta si perde in una “selva oscura” e in suo aiuto viene il
poeta latino Virgilio, mandato da Beatrice per salvare Dante. Virgilio, che rappresenta la
ragione umana, accompagna il poeta nell’Inferno e nel Purgatorio, ma lì deve fermarsi
perché, essendo vissuto prima di Cristo, non ha ricevuto il battesimo e non può salire in
Paradiso. Beatrice, invece, simbolo della fede e della grazia divina, guida Dante in cielo,
quasi fino a Dio. Durante questo viaggio-visione, il poeta incontra numerosi personaggi
14
Kapuscinski Ryszard, In viaggio con Erodoto, Feltrinelli, Milano, 2007.
15
Alighieri Dante, La Divina Commedia, Superbur Classici, Milano, 2001.
18
antichi e moderni, descritti in modo molto realistico e sono condannati o beatificati
secondo le loro colpe o i loro meriti. Ovviamente il viaggio di Dante nell’oltretomba vuole
avere un significato più profondo, un significato allegorico. Secondo il poeta, infatti, la sua
è un’epoca di corruzione e di perdita dei più sacri valori civili e religiosi: il suo cammino
rappresenta quindi un viaggio di purificazione e di fede, un viaggio che Dante fa
simbolicamente da solo, ma che riguarda l’umanità intera e la sua salvezza.
Il viaggio può essere, quindi, inteso non solo in senso concreto e realistico di spostamento
nello spazio e nel tempo ma anche in senso simbolico di cammino della vita, di desiderio,
di conoscenza di sé e di ricerca e, viceversa, di distacco, di esilio, di perdita, di
allontanamento da sé e dalle cose più care.
Esiste un’opera nella letteratura di tutti tempi che riassume, forse integralmente, i
significati concreti e simbolici legati al tema del viaggio: l’Odissea di Omero
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. Il viaggio
di Ulisse è un viaggio di ritorno dalla guerra di Troia alla sua nativa Itaca, patria
abbandonata e ritrovata insieme alla moglie Penelope ed al figlio Telemaco. Il viaggio può
essere, quindi, considerato inizialmente nella sua circolarità: partenza-percorso-arrivo-
ritorno ove emerge soprattutto la finalità ultima della meta, del raggiungimento di uno
scopo ovvero la ricongiunzione, la riconquista definitiva della stabilità attorno ai valori
originari. Tale circolarità racchiude tre fasi principali del viaggio:
1. La partenza: le cause fondamentali che spingono l’individuo a mettersi in movimento,
abbandonando una realtà conosciuta per una da scoprire; l’istinto migratorio come
elemento del corredo genetico dell'individuo, mobilità come necessità dell’uomo di fuggire
alla noia della vita quotidiana e alla sterilità di idee, scoperta della libertà di ridefinire la
propria esistenza e di liberarsi dai condizionamenti del passato grazie alla partenza; viaggio
come risposta alla necessità di sottrarsi alle preoccupazioni di ogni giorno che distolgono
l'attenzione dell'individuo dalla sua crescita spirituale…
2. Il transito: il viaggio come esperienza che permette di mettersi alla prova e, attraverso
questa fase intermedia, di abbandonare dietro di sé tutto ciò che è superfluo scoprendo così
la propria vera essenza. Transito come processo di spogliazione e di perdita dei punti di
riferimento noti e di tutti quegli elementi della personalità legati all'ambiente circostante e
non appartenenti all'essenza più vera dell'individuo. Viaggio inteso anche semanticamente
come fatica e sofferenza che portano ad una maggiore consapevolezza di sé. Crescita
legata anche alla molteplicità delle esperienze e alla necessità di adattarsi alle situazioni e
agli ambienti più diversi.
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Omero, Odissea di Omero, Rizzoli, Milano, 1993.
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3. Il ritorno: le conseguenze del ritorno legate alle nuove modalità di interazione del
viaggiatore con il luogo di arrivo; nuovi processi di identificazione del viaggiatore che ha
la possibilità di decidere il ruolo da svolgere nel nuovo ambiente; ricerca dei punti di
riferimento conosciuti anche in un ambiente nuovo, meccanismo del confronto e della
coincidenza come principale tecnica di approccio alla nuova realtà; modificazione della
percezione spazio-temporale in seguito ad un viaggio anche breve.
Rileggendo attentamente la vicenda di Ulisse, si nota che il viaggio non può consistere solo
nell’approdo al porto finale, ma piuttosto nel superamento di mille pericoli, ostacoli, prove
e nella verifica di mille esperienze. Il viaggio diventa prova di conoscenza, nel senso più
ampio del termine; è lo stimolo naturale alla ricerca del nuovo, l’istintiva
attrazione/repulsione per ciò che ci è estraneo, la misura della distanza che ci separa dalle
realtà sconosciute, la sfida al confronto, l’abilità di relazionarsi con il diverso da noi, la
capacità di adattamento a situazioni imprevedibili. Il significato del viaggio è soprattutto
nel suo percorso. Il sentiero appare connesso alla dimensione del rischio, del dubbio, della
scelta, della prova, della lotta ma anche dell’incontro e dell’aiuto provvidenziale; la sua
connotazione è quella di cammino tortuoso in cui è possibile smarrirsi ma anche ritrovarsi,
tornando sui propri passi. L’esito del viaggio non è mai garantito: talvolta la meta si
trasforma durante il cammino stesso. Vi è un’inseparabilità tra il percorso e la
trasformazione personale che porta al perseguimento di obiettivi anche diversi da quelli
prestabiliti.
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Il viaggio, dunque, racchiude una sostanziale polarità tra la fedeltà alle radici
della terra natale, della patria, dei valori della società in cui si vive e la scommessa della
ricerca e della conoscenza. E’ rischio di perdita ma anche promessa di conquista, è
speranza di ritorno ma anche abbandono angoscioso all’ignoto.
Da un viaggio si torna sempre e comunque arricchiti. I ricordi, prima e ancor più degli
oggetti materiali acquistati o delle fotografie scattate, risiedono dentro di noi. Ciò che si è
visto, udito, toccato, odorato, vissuto è un patrimonio unico che, almeno in parte, possiamo
condividere con i nostri cari al ritorno. I racconti solitamente sono ricchi di particolari, di
dettagli e di emozioni. Le immagini ci scorrono ancora davanti agli occhi, i profumi
sembrano pervadere le nostre narici. Ci sentiamo ancora in una situazione simil-idilliaca in
cui tutto appare ancora più piacevole di come è stato. Tutto ciò, allo stesso tempo, ci
permette di ritornare nei luoghi familiari che abbiamo temporaneamente lasciato e vederli
con occhi rinnovati, ricchi di calore e di affetto. Molto spesso il confronto con ciò che è
diverso da noi ci consente di conoscerci meglio e di apprezzare maggiormente ciò che
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Moscato Maria Teresa, Il viaggio come metafora della vita, La Scuola, Brescia, 1994.
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abbiamo. La conoscenza di noi stessi non è una conoscenza tra le altre, diversificata dalle
altre conoscenze, solo perché invece di cercare fuori di noi cerchiamo dentro di noi; non è
neppure comunanza col conoscitore, sebbene nel procedere passi attraverso questa
simbiosi. Essa è più simile ad una pratica o un percorso, nel quale il processo di
“conoscere” si tramuta in “essere” e conoscitore e conosciuto si dissolvono lasciando il
posto solo alla conoscenza.
Conoscersi e conoscere sono le finalità che stanno alla base del nostro essere. Espandere la
propria consapevolezza permette di divenire maggiormente autorevoli e responsabili di
scelte mature e coerenti con le aspirazione del nostro “vero sé”.
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Il cammino umano verso
la piena maturità del “vero sé”, attraverso la sofferenza e l’impegno di un assunzione di
responsabilità sui propri vissuti e scelte è lungo e faticoso. L’importante è prendere
coscienza del fatto che tutti siamo in cammino verso una meta che ci porterà, se noi lo
vogliamo, a riconoscere in noi stessi, la stella che brilla, la scintilla che accende i cieli dei
nostri desideri più puri e muove i mari dei nostri brividi più veri; è un compito tutto nostro
e nessuno può prendere il nostro posto. Non importa se il viaggio sarà lungo o breve,
lontano o vicino, individuale o di gruppo, itinerante o stanziale. Ciò che conta è la
motivazione che ci spinge a partire e la nostra attitudine verso le realtà che incontriamo
lungo il cammino. Ritorno dopo ritorno, sentiremo di possedere delle mappe meno
assolutistiche, ma più ampie e flessibili per orientarsi nella vita e per osservare noi stessi,
l’altro e il diverso. Perché ognuno di noi è il frutto dei luoghi cui appartiene, ma anche
delle strade che percorre.
Il grande dono che abbiamo ricevuto è di poterci incamminare verso la terra della libertà e
solo a noi spetta di dire: comincio da me! E…se noi lo vogliamo…un nuovo viaggio sta
per cominciare.
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Lombardo Pietro, Comincio da me, Vita Nuova, Verona, 2007.