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INTRODUZIONE
Già nel Seicento, Bacone definiva il viaggio in Italia “esperienza
importante nel processo di formazione”
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, ma è soprattutto dal Settecento
che il “Gran Tour” (come verrà definito successivamente) diventa un
fenomeno sempre più diffuso all’interno della nobiltà e dell’alta
borghesia. I conflitti che scoppiano in questo secolo determinano una
maggiore o minore affluenza di stranieri desiderosi di venire a studiare in
Italia: per esempio, le guerre di secessione austriache (1700 - 1748)
impediscono la partenza di numerosi abitanti del Sacro Romano Impero e
dell’Impero austriaco. Più tardi, a seguito dello scoppio della rivoluzione
francese nel 1789, l’Italia prima diventa meta di numerosi tedeschi che
vedono nel nostro Paese “un rifugio di bucolica serenità ancora al riparo -
e salvaguardia - dalla tempesta che si stava abbattendo sull’Europa
settentrionale”
2
; poi, in seguito all’invasione di Napoleone (1796), il
viaggio verso la nostra penisola subisce una battuta d’arresto. Per tutto
l’Ottocento e fino agli inizi del secolo scorso il “Gran Tour” continua ad
avere il suo fascino, che, tuttavia, dopo la prima guerra mondiale, a causa
dell’ascesa al potere di Mussolini, volge al termine: lo stesso Forster per
tutto il Ventennio non viene in Italia.
Sono soprattutto i membri maschi delle famiglie aristocratiche a
recarsi in Italia, “ritenuta indispensabile, in particolar modo dall’insulare
Inghilterra, nell’educazione di un giovane di buona famiglia.
Dovere intellettuale prima ancora che piacere [….] (che) ha come fine principale
l’approfondimento della cultura classica e rinascimentale, ritenute fondamentali nel
sapere di un uomo di rango.
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Oltre a questa motivazione, le altre ragioni che spingono gli stranieri a
recarsi in Italia sono l’interesse commerciale e professionale da una parte,
1
C. Consolini, Viaggiatori tedeschi, in Viaggi e viaggiatori del Settecento in Emilia e
Romagna, a c. di G. Cusatelli, Il Mulino, 1986, vol. II, pag 559
2
Ibid, pag 574
3
Cecilia Pietropoli, Viaggio, natura, in Lettere dall’Europa. Un secolo di corrispondenza
femminile, a cura di Franca Zanelli, Sellerio editore, Palermo, 2004, pag 447
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la conoscenza e la curiosità per l’alterità dall’altra. Alle donne, invece,
viene concessa la possibilità di viaggiare solamente più tardi, spesso per
accompagnare il marito o un famigliare all’estero per affari: ciò limita le
loro scelte, ma, allo stesso tempo, permette loro un’ampia prospettiva di
osservazione e di indagine, mentre coloro che si spostano per motivi
puramente personali rappresentano l’eccezione piuttosto che la prassi
comune.
Tra tutti coloro che intraprendono questo viaggio di formazione vi
sono, ovviamente, anche scrittori e critici d’arte, molti dei quali
riceveranno un contributo decisivo alla nascita o allo sviluppo della loro
arte proprio all’estero. Uno tra i primi è Winckelmann, teorico del
neoclassicismo, che si trasferisce in Italia per poter studiare più da vicino
le statue greche e romane; ma certamente il caso più conosciuto è quello
di Goethe, che tra il 1786 e il 1788 vive nel nostro Paese, e visita città
come Trento, Verona, Vicenza, Bologna, Firenze, Roma e Napoli: da
questo viaggio, durante il quale il poeta tedesco scopre la sua vera
inclinazione di scrittore, trae un libro (Die Italienische Reise) pieno di
annotazioni, riflessioni e lettere. All’inizio dell’Ottocento l’Italia diventa
meta di molti scrittori inglesi, tra i quali Byron, che combatte anche per
l’indipendenza della penisola, Shelley e Keats, che si trasferisce nella
nostra penisola per motivi di salute, ma vi muore nel 1821: questi ultimi
due sono sepolti proprio a Roma nel Cimitero degli Inglesi. L’Italia
affascina anche i francesi: da Chateaubriand, ambasciatore a Roma nel
1828 e autore del libro Voyage en Italie, a Stendhal, nominato console a
Civitavecchia nel 1830, che ambienta uno dei suoi più famosi romanzi
(La chartreuse de Parme) proprio nel nostro Paese. Tra la fine del XIX° e
l’inizio del XX° secolo si trovano in Italia anche Freud, padre della
psicanalisi, Nietzsche, che proprio a Torino nel 1889 scopre la sua follia,
e Joyce, in esilio volontario dall’Irlanda, che vive dal 1904 allo scoppio
della prima guerra mondiale a Trieste, dove conosce anche Italo Svevo.
Alla fine del secolo scorso il viaggio in Italia è ritenuto, addirittura,
un obbligo per tutti i membri di buona famiglia; di conseguenza, quando
Edward Morgan Forster, dopo aver finito gli studi classici a Cambridge,
5
decide di partire, “the most obvious choice was Italy”
4
, dove può
dedicarsi allo studio dell’arte e della storia italiana. Ciononostante, come
lo stesso Forster afferma, la sua è una visita prevalentemente turistica,
anche se di alto livello, in quanto egli vuole vedere direttamente luoghi e
monumenti che, però, conosce già perfettamente ancor prima di essere
arrivato nel nostro Paese. Dopo la partenza (è il 3 Ottobre 1901), percorre,
insieme alla madre, quasi tutta la penisola, da Nord a Sud, visitando
grandi città e piccoli paesi: il Lago di Como, Milano, Pavia, Firenze,
Cortona, Assisi, Perugia e Roma. Da tutti questi luoghi scrive numerose
lettere a compagni di università e famigliari, nelle quali descrive le
emozioni, spesso sorprendenti e in contrasto tra di loro, provate alla vista
di tante opere d’arte fino ad allora studiate ma mai ammirate da vicino.
Dalla capitale, ad esempio, scrive al suo amico Dickinson: “But though I
do love Italy she has had no such awakening power on me as she has on
you”
5
, ma, una volta raggiunto il Meridione (Amalfi, Napoli, Siracusa)
capisce che “Italy, which he had been slow to love, had at last done a
great thing for him. […….] he knew now for certain that he was a
writer”
6
: infatti a Ravello nel Maggio 1902 ha l’ispirazione per scrivere
Story of a Panic, la sua prima short story. Successivamente madre e figlio
decidono di risalire la penisola per recarsi in Toscana (Pisa, San
Gimignano, Volterra, Lucca), poi soggiornano a Cortina per 6 settimane
prima di ritornare in Inghilterra (1902). Sebbene i due non abbiano avuto
rapporti con degli italiani, ad eccezione di qualche sporadica conoscenza,
Forster nella prima bozza di A Room with a View, definita dai critici Old
Lucy (Ottobre 1902 – Dicembre 1903), descrive l’Italia come: “The
beautiful country where they say 'yes', and a place where things happen”
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.
Successivamente, Forster scrive una seconda versione, chiamata New
Lucy (Dicembre 1903), che verrà ripresa più tardi e servirà come punto di
partenza per la creazione di A Room with a View: alcune caratteristiche
del romanzo, come i personaggi di Lucy e Charlotte e la pensione
4
P. N. Furbank, E. M. Forster: A life. Volume I The growth of the novelist (1879 –
1914), Secker & Warburg, London, 1977, pag 80
5
Ibid, pag 89
6
Ibid, pag 93
7
Ibid, pag 96
6
Bertolini, sono già presenti in queste versioni, ma gran parte del materiale
verrà incluso solo nell’edizione finale. Il desiderio di ritornare in questa
terra meravigliosa occupa sempre i pensieri dello scrittore inglese, tanto
che nell’estate del 1903, siccome nessun lavoro a tempo pieno lo occupa,
decide di partire per la Grecia e ne approfitta per fare tappa a Firenze sia
durante l’andata che il ritorno per la penisola balcanica. Ma i viaggi non
finiscono qui: dopo la pubblicazione dei suoi primi due romanzi, Where
Angels Fear to Tread (1905), sempre ambientato in Italia, e The Longest
Journey (1907), nel 1908 Forster ne compie un quarto durante il quale
visita Venezia, Mantova e Ravenna. L’amore per la nostra penisola lo
spinge a ritornare per l’ultima volta anche nel 1959, ormai
ultraottantenne, per tenere una conferenza a Roma e a Milano dal titolo
Three Countries (I Tre Paesi : Italia, Inghilterra ed India) in cui spiega in
che modo questi tre Nazioni hanno influenzato la sua opera. La prima di
queste tre, per Forster, ha il valore simbolico più importante perché
rappresenta il luogo che lo ha iniziato, ancora giovanissimo e inesperto,
all’arte della scrittura, facendolo diventare un vero e proprio romanziere
di fama internazionale.
A Room with a view esce il 14 Ottobre 1908 poco dopo il suo ritorno
dal quarto viaggio in Italia. Il libro si divide in due parti, corrispondenti ai
luoghi in cui vivono i personaggi: la prima è ambientata in Italia, a
Firenze, la seconda in Inghilterra, nelle colline del Sussex, dove si trova
Windy Corner, la residenza degli Honeychurch. Questa divisione però
non è netta dato che alla fine del romanzo i due neosposi ritornano nella
città toscana in luna di miele. Nel 1958, l’anno del cinquantesimo
anniversario del libro, Forster aggiunge un’appendice, A View without a
Room, in cui descrive brevemente il seguito della storia, in cui Firenze è
ancora al centro dell’attenzione poiché George vi ritorna a causa della
guerra.
La protagonista del romanzo, Lucy Honeychurch, è una ricca ragazza
inglese, affascinante ma ingenua, in viaggio in Italia (come tante altre
giovani di buona famiglia del suo tempo) insieme alla cugina Miss
Bartlett, guida, ma soprattutto protettrice della purezza e della castità della
ragazza. Nella pensione Bertolini, nella quale sono ospitate, conoscono