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Cap. II – L’organizzazione della NATO
1. Costituzione della NATO.
Non sarà superfluo, a questo punto, illustrare sommariamente
l’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, conosciuta con l’acronimo di
NATO, poiché è attraverso le strutture NATO che, come si vedrà più oltre, la
missione ISAF sta operando.
La NATO, costituita nel 1949 in supporto al Patto Atlantico, firmato a
Washington, è specificamente descritta nell’art.5 del trattato costitutivo, che
così recita: ”Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse,
in Europa o in America settentrionale, deve essere considerato come un attacco
contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene,
ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva,
riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto dlle Nazioni Unite, assisterà la parte o
le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con
le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l'uso della forza
armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell'area Nord Atlantica”.
La citazione dell’articolo di cui sopra è tanto più basilare, in quanto
riassume con chiarezza lo scopo precipuo di costituzione della NATO: la
difesa dei paesi dell’Europa Occidentale da una possibile iniziativa militare
aggressiva dell’Unione Sovietica, in modo tale che se essa o un suo alleato
avesse deciso un attacco contro uno qualsiasi dei paesi membri, questo
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sarebbe stato trattato da ciascun paese membro come un attacco diretto.
Per completezza di trattazione, occorre ricordare, dal punto di vista storico,
che sei anni dopo la nascita della NATO, nell’anno 1955, venne firmato il patto
di Varsavia il quale, almeno formalmente, ne costituiva la controparte
antagonista. Formalmente, poiché, laddove la costituzione della NATO seguì
un libero percorso di formazione dei consensi degli stati membri, volti a farne
parte e a stabilirne le regole, l’adesione al Patto di Varsavia venne imposta
dall’URSS ai propri paesi satelliti, senza che questi ultimi avessero una reale
pariteticità nelle decisioni politiche all’interno dell’organizzazione.
Ritornando ai motivi di costituzione della NATO, non sarà superfluo
specificare che, se anche l’aggressione contemplata dall’art.5 (implicitamente
intesa come proveniente da un paese parte del Patto di Varsavia) non si è mai
verificata, il Trattato venne comunque utilizzato per la prima volta a seguito
dell’attacco terroristico agli U.S.A. il 12 settembre 2001.
2. Paesi membri ed organizzazione.
Non pare necessario, a questo punto, addentrarsi in una semplice
elencazione degli Stati membri della NATO. Si ritiene sufficiente accennare
che, attualmente, essi sono 26, 21 dei quali anche membri dell'Unione
Europea. Al contrario, è interessante sottolineare le specificità di alcuni Stati
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membri.
Per quanto riguarda la Francia, la stessa si è ritirata unilateralmente dal
comando militare nel 1966, al fine di poter perseguire autonomamente il
proprio programma di difesa nucleare (la c.d. force de frappe). Da allora
partecipa solo alla struttura politica: le sue forze armate non sono più state
reintegrate nell'alleanza sino all'annuncio ufficiale di rientro del 3 aprile 2009
in occasione della celebrazione del 60° anniversario dell’organizzazione.Per
quanto riguarda l'Islanda, essa è il solo membro che non ha un proprio
esercito e ha aderito a condizione di non doverne creare uno. Tuttavia ha una
Guardia Costiera e ha recentemente fornito truppe per esercitazioni in
Norvegia finalizzate a missioni NATO di mantenimento della pace.
Ad un primo gruppo di dodici stati fondatori (tra i quali l’Italia) si
aggiunsero nel 1952 Grecia e Turchia. A tal proposito, tra questi due stati si è
registrata l’unica crisi politica potenzialmente in grado di sfociare in un
conflitto armato bilaterale nell’anno 1974, in concomitanza con l’intervento
militare turco a Cipro. In tale occasione la Grecia rinunciava a partecipare alle
riunioni del comando militare sino al 1980, a causa della frattura nelle
relazioni diplomatiche greco-turche, da essa risultanti.
I cinque successivi allargamenti ricompresero, in fasi successive, nazioni
ritornate ad un regime democratico – parlamentare, come la Spagna (anno
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1982) e, dal 1999 in poi, Stati membri dell’ex Patto di Varsavia.
La possibilità di allargamento dei membri della NATO è stabilito all’art.10
del Trattato del Nord Atlantico : “I membri possono invitare previo consenso
unanime qualsiasi altro Stato europeo in condizione di soddisfare i principi di
questo trattato e di contribuire alla sicurezza dell'area nord-atlantica ad aderire
a questo trattato. Qualsiasi Stato così invitato può diventare un membro
dell'organizzazione depositando il proprio atto di adesione al Governo degli Stati
Uniti d'America. Il Governo degli Stati Uniti d'America informerà ciascun membro
del deposito di tale atto di adesione.” Dall’esame di tale articolo è possibile
evincere che il limite all’adesione è dato a) dalla posizione geografica dello
stato aderente, che deve necessariamente essere europeo; e b) dal diritto di
veto di ogni stato membro.
Poiché la NATO è essenzialmente una struttura di difesa, ad organi
prettamente politici affianca organi militari.
Per quanto riguarda la struttura politica l’Alleanza Atlantica è
sostanzialmente governata dai suoi 26 stati membri: ognuno di essi ha una
delegazione presso la sede centrale della NATO a Bruxelles. Il secondo
membro per importanza di ciascuna delegazione presso la NATO è il
rappresentante militare: un ufficiale anziano che proviene dalle forze armate
di ciascun paese membro.
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L'organizzazione politica della NATO comprende:
• Il Consiglio del Nord Atlantico o North Atlantic Council (NAC): è formato
dai rappresentati permanenti di ogni stato membro ed è l'organismo con
l'effettivo potere di governo all'interno della NATO. Si riunisce almeno
una volta a settimana e occasionalmente, in caso di decisioni politiche
particolarmente importanti, intervengono i ministri degli esteri, i ministri
della difesa o i capi di stato e di governo.
• Il Segretario Generale o Secretary General: presiede il Consiglio e
rappresenta la NATO a livello internazionale.
• L’Assemblea Parlamentare o Parliamentary Assembly: formata da
legislatori dei parlamenti dei paesi membri integrati da quelli di 13 paesi
associati. È una struttura parallela ma staccata dalla NATO, allo scopo
di riunire deputati dei paesi NATO per discutere di temi relativi alla
sicurezza e alla difesa.
Per quanto riguarda la struttura militare essa comprende:
• Il Comitato Militare o Military Committee (MC): è formato dai
Rappresentati militari e ha il compito di decidere le linee strategiche di
politica militare della NATO. Provvede inoltre alla guida dei Comandi
strategici ed è responsabile per la conduzione degli affari militari
dell'alleanza sotto la guida del Consiglio. Occasionalmente, anche alle
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sessioni del Comitato Militare possono partecipare i Ministri della Difesa
dei paesi membri.
• Il Presidente del Comitato militare o Chairman of the Military Committee:
presiede il Comitato e dirige le operazioni militari della NATO insieme a
due comandi strategici. I due comandi strategici sono:
• il Comando delle Operazioni Alleate o Allied Command Operations
(ACO), responsabile delle operazioni NATO a livello mondiale. Il
comandante dell'ACO è contemporaneamente Comandante Supremo
Alleato Europeo o Supreme Allied Commander Europe (SACEUR) ed è
di stanza al Supremo Quartier Generale Alleato Europeo o Supreme
Headquarters Allied Powers Europe (SHAPE) in Belgio;
• il Comando dell'Addestramento Alleato o Allied Command
Transformation (ACT), responsabile per la formazione e
l'addestramento delle forze NATO. Il comandante dell'ACT prende il
nome di Comandante Supremo dell'Addestramento Alleato o Supreme
Allied Commander for Transformation (SACT) ed è di stanza in USA.
3. L’impiego della NATO nelle operazioni di pace.
Per quanto riguarda gli impieghi militari della NATO, essi si realizzarono
per la prima volta nel 1999 (operazione Allied Force), durante la guerra del
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Kosovo. Poiché in tale occasione venne condotta un’intensa attività di
bombardamento della durata di circa tre mesi contro le forze Serbe, appare
arduo ricomprendere tale intervento all’interno della categoria delle “peace
operations”. Cionondimeno, senza volere in questa sede addentrarsi nelle
dinamiche strategico – poitiche alla base del conflitto nella ex Jugoslavia, è da
sottolinearsi che l’intervento dell’Alleanza Atlantica fu determinato da
un’effettiva aggressione di carattere militare.
Non sarà superfluo notare che in tale occasione l’alleanza agì in violazione
del suo stesso statuto – poiché non vi era stata precedentemene aggressione
ad uno dei suoi stati membri - e senza autorizzazione da parte del Consiglio di
Sicurezza dell'ONU.
Come più sopra ricordato, il 12 settembre 2001 la NATO utilizzò l’art.5 del
suo statuto, per la prima volta nella sua storia, in risposta all'attacco
terroristico agli USA. E, dal 16 aprile 2003, accettò di prendere il comando
dell'ISAF (International Security Assistance Force) in Afghanistan. Nella storia
della NATO tale missione è la prima a svolgersi al di fuori dell'area nord-
atlantica.
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Cap. III – La missione ISAF
1. Fonti normative: le risoluzioni ONU
Prima di addentrarsi nell’esame specifico della normativa internazionale
che legittima la missione ISAF, non saranno superflue alcune brevi
considerazioni sui principi giuridici generali che legittimano la presenza di
truppe straniere in Afghanistan. Se è vero, infatti, che, come più oltre si vedrà,
tale presenza è stata “formalmente” richiesta dal governo afghano ad interim è
altrettanto vero che non è possibile prescindere dalla considerazione dei
principi giuridici che fanno delle truppe ISAF una forza “di pace” e non una
forza “di invasione”
Tali principi sono contenuti in una categoria delle norme internazionali
generali produttive di obblighi “erga omnes” dei singoli Stati, cioè di obblighi
esigibili nei confronti della stessa Comunità Internazionale, unitariamente
intesa, in quanto coinvolgenti gli interessi della Comunità medesima
15
. In
quest’ottica, la legittimazione della missione ISAF risiederebbe, ab origine, nel
diritto – dovere della Comunità internazionale di salvaguardare l’ordine e la
pace nella regione, e ciò anche mediante il dispiegamento di una forza
militare.
Vi è inoltre chi considera la Comunità internazionale quale “gerente”
15
P. Picone, La guerra contro l’Iraq e la degenerazione dell’unilateralismo, in Revue Generale de
Droit international public, 2003, p. 333 ss..
28
dell’ordinamento giuridico internazionale, a garanzia dell’ordine giuridico
violato e al fine della creazione di un ordine giuridico nuovo
16
; l’intervento è
pertanto una categoria generale che comprende anche l’istituto dell’intervento
armato, teso sia all’instaurazione di un ordine giuridico nuovo, sia alla difesa
di quello esistente.
Addentrandosi nello specifico, la missione ISAF è, quale crisis response
operation, disciplinata da un corpus normativo composto da risoluzioni del
Consiglio di Sicurezza ONU, legislazione nazionale italiana preesistente alla
missione stessa ed applicabile al personale militare e legislazione ad hoc,
necessaria alla determinazione dei compiti e dei limiti operativi degli assetti
nazionali. È opportuno innanzi tutto menzionare gli aspetti salienti di rilievo
internazionale, correlati a quelli nazionali, che caratterizzano la partecipazione
italiana alla missione in Afghanistan.
Il 5 dicembre 2001, a Bonn, i rappresentanti delle etnie afghane, con la
firma dell’accordo di pace, ponevano fine al conflitto in Afghanistan ed
avviavano il processo di riconciliazione nazionale. Inoltre, decidevano di
costituire un’Autorità ad interim, il c.d. (Emergency Loya Jirga) titolare della
sovranità nazionale, sino all’instaurazione di un’Amministrazione Transitoria
(Transitional Authority) cui sarebbe stato trasferito ufficialmente il potere. Dal
punto di vista giuridico l’instaurazione di tale autorità veniva sancito con la
16
Andrea Serraino, Uso della forza armata a fini diversi dalla legittima difesa, 2001 p. 9 ss..
29
Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n.1419/02, nella quale veniva espresso
apprezzamento per i lavori dell’Emergency Loya Jirga, che costituiva, appunto,
la Transitional Authority ed eleggeva Hamid Karzai quale Capo dello Stato.
La successiva Risoluzione 1536/04 prendeva atto della promulgazione,
avvenuta il 4 gennaio 2004, della nuova Costituzione Afghana da parte della
Loya Jirga e riconosceva che le Nazioni Unite dovevano “continuare ad avere
un ruolo centrale ed imparziale nell’assistenza del popolo afghano, per
consolidare la pace e ricostruire il paese”
17
.
Volendo a questo punto esaminare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza
che hanno disciplinato la genesi della missione ISAF ed implementato il primo
dispiegamento di assetti operativi, tra di esse vi è innanzi tutto la Risoluzione
1386/01, che confermava che la situazione afghana “costituisce una minaccia
alla pace ed alla sicurezza internazionale”
18
ed autorizzava, nella pratica, il
dispiegamento di una forza internazionale, denominata appunto International
Security Assistance Force (ISAF), al fine di assistere le Autorità provvisorie
afghane nel mantenimento della sicurezza di Kabul e nelle aree circostanti,
per un iniziale periodo di sei mesi. Tale risoluzione, come è facile evincere dal
tenore assolutamente generico della stessa, costituisce il principio giuridico
generale, partendo dal quale è stata affermata la legittimità di un intervento
17
Risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU n.1536, 26 marzo 2004.
18
Risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU n.1386, 20 dicembre 2001.
30
internazionale sul territorio afghano. Pur senza indicare, nella pratica, i mezzi
attraverso i quali tale intervento sarebbe poi stato attuato, in essa veniva
comunque menzionata la necessità che tale intervento avesse luogo.
Le “specifiche” relative all’intervento vero e proprio non sono contenute in
alcuna risoluzione. Le modalità secondo cui la forza ISAF sarebbe stata
impiegata e, soprattutto, la catena gerarchica che avrebbe portato la NATO ad
assumere il comando delle operazioni sono contenute in un MtA, o Military
Technical Agreement in data 5 gennaio 2002, del quale si dirà in seguito. Al
momento è sufficiente puntualizzare come tale documento sia la fonte
regolamentare delle attuali operazioni ISAF nel teatro afghano.
E’ a questo punto necessario soffermarsi sulla legittimità della scelta della
NATO per la guida della missione ISAF. L'impegno NATO, infatti, trova la
propria giustificazione non nel Trattato istitutivo dell'Alleanza, ma nei nuovi
compiti attribuiti alla stessa dal Vertice dei Capi di Stati e di Governo della
Nato, tenutosi a Washington nel 1999
19
. Tecnicamente si tratta di una
missione “non-Articolo V”, destinata agli impegni dell'organizzazione nel fuori-
area, a partecipazione volontaria degli Stati membri. La presenza Nato è
ulteriormente legittimata dalla risoluzione 1563 del 2004
20
, dove tra l'altro si
afferma la necessità di rafforzare ISAF con nuovo personale e nuovi mezzi.
19
N. Ronzitti, Afghanistan. La base giuridica della missione italiana, www.alternativerivistatest.it
- 13 luglio 2006.
20
Risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU n.1536, 26 marzo 2004.