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INTRODUZIONE
Questo studio si prefigge di analizzare l‟evoluzione della legislazione italiana
nel campo della politica sociale di salute e sicurezza dei lavoratori alla luce delle
politiche europee in materia. Si vuole cioè comprendere in che modo gli interventi
europei, in questa specifica area di politica sociale, abbiano influenzato le policies
nazionali di salute e sicurezza sul luogo di lavoro.
La scelta di tale argomento è giustificata dall‟importanza che il tema della
sicurezza dei lavoratori ha per tutti gli ordinamenti nazionali, sia per motivi di
carattere sociale sia per motivi economici. La consapevolezza dei governi che gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali rappresentano un costo molto alto
per i cittadini e per le imprese fa si che essi siano considerati fenomeni da
prevenire in ogni Stato membro. Inoltre, pur essendo molteplici le analisi
sull‟europeizzazione delle politiche sociali, nella letteratura non si sono riscontrati
studi che raffrontassero a livello empirico l‟evoluzione della normativa italiana di
prevenzione rispetto a quella europea.
La domanda di ricerca può così sintetizzarsi: in quale misura le disposizioni
europee hanno influenzato le politiche italiane di salute e sicurezza sul luogo di
lavoro? L‟ipotesi di base è che le politiche di salute e sicurezza sul luogo di lavoro
italiane siano state influenzate in modo significativo dall‟Unione europea, così
come accaduto in altre aree di politica sociale.
Nel campo della prevenzione della salute dei lavoratori l‟intervento
comunitario, soprattutto a partire dalla fine degli anni ‟80, è stato incisivo ed ha
contribuito ad implementare l‟ordinamento nazionale a seguito del recepimento
delle direttive europee. Attraverso ricerca documentaria concernente la normativa
europea ed italiana in materia, ed in base al quadro teorico fornito da Radaelli
(2000; 2001), si svilupperà la disamina dei rapporti di interazione tra i due livelli.
In particolare l‟analisi effettuerà un raffronto tra le due legislazioni per appurare
l‟esistenza di similitudini e se queste possano ritenersi tra loro in relazione. I dati
empirici relativi alle norme italiane sul tema raffrontate a quelle europee, oltre
all'esame delle azioni derivanti da indicazioni comunitarie che gli enti istituzionali
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intraprendono al fine di combattere il fenomeno infortunistico, avvalorano la tesi
della presenza, in questo campo, di un importante grado di europeizzazione.
Il primo capitolo è focalizzato sul concetto di europeizzazione in connessione
alle politiche pubbliche; si cerca di definirne i meccanismi, i luoghi e gli effetti. A
supporto si prendono in considerazione gli studi effettuati a partire dagli anni ‟90
in quanto è a partire da questo periodo che si sono maggiormente sviluppate
analisi e discussioni sull‟impatto dell‟Unione europea sulle politiche pubbliche.
Prima di allora l‟interesse di studio delle tematiche comunitarie era
principalmente incentrato sull‟integrazione europea, sulle istituzioni e sulle
modalità decisionali sovranazionali, e ciò in quanto le competenze dell‟Unione
europea sulle policies erano, rispetto ad oggi, molto ridotte (riguardavano
principalmente le politiche agricole). Dall‟approvazione dell‟Atto unico europeo
(1986) e dal Trattato Maastricht (1992) in avanti le competenze dell‟Unione
europea si sono amplificate e, di conseguenza, l‟interesse degli studiosi si è rivolto
anche alla dimensione nazionale dell‟integrazione europea, alle politiche
pubbliche degli Stati membri ed alle relazioni che intercorrono tra istituzioni e
politiche comunitarie, nazionali e subnazionali. Oggi molte delle politiche
nazionali dipendono da norme comunitarie, é perciò normale un maggiore
interesse verso la creazione delle politiche pubbliche sovranazionali e la loro
diffusione negli Stati membri. Le analisi sull‟europeizzazione di questi ultimi
vent‟anni guardano non solo alla fase ascendente ed alla negoziazione
intergovernativa delle decisioni comunitarie, ma anche a quella discendente.
Questa seconda fase, che maggiormente interessa questo studio, comprende le
modalità di recepimento delle norme prescritte dall‟Unione europea e l‟influenza
che queste hanno all‟interno degli Stati membri.
Il secondo capitolo è dedicato all‟interesse europeo per le politiche sociali in
generale e, in particolare, per la politica di salute e sicurezza sul luogo di lavoro
che al suo interno si sviluppa. Il processo di integrazione europea è caratterizzato
da una forte estensione delle aree di politica pubblica dove interviene la
Comunità: da materie prettamente economiche le competenze dell‟Unione
europea si sono allargate a questioni politiche e sociali, e ciò nonostante gli
ostacoli derivanti dalle disomogeneità presenti in queste aree negli Stati membri.
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Alcuni riferimenti relativi alla tutela della sicurezza e salute del lavoratore erano
già presenti nei trattati fondanti la Comunità europea. In particolare l‟art.118 del
Trattato della Comunità economica europea del 1957 richiedeva alla
Commissione di promuovere una stretta cooperazione tra gli Stati membri nel
campo sociale, facendo riferimento a diversi argomenti tra cui la prevenzione
degli incidenti sul lavoro e delle malattie professionali. Da allora la Commissione
ha adottato una serie di programmi, di azioni e di strategie sulla sicurezza e la
salute sul luogo di lavoro che hanno portato all‟emanazione di una pluralità di
norme sul tema influenzando le normative nazionali. Il percorso della
regolamentazione comunitaria in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro
viene esaminato soffermandosi sui passaggi più salienti evidenziando le
differenze di principio succedute nel tempo. Si pone poi attenzione al tipo di
norma che l‟Unione europea ha emanato in materia di prevenzione sul lavoro
(regolamenti e direttive, soft law e best practices) per valutare i fattori da cui è
dipeso il tipo di scelta effettuato. In ultimo vengono esaminati i ruoli dei principali
attori europei con compiti attinenti al tema di studio e i diversi modelli europei di
organizzazione e gestione della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori
nelle aziende.
Il terzo capitolo prende in esame la normativa italiana di salute e sicurezza sul
luogo di lavoro con particolare attenzione alle norme di derivazione comunitaria.
Nel campo delle norme sulla prevenzione della salute dei lavoratori l‟intervento
comunitario è stato incisivo ed ha influenzato l‟ordinamento nazionale portando
all‟emanazione di importanti decreti tra cui il più innovativo è stato il d.lgs. n. 626
del 1994, poi sostituito dal d.lgs. n. 81 del 2008. Anche in questo caso si effettua
una panoramica sull‟evoluzione della normativa italiana, ponendo attenzione alle
modifiche di principio in essa contenute, siano esse causate o no
dall‟europeizzazione, agli attori nazionali della sicurezza ed ai diversi modelli di
gestione della sicurezza che si sono succeduti. In considerazione dell‟apertura dei
mercati, che sempre più spesso porta le imprese italiane all‟impiego dei lavoratori
in paesi esteri, si è evidenziata quale disposizione europea venga in aiuto per
identificare la normativa di salute e sicurezza sul luogo di lavoro da applicare, se
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quella del paese di assunzione o quella del paese dove si svolge l‟attività
lavorativa.
Il quarto capitolo è dedicato alle considerazioni finali. Se nei capitoli
precedenti si è mostrato che nelle politiche pubbliche nazionali oggetto di analisi
gli effetti dell‟europeizzazione (sempre analizzata nella sua fase discendente)
sono evidenti, qui si cerca di capire a quale tipo di europeizzazione siamo di
fronte, perché ha potuto svilupparsi, quali le conseguenze sull‟ordinamento
nazionale e, di riflesso, sull‟andamento del fenomeno infortunistico.
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CAPITOLO 1
EUROPEIZZAZIONE E POLITICHE PUBBLICHE
1.1 Lo studio delle politiche pubbliche
Negli ultimi vent‟anni la letteratura nell‟ambito degli studi europei ha
dedicato ampio spazio all‟analisi delle politiche pubbliche.
A partire dalla fine degli anni „50 gli studi sul progetto comunitario sono
focalizzati sulla novità del processo di formazione e istituzionalizzazione europea
e sui ruoli che gli Stati membri sono chiamati ad occupare nella gestione di tale
processo. In questi primi anni la letteratura affronta marginalmente la questione
delle politiche pubbliche in quanto le competenze europee sono limitate sia
settorialmente (consistono essenzialmente nelle politiche agricole), sia
quantitativamente.
Tra gli anni ‟70 e ‟80 la ricerca si interessa principalmente al funzionamento
delle istituzioni sovranazionali. Nello stesso periodo compaiono le prime analisi
sulle politiche pubbliche comunitarie (che iniziano ad avere più spazio all‟interno
delle competenze europee) effettuate sia a livello domestico sia a livello
comparativo; in questi anni il numero degli studiosi che si interessano al tema
dell‟integrazione europea è in costante aumento (Palier et al. 2007).
L‟Atto unico europeo (1986), che allarga le competenze della Comunità e
introduce la maggioranza qualificata nel Consiglio, e il Trattato di Maastricht
(1992) accelerano il processo di integrazione con un crescente sviluppo delle
istituzioni comunitarie e dei loro campi di intervento. Di conseguenza, a partire
dagli anni ‟90, l‟interesse sulle questioni europee aumenta e gli studi si
suddividono tra quelli effettuati sotto una prospettiva ontologica, già
precedentemente affrontata e rivolta a comprendere la natura e le principali
caratteristiche dell‟organizzazione politica europea (Caporaso 1996), e quelli che
hanno come oggetto di ricerca le analisi di specifiche politiche pubbliche. A
questi studi appartiene il filone relativo all‟europeizzazione delle strutture e delle
policies nazionali (Graziano 2004).
In tempi più recenti i temi della ricerca si diversificano. Si guarda alle
trasformazioni del processo comunitario conseguente ai trattati degli anni ‟90 e
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specifici problemi legati alle politiche pubbliche. Quest‟analisi di
europeizzazione, che ricalca la definizione di integrazione europea, si incentra
sulla nascita, a livello comunitario, di strutture che hanno la capacità di generare
decisioni su specifiche politiche, decisioni che vengono accettate dai governi
nazionali in quanto sono legittimamente riconosciute (Fabbrini 2003).
Diversi autori considerano non esaurienti le analisi sopracitate in quanto
troppo focalizzate sulla fase ascendente, cioè sulla costruzione delle istituzioni e
delle politiche comunitarie, che è un aspetto dell‟europeizzazione ma non l‟unico:
non si può assimilare l‟integrazione europea all‟europeizzazione poiché
quest‟ultima racchiude in sé un concetto più ampio che abbraccia anche la fase
discendente.
In altri studi vengono considerati anche gli aspetti processuali del fenomeno:
l‟europeizzazione è vista come un processo che si esplicita in maniera differente
ed ha effetti diversi a seconda del tipo di policy trattata e del paese membro
coinvolto. Per Morlino (1999) l‟europeizzazione consiste nella diffusione e
penetrazione nei paesi membri di valori, norme generali e direttive specifiche
create dalle istituzioni di governace europee. Per Giuliani (2000) le strutture di
governance europee, avendo nel tempo acquisito più autonomia da quelle
nazionali, riescono ad avere su di esse una certa influenza. Featherstone e
Kazamias (2000), Checkel (2000), Bomberg e Peterson (2000) sottolineano come
l‟influenza sia bi-direzionale, non sia cioè solo dal livello sovranazionale a quello
nazionale ma esiste anche un intervento attivo delle strutture nazionali su quelle
europee.
La definizione che attualmente incontra più adesioni è quella di Radaelli
secondo la quale l‟europeizzazione è un “processo di costruzione, diffusione e
istituzionalizzazione di regole formali e informali, procedure, paradigmi, stili,
modi di fare, credenze comuni e norme che sono state preventivamente definite e
consolidate nel processo decisionale europeo e, successivamente, incorporate
nelle logiche domestiche, nelle identità e nelle strutture pubbliche nazionali”
(Radaelli 2000).
Radaelli distingue il concetto di europeizzazione da quello di convergenza, di
armonizzazione e di integrazione europea. Egli caratterizza il fenomeno innanzi
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tutto come un processo e non come un risultato. Un processo dove la prima fase,
quella della costruzione, si riferisce al momento in cui gli attori nazionali e
sovranazionali individuano un problema comune e le modalità per risolverlo. La
seconda fase, quella della diffusione, riguarda l‟inserimento di quanto creato a
livello comunitario (istituzioni o politiche pubbliche) nelle politiche pubbliche
degli Stati membri. Le fasi del processo, sia di costruzione (ascendente) sia di
diffusione (discendente), sono interessate dall‟esistenza di relazioni orizzontali tra
gli Stati membri così come tra gli attori subnazionali, e di relazioni verticali tra il
livello sovranazionale, nazionale e subnazionale.
Il processo di europeizzazione, come Radaelli (2000) mostra nelle sue analisi,
non è lineare: i suoi meccanismi e i suoi effetti sono diversi a seconda degli attori
coinvolti e dei temi trattati. L‟idea del processo, contrapposta ad una visione
statica dell‟europeizzazione intesa come risultato, era già presente in precedenti
contributi sull‟Europa, in particolare negli studi neofunzionalisti. L‟approccio di
Radaelli è comunque innovativo perché più possibilista: le analisi empiriche
contenute nei suoi studi (Radaelli 2001) dimostrano come il processo di
europeizzazione non segua sempre gli stessi meccanismi e porti a risultati
disomogenei, dove non c‟è invariabilmente un trasferimento di competenze dal
livello nazionale a quello comunitario. Contrariamente a quanto affermano le
teorie neofunzionaliste le politiche pubbliche nazionali possono, a seguito
dell‟europeizzazione, non solo adeguarsi alle decisioni comunitarie ma anche
distanziarsi da esse.
Se la definizione proposta da Radaelli racchiude entrambe le fasi del processo
di europeizzazione, il metodo empirico che propone (lo stesso utilizzato dalla
maggioranza degli autori interessati al fenomeno), è più restrittivo perché rivolto
solo all‟impatto delle politiche europee all‟interno degli Stati membri e non
contempla la fase della costruzione.
Altri autori sviluppano la definizione di Radaelli definendo l‟europeizzazione
come “l‟insieme dei processi di adattamento istituzionali, strategici e normativi
indotti dalla costruzione europea” (Palier et al. 2007). Questa nozione di
europeizzazione non si limita ad analizzare gli effetti sugli Stati membri
dell‟Unione europea, ma considera il processo globalmente, guardando alla
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formulazione delle politiche europee, alla loro attuazione a livello nazionale ed
agli effetti di feedback del livello nazionale verso quello europeo. L‟accento è
posto sull‟interazione tra i diversi livelli dove le politiche europee impattano su
quelle nazionali e le attività di livello nazionale influenzano il livello europeo.
In conclusione le differenze che si riscontrano in letteratura relativamente alla
definizione di europeizzazione sono molteplici mentre il fuoco delle analisi
empiriche è più omogeneo, sostanziandosi principalmente sull‟impatto domestico
delle politiche europee.
A supporto di questo studio si prende in considerazione la definizione di
Radaelli che risulta più completa e che meglio sottolinea l‟aspetto processuale e
multidimensionale del concetto di europeizzazione. In particolare si sceglie di
concentrarsi sull‟incorporazione delle regole definite a livello europeo, relative
alle politiche di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, nelle logiche e nelle
strutture pubbliche italiane.
1.3 I meccanismi dell‟europeizzazione
Nelle sue analisi Graziano (2004) sottolinea come la distinzione effettuata tra
le due fasi dell‟europeizzazione (costruzione e diffusione) sia utile per inserire in
ognuna di essa una diversa tipologia di modalità di svolgimento del processo.
Nella fase della diffusione, che maggiormente interessa questo lavoro, utilizzando
studi effettuati da Scharpf (2000) i meccanismi si distinguono in base al tipo di
fonte regolativa della politica comunitaria e sono:
- l‟imposizione. Questa modalità nasce da una fonte fortemente vincolante, è
in genere, il caso dei regolamenti che sono gli unici atti normativi di portata
generale a disposizione delle istituzioni comunitarie. Vi è il ricorso al regolamento
quando, in una certa materia, volontà dell‟Unione europea è quella di ottenere una
disciplina unitaria. L‟uso di questo strumento è aumentato in modo progressivo
parallelamente all‟aumento delle competenze comunitarie. Il 90% dei regolamenti
riguarda la politica agricola ma vi sono altri settori dove si è pervenuti, grazie a
questa tipologia normativa, a risultati uniformi come, ad esempio, il settore della
concorrenza fra imprese e quello della politica sociale, nell‟area relativa alla