Every great idea is on the verge of being stupid
Michel Gondry
I. Introduzione
Un qualsiasi lavoro di tipo cumulativo e valutativo sull'attività di Michel Gondry nasce già
con il morbo dell'incompletezza, sia per la giovane età del regista, oggi quarantacinquenne, sia
per la sua ancora più giovane esperienza nel mondo del cinema (sebbene, come si vedrà, in
parte bilanciata dalla “gavetta” nel mondo dei videoclip musicali e degli spot pubblicitari).
Questo deve anzitutto rendere consapevoli di trovarsi dinnanzi ad un cineasta che non ha
ancora espresso completamente la sua arte, sul quale ogni valutazione non potrà che essere
parziale e limitata ma non per questo inutile o meno interessante, poiché sono già evidenti
determinate scelte stilistiche e tematiche straordinariamente originali.
Il primo film di Gondry, Human nature, è datato 2001 e per questo la sua carriera
cinematografica non è ancora nemmeno decennale; siamo quindi in presenza di un regista-
fanciullo (e questa definizione va oltre il semplice motivo anagrafico), con ancora davanti a sé
molti anni e, soprattutto, molti film. Tenendo presente quindi che a dieci anni dal suo primo
film Kubrick non aveva ancora fatto neanche 2001: Odissea nello Spazio, si può ben capire la
portata di questo discorso.
Destino strano quello del francese Michel Gondry in Italia, vittima ignara di una delle
peggiori traduzioni di titolo di film della storia del cinema quando uscì Se mi lasci ti cancello
(originalmente Eternal sunshine of the spotless mind) ma anche di una delle migliori, quella di
The science of sleep in L'arte del sogno, quest'ultima più inconsapevole definizione del suo
modo di intendere il cinema che semplice tentativo di riversamento linguistico del titolo
originale.
Il cinematografo ha avuto molteplici padri, ma tra scienziati e inventori si è indubbiamente
distinta la figura di un illusionista e prestigiatore parigino, Georges Méliès, che ha dato a
quello che prima era semplicemente un “registratore di realtà” la possibilità di rappresentare
il sogno e di dare forma concreta alla fantasia
1
. C'è qualcosa che accomuna i primi
prestigiatori del cinema a Michel Gondry: ovunque egli è accreditato come un “Méliès
contemporaneo”, c'è una traccia nel suo utilizzo di trucchetti cinematografici che riecheggia i
vecchi giochi di prestigio con le prime macchine da presa, ci sono una leggerezza e una
semplicità nei suoi film che li collocano al di fuori dell'esercizio intellettualistico e dalla
banalità degli effetti speciali al computer, c'è una linea comune tra alcuni dei suoi lavori che
1
Andrè Bazin, Che cos'è il cinema?, Garzanti, Milano 1999.
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esplicita un amore per la settima arte, un amore puro e sincero fatto di bricolage, di
smontaggio e riassemblamento, di vintage, di artigianalità e di originalità che colpisce e
affascina lo spettatore, il quale, nei film di Gondry, si ritrova catapultato in un mondo onirico
e fanciullesco ( la critica ha spesso scomodato Frank Capra in paragone al francese).
Questa genuinità nel rapporto che c'è tra Gondry e il cinema è merce rara nella industria
cinematografica di oggi, dove la grandezza degli effetti speciali, la possibilità di mostrare con
incredibile realismo l'impossibile, l'inestricabilità e la eccessiva complicazione delle trame ha
completamente cancellato l'idea che di fatto il cinema non deve quasi nulla allo spirito
scientifico. I suoi padri non sono scienziati, perfino Edison non è in fondo che un geniale
bricoleur[...]
2
.
Per questi motivi, uno sguardo anche, come in questo caso, parziale alla sua filmografia e
videografia lascia intravedere in questo giovane regista una estetica originalissima, lontana da
qualsiasi autore contemporaneo e passato: i suoi film sono dotati di quella positiva ripetitività
di tema e forma, di quella nascosta profondità che competono solo ai veri autori. Gondry ha
dimostrato, a mio avviso, nel corso di questi pochi anni in cui si è seduto dietro ad una
cinepresa, una capacità di utilizzare e allo stesso tempo analizzare ed interrogare il medium
cinematografico, che lo rendono uno degli autori che meglio incarnano il lato più creativo e
meno ripetitivo del postmodernismo filmico; i suoi film, senza mai risultare esercizi
intellettualistici pongono l'arte cinematografica e l'autore stesso davanti a uno specchio che
costringe a numerose riflessioni.
Senza sentire la necessità di copiare o ricalcare nessun lavoro di altri registi precedenti ma
mantenendosi incredibilmente originale e autonomo, Gondry dimostra di saper toccare
determinate tematiche ed estetiche che hanno segnato la storia dei movimenti cinematografici,
dalla genesi del cinematografo passando dal neorealismo, fino al surrealismo.
Quello che si è voluto compiere in questo lavoro è un viaggio attraverso le sue opere più
rappresentative, senza trascurare gli esordi nel mondo del videoclip e del cinema, volto a
mettere in evidenza la presenza nei suoi lavori di una precisa estetica cinematografica fatta di
tecniche semplici, di un rifiuto di effetti speciali computerizzati in favore di trucchi che lo
accomunano ai pionieri del cinema, di rotture postmoderniste della linearità temporale e
spaziale, di citazione autobiografiche, di strutture ad anello, di mondi onirici, personaggi
sognatori ed emarginati, di artigianalità e creatività che molto lo avvicinano a un inventore,
insomma a un modo di intendere i film che non ha riscontri coevi; tutto questo ha portato il
regista, col procedere dei suoi lavori, alla necessità di utilizzare la sua concezione del cinema
come tema stesso dei suoi film: da questo bisogno-desiderio si sono originati film come
2
Andrè Bazin, Che cos'è il cinema?, Garzanti, Milano 1999.
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Eternal sushine of the spotless mind, che iniziava in parte questa riflessione ponendo
l'accento sulla memoria (un tema molto caro al cinema) poi con L'arte del sogno dove il
centro dell'attenzione si è spostato sul tema della creazione stessa delle opere d'arte, sulla vita
stessa di Michel Gondry e sul suo rapporto con il mondo onirico (altro tema abusato dal
cinema), fino a che la creazione del film è diventata il centro stesso dell'opera del regista con
Be kind rewind.
La volontà e il fine di questo lavoro è evidenziare come questo regista abbia idee formali e
tematiche talmente precise e originali da riproporle in ogni sua opera che sia essa un breve
videoclip musicale o un film. I suoi lavori prevedono spesso, se non quasi sempre, la messa in
crisi della percezione e del punto di vista dello spettatore, utilizzando strutture complesse e
procedimenti stranianti, facendo del regista francese un consapevole autore postmoderno e
postmodernista, che spesso si permette di ironizzare e giocare con questa corrente.
Gondry non fa altro che ingannare amichevolmente lo spettatore, come quando sembra, in un
celebre video che circola su internet, risolvere il cubo di Rubik coi piedi, ricordandoci come la
magia del cinema risieda nella fascinazione, nella leggendaria fuga degli spettatori che
temevano di essere investiti da un treno allorché ne videro uno proiettato dal cinematografo in
sala o nello stupore quando Méliès sembrava, grazie a un rudimentale montaggio, apparire e
sparire di fronte a loro. Poco importa se il film non è realistico o credibile, perché rientra in
quel tacito accordo tra spettatore e artista, in cui il primo si lascia trasportare dalle emozioni
prodotte dal secondo, un abbandono che lo lascia in balia della fantasia e che non risponde a
nessun canone di veridicità, proprio come in un sogno.
Se Hollywood è la fabbrica dei sogni, che cos'è il cinema di Gondry se non l'arte di fare
cinema e quindi, citando il titolo del suo film, l'arte del sogno?
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Nella più contorta e complicata idea Michel Gondry sta cercando un’unica cosa:
estrarre un po’ di magia e di mistero dalle cose.
Bjork
II. Gondry e la musica: genesi di un regista
Il regista francese Michel Gondry nasce l'8 maggio 1963 in una banlieue di Versailles, Le
Chesnay. La musica, punto di partenza e presenza fondamentale nella sua carriera registica,
riguarda la sua famiglia da diverso tempo prima della sua venuta al mondo: il nonno, Costant
Martin, alternava il suo lavoro come proprietario di un negozio di organi elettrici per chiese
alla passione per le invenzioni; da questa passione nasce il Clavioline, un piccolo
sintetizzatore di grande successo commerciale che se avvicinato ad un pianoforte ne
riproduceva le note imitando il suono di una tromba (l'utilizzo di questo strumento è
riscontrabile nella canzone Baby you're a rich man dei Beatles). Michel Gondry e la musica,
un binomio destinato a diventare di successo, si frequentano quindi fin dalla più tenerà età del
regista.
Alla morte del nonno il negozio viene ereditato dal padre che lo modernizza, rendendolo un
vero e proprio music shop come racconta in un intervista Gondry: “[...] My father took over
the shop. Of course my father was much more into pop culture. He started selling electric
guitars and was very cool. But pretty soon he was bankrupt because he'd just give the
instruments away. If a young hippie really wanted one of his guitars or keyboards, but
couldn't afford it, my father would practically let them have it”
3
. Prima di essere costretto a
vendere il negozio, il padre regala al piccolo Michel e al fratello rispettivamente una batteria e
un basso per incentivare la loro passione musicale: questo regalo sarà indirettamente la causa
dell'incontro di Gondry con la musica (i due fratelli metteranno su una sorta di gruppo
musicale amatoriale), i videoclip e poi il cinema.
Michel Gondry mostra fin da subito un certo interesse per le invenzioni e il disegno; sempre
in un'intervista dichiara che da piccolo voleva fare il pittore o l'inventore
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(probabilmente
esaudirà entrambi i sogni facendo il regista, perfetta sintesi dei due mestieri); ricorda spesso in
altre interviste questa sua passione per il disegno nata fin dalla fanciullezza e che lo
accompagna ancora oggi: “I was drawing from a very young age. I liked it. When people know
you can draw they ask you to draw different things, so it's as though you're already part of
society. If you're good at drawing you have a social role, however young you are. And you
produce something tangible at the same time as being creative. Drawing also increases your
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The Work of Director Michel Gondry, Palm Pictures, New York, 2002.
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Cfr. www.imdb.com/gondry.
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status at school. I was the best draughtsman in my class […]”
5
.
Anche il gusto per l'invenzione e il “bricolage”, la creatività, smontaggio e riassemblaggio, il
semplice trucco, tutte cifre stilistiche che si ritrovano nelle sue opere, sono presenti in lui fin
da bambino: “As a child I was interested in the possibilities that Lego and Meccano opened
up, to create and invent new discoveries. My cousin and I used Meccano to build a prototype
cartoon machine, quite similar to the zoetrope. It was a black circle with a gap to look at the
little drawings. One of the stories we drew was about a journey in which you fractal zoom
from a larger infinity to a smaller infinity. It started in space, with the planets, and then closed
in on the Earth, then the continents, the countries and cities, the streets and the houses, down
through a chimney, deep into the wood and right into the little atoms. Then it zoomed back out
to the planets again. It was about a minute long, and we were twelve years old.”
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Dopo gli studi secondari classici è ammesso alla Ecole d'Arts Appliqués Olivier-de-Serres di
Parigi dove, oltreché coltivare la sua passione artistica, fonderà con il compagno di liceo
Etienne Charry il gruppo rock Oui-Oui.
Qui comincia la sua avventura nel mondo del video.
"I always hated pretentious commercials and videos before I started directing, not
following the typical and saying that people are all fashion. It has always been my
goal to make people feel alright when they watch my work."
Michel Gondry
III. Schegge di cinema: i videoclip di Gondry dagli Oui-Oui ai Rolling Stones
Quando il padre di Michel regalò una batteria al giovane figlio difficilmente poteva
immaginare che questa sarebbe stata la sua chiave per Hollywood: infatti, attraverso
vicissitudini varie, sarà proprio grazie alla musica che Michel Gondry si farà conoscere nel
mondo del cinema.
Il fantastico viaggio di Gondry nel mondo del video musicale (viaggio per altro ancora in
corso, visto che il regista francese non ha affatto abbandonato questa pratica,
accompagnandola anzi a quella dei “commercials”) richiede però alcune precisazioni,
principalmente riguardo a come esso verrà trattato in questa sede: anche solo un rapido
sguardo alla videografia di del regista ci permette di renderci conto dell'incredibile vastità di
questa e, per quanto sicuramente lo richiederebbe e meriterebbe, non risulta essere questo il
luogo dove compierne una trattazione completa ed esaustiva; detto ciò non si può prescindere
5
Www.director-file.com/gondry.
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Www.director-file.com/gondry.
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dall'importanza che questi video musicali hanno nella formazione registica di Gondry e
quanto di questi ultimi si rifletta nei suoi lungometraggi sia a livello tematico che tecnico.
Lo stesso argomento del rapporto tra videoclip e cinema richiederebbe un'ampia trattazione,
sarebbe infatti difficile ignorare la tendenza (e infatti è stata al centro di diversi studi di
settore) che, negli anni novanta e soprattutto con la loro fine e l'inizio del nuovo millennio, ha
visto la pratica del videoclip come una vera e propria palestra per un gruppo di registi che
sarebbero in seguito diventati tra i più interessanti e innovativi del cinema degli ultimi anni (a
proposito si ricordano i nomi di Ridley e Tony Scott, Michael Mann, Michael Bay, Jonathan
Glazer, David Fincher, Spike Jonze e ovviamente Gondry stesso): questo fatto ha certamente
influenzato la tecnica e l'estetica cinematografica in maniera profonda (come nota in alcuni
suoi lavori il professore universitario Carol Vernallis
7
). Il video musicale ha rappresentato per
taluni registi delle ultime generazioni il luogo dove provare tecniche di ripresa, dove
sperimentare i trucchi cinematografici, gli obiettivi, le lenti, le luci (il noto regista David
Fincher ha paragonato il videoclip musicale a una sandbox, ovvero un posto dove si può
provare qualsiasi cosa) e per questo il legame tra i video di questi registi e i loro film sono
spesso evidenti; questo vale a maggior ragione per Michel Gondry. Gia nel lontano 1992 il
regista Wim Wenders nella sua “lezione di cinema” tenuta presso il festival di Cannes fa
presente alla platea che il cortometraggio era un modo per entrare nel cinema […]. Di fatto il
cortometraggio è stato sostituito da un altro terreno di sperimentazione per la maggior parte
dei giovani e degli studenti: il videoclip
8
.
Altra doverosa precisazione: menzionando il regista francese non stiamo parlando di un
talento ignorato, di un debuttante o di una figura secondaria, Gondry sta al mondo dei
videoclip musicali come Spielberg al cinema contemporaneo; in questo campo è
universalmente riconosciuta la sua bravura e le sue capacità, è considerato come una delle
figure più rivoluzionarie della storia di questo genere
9
, è ammirato sia dalla critica che dal
pubblico, non senza dei tratti quasi glamour, ogni suo lavoro è attesissimo e pagato
profumatamente. La sua più grande rivoluzione è forse quella di aver esteso al videoclip
musicale il concetto di autore, imponendo la sua mano registica come la caratteristica comune
tra dei videoclip e non che questi fossero dello stesso autore musicale, collaborando
addirittura alla creazione di una collana dvd (Work of director) che riunisce i lavori di
determinati registi; altrove Gondry è definito l'alchimista del video, l'uomo che più di ogni
altro è stato in grado di mescolare molteplici linguaggi narrativi in un mix sorprendente che
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Carol Vernallis, Experiencing music video: Aesthetics and cultural context, Columbia U. Press, New York,
2004
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Wim Wenders, in Lezioni di cinema, Il Castoro, Milano, 2007
9
Cfr. F. Dupont, A propos du clip, "Cahiers du Cinéma", numero speciale, 1995
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