4
1. LA FINANZA PUBBLICA COMUNITARIA IN 60 ANNI
D’INTEGRAZIONE
1.1 Le fonti della finanza pubblica comunitaria
“L’Unione Europea influisce sulla nostra vita quotidiana in un modo che ci sembra
ormai naturale: voli a basso costo, comunicazioni telefoniche piø economiche, diminuzione
del prezzo delle automobili, abolizione delle frontiere fra la maggior parte dei paesi
europei. Grazie all’UE abbiamo anche un ambiente piø pulito, prodotti alimentari piø
sicuri, il diritto all’assistenza sanitaria quando siamo in viaggio e una moneta unica per
quasi due terzi dei cittadini europei. Molte di queste realizzazioni sono il risultato di
economie di scala e di una maggiore efficienza rese possibili dalla messa in comune di
risorse allo scopo di accrescere e migliorare l’occupazione e preservare il nostro stile di
vita, per noi stessi e per le generazioni future. Il bilancio dell’UE finanzia la costruzione di
strade, ponti, aeroporti, linee elettriche; promuove la società dell’informazione e la
diversità culturale e linguistica; finanzia corsi di formazione per i disoccupati e la
creazione di posti di lavoro; finanzia ricerche sulle malattie infantili, sull’ambiente
naturale, sui prodotti chimici pericolosi, sulla sicurezza alimentare, sui veicoli ecologici,
sulle nuove risorse energetiche; promuove scambi di studenti e di giovani; incoraggia la
creazione e la crescita di piccole imprese; finanzia interventi volti a mantenere la pace,
fornire aiuti umanitari e garantire la sicurezza delle frontiere; contribuisce allo sviluppo
del Terzo mondo.”
1
Da quanto appena detto emerge un quadro che potrebbe indurci erroneamente ad assimilare
l’UE a qualsiasi stato federale avanzato, se non altro in termini di dimensioni del budget.
Forse sorprenderà il fatto che i fondi spesi dall’UE, pur essendo indubbiamente un
investimento molto produttivo per il nostro futuro, sono equivalenti a circa l’1% della
ricchezza nazionale dell’UE all’anno. Ciò, in parte, testimonia che la ricerca di un quadro
giuridico capace di integrare pienamente sia la dimensione europea che il principio di
sovranità degli Stati membri nel settore fiscale è una delle sfide più difficili che l’UE
affronta sin dal suo stato embrionale. Generalmente, i budgets delle organizzazioni
internazionali sono finanziati dalle contribuzioni dei loro Stati membri e le loro spese sono
essenzialmente spese di funzionamento. All’origine, il budget della Comunità Europea
presentava queste caratteristiche, poi ha conosciuto un’evoluzione che oggi lo distingue dal
budget delle altre organizzazioni internazionali, ma anche da quello di un singolo Stato
sovrano.
1
European Commission. Directorate-General for Communication (2006), Investing in our common future.
The budget of the European Union, Brussels, November, p. 5.
5
Figura 1: Le entrate dell'UE
29%
24%
19%
12%
17%
66%
62%
15%
40%
51%
15%
30%
10%
73%
43%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
1988 1992 1996 2000 2005
RPT IVA PNL
Fonte: Bertoncini Y., Steinacher L., 2007, p. 8.
Il sistema di finanziamento dell’UE ha vissuto tre grandi cambiamenti strutturali:
I. la creazione di un “sistema di risorse proprie”, nel 1970, prevalentemente sulla base di
dazi doganali comunitari e di imposte sui prodotti agricoli importati;
II. la realizzazione, nel 1980, di una contribuzione nazionale basata su una percentuale
della base IVA degli Stati membri;
III. l’istituzione, nel 1988, di un contributo nazionale fondato sul Prodotto Nazionale
Lordo (PNL) dei Paesi membri, utilizzato per il finanziamento delle spese non coperte
dalle altre risorse.
Queste differenti risorse da allora hanno conosciuto tendenze evidenti e lineari (vedi Figura
1):
• la quota delle Risorse Proprie Tradizionali (RPT) e dell’IVA è fortemente
diminuita;
• la quota della risorsa PNL è notevolmente aumentata, ed attualmente finanzia più dei
2/3 del bilancio UE.
Senza dubbio comprendere l’integrazione economica europea richiede una buona nozione
dei problemi affrontati e delle soluzioni adottate nel passato. Ciò che è accaduto ieri
focalizza l’attenzione sulle criticità che probabilmente sorgeranno domani; risulta pertanto
essenziale un breve sguardo al passato, al quale saranno dedicati i prossimi tre paragrafi,
alternando alle maggiori vicende che concernono le questioni fiscali, informazioni che
riguardano più in generale il processo di costruzione dell’Europa, nella consapevolezza che
6
è impossibile riassumere sessant’anni di integrazione europea in così poco spazio e che ciò
in ogni caso non rappresenta l’oggetto principale di questo lavoro.
1.2 1951-1970: dai contributi nazionali alle risorse proprie
Storicamente, le radici dell’Unione Europea risalgono alla seconda guerra mondiale:
l’idea dell’integrazione europea nacque per far sì che non si verificassero mai più simili
massacri e distruzioni. Da allora un dibattito fondamentale, ancora oggi in evoluzione,
emerse sul ruolo degli Stati-nazione, concernente due aspetti dell’integrazione:
l’intergovernalismo, da un lato, e il federalismo, dall’altro. Si noterà, nel prosieguo, come il
secondo abbia lentamente guadagnato spazio sul primo.
La prima forma di cooperazione economica fra Paesi europei si realizzò col Trattato che nel
1951 istituisce la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), la quale
costituisce il primo esempio di aggregazione di Paesi europei sul piano economico e
politico. I sei membri fondatori (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi
Bassi) decidono di gestire in comune le rispettive industrie carbo-siderurgiche, cosa che
avrebbe evitato che uno Stato potesse fabbricare armi proprie da rivolgere contro altri,
come avvenuto in passato. Possiamo, già in questa occasione, rintracciare le prime fonti di
norme relative alla fiscalità europea. Tale organismo era infatti finanziato da tributi sul
carbone e l’acciaio che venivano versati direttamente alla CECA, come risorse proprie,
senza passare attraverso i bilanci nazionali. Visto il successo del Trattato sul carbone e
l’acciaio, i sei Paesi decidono di estendere la cooperazione ad altri settori economici. Viene
così firmato il Trattato di Roma (25 marzo 1957), che istituisce la Comunità Economica
Europea (CEE), o “Mercato comune”, avente per obiettivo la libera circolazione di persone,
beni e servizi al di là dei confini nazionali. A differenza della CECA, la CEE inizialmente
non possiede risorse proprie, ma viene finanziata da prelievi o contributi dai bilanci degli
Stati membri; tuttavia l’aspirazione all’autonomia finanziaria esisteva sin dall’inizio, come
espresso dall’articolo 201 del Trattato di Roma:
“La Commissione esaminerà le condizioni alle quali i contributi finanziari degli
Stati membri di cui all'articolo 200 potrebbero essere sostituiti da risorse proprie
della Comunità, in particolare dalle entrate derivanti da tariffe doganali comuni,
quando esse saranno finalmente introdotte. A tal fine, la Commissione presenta
proposte al Consiglio…”.
7
Anche se i dazi doganali erano già previsti dall’articolo citato, furono le imposte agricole a
costituire la prima risorsa propria
2
della CEE, a partire dal 1962, anno in cui viene
introdotta la “Politica Agricola Comune” (PAC). Quest’ultima consente agli Stati membri
un controllo comune della produzione alimentare e trasferisce il grosso delle politiche
agricole nazionali dei sei Stati membri alla CEE, con il corollario che la spesa
corrispondente viene rimossa dai bilanci nazionali. Tuttavia, visto che i prelievi agricoli
non erano sufficienti a finanziare la Comunità, i contributi finanziari degli Stati membri
hanno continuato ad esistere in parallelo. La CEE ha una sufficiente produzione alimentare
per soddisfare il proprio fabbisogno e gli agricoltori ne traggono ottimi profitti. Un effetto
collaterale indesiderato è l’eccessiva sovrapproduzione, ma è solo dagli anni ’90 che la
riduzione delle produzioni eccedentarie e il miglioramento della qualità dei prodotti
alimentari acquistano priorità.
Gli anni ’60 sono anni d’oro per l’economia: i sei Paesi fondatori aboliscono i dazi doganali
sulle merci nell’ambito dei reciproci scambi, consentendo per la prima volta la
liberalizzazione degli scambi transfrontalieri. Essi applicano inoltre gli stessi dazi sulle
rispettive importazioni dai Paesi terzi, costituendo una vera e propria unione doganale. Gli
scambi tra i sei Paesi e tra la CEE e il Resto del Mondo registrano una rapida crescita: è la
nascita del più grande raggruppamento commerciale al mondo.
Nel 1965, alcune proposte della Commissione Europea sul finanziamento della PAC, sulle
risorse proprie della CEE e sull’espansione dei poteri del Parlamento incontrano la forte
opposizione della Francia, che vede nella PAC una garanzia per i propri interessi. Ciò
provocò una crisi che fu risolta solo con l’adozione del compromesso di Lussemburgo nel
1966. Questo compromesso non era altro che un “accordo sull’essere in disaccordo”, cosa
che in futuro avrebbe costretto il Consiglio dei Ministri europeo a prendere le sue decisioni
all’unanimità, anche nei casi in cui il Trattato prevedeva il voto a maggioranza (Haug,
Lamassoure, Verhofstadt, 2011, p. 5). L’impasse viene superata dal Trattato di
Lussemburgo del 1970, che espanse i poteri di bilancio del Parlamento Europeo in modo
considerevole. L’accordo riguardava l’identificazione delle risorse proprie della Comunità:
dazi doganali e imposte agricole, nonché una terza “risorsa propria” che sarebbe stata usata
per equilibrare il budget attraverso l’applicazione di un tasso massimo dell’1%, adeguato
annualmente alla base imponibile IVA determinata in maniera uniforme. Tuttavia, a causa
di ritardi nell’introduzione dell’IVA - non ancora presente in tutti gli Stati membri - e
2
Il nome di “risorsa propria” si deve al fatto che si trattava di entrate prelevate in forza di politiche
comunitarie, e non già di risorse provenienti dagli Stati membri quali contributi nazionali.
8
nell’armonizzazione della sua base imponibile, quest’ultima risorsa ha conosciuto
un’applicazione generale solamente nel 1980. Questa decisione comportò comunque
l’abolizione dei contributi dai bilanci degli Stati membri e portò all’autonomia finanziaria
della Comunità.
1.3 1970-1988: la risorsa IVA e i limiti del sistema delle risorse
proprie
La spesa complessiva prevista nel bilancio doveva ora essere finanziata dalle tre
risorse proprie. Per quanto riguardava la risorsa IVA, gli Stati membri erano lasciati liberi
di fissare, entro certi limiti, l’aliquota di imposizione; su quest’ultima veniva calcolata una
percentuale fissa che doveva essere attribuita alla CEE, mentre la parte rimanente confluiva
nel bilancio dello Stato contribuente. Per mettere in pratica il suddetto meccanismo, la
Commissione Europea propose due metodi: il metodo di dichiarazione e il metodo
statistico. Secondo l’approccio statistico, che infine fu il solo metodo applicato, la parte
europea dell’IVA viene determinata applicando la percentuale europea (diversa ogni anno,
a seconda del budget) al valore complessivo dei beni e servizi consumati, calcolato secondo
metodi statistici. Gli Stati membri erano responsabili della raccolta e del trasferimento dei
contributi alla Commissione Europea. Quest’ultima permetteva una deduzione del 10% a
titolo di spese di riscossione e, dunque, il trasferimento solo del 90% a Bruxelles
3
. Il
Parlamento Europeo dovette comunque confrontarsi in quegli anni con i limiti che
caratterizzavano la sua autonomia finanziaria: col tempo il tetto massimo previsto sui
prelevamenti a titolo di risorsa IVA risultò, infatti, troppo basso, ed il relativo cambiamento
incontrava ostacoli sia per il disaccordo tra le istituzioni europee, sia per il fatto che
occorreva il consenso unanime di tutti i parlamenti europei.
È agli anni ’70 che risale il primo progetto di una moneta unica dell’UE: per preservare la
stabilità economica, i Paesi dell’UE decidono di tollerare oscillazioni nei cambi delle
rispettive monete soltanto entro limiti ridotti, ma comunque superiori a quelli previsti dal
Gold Exchange Standard, in vigore fino al 1971. Questo meccanismo di cambio, creato nel
1972, è un primo passo verso l’introduzione dell’euro, che avverrà trenta anni più tardi. È
sempre in questi anni che, per dimostrare la loro solidarietà, i leader dell’UE creano il
Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), avente per obiettivo il trasferimento di
denaro dalle regioni ricche a quelle povere per migliorare il sistema infrastrutturale,
3
Europa. Il portale dell’Unione europea, “La Storia dell’Unione europea”, disponibile all’indirizzo:
europa.eu/about-eu/eu-history/index_it.htm.
9
favorire gli investimenti e creare posti di lavoro; successivamente, questo tipo di attività
rappresenterà un terzo di tutta la spesa dell’UE. Intanto, il Parlamento Europeo accresce la
propria influenza nelle attività dell’Unione e, nel giugno del 1979, viene eletto per la prima
volta a suffragio universale. Inoltre, con l’adesione di Danimarca, Irlanda e Regno Unito,
nel 1973, e di Grecia, Portogallo e Spagna negli anni ’80 (rispettivamente, nel 1981, la
prima e, nel 1986, le seconde) il numero degli Stati membri dell’Unione Europea sale a
dodici.
Nel 1986, viene firmato l’Atto Unico Europeo, in cui si definisce un ampio programma che
abbraccia un orizzonte temporale di sei anni, finalizzato a risolvere i problemi che ancora
ostacolano la fluidità degli scambi tra gli Stati membri dell’UE. Viene così creato il
cosiddetto “Mercato Unico”, la cui principale novità consisteva nel particolare focus
attribuito alla mobilità dei capitali. Nell’anno precedente, una piccola località del
Lussemburgo aveva dato il nome agli accordi di “Schengen” che, gradualmente,
consentirono ai cittadini di viaggiare liberamente senza controllo dei passaporti alle
frontiere. È in questo contesto che viene lanciato il “programma Erasmus”, il 15 giugno
1987, grazie al quale centinaia di migliaia di giovani iniziano a studiare all’estero con il
sostegno finanziario dell’UE.
Tornando a questioni più prettamente fiscali, parallelamente all’evoluzione della
composizione delle risorse proprie, sono stati introdotti alcuni meccanismi correttivi fondati
sui principi indicati al vertice europeo di Fontainebleau del giugno 1984. Questi
meccanismi sono una raccolta di misure disparate, frutto di vari negoziati. La cosiddetta
“compensazione britannica” fu decisa proprio in occasione di tale vertice, le cui conclusioni
recitano:
“…ogni Stato membro con un onere di bilancio eccessivo rispetto alla propria prosperità
relativa potrà beneficiare di una correzione a tempo debito”
4
.
Il problema era determinato dalla particolare situazione del Regno Unito, che si
caratterizzava per due fattori:
1. un settore agricolo modesto, e quindi l’ottenimento di una quota esigua della spesa
agricola comunitaria;
2. un forte contributo al finanziamento del bilancio comunitario, risultante in particolare
dall’elevata base imponibile IVA rispetto al Prodotto Nazionale Lordo del Paese e dai
dazi pagati sulle importazioni agricole da Stati non membri.
4
European Parliament - Committee on Budgets (2007), Report on the future of the European Union's own
resources, procedure 2006/2205(INI), Rapporteur: Alain Lamassoure, 13.03.2007, p. 23.
10
Tale meccanismo dispose una compensazione a favore del Regno Unito in misura pari allo
0,66% del suo saldo netto, il cui onere è ripartito fra gli altri Stati membri. Questa
decisione, originariamente destinata ad essere transitoria, è ancora oggi in vigore. In tal
modo è stato fortemente promosso il concetto di “giusto ritorno” nelle relazioni tra Stati
membri e Unione Europea, un concetto che si lega strettamente a quello di contributore
netto: sommando algebricamente ciò che uno Stato versa alle casse dell’UE e ciò che riceve
si ottiene il contributo finanziario netto di ogni Stato membro. Esistono quindi contributori
netti come l’Italia, la Germania e il Regno Unito e contributori netti negativi (che cioè
ricevono più di quanto versano) come la Spagna, la Grecia e il Portogallo.
Da quando è stata concessa la correzione britannica, la logica contabile degli Stati membri
si è sviluppata costantemente, guidando tutti i successivi negoziati. Poco a poco, dunque, il
sistema di finanziamento comunitario è stato trasformato in un insieme complesso di sconti
e calcoli vari, rendendolo totalmente incomprensibile ai non iniziati. Tuttavia, occorre
sottolineare che il sistema di calcolo dei saldi di bilancio degli Stati membri consiste
semplicemente in un esercizio di contabilità di costi e di benefici puramente finanziari che
ciascuno Stato membro riceve dall’Unione. Tale sistema non tiene conto della maggior
parte degli altri vantaggi derivanti dalle politiche dell’UE, come quelli relativi al mercato
interno e all’integrazione economica, oltre alla stabilità e alla sicurezza politica.
1.4 Dal 1988 ad oggi: la risorsa PNL e il concetto del “giusto ritorno”
Dal momento che la spesa per la Politica Agricola Comune era rimasta invariata, e
le entrate provenienti dalle risorse proprie tradizionali continuavano a diminuire, nel 1988,
il Consiglio Europeo di Bruxelles introdusse una nuova risorsa propria basata sul Prodotto
Nazionale Lordo degli Stati membri. Al fine di porre fine ai contrasti ricorrenti sul bilancio,
il francese Jacques Delors, allora presidente della Commissione Europea nonché talentuoso
promotore dell’integrazione, ebbe l’idea di creare la prima “Prospettiva Finanziaria”,
relativa al periodo 1988-1992: si trattava in sostanza di un accordo a medio termine sulle
priorità di spesa future. Esso imponeva, a partire dal 1988 e per un totale di cinque anni,
massimali annui globali sulla spesa della Comunità e sull’importo totale delle risorse
proprie che potevano essere prelevate per finanziare tale spesa. In futuro, il bilancio
europeo non potrà più superare il tetto massimo fissato ogni anno nel quadro della
procedura di bilancio e indicizzato al PNL di tutti gli Stati membri; originariamente fissato
nella misura dell’1,14% questo massimale sarà portato all’1,27% del PNL dall’accordo di
11
Edimburgo del dicembre 1992, entrato in vigore all’inizio del 1995, riferendosi pertanto
alla seconda “Prospettiva Finanziaria” (1993-1999).
L’obiettivo dell’introduzione della “Prospettiva Finanziaria” era stato quello di garantire la
stabilità di bilancio necessaria per l’istituzione del mercato interno. Ma il prezzo da pagare
da parte del Parlamento in cambio di questa stabilità è costituito dalla perdita della sua
influenza sul bilancio europeo: la creazione della quarta risorsa propria indebolisce
notevolmente l’autonomia finanziaria della Comunità
5
, ed il suo meccanismo di calcolo la
rende dipendente dalla dimensione del bilancio comunitario stesso, assegnandole quel ruolo
residuale di equilibrio che negli anni passati era stato attribuito alla risorsa IVA.
Nel frattempo, un grande sconvolgimento politico era avvenuto il 9 novembre 1989, giorno
della caduta del muro di Berlino, in cui, per la prima volta dopo ventotto anni, si aprirono le
frontiere tra Germania Est e Germania Ovest, che sarebbero state presto riunificate in un
solo Paese. Jacques Delors colse il momento per proporre un cambiamento radicale nel
processo di integrazione economica europea. Sono gli anni di due trattati fondamentali:
● il Trattato di Maastricht sull’Unione Europea (1993), importante pietra miliare nella
storia dell’UE, che definisce precise norme relative alla moneta unica, alla politica estera
e di sicurezza e alla più stretta cooperazione in materia di giustizia e affari interni, e in
virtù del quale la denominazione “Unione Europea” sostituisce ufficialmente quella di
“Comunità europea”;
● il Trattato di Amsterdam (1999), che definisce i piani di riforma delle istituzioni
europee in modo da conferire maggiore risonanza all’Europa a livello mondiale e
concentrare più risorse sull’occupazione e i diritti dei cittadini.
Sono, ancora, gli anni dell’introduzione dell’euro (prima del 2002 esclusivamente per le
transazioni commerciali e finanziarie), della preparazione ad importanti allargamenti
dell’Unione e del Patto di Stabilità e Crescita (PSC - che verrà presentato più avanti in
maniera più approfondita), un accordo inerente al controllo delle rispettive politiche di
bilancio degli Stati membri, col fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’Unione
Economica e Monetaria Europea.
Durante questo periodo, alcuni Stati membri esternano e pubblicizzano pesantemente il loro
status di contributori netti. Per lungo tempo, la Commissione si è opposta al concetto di
contributore netto e di beneficiario netto, ciononostante i fondi versati all’UE apparivano
nei bilanci nazionali come voci di spesa concesse all’Europa. Ciò ovviamente poneva i
5
Si noti che risorsa propria non è più sinonimo di autonomia finanziaria: nel corso degli anni, la sostanza di
ciò che continua ad essere indicata come risorsa propria è stata trasformata in modo considerevole.
12
contributi in concorrenza con la spesa nazionale interna. Dunque, si era, e si è tutt’oggi,
tentati a considerare la contribuzione nazionale come una “tassa” per l’adesione al “club”
dell’UE, e a confrontarla con la valutazione dei benefici che ogni singola nazione ottiene
grazie al suo status di Paese membro. Il risultato di questo clima particolare, che definirei
tendenzialmente “antieuropeo”, fu il seguente: nel 1999, in occasione del Consiglio
Europeo di Berlino, durante il quale ci si preparava alla terza “Prospettiva Finanziaria”
(2000-2006), i vantaggi e le richieste finanziarie negoziati dai Paesi maggiormente
indisposti furono largamente raggiunti attraverso un’ulteriore erosione del concetto
strutturale di risorsa propria e del livello di trasparenza nei confronti dei cittadini. Per
esempio, le percentuali che gli Stati membri erano stati autorizzati a detrarre dalle risorse
proprie tradizionali a titolo di spese di riscossione furono aumentate al 25%, una quota che
non aveva più alcun rapporto con i costi effettivi, ma che era semplicemente il risultato di
un calcolo complesso che aveva il fine di accordare un beneficio all’Olanda e su cui gli altri
Paesi non avevano posto alcun veto. L’aliquota massima di prelievo dell’imposta sul valore
aggiunto scese allo 0,75%, nel periodo 2002-2003, ed allo 0,50%, dal 2004; il massimale
delle risorse proprie fu mantenuto all’1,27% del Prodotto Nazionale Lordo dell’Unione
(corrispondente all’1,24% del Reddito Nazionale Lordo)
6
. Mentre, dunque, la percentuale
di risorse proprie tradizionali ha mostrato una tendenza a ridursi drasticamente, la risorsa
propria risultante dalla base PNL è diventata di gran lunga la più grande fonte di reddito per
il bilancio dell’UE, assicurando una più stretta correlazione fra la capacità contributiva
degli Stati membri e l’ammontare della loro contribuzione alle finanze europee.
Nel 2004, con l’adesione all’UE di ben dieci nuovi Stati membri, alcuni dei quali erano un
tempo sotto il controllo dell’ex URSS, si ritengono definitivamente sanate le divisioni
politiche tra Europa orientale e occidentale. Tre anni più tardi altri due Paesi dell’Europa
dell’Est (Bulgaria e Romania) entrano a far parte dell’UE, facendo salire così il numero
attuale degli Stati membri a ventisette. I Paesi candidati all’adesione sono ora la Croazia,
l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia e la Turchia (vedi Figura 2).
Il 2004 è un anno rilevante anche per un altro motivo: i Paesi dell’UE firmano un Trattato
che istituisce una Costituzione per l’UE. Oltre allo scopo di sostituire i diversi trattati
esistenti che al momento costituivano la base giuridica dell’Unione Europea, l’obiettivo era
principalmente quello di dare all’UE un assetto politico chiaro riguardo alle sue istituzioni,
6
A partire dal 2002, il concetto di Prodotto Nazionale Lordo è stato sostituito da quello di Reddito Nazionale
Lordo nell’ambito del settore del bilancio e delle risorse proprie dell’UE. Pertanto, le percentuali, per gli anni
precedenti al 2002, si riferiscono al Prodotto Nazionale Lordo, mentre per gli anni successivi fanno
riferimento al Reddito Nazionale Lordo.
13
alle sue competenze, alle modalità decisionali e alla politica estera. A dispetto del nome,
non si trattava di una vera Costituzione che sancisse la nascita di una sovranità (come la
Costituzione Federale degli Stati Uniti d’America), bensì di una sorta di Testo Unico, in cui
venivano solo recepiti e riordinati testi giuridici preesistenti, con poche vere innovazioni e
senza alcun trasferimento di sovranità. Prima di entrare in vigore, tuttavia, il Trattato deve
essere ratificato da tutti i Paesi membri, e non essendo affatto facile trovare un accordo sul
tipo di Costituzione, il dibattito sul futuro dell’Europa continua ad imperversare. Il
progetto, infatti, sembra essere stato definitivamente abbandonato nel 2009 a seguito dello
stop alle ratifiche imposto dai “no” ai referendum popolari che si sono registrati in Francia
e nei Paesi Bassi. Diverse innovazioni della Costituzione sono state comunque incluse nel
successivo Trattato di Lisbona, entrato in vigore l’1 dicembre 2009.
I negoziati relativi alla “Prospettiva Finanziaria” attuale (2007-2013) si sono conclusi col
Consiglio Europeo del dicembre 2005 e, insieme alla successiva decisione in tema di
risorse proprie del giugno 2007, sono l’apoteosi del concetto di “giusto ritorno”: punto di
partenza delle contrattazioni fu proprio la famosa “Lettera dei sei”
7
, con la quale i principali
7
Si tratta di una lettera firmata da sei capi di Stato (di Germania, Francia, Regno Unito, Austria, Svezia e
Paesi Bassi), tutti contribuenti netti, dopo il Consiglio europeo di Bruxelles sul futuro livello di spesa dell’UE.
14
contribuenti netti al bilancio dell’UE hanno assunto una posizione decisa sui limiti alla
spesa pubblica europea. Il risultato di tali negoziati sono testi spesso incomprensibili, a
causa della loro complessità e delle numerose eccezioni alle norme generali; riduzioni,
compensazioni e correzioni si sono accavallate nel corso degli anni producendo problemi di
visibilità e legittimità che sono insiti nel sistema di finanziamento attuale. I cittadini europei
rimangono completamente all’oscuro in tema di bilancio europeo, non hanno la minima
idea del suo ammontare totale, di come viene utilizzato, di come è finanziato. Ed il quasi
esclusivo affidamento ai contributi nazionali lo fa apparire come il finanziamento di una
qualsiasi organizzazione internazionale, come l’ONU, o di qualche insediamento coloniale
lontano.
1.5 Il bilancio dell’UE
Il governo delle politiche economiche fiscali nell’UE si presenta come un mosaico
di differenti approcci di cui quattro sono i principali nei rapporti con le politiche nazionali:
delega, impegno, coordinamento e autonomia. Diversi sono gli strumenti utilizzati per
eseguire tali politiche: da regole collettive rigide, a più lievi strumenti di persuasione, di
cooperazione e di dialogo. Ne esce un disegno confuso causato dalla complessità del
sistema, dalla diversità dei ruoli svolti e dalla tensione nel divario tra fini e mezzi. La
configurazione delle politiche monetarie e budgetarie risulta alquanto inedita. Coesistono,
infatti, due stadi di integrazione: da una parte, una politica monetaria unificata e una banca
centrale (la BCE) indipendente, avente essenzialmente l’obiettivo di lottare contro
l’inflazione; dall’altro, un bilancio comune di dimensioni limitate e una politica fiscale fatta
essenzialmente di limiti ai deficit pubblici degli Stati membri, senza un coordinamento
delle politiche di bilancio nazionali e senza strategie coordinate tra la politica monetaria e
quella fiscale. Per quanto concerne quest’ultima, tema principale della presente trattazione,
comprendere i criteri e le motivazioni che presiedono alla sua formazione ci permetterà di
avere un quadro più chiaro.
Indubbiamente, il Bilancio dell’UE costituisce, insieme al Patto di Stabilità e Crescita, lo
snodo principale per capire le logiche che stanno alla base della struttura delle finanze
pubbliche europee, e ad essi saranno dedicati questo ed i prossimi due paragrafi. La
situazione di bilancio nell’UE appare del tutto atipica. Essa è dominata dal principio di
sussidiarietà - che verrà illustrato nel quarto capitolo - instaurato col Trattato di Maastricht,
Essi propongono un limite alle spese medie nell’ambito delle prossime prospettive finanziarie che non
dovrebbe superare l’1,0% dell’RNL comunitario.
15
che lascia ai governi nazionali la responsabilità delle prerogative di bilancio. La loro
autonomia è tuttavia limitata dal PSC, presunto assicuratore della disciplina di bilancio
nell’Unione Monetaria Europea (UME). In questo contesto l’autorità comunitaria interviene
sia attraverso regole, sia attraverso trasferimenti finanziari (per mezzo del suo bilancio
appunto). Questo intervento è destinato a correggere le esternalità reciproche che nascono
dalle interazioni tra i governi nazionali, causate dalla stretta connessione delle economie dei
Paesi membri all’interno di uno spazio integrato, nonché per ridurre le diseguaglianze di
reddito tra Stati membri che presentano livelli di sviluppo molto diversi. È evidente,
dunque, che una sorta di federalismo fiscale esiste già all’interno dell’UE, seppur ad uno
stato embrionale.
Il bilancio dell’UE è l’espressione principale dello stato generale del processo di
integrazione europeo. L’UE si presenta come un sistema costituito da tre principali livelli di
potere di bilancio, caratterizzati da competenze e libertà di iniziativa eterogenee:
1. il livello comunitario, grado superiore di potere, rappresentato dalle istituzioni
comunitarie (Parlamento Europeo, Consiglio dell’UE e Commissione Europea). Questo
“triangolo istituzionale” definisce le politiche e adotta gli atti legislativi (direttive,
regolamenti, decisioni) che si applicano all’UE; in teoria, appartiene alla Commissione il
potere di proporre nuovi atti legislativi europei, e al Parlamento e al Consiglio adottarli. Il
Parlamento ed il Consiglio, grazie alle recenti modifiche apportate dal Trattato di Lisbona
(2009), decidono congiuntamente sulla totalità delle spese budgetarie, secondo il
meccanismo della co-decisione. Sempre alla Commissione spetta il compito di eseguire il
bilancio comunitario previsionale, sotto il controllo (ex post) del Parlamento e della Corte
dei Conti europea. Quest’ultima ha il potere di controllare la legittimità e la regolarità
dell’esecuzione del Bilancio. Non si tratta però di un potere giurisdizionale, nel senso che la
stessa Corte non ha diritto di sanzione; quando si sospettano frodi o irregolarità, la Corte
trasmette le informazioni all’OLAF, l’Ufficio per la lotta antifrode, che adotta i
provvedimenti del caso. Dopo la chiusura di ciascun esercizio, la Corte dei Conti europea
analizza l’esecuzione del bilancio dell’anno trascorso e pubblica una relazione annuale,
analizzata dal Consiglio Europeo che, a sua volta, trasmette una raccomandazione al
Parlamento Europeo;
2. il livello nazionale, grado intermedio di potere rappresentato dai ventisette governi
nazionali;
3. i livelli detti sub-nazionali, gradi inferiori di potere rappresentati essenzialmente dal
livello regionale o da quello locale in alcuni Paesi membri.
16
La Tabella 1 riassume il peso relativo dell’intervento comunitario rispetto all’intervento
nazionale in funzione dei diversi campi di politica economica. Come già detto, il bilancio
dell’Unione Europea ha una dimensione estremamente ridotta (circa l’1% del Reddito
Nazionale Lordo dell’UE) rispetto a quella dei bilanci nazionali (in media più del 47% del
Pil di ogni Stato membro); il principio di sussidiarietà e l’avversione al trasferimento di
ulteriori quote di sovranità all’UE spiegano gran parte del disequilibrio. Ciononostante,
canalizzando i fondi verso un certo numero di priorità politiche, esso esercita un impatto
concreto sulla qualità della vita in Europa, ed è quindi fonte al tempo stesso di azioni di
solidarietà e di tensioni tra gli Stati membri.
Le risorse del bilancio dell’UE sono impiegate per obiettivi concreti, in particolare:
• per favorire la crescita e l’occupazione, rendendo l’UE più competitiva e riducendo le
disparità economiche e sociali;
• per migliorare la conservazione e la gestione delle risorse naturali (in questa voce è
inclusa la PAC);
• per migliorare la qualità della vita dei cittadini europei;
TAB. 1: Il finanziamento delle principali voci di spesa
(in percentuale della spesa totale)
UE nel 2005
Livello Comunitario Nazionale
Competitività per la crescita e l'impiego
Ricerca e sviluppo tecnologico 6,30% 93,70%
Trasporti, energia e comunicazione 0,79% 99,21%
Educazione e formazione 0,13% 99,87%
Competitività e innovazione 2,63% 97,37%
Gestione dei cambiamenti sociali 0,01% 99,99%
Coesione per la crescita e l'impiego
Coesione regionale 17,87% 82,13%
Conservazione e gestione delle risorse naturali 34,82% 65,18%
Cittadinanza, libertà, sicurezza e giustizia
Sanità 0,01% 99,99%
Libertà, sicurezza e giustizia 0,22% 99,78%
Cittadinanza e cultura 0,32% 99,68%
Relazioni esterne
Difesa 13,60% 86,40%
APS (Aiuto Pubblico allo Sviluppo) 35,07% 64,93%
Altre 0,04% 99,96%
Fonte: Barbier-Gauchard A., 2008, p. 41.
17
• per rafforzare il ruolo dell’UE sulla scena mondiale, con l’assunzione di maggiori
responsabilità.
Tre gruppi di competenze possono essere distinti
8
:
A. Competenze fortemente comunitarie: - agricoltura, pesca, sviluppo rurale e ambiente;
- spese di coesione regionale.
B. Competenze condivise: - ricerca e sviluppo tecnologico;
- competitività e innovazione;
- relazioni esterne.
C. Competenze che restano esclusivamente nazionali (il peso comunitario è minore
all’1% della spesa totale): - energia e trasporti;
- cittadinanza e cultura;
- libertà, sicurezza e giustizia;
- educazione e formazione;
- coesione sociale (sanità e gestione dei cambiamenti sociali).
I Trattati prevedono, comunque, dei meccanismi di concertazione e di sorveglianza delle
politiche budgetarie nazionali. Da sottolineare, in particolare, una procedura di
coordinamento delle politiche budgetarie, i “Grandi Orientamenti di Politica Economica”
(GOPE): essa mira a far sì che gli Stati membri tengano conto delle forti interdipendenze
delle loro politiche economiche nella definizione di queste ultime. In pratica i GOPE si
sono tradotti nel tentativo di mettere in opera un processo di convergenza attraverso
l’adozione di raccomandazioni comuni. Queste ultime si basano sull’analisi del programma
pluriennale che ogni governo deve presentare annualmente alla Commissione Europea, e di
cui parleremo meglio trattando del Patto di Stabilità e Crescita.
L’attuale quadro di riferimento è unico sotto molti aspetti (vedi Tabella 2 e Figura 3). Per la
prima volta i fondi destinati a potenziare la crescita e l’occupazione (voce “Crescita
sostenibile”) superano gli importi disponibili per l’agricoltura (voce “Conservazione e
gestione delle risorse naturali”). La competitività e la coesione sono obiettivi fondamentali
dei programmi di spesa dell’UE.
8
Barbier-Gauchard A. (2008), IntØgration budgØtaire europØenne. Enjeux et perspectives pour les finances
publiques europØennes, De Boeck, Paris, p. 42.