7
1. La Linea Ligustica
«Mi par d’essere innanzi ad una di quelle poesie su cui i letterati non
sanno né possono dissertare a lungo, ma di cui si ricordano gli
uomini nella vita loro per i millenni».
1
All’uscita degli Ossi di seppia, C a r l o L i n a t i ( d e d i c a t a r i o d i
Portovenere) avvicina Montale alla «nobile casata, che va da
Ceccardo Roccatagliata allo Sbarbaro, da Boine a Adriano Grande»,
tanto da proporre l’amico Montale come «corolla terminale»
2
.
Il riconoscimento di aver acquisito, da parte di Montale, un’ “eredità
ligure”, sarà confermato dal Cecchi (dedicatario della sezione
eponima degli Ossi) in due interventi, nei quali farà riferimento al
precedente intervento critico di Linati. La critica, dopo la prima uscita
degli Ossi di seppia e soprattutto dopo la breve stagione della rivista
“Circoli”, si troverà a ricostruire una linea poetica ligure. In uno
scritto dedicato a Ceccardo (Il ligure Ceccardo) apparso su “Corrente”
1
G.
BOINE,
Plausi
e
botte,
40)
Sbarbaro,
Pianissimo,
ed.
Libreria
della
voce,
1914,
in
“La
Riviera
Ligure”,
s.
IV,
XX
(1914),
34,
p.
338
bis,
ora
in
G.
Boine,
Il
Peccato,
Plausi
e
botte,
Frantumi,
Altri
scritti,
pp.
131 -‐134:
a
p.
134.
2
C.
LINATI,
Letteratura
italiana ,
[1],
in
“Il
Convegno”,
VI
(1925),
6 -‐7,
pp.
357 -‐360.
8
nel 1939, Ferrata nega la possibilità di definire una linea poetica
ligure, non potendo costituire in nessun caso «una categoria poetica,
una idea, un tipo, ma semmai, una famiglia regionale di scrittori»
1
.
L’intervento di Ferrata non resterà fine a sé stesso e, pur nell’effettiva
problematicità d’istituire una “linea ligure”, porterà in termini storico
– c r i t i c i al tentativo di r i c o s t r u z i o n e , n o n s o l o d a p a r t e d e i p o e t i
coinvolti, della trasmissione in termini di spirito poetico che questo
“gruppo”, ostentato con fierezza ed orgoglio nel “plauso” boiniano,
aveva alle spalle e stava, soprattutto con Montale, spingendo verso la
modernità.
Per constatare le diverse posizioni rispetto all’esistenza o meno della
“linea ligure” è necessario protrarsi avanti negli anni. Nel 1952
Luciano Anceschi propone un’antologia dal titolo “Linea lombarda.
Sei poeti” (in anticipo di un solo anno rispetto alla sua Lirica del
Novecento), nella cui introduzione Anceschi, parlando di Montale,
afferma che: «la sua terra nutriente è, si sa, quella natale, dei poeti
liguri: da Ceccardo a Sbarbaro, con le loro solenni e radicali
desolazioni e negazioni, col loro nudo, aspro paese emblematico».
2
Il fascino che la potenziale “linea ligure” esercitava su Anceschi e il
successivo riconoscimento di questa, lo porterà al tentativo di
un’emulazione lombarda. Nel mezzo degli anni in cui Caproni
scriveva due importantissimi articoli (uno sulla “Fiera” e l’altro sul
1
G.
FERRATA,
Il
ligure
Ceccardo ,
in
“Corrente”,
II
(1939),
ora
in:
G.
Desideri,
Antologia
della
rivista
“Corrente”,
Napo li,
Guida,
1979,
p.
75.
2
L.
ANCESCHI,
Introduzione,
a
Id.,
S.
Antonelli,
Lirica
del
Novecento.
Antologia
di
poesia
italiana ,
Firenze,
Vallecchi,
1953,
pp.
V -‐CIV:
a
p.
LXXI.
9
“Corriere”), precisamente nel 1958, Gaetano Mariani propone una
serie di quattro studi su Ceccardo, Novaro, Sbarbaro e Montale
1
.
I termini della “questione ligure” verranno ripresi nel 1962 all’interno
del volume dedicato alla letteratura ligure dell’enciclopedia Tuttitalia
curata da Natalino Sapegno
2
e lo stesso anno appare sulla “Soffitta” di
Caltanissetta, rivista bimestrale di lettere ed arti diretta da Mario Gori
e Ugo Reale, una rassegna di diciassette poeti liguri, intitolata Poesia
italiana contemporanea. La linea ligure. La rivista siciliana adotta la
terminologia “linea ligure” a dieci anni di distanza dalla proposizione
anceschiana: dapprima si era parlato di “corrente ligustica” o “ligure”
(Caproni) e nel 1963 di “filone ligure” (Montale). Dopo l’intervento
del Guerrini, si parlerà di “linea ligustica”, coniugando, si potrebbe
supporre, la sua “corrente ligustica” con la “linea ligure” proposta
dalla rivista di Caltanissetta. La “Soffitta” estende il canone
montaliano – caproniano ben oltre Barile e Grande, forzandolo fino ai
giovanissimi Astengo e Riolfo.
Di certo l’interesse da parte della rivista verso una realtà così distante
geograficamente risulta indicativo. Conte stualizzando, è importante
stabilire che il canone ligure, anche al di fuori della “linea ligustica”,
viveva ormai all’interno del Novecento. Il passaggio di Montale stava
creando alcuni “problemi” e in qualche modo spingeva verso un
confronto, verso una necessità d’indagine e d’analisi. Nel sopracitato
1
G.
MARIANI,
Quattro
poeti
liguri,
in
Id.,
Poesia
e
tecnica
nella
lirica
del
No vecento,
Padova,
Liviana,
1958.
2
N.
SAPEGNO,
Faticata
e
scontrosa
maturazione,
in
Tuttitalia.
Enciclopedia
dell’Italia
antica
e
moderna,
Milano -‐Firenze,
Sansoni,
1962.
10
articolo per il “Corriere Mercantile” di Genova, Caproni scriveva nel
1959 riguardo gli autori liguri:
«diventano tutt’uno con la loro parola spinta fino al limite
dell’autocritica e dell’essenzialità, il più lucido geroglifico della
nostra desolata anima contemporanea, con un anticipo d’oltre un
decennio sulla eliotiana “Waste land”»
1
.
La riflessione di Caproni sembrerebbe riportare all’esperienza
sbarbariana di Pianissimo del 1914. Il decennio d’anticipo vantato
sulla Waste land (apparsa nel 1922) è verosimilmente riscontrabile
nella prima uscita dell’opera di Camillo Sbarbaro, ma non si può
escludere che Caproni estendesse i suoi ricordi ai Frantumi boiniani
del 1907. D’altronde è lo stesso T. S. Eliot, in What the thunder said,
a servire il termine di confronto: «These fragments I have shored
against my ruins»
2
.
Molto più disordinata appare l’Antologia dei poeti liguri
contemporanei
3
curata da Andrea Canevaro. Il can one in questione
viene ampliato ulteriormente fino a Sanguineti e portato indietro fino
al carducciano Pastonchi, già messo in discussione da Montale in
Poeti e paesaggi di Liguria, e al poeta dialettale Firpo. L’antologia di
Canevaro non adotta la terminologia di “linea ligure”, la quale verrà
ripresa qualche mese dopo nello stesso 1963, da una scritto di Adriano
Guerrini, intitolato appunto Linea ligure
4
. Guerrini contesta la
“ligusticità” a priori e, tornando sulla contestazione di Ferrata (1939),
1
G.CAPRONI,
Roccatagliata
Ceccardi,
in
“Corriere
Mercantile”,
28
luglio
1959.
2
T.
S.
ELIOT,
What
the
thunder
said,
in
The
Waste
Land ,
Milano,
Rizzoli,
2007,
p.
144.
3
A.
CANEVARO,
Antologia
dei
poeti
liguri
contemporanei ,
Edizioni
del
Teatro
Stabile
di
Genova,
1963.
4
A.
GUERRINI,
La
linea
ligure,
in
“Diogene”,
V,
1963.
11
esclude un comune tratto psicologico e un comune atteggiamento dei
poeti liguri. Questa volta è proprio nel confronto dei tratti naturalistici
che Guerrini smentisce la possibilità di una “linea ligure”, definendo
la Natura di Ceccardo come «liricizzata e sognante», quella di Boine
«tormentata ed a volte allucinata», quella di Sbarbaro «scabra e
amata» e quella di Eugenio Montale «staccata in un alone
emblematico»
1
. Guerrini ammette comunque la possibilità di
reciproche influenze, soprattutto tra Sbarbaro e Montale, ma affida al
primo il «calco» ligure «più esatto di un tipo antropologico»,
osservando come Montale si fosse allontanato dalla sua “ligusticità”
dopo gli Ossi di seppia.
Volendo identificare un punto di partenza della cosiddetta “linea
ligure”, è bene provare a rintracciarlo nella consapevolezza da parte di
Giovanni Boine, testimoniata da una cartolina inviata dall’autore di
Frantumi a Mario Novaro in data 21 luglio 1915, di poter vantare un
“gruppo” di scrittori (ovviamente liguri) raccolti intorno alla rivista di
Oneglia. Tra le righe del testo, Boine, elogiando alcuni versi novariani
che convergeranno poi in una delle molteplici revisioni dei Murmuri
ed echi, esprime tutta la sua fierezza nell’ appartenere al “gruppo
ligure”:
«In pazzi gli uccelli hai aggiunta una strofa che non mi avevi recitata
e che richiama qualcosa di mio nei frantumi. Ma il mondo è libero; e
poi c’è ora da onorarsi sul serio d’essere del “gruppo ligure”. Caro
Novaro queste tue poesie sono perfette»
2
.
1
Ivi.
2
G.
BOINE,
Lettere
a
Mario
Novaro,
a
cura
di
G.
Cassinelli,
Bologna,
Boni,
1984,
p.
77.
12
Non è chiara la lista dei nomi che Boine in quegli anni poteva
annoverare all’interno del “gruppo ligure”; foss’anche perché non c’è,
storicamente, alcun riferimento ad un gruppo ufficialmente istituito e
tantomeno palesato in termini di circolo letterario o c u l t u r a l e . D i
sicuro Boine, oltre a sé stesso e Novaro, stava pensando a Camillo
Sbarbaro (da lui recensito un anno prima) e probabilmente a Ceccardo
Roccatagliata Ceccardi. Nonostante si possa intuire, in una lettera
boiniana in risposta ad Alessandro Casati il quale, nel luglio del 1910,
chiedeva all’amico della “Riviera” un parere riguardo la positiva
recensione del Soffici ai Sonetti e poemi c e c c a r d i a n i , u n a s c a r s a
conoscenza e una mediocre considerazione del poeta apuano: «non
conosco il Roccatagliata se non per parecchie odi carducciane di
qualche tempo fa. […] I passi che Soffici cita, molto non valgono»
1
.
Non a caso, come si vedrà in seguito, il primo approccio Boiniano alle
liriche del Roccatagliata avviene nel pieno della sua “involuzione
carducciana” e l’autore dei Frantumi non avrebbe ancora vòlto lo
sguardo alle Lettere di crociera: la costante collaborazione di
Ceccardo con la “Riviera Ligure” permetterà, negli anni a venire, una
riproposizione delle lettere nei suoi aspetti più significativi e in una
prospettiva inedita anche allo stesso Boine.
Nella rassegna dei poeti italiani ed europei del XIX secolo (contenuta
nei due saggi ceccardiani Tra due secoli e I poeti del secolo) Ceccardo
Roccatagliata Ceccardi consegna definitivamente il Carducci al secolo
1
Lettera
di
Casati
a
Boine
del
16
luglio
1910
e
risposta
del
18
luglio,
in
Id.,
Carteggio,
Edizioni
di
storia
della
letteratura,
Roma
1971 -‐1979:
vol.
III:
Giovanni
Boi ne
–
Amici
del
“Rinnovamento” ,
a
cura
di
M.
Marchione
e
S.
E.
Scalia,
prefazione
di
G.
Vigorelli
(1977),
2
tomi:
t.
I
(1905 -‐1910),
pp.
437
e
438.
13
che sta per finire e lascia nell’incertezza, auto esonerandosi dal
compito di stabilire una linea guida a venire, il futuro prossimo: la
stessa incertezza che permane purtroppo nei confronti dell’opera in
versi di Ceccardo.
Tito Rosina, nell’introduzione all’Antologia Ceccardiana, lamenta un
superficiale annoveramento del poeta genovese nella schiera dei
manieristi carducciani
1
: la sua scelta antologica viene sviluppata,
attraversando le liriche del poeta, appunto nel tentativo di confutare la
troppo facile identificazione di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi tra i
carducciani di m a n i e r a . L a p r o p o s t a e s p l i c i t a n e l l ’ I ntroduzione a
Ceccardo, posta in apertura alla selezione antologica, è quella di
leggere nelle liriche meno conosciute del poeta, poiché appunto
prendono le distanze dal canone carducciano, il miglior operato di
Ceccardo. Sempre nella medesima introduzione, Rosina individua
nell’iter ceccardiano (intuizione già presente in Tito Rosina, Ceccardo
Roccatagliata Ceccardi, Genova, Emiliano degli Orfini, 1937) un
interesse latente per i francesi d’inizio secolo (Verlaine, Rimbaud,
Valéry) e per l’americano Whitman: d’altra parte il poeta stesso si
autodefinì: «attento lettore di moderni poeti». La tendenza di
Ceccardo ad evadere quella che era la tradizione dominante è ciò che
individua Montale e propone a chiare lettere nell’intervista
immaginaria:
«[…] C e c c a r d o […]non si rese mai conto dei suoi mezzi. Viveva
rivolto verso il passato, sempre bisognoso di puntelli accademici.
1
CECCARDO
ROCCATAGLIATA
CECCARDI,
Antologia
Ceccardiana,
introduzione
e
scelta
di
Tito
Rosina,
tip.
degli
Orf ini,
Genova,
1937.
14
Lungi dal professarsi poeta puer diffidò troppo del fanciullo che
aveva in sé. Pure nessuno dei suoi contemporanei ebbe a tratti una
voce paragonabile alla sua»
1
.
Nell’individuare un poeta capace di “andare oltre”, Montale
polemizza il costante bisogno da parte di Ceccardo di restare
abbarbicato all’interno di quella tradizione accademica che poteva, in
quegli anni, garantire la poesia maiuscola e la conformità al “bel
canto”.
Il punto di svolta, non solo in riferimento all’evoluzione poetica di
Ceccardo, arriverà nel 1898 con Lettere di crociera, la cui parziale
riproposizione iniziata lo stesso anno e protratta anche nell’anno
successivo, stabilirà una duratura collaborazione del Roccatagliata con
la rivista “La Riviera Ligure”.
Il sonetto di Ceccardo Nell’infinito è i l p r i m o t e s t o p o e t i c o a
comparire tra le pagine della “Riviera”, proprio mentre la direzione
della rivista viene affidata a Mario Novaro. Più che l’ammirazione da
parte di Ceccardo per gli echi francesi e whitmaniani, è l’impianto
baudelairiano delle Lettere di crociera, portato alla luce da Paolo
Zoboli, a destare interesse: il promontorio di Portofino diviene
squarcio paesistico del viaggio, nella morte, verso l’infinito. La fama
poetica di Ceccardo resta affidata, paradossalmente, a Sonetti e poemi
del 1910, nella cui raccolta poetica avviene, tenendo presente che le
prose delle Lettere di crociera sono anteriori ai Sonetti e poemi, una
1
E.
MONTALE,
Intenzioni
(Intervista
immaginaria),
in
“La
Rassegna
d’Italia”,
I
(1946),
1,
pp.84 -‐89,
ora
in
Id.,
Il
secondo
mestiere.
Arte,
musica,
società,
pp.
1475 -‐1484.
15
chiara involuzione carducciana del genovese (la stessa che
probabilmente aveva ingannato Boine).
La morte di Ceccardo (Genova, 1919) sarebbe stata anticipata in
termini di qualche settimana dalla chiusura della “Riviera Ligure”,
congedandosi dai lettori nel giugno dello stesso anno con una
pubblicazione interamente dedicata ai Trucioli di Camillo Sbarbaro.
Negli ultimi anni di vita la rivista di Novaro conta tra i suoi lettori il
giovane Eugenio Montale, il quale troverà nei poeti del “gruppo
ligure” una delle più vitali fonti di nutrimento per i suoi versi.
La grandezza dell’opera montaliana porterà, dopo il 1925, a
riconsiderare la questione del “gruppo ligure” e di conseguenza la
poesia spesso “scabra ed essenziale” degli uomini della “Riviera
Ligure”. Si può leggere in proposito il ricordo di Montale:
«Debbo molta gratitudine alla “Riviera Ligure”, rivista dell’Olio
Sasso che scopersi per caso. Vi lessi pagine di scrittori liguri di cui a
Genova pochi conoscevano l’esistenza: Mario Novaro, alto poeta
oggi inspiegabilmente dimenticato. Giovanni Boine e Camillo
Sbarbaro, il solo che vivesse a Genova. Conoscevo già di vista
Ceccardo, più apuano che genovese, ma come avrei osato di
accostarlo?»
1
.
Nei suoi primi anni d’attività la rivista di Oneglia non impone un
approccio letterario tantomeno critico. L’obiettivo sarebbe stato
esclusivamente pubblicitario, tantoché le prime pubblicazioni arrivano
tra le mani degli acquirenti in forma di foglio illustrativo in allegato
1
E.
MONTALE,
Genova
nei
ricordi
di
un
esule ,
in
Id.,
Il
secondo
mestiere.
Prose
1920 -1979,
a
cura
di
G.
Zampa,
Milano,
Mondadori,1996,
2
voll.
(I
Meridiani),
vol.
II,
pp.
2873 -‐2879.
16
alla bottiglia d’olio Sasso. Le illustrazioni paesistiche della riviera
ligure di ponente
1
avrebbero invogliato (doveroso aprire una parentesi
sulla raffinatezza ormai perduta di tali mezzi pubblicitari) all’acquisto
del prodotto. I collaboratori della rivista, nelle sue prime uscite
editoriali, sono intellettuali locali e lavoratori impiegati nello stesso
stabilimento.
Intorno ai primissimi anni del nuovo secolo, il periodico abbandona le
descrizioni paesistiche, le ricette di cucina, i vari riferimenti
provinciali e apre le porte a collaboratori di diverse parti d’Italia, così
come a nomi noti nel panorama letterario contemporaneo. Le
collaborazioni vantano i nomi di Pascoli, Pirandello, Capuana,
Deledda e dei giovani nomi destinati a restare nella storia del
Novecento letterario: Alvaro, Boine, Campana, Rebora, Sbarbaro e
Ungaretti.
La collaborazione di Giovanni Boine, iniziata nel 1912, porterà due
anni più tardi alla nascita della rubrica Plausi e botte, permanendo
all’interno della rivista in maniera regolare fino al 1916.
Prima di volgere l’analisi al “plauso” boiniano dedicato a Pianissimo
nel 1914 e fermare l’analisi su colui che per primo accenna al “gruppo
ligure”, è necessario, volendo definire una linea ligustica, far
riferimento ad un’altra personalità di primaria importanza all’interno
della “Riviera Ligure”, figura assolutamente non trascurabile, cosa che
purtroppo è invece accaduta.
1
“La
Riviera
Ligure
di
Ponente”
era
il
titolo
originale
della
rivista,
che
durò
fino
al
n.
1
del
febbraio -‐
marzo-‐aprile
1899.