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Introduzione
Con questo lavoro ho voluto affrontare l’importante e delicato tema della tutela
dei diritti dell’uomo, con particolare riferimento a due realtà che mi sono
particolarmente familiari: l’Italia e la Polonia. Essendo di origini polacche, ma
vivendo in Italia da tanti anni, il lavoro è stato uno spunto per conciliare queste
due realtà e avvicinarmi ad un argomento ricco di stimoli e di riflessioni,
soprattutto in un contesto come quello attuale dove il fenomeno della
globalizzazione economica e politica porta ad anteporre le esigenze delle
collettività a quelle delle singole persone che le compongono.
La tematica dei diritti dell’uomo si è rivelata estremamente interessante e grazie
ad essa ho potuto analizzare aspetti che legano l’Italia e la Polonia, aiutata anche
dal mio bilinguismo e dal fatto di poter analizzare i testi nelle lingue originali.
Nel 1° cap. viene analizzata una tematica generale per fornire una adeguata
conoscenza della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), quando è
entrata in vigore e quali sono le sue caratteristiche, come si compone la Corte di
Strasburgo, quali sono i meccanismi attraverso i quali agisce. La CEDU, infatti,
stabilisce una serie di libertà civili e politiche e un sistema diretto a garantirne il
rispetto da parte dei paesi contraenti. Non è un sistema statico, ma in continuo
processo evolutivo, che fino ad oggi ha portato all’introduzione di 14 Protocolli
aggiuntivi, inserendo nuovi principi e nuove norme, per rispondere alle esigenze
che si sono poste soprattutto con la crescita del numero dei ricorsi, dovuti
all’aumento dei Paesi contraenti.
Il 2° capitolo è dedicato alla situazione italiana, ossia alla posizione di tale Stato
nell’esecuzione delle sentenze della Corte di Strasburgo, se le applica in
maniera efficace e con quali mezzi; in questo contesto viene esaminato il diritto
ad un equo processo e, insieme a esso, la sentenza Dorigo e le importanti
ripercussioni che ha avuto nella giurisprudenza italiana, introducendo radicali
cambiamenti.
Il 3° capitolo, invece, è dedicato alla parte polacca, con una panoramica sul
sistema politico del paese, la sua composizione e il suo funzionamento e come
si pone nella tematica della tutela dei diritti dell’uomo e chi è incaricato di
occuparsene. Si esamina anche la sentenza Broniowski, una delle più importanti
sentenze pilota emanate dalla Corte di Strasburgo, che ha introdotto in Polonia
importanti modifiche nell’esecuzione delle sentenze e nella tutela dei diritti
dell’uomo, ma, nello stesso tempo, rappresenta importanti linee guida per casi
simili che possono verificarsi in altri Paesi contraenti.
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CAP. 1
La Convenzione dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali
1.1 Caratteristiche generali della Convenzione
Il movimento internazionale legato alla protezione dei diritti dell’uomo, nato
nell’immediato dopo guerra, non si limitò a promuovere iniziative solo
nell’ambito nelle Nazioni Unite, ma ebbe anche un vasto eco nel continente
latino americano e in quello europeo.
Soprattutto qui, visto lo sviluppo del movimento europeo, si riteneva
fondamentale l’elaborazione di un progetto riguardante una Convenzione dei
diritti dell’uomo e quello riguardante lo Statuto di una Corte europea.
La Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà
fondamentali (CEDU) è stata elaborata dal Consiglio d’Europa; aperta alla firma
a Roma il 4 novembre 1950, è entrata in vigore nel settembre del 1953.
L’obiettivo dei suoi autori era quello di prendere le prime misure atte ad
assicurare la garanzia collettiva di alcuni diritti enunciati dalla Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo del 1948.
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La Convenzione, divisa in tre Titoli (Diritti e libertà, Corte europea dei Diritti
dell’Uomo e Disposizioni varie) e composta da 59 articoli, da una parte
stabilisce una serie di diritti e di libertà civili e politiche, e dall’altra un sistema
diretto a garantirne il rispetto da parte degli Stati contraenti. Nella sua
formulazione originaria (successivamente ci saranno numerose riforme, sotto
forma di Protocolli) sono tre le istituzioni che si occupano di tale controllo: la
Commissione europea dei Diritti dell’uomo (1954), la Corte europea dei diritti
dell’uomo (1959) e il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, composto
dai Ministri degli affari esteri degli Stati membri e dei loro rappresentanti.
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C. Zanghì, La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, Torino, 2006, p. 173 ss.
2
C. Zanghì, La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, Torino, 2006, p. 173 ss.
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Il testo originario della Convenzione conteneva due disposizioni, dette
“facoltative”, in quanto la loro accettazione non era automaticamente
determinata dalla ratifica della Convenzione, ma richiedeva una esplicita
dichiarazione di ciascuno Stato.
Le due disposizioni riguardavano il “ricorso individuale (ex art. 25) e la
competenza obbligatoria della Corte (ex art. 46). Entrambe avrebbero
determinato notevoli difficoltà per la ratifica della Convenzione. Nel primo
caso, in quanto gli Stati hanno sempre rifiutato di sottoporsi ad inchieste di
organi internazionali che non fossero promosse da altri soggetti di diritto
internazionale. Analoghe motivazioni si attribuiscono al secondo caso. Ecco
perché gli autori della Convenzione europea hanno preferito rendere tali
disposizioni facoltative, al fine di non ostacolare le procedure della ratifica.
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1.1.1 I Protocolli
L’attività normativa del Consiglio d’Europa non si è fermata alla sola firma
della Convenzione, ma è un continuo processo evolutivo, che fino ad oggi ha
portato all’elaborazione di 14 protocolli aggiuntivi e di un Accordo europeo
riguardante le persone che partecipano alla procedura di fronte alla Corte dei
diritti dell’uomo.
Dei protocolli adottati precedentemente alla prima riforma della Convenzione
(1-10) solo quattro sono ancora in vigore, e gli altri o sono stati assorbiti nel
nuovo testo della Convenzione, o sono stati eliminati, in quanto superati da
successive modifiche. Di tali protocolli alcuni hanno carattere modificativo
delle norme della Convenzione e quindi richiedono la ratifica di tutti gli Stati;
altri hanno carattere aggiuntivo ed entrano in vigore con la ratifica di un numero
limitato di Stati.
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Il Protocollo n.1, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, è entrato in vigore il 18
maggio 1954; esso aggiunge ai diritti già riconosciuti dalla Convenzione, il
diritto di proprietà (art.1), il diritto all’istruzione (art.2), e l’obbligo per le parti
contraenti di organizzare elezioni libere a scrutinio segreto (art.3).
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C. Zanghì, La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, Torino, 2006, p. 173 ss.
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C. Zanghì, La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, Torino, 2006, p. 173 ss
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Il Protocollo n.4, firmato a Strasburgo il 16 settembre 1963è entrato in vigore
1968. Tale atto riconosce altri diritti, tra i quali il principio che nessuno può
essere privato della libertà per non essere in grado di eseguire un’obbligazione
contrattuale; il diritto alla libera circolazione ed alla libera fissazione della
propria residenza; il divieto delle espulsioni individuali e collettive dal territorio
dello Stato di cui si è cittadini ed il divieto delle espulsioni collettive degli
stranieri.
Il Protocollo n.6, firmato a Strasburgo il 28 aprile 1983, è entrato in vigore il 1°
marzo 1985. Esso tende ad abolire la pena di morte rendendone, tuttavia,
legittima la previsione normativa solo in caso di guerra o di pericolo imminente
di guerra.
Il Protocollo n.7, firmato a Strasburgo il 22 settembre 1984, è entrato in vigore
il 1° gennaio 1988. Esso aggiunge ulteriori diritti alla Convenzione, quali le
garanzie giurisdizionali per gli stranieri oggetto di un provvedimento di
espulsione (art.1); il diritto ad un secondo grado di giudizio per ogni
procedimento penale (art.2); il diritto ad un indennizzo per le persone
condannate a seguito di un errore giudiziario (art.3).
Il Protocollo n.11, firmato l’11 maggio 1994 costituisce la prima radicale
modifica dell’originario meccanismo di controllo, istituendo una Corte unica, al
posto della precedente Commissione e della Corte. Tale protocollo è entrato in
vigore il 1° novembre 1998.
La proposta di una modifica radicale del sistema organico della Convenzione
risale già agli anni ottanta, ma nel corso dell’esame della proposta si sono
presentate molte divergenze di opinioni. Ossia, da un lato coloro che
sostenevano la tesi di una Corte unica e di un unico grado di giudizio; e
dall’altra, coloro che volevano mantenere il doppio grado di giurisdizione. Per
molto tempo il problema è rimasto irrisolto, finché non si è giunti al cosiddetto
“compromesso di Stoccolma”, raggiunto dal Comitato dei Ministri alla riunione
del 28 marzo 1993.
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In questo contesto, uno dei principali obiettivi del Protocollo n. 11 è stato quello
di abolire le clausole facoltative, rendendo obbligatoria, senza limiti di tempo,
sia l’accettazione dei ricorsi individuali sia la giurisdizione della Corte.
Tale conclusione fu poi confermata al vertice dei Capi di Stato e di Governo a
Vienna nell’ottobre del 1993 e ha permesso al Comitato dei Ministri di dare
mandato ad uno specifico Comitato di esperti per redigere il progetto del
Protocollo. Esso è stato adottato dallo stesso Comitato dei Ministri l’11 maggio
1994 ed è diventato ufficialmente il Protocollo 11 alla Convenzione, in vigore
dal 1° novembre 1998.
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C. Zanghì, La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, Torino, 2006, p. 173 ss
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Il Protocollo n.12, aperto alla firma a Roma il 4 novembre 2000, è dedicato al
tema della non discriminazione. Il testo della Convenzione contiene già una
disposizione in materia (art.14), ma questa si limita a garantire la non
discriminazione solo nell’ambito dei diritti garantiti dalla stessa Convenzione.
Da qui la necessità di ampliare tale sfera, in modo da garantire un’applicazione
normativa senza alcuna limitazione di tale principio. Il Protocollo è entrato in
vigore dal 1° febbraio 2005.
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Il Protocollo n.13, adottato a Vilnius il 3 maggio 2002, integra e modifica il
Protocollo n.6, abolendo la pena di morte in ogni circostanza.
Il Protocollo n.14, concluso a Strasburgo il 13 maggio 2004 ed entrato in vigore
il 10 giugno 2010, contiene un’ulteriore profonda modifica del meccanismo di
controllo, della procedura di controllo di fronte alla Corte europea e della sua
struttura. A pochi anni dell’entrata in vigore del Protocollo n.11 e del sistema
della Corte unica, e a fronte del continuo ampliamento degli Stati membri del
Consiglio, ci si è resi conto della necessità di ulteriori riforme.
Il nuovo Protocollo modifica ulteriormente la Convenzione e richiede la ratifica
di tutti gli Stati membri per la sua entrata in vigore. Alcune modifiche
riguardano la composizione della Corte e la sua articolazione interna, con le
relative competenze; altre, invece, la procedura di esame dei ricorsi,
introducendo un nuovo criterio di ricevibilità dei ricorsi individuali.
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1.1.2 La necessità di riforma della Corte e l’adozione del Protocollo
XIV.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha un ruolo fondamentale nella tutela
internazionale dei diritti dell’uomo attraverso un numero considerevole di
decisioni, che ormai formano un importante insieme giurisprudenziale in
materia.
Il rapido processo di allargamento che negli ultimi anni ha interessato il
Consiglio d’Europa e la contestuale ratifica della Convenzione da parte di nuovi
Stati, hanno reso accessibile il sistema giurisdizionale previsto dalla CEDU a un
numero potenziale di ottocento milioni di persone.
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C. Zanghì, La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, Torino, 2006, p. 173 ss
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C. Zanghì, La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, Torino, 2006, p. 173 ss
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Si è diffusa la conoscenza delle garanzie offerte dalla Convenzione, a cui ha
fatto seguito l’aumento dei ricorsi individuali, sintomo evidente della fiducia
riposta nei giudici di Strasburgo.
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Tuttavia, la Corte rischia di rimanere vittima del proprio successo. Infatti, il
numero dei ricorsi è aumentato di circa il 54% in un arco di tempo limitato,
crescita dovuta, soprattutto, all’adesione dei Paesi, che in un recente passato
stavano “oltre la cortina di ferro”. La conseguenza di tutto ciò è stato un
notevole prolungamento della durata dei procedimenti.
A distanza di pochi anni dall’entrata in vigore del Protocollo XI, gli Stati
membri del Consiglio d’Europa hanno quindi deciso di sottoporre ad un nuovo
esame il meccanismo di controllo giurisdizionale della Convenzione per
verificare la sua idoneità di fronte ai nuovi sviluppi e cambiamenti in atto.
Facendo una piccola sintesi, con il Protocollo XI si è avuta una modifica
generale del sistema giurisdizionale introdotto con la Convenzione, il quale già
verso la fine degli anni ’80 non era in grado di sopportare un carico di lavoro
sempre crescente. A tal proposito, è stata istituita una nuova Corte unica e
permanente, che riunisce in sé le funzioni della vecchia Corte e della
Commissione, con la conseguente diminuzione del numero di giudici rispetto al
sistema originario. L’incarico dei giudici è a tempo pieno e ciò ha reso
obbligatoria l’astensione da qualsiasi attività incompatibile con le esigenze di
indipendenza e imparzialità legate a tale ruolo e le precedenti indennità sono
state sostituite con un corrispettivo fisso adeguato al ruolo ricoperto.
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La Corte si compone di un giudice per ogni Stato membro, con l’abolizione del
divieto di nominare più giudici aventi la stessa nazionalità. La durata del
mandato è ridotta da nove a sei anni, con rieleggibilità senza limiti fatta
eccezione per l’età che non deve superare i settanta anni.
Tuttavia, nonostante i profondi cambiamenti strutturali del sistema di garanzie
della Convenzione, è risultato evidente che l’obiettivo fondamentale della
riforma, e cioè accelerare i tempi delle decisioni, non è stato raggiunto. Ecco
perché l’idea di una nuova riforma ha cominciato ad assumere forma nel
novembre del 2000, in occasione del cinquantenario della firma della
Convenzione, quando la Conferenza Ministeriale Europea dei Diritti dell’Uomo,
riunitasi a Roma per le celebrazioni, esortò il Comitato dei Ministri a cercare
misure concrete per garantire l’effettività dei procedimenti di fronte alla Corte.
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C. Russo, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la giurisprudenza della Corte di
Strasburgo, Milano 2006, p. 63 ss
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C. Russo, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la giurisprudenza della Corte di
Strasburgo, Milano 2006, p. 63 ss
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Accogliendo i suggerimenti ricevuti, il Comitato dei Ministri, in qualità di
organo esecutivo del Consiglio d’Europa, affidava ad un comitato di esperti
governativi, il c.d. “Gruppo di Valutazione”, l’incarico di compiere un esame
preliminare sui metodi e le procedure utili a garantire l’efficacia a lungo termine
della Convenzione.
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L’anno successivo, nel settembre del 2001, il Gruppo di Valutazione presentava
le proprie conclusioni al Comitato dei Ministri e, sulla base di queste, il
Comitato Direttore dei Diritti dell’Uomo (CDDH) veniva incaricato della
redazione di un protocollo addizionale alla CEDU, secondo il modus operandi
già adottato in occasione delle precedenti riforme del sistema della
Convenzione.
Il CDDH ha condotto, prima di tutto, una serie di consultazioni, volte a
raccogliere le proposte di modifica provenienti dalla stessa Corte, oltre che dagli
organi del Consiglio d’Europa.
Nel rapporto finale sottoposto al Comitato dei Ministri, le proposte raccolte
venivano suddivise in tre sezioni distinte riguardanti, prima di tutto, le misure
adottabili per prevenire le violazioni a livello nazionale, migliorando le vie di
ricorso interne, quindi, la possibilità di introdurre una sorte di filtro per i ricorsi
individuali e infine, sul piano dell’efficacia delle sentenze della Corte, i metodi
per migliorarne ed accelerarne l’esecuzione.
11
Nella sessione del 14-15 maggio 2003 il Comitato dei Ministri approvava il
rapporto finale presentato dal CDDH, autorizzando la prosecuzione dei lavori
per la stesura del testo del Protocollo XIV e invitando gli estensori a tenere in
speciale considerazione alcuni profili emersi dal rapporto. Si trattava, in
particolare, di alcune questioni controverse che avevano animato il dibattito a
livello europeo, quali la possibile adesione dell’Unione Europea alla CEDU,
oltre che la durata del mandato dei giudici e la previsione di procedure più
rapide per i futuri emendamenti della Convenzione.
Per quanto riguardo il primo aspetto, ossia l’adesione dell’UE alla CEDU, il
Comitato dei Ministri era mosso da ragioni prevalentemente politiche. Infatti,
l’adesione dell’UE alla Convenzione e la conseguente accettazione della
giurisdizione di Strasburgo consoliderebbero il livello di omogeneità della
protezione dei diritti dell’uomo in ambito europeo, consacrando formalmente la
CEDU come standard comune per i diritti fondamentali in Europa, applicabile
al di là di tutte le barriere nazionali.
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C. Russo, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la giurisprudenza della Corte di
Strasburgo, Milano 2006, p. 63 ss
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C. Russo, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la giurisprudenza della Corte di
Strasburgo, Milano 2006, p. 63 ss