8
1. La rendicontazione della Corporate Social Responsability (CSR)
1.1. Premessa
Negli ultimi anni, la rendicontazione della sostenibilità e della
Responsabilità sociale d‟impresa (RSI), o Corporate Social Responsability
(CSR)
2
, comunicata attraverso la redazione dei bilanci sociali, di
sostenibilità e socio-ambientali, è in forte crescita. Questo si deve anzitutto
alla crescente rilevanza che sta assumendo il concetto di CSR non solo nel
mondo accademico ma anche tra i soggetti più disparati
3
. Le imprese, oggi,
subiscono pressioni da parte della comunità in tutti i suoi elementi per far sì
che queste adottino comportamenti socialmente responsabili. Notevole in
tal senso è anche il ruolo svolto da elementi di contesto, come ad esempio,
il peso crescente dei sindacati e delle associazioni a tutela dei consumatori,
il cambiamento delle condizioni culturali e il contestuale diffondersi di una
sensibilità più attenta ai temi dello sviluppo sostenibile. Tutti questi
elementi hanno favorito l‟affermazione di strumenti che consentissero alle
imprese di rendere conto degli impegni assunti non solo ai detentori del
capitale proprio.
2
Sul tema, si veda, tra gli altri: M. Molteni, A. Todisco, La guida del Sole 24 ore alla responsabilità
sociale d'impresa: come le PMI possono migliorare le performance aziendali mediante politiche di CSR:
logiche, strumenti, benefici, Il Sole 24 ore, Milano, 2008; L. Celli, M. Grasso, L'impresa con l'anima :
come la Corporate Social Responsibility può contribuire a umanizzare le imprese, Baldini Castoldi Dalai,
Milano, 2005; M. Molteni, M. Lucchini, I modelli di responsabilità sociale nelle imprese italiane, Franco
Angeli, Milano, 2004; V. Capecchi, La responsabilità sociale dell'impresa, Carocci, Roma, 2005; P.
Greco, Lavoratori e impresa socialmente responsabili : atti del seminario di studi, Università di Salerno
Dicembre 2005 - Marzo 2006, Giappichelli, Torino, 2007; ABI, Annuario 2005 della responsabilità
sociale d'impresa : i fornitori di servizi della CSR, Bancaria Editrice, Roma, 2005.
3
“Lo dimostrano il proliferare di riscontri accademici sul tema, il moltiplicarsi di iniziative più o meno
accreditate promosse dai soggetti più disparati, o semplicemente il fatto che all‟inserimento di corporate
social responsability o CSR in uno qualsiasi dei motori di ricerca disponibili sulla Rete faccia seguito un
numero di risultati variabilmente compreso tra i 2.000.000 e i 20.000.000 di link”. Cfr. F. Perrini, A.
Tencati, Corporate social responsability – Un nuovo approccio strategico alla gestione d’impresa, Egea,
Milano, 2008, p. 144.
9
L‟Unione Europea ha accresciuto, con la realizzazione di una serie di
documenti
4
, l‟attenzione del mondo economico e politico-istituzionale
verso il tema della responsabilità sociale delle imprese
5
. In particolare, il
Libro Verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale
delle imprese”
6
, pubblicato nel 2001 dalla Commissione Europea, ha
definito la responsabilità sociale come “l‟integrazione volontaria, da parte
delle imprese, delle istanze sociali e ambientali nelle loro attività e nei
rapporti con le parti interessate”
7
. L‟elemento della volontarietà presente
nella definizione data dalla Commissione Europea rende chiara la necessità
che le imprese vadano “oltre il semplice rispetto degli obblighi previsti
dalle leggi e dalle norme etiche individuali”
8
.
Uno degli argomenti più controversi in dottrina, è infatti quello di
comprendere se per un‟impresa possa essere sufficiente limitarsi al rispetto
degli obblighi stabiliti dalle norme vigenti, per considerarsi in linea con i
principi morali diffusi nella collettività di appartenenza
9
. Milton Friedman,
premio Nobel per l‟economia nel 1976, sosteneva che l‟unica
responsabilità sociale che ha l‟impresa è quella di massimizzare il profitto
limitandosi a rispettare leggi e regolamenti
10
. Di fatti i critici della
4
Tra questi si ricordano in particolare, il Libro verde “Promuovere un quadro europeo per la
responsabilità sociale delle imprese” pubblicato dalla Commissione Europea nel 2001, il Libro Bianco
“Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile” pubblicato
nel 2002. Nel 2006 viene emanata una nuova comunicazione sulla CSR denominata “Il partenariato per la
crescita e l‟occupazione: fare dell‟Europa un polo d‟eccellenza in materia di responsabilità sociale delle
imprese. Infine, nell‟ottobre del 2011 viene emanata un‟altra comunicazione dalla Commissione Europea
denominata “Strategia rinnovata dell'UE per il periodo 2011-14 in materia di responsabilità sociale
delle imprese”.
5
Cfr. F. Perrini, A. Tencati, , 2008, p. 58.
6
Cfr. Commissione Europea, Libro Verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale
delle imprese”, Unione Europea, Bruxelles, 2001.
7
Cfr. Commissione Europea, op. cit, 2001.
8
Cfr. F. Perrini, A. Tencati, op. cit., 2008, p. 69.
9
Cfr. M. Testa, La responsabilità sociale d’impresa – Aspetti strategici, modelli di analisi e strumenti
operativi, Giappichelli Editore, Torino, 2007, p. 81.
10
Secondo l‟autorevole economista, l‟impegno sociale consisteva nell‟ottenere profitti nella misura
maggiore possibile, nel rispetto delle regole di un mercato aperto, corretto e competitivo, producendo così
ricchezza per tutti (capitalisti e lavoratori) nel modo più efficiente. Cfr. L. Bagnoli, Quale responsabilità
sociale per l’impresa?, FrancoAngeli, Milano, 2004, p. 1.
10
responsabilità sociale d‟impresa concludono che l‟unica responsabilità è
quella di garantire le condizioni ideali, affinché, ogni singola
organizzazione massimizzi il proprio profitto
11
. Adottare azioni
socialmente responsabili implica, invece, l‟agire al di là degli obblighi di
legge ed instaurare volontariamente relazioni corrette con i numerosi
interlocutori, interni ed esterni, al fine di contribuire ad una migliore qualità
della vita, implementando strumenti ed adottando programmi volti alla
costruzione di relazioni con i diversi portatori di interesse
12
.
Fondamentale contributo per la diffusione della CSR nelle organizzazioni è
stato quello dato da E. Freeman che, con la cosiddetta teoria degli
stakeholder, ha posto la CSR “al centro della gestione strategica
dell‟impresa
13
”. La stakeholder theory sostiene che occorre soddisfare ogni
partecipante all‟impresa, ovvero ogni stakeholder definito da Freeman, nel
1984
14
, come “ogni gruppo o individuo che può influenzare il
raggiungimento degli obiettivi dell‟impresa o ne è influenzato”
15
. Nel
medio-lungo periodo il soddisfacimento delle attese di tali interlocutori, o
quanto meno di quelli più influenti, si rivela spesso decisivo per la
sopravvivenza e lo sviluppo dell‟impresa stessa e, pertanto, quest‟ultima
11
I critici della CSR infatti considerano “il perseguimento del profitto la finalità primaria dell‟agire
d‟impresa, che si pone come il prerequisito da soddisfare prima di qualsiasi altro aspetto, tra cui quello
sociale”. Cfr. C. Mio, Corporate Social Responsability e sistema di controllo: verso l’integrazione,
FrancoAngeli, Milano, 2005, p. 30.
12
“Oggi un‟impresa agisce in modo socialmente responsabile non solo se adempie agli obblighi giuridici,
ma anche se si spinge oltre, coerentemente a motivazioni morali condivise, operando in conformità alle
aspettative espresse dai propri interlocutori, ovvero gli stakeholder”. Cfr. C. Mio, op.cit., 2005, p. 33.
13
Cfr. L. Hinna, Come gestire la responsabilità sociale d’impresa, Il Sole 24 ore, Milano, 2005, p. 43.
14
Cfr. R. E. Freeman, Strategic Planning: a stakeholder approach, Pitman, Boston, 1984.
15
Nella letteratura le definizioni di stakeholder proposte sono estremamente numerose. Il termine
stakeholder compare negli studi di strategia aziendale per la prima volta nel 1963, in un memorandum
dello Stanford Research Institute (USA), ad indicare i soggetti che hanno un interesse nell‟attività
d‟impresa, senza i quali questa non può sopravvivere, comprendendo anche coloro che non hanno un
rapporto economico con l‟organizzazione imprenditoriale. Gli stakeholder sono tutti coloro che
detengono una posta (stake) in gioco nella gestione dell‟impresa. Possono essere suddivisi in due macro
gruppi, interni ed esterni rispetto all‟entità aziendale. Tra i primi si possono individuare gli azionisti non
executive, gli investitori, i partner commerciali più stretti, i dipendenti. Tra gli interlocutori esterni si
considerano le imprese, i professionisti ed i consulenti operanti nell‟indotto dell‟azienda considerata, le
comunità locali investite dall‟attività d‟impresa, le pubbliche amministrazioni e gli organismi preposti al
controllo delle attività produttive, i fornitori, i clienti, la concorrenza.
11
non può prescindere dalla loro considerazione nell‟elaborazione delle loro
politiche e strategie
16
.
Il concetto di CSR è strettamente correlato alla stakeholder theory: essere
socialmente responsabili implica l‟instaurarsi di un rapporto dialettico tra
l‟azienda e i suoi interlocutori.
Alle imprese, oggi, si chiede di spingersi oltre i limiti stabiliti dalle norme
vigenti e di abbracciare più ampie responsabilità, “investendo nel capitale
umano, nella tutela dell‟ambiente e nella promozione della partecipazione
attiva di tutti gli stakeholder”
17
. La teoria degli stakeholder afferma dunque
che l‟impresa non è responsabile solo nei confronti degli azionisti, come
sosteneva Friedman, ma al contrario “è valutata e sottoposta al giudizio di
legittimazione da parte di una più vasta platea di soggetti, di cui gli
azionisti rappresentano solo una componente”
18
.
Il concetto di corporate social responsability è un argomento ampiamente
dibattuto non solo tra gli studiosi di economia aziendale, ma anche tra
quelli di numerosi altri ambiti disciplinari. Tale concetto si è evoluto nel
corso del tempo tanto che la Commissione Europea, dopo la pubblicazione
del Libro Verde nel 2001, ha emanato nel 2011 una comunicazione
denominata “Strategia rinnovata dell'UE per il periodo 2011-14 in materia
di responsabilità sociale delle imprese”
19
nella quale la Commissione
individua una nuova definizione di CSR. Oggi, dunque, la Commissione
16
Cfr. L. Bagnoli, op. cit., 2004, p. 7.
17
Cfr. M. Testa, op. cit., 2007, p. 82.
18
Cfr. P. Petrolati, Il bilancio sociale di impresa verso i lavoratori – La risorsa umana e l’informativa
aziendale, CLUEB, Bologna, 1999, p. 21.
19
Cfr. Commissione Europea, Strategia rinnovata dell'UE per il periodo 2011-14 in materia di
responsabilità sociale delle imprese, Unione Europea, Bruxelles, 2011. Nel documento la stessa
Commissione specifica che la nuova strategia è stata presentata perché “la crisi economica e le sue
conseguenze sociali hanno scosso in certa misura la fiducia dei consumatori come anche la fiducia nelle
imprese. L'attenzione del pubblico si è rivolta quindi ai comportamenti delle imprese sul piano sociale ed
etico. Rinnovando ora gli sforzi per promuovere la RSI la Commissione intende creare condizioni
favorevoli per una crescita sostenibile, un comportamento responsabile delle imprese e una creazione di
occupazione durevole nel medio e lungo termine. Cfr. Commissione Europea, op. cit., 2011, p. 5.
12
Europea definisce la CSR come la “responsabilità delle imprese per il loro
impatto sulla società"
20
. La Commissione stessa ritiene che “per soddisfare
pienamente la loro responsabilità sociale, le imprese devono avere in atto
un processo per integrare le questioni sociali, ambientali, etiche, i diritti
umani e le sollecitazioni dei consumatori nelle loro operazioni commerciali
e nella loro strategia di base in stretta collaborazione con i rispettivi
interlocutori”
21
.
In un simile contesto dunque caratterizzato dai fondamentali contributi
apportati dalla stakeholder theory e dalla Corporate Social Responsability è
chiaro che cambia anche l‟approccio alla rendicontazione delle imprese. Il
bilancio tradizionale ha come soggetto destinatario esclusivamente
l‟azionista (lo shareholder), oggi invece c‟è una “nuova domanda di
accountability“
22
che ha come destinatari tutti gli stakeholder aziendali. In
altri termini, un‟impresa che vuole essere socialmente responsabile deve
adottare necessariamente un nuovo sistema di rendicontazione del valore
sociale prodotto
23
.
Ciò implica un‟evoluzione dei sistemi di misurazione dalla “one bottom
line” caratterizzata dalla considerazione della sola dimensione economica,
alla “triple bottom line” che “contempli i risultati a livello economico,
ambientale e sociale”
24
.
Ogni impresa può decidere volontariamente di redigere un bilancio che si
può definire “global report” perché considera e misura tutte le dimensioni
rilevanti dell‟azienda (economica, ambientale e sociale), che assumono
20
Cfr. Commissione Europea, op. cit., 2011, p. 7.
21
Ibidem.
22
Cfr. L. Hinna, op. cit.,2005, p. 55.
23
La rendicontazione del valore sociale prodotto dalle imprese è importante perché “ci si rende conto che
non esiste solo il valore economico, ma esiste anche un valore sociale (…)” e “ci si rende conto che
servono elementi nuovi di misurazione per “catturare” questo valore sociale creato e rendicontarlo
all‟esterno dell‟impresa”. Cfr. L. Hinna, op. cit.,2005, p. 59.
24
Cfr. F. Perrini, A. Tencati, op. cit., 2008, p. 69.
13
rilevanza non solo per l‟azionista ma anche per tutte le categorie di
stakeholder.
1.2. I documenti di reporting sociale
Quanto detto finora, ci consente di comprendere che il bilancio tradizionale
non è sufficiente per soddisfare le esigenze conoscitive di tutti gli
stakeholder aziendali
25
. Il sistema contabile tradizionale non dà alcuna
rappresentazione della componente sociale dell‟agire dell‟impresa. Questo
dipende dal fatto che non tutte le attività di cui l‟impresa è responsabile
sono misurabili in termini prettamente economici; c‟è una consistente parte
di valutazione che sfugge anche al più corretto e rappresentativo bilancio
d‟esercizio ed ai tradizionali sistemi informativo - contabili
26
. Da ciò deriva
la necessità di ”colmare tale vuoto informativo mediante l‟estensione del
sistema informativo aziendale”
27
attraverso l‟introduzione di strumenti che
possano rilevare anche le dimensioni sociali e ambientali dell‟attività
d‟impresa.
Occorre dunque affiancare al bilancio di esercizio
28
uno strumento che sia
idoneo a dare conto dei risultati di valenza sociale dell‟agire dell‟impresa.
Al bilancio contenente l‟informativa socio-ambientale vengono attribuite,
sia dagli studiosi che dagli operatori, differenti espressioni (bilancio
sociale, ambientale, di missione, di sostenibilità ecc.) a seconda della
tipologia di rendicontazione. In realtà tale strumento di rendicontazione
sociale viene erroneamente denominato “bilancio” in quanto non è “un
25
Gli stakeholder hanno “il diritto di essere informati sugli esiti globali dell‟operato dell‟impresa con cui
dialogano”. Cfr. P. Petrolati, op. cit., 1999, p. 26.
26
Cfr. C. Mio,op. cit., 2005, p. 159.
27
Cfr. P. Petrolati, op. cit., 1999, p. 25.
28
Per un approfondimento sul bilancio di esercizio si veda: M. Milone, Il bilancio di esercizio. Normativa
civilistica, principi contabili nazionali e internazionali, Franco Angeli, Milano, 2009.
14
documento di natura ragionieristica”
29
. Occorrerebbe dunque definirlo
“relazione o rapporto sociale”
30
in quanto la sua funzione è quella di
rendicontare, educare e informare sui temi e sugli strumenti della CSR.
Le prime esperienze di rendicontazione sociale si sono avute negli Stati
Uniti, dove l‟attenzione verso gli aspetti della CSR era viva già da tempo.
In Italia si comincia a parlare di questo documento sin dal 1970: le
principali elaborazioni dottrinali ed accademiche che hanno fatto scuola
risalgono al decennio 1980-1990, mentre gli sviluppi applicativi si sono
avuti a partire dal 1990.
La dottrina economico-aziendale non è arrivata a dare una definizione
unanime di bilancio sociale
31
. Non risulta semplice, infatti, dare una
definizione di bilancio sociale in virtù dei diversi approcci, forme e
contenuti che sono stati adottati fino ad oggi
32
. In altri termini, fornire una
definizione univoca ed assoluta di bilancio sociale è un‟”illusione”
33
.
La miriade di definizioni presenti in dottrina hanno, però, in comune la
presenza del concetto di “relazione con gli stakeholder”. Il bilancio sociale
può essere definito come quel “documento che le aziende redigono
volontariamente per rendere conto del loro comportamento agli
29
Cfr. L. Hinna, op. cit., 2005, p. 174. La parola bilancio “scoraggia gli stakeholder e non rende giustizia
del processo; è una parola figlia della quantità, del razionalismo e della ragioneria e per questo
l‟accostamento con la parola sociale, che invece evoca qualità, sentimenti e fantasia, è improponibile se
non come immagine astratta, come slancio culturale, recuperando il senso del rendere conto, proprio del
bilancio, calato appunto nella sfera del sociale. Il termine più adatto sarebbe forse “relazione” o
“rapporto” anche se ormai “bilancio” è entrato nel gergo comune di coloro che realizzano e si occupano
di bilancio sociale”. Cfr. L. Hinna, op. cit., 2005, p. 355.
30
Cfr. L. Hinna, op. cit., 2005, p. 174.
31
Per un approfondimento sul bilancio sociale si veda, tra gli altri: F. Manni, Responsabilità sociale e
informazione esterna d’impresa – Problemi, esperienze e prospettive del bilancio sociale, Giappichelli
Editore, Torino, 1998; G. Rusconi, Il bilancio sociale: economia, etica e responsabilità dell'impresa,
Ediesse, Roma, 2006; A. Corrocher, Il bilancio sociale : come realizzarlo nelle aziende profit, nelle
organizzazioni non profit, negli enti pubblici, Franco Angeli, Milano, 2005; D. Lamanna Di Salvo, Il
bilancio sociale : la teoria della rendicontazione della responsabilità sociale dell'impresa, UNI Service,
Trento, 2005; L. Condosta, Il bilancio sociale d'azienda: teoria e tecniche di redazione, IPSOA, Assago,
2008; C. Cattaneo, Il bilancio sociale nell'evoluzione dei rapporti tra economia e società, Giuffrè,
Milano, 2003.
32
In merito si veda: Cfr. M. Testa, La responsabilità sociale d’impresa – Aspetti strategici, modelli di
analisi e strumenti operativi, Giappichelli Editore, Torino, 2007, p. 94.
33
Cfr. P. Petrolati, op. cit., 1999, p. 27.
15
stakeholder, ai quali riferiscono sui risultati e sugli effetti delle relazioni
che con loro intrattengono”
34
. Applicare tale strumento significa
confrontare le performance aziendali in merito alla quantità e alla qualità
delle relazioni che l‟impresa instaura con i gruppi di riferimento
rappresentativi dell‟intera collettività di residenza
35
.
Per quanto riguarda la funzione svolta dal bilancio sociale, in passato si era
soliti attribuire al bilancio sociale una funzione meramente informativa e di
comunicazione agli stakeholder aziendali. Negli ultimi anni si sta
considerando il bilancio sociale, non solamente come uno strumento di
comunicazione, ma come un vero e proprio strumento strategico di gestione
aziendale
36
. E‟ uno strumento utilizzato dalle aziende per programmare e
gestire le relazioni sociali. E‟ un mezzo che consente agli stakeholder di
“formarsi un giudizio complessivo sul comportamento dell‟azienda e dei
suoi attori chiave”
37
.
Risulta interessante considerare le differenze che sussistono con il bilancio
d‟esercizio:
il bilancio sociale è un documento volontario
38
, non è regolato da
alcuna disposizione di legge tranne rare eccezioni come nel caso
della Francia e del Belgio
39
;
34
Cfr. L. Sacconi, Guida critica alla responsabilità sociale e al governo d’impresa – Problemi, teorie e
applicazioni della CSR, Bancaria Editrice, Roma, 2005, p. 655.
35
Cfr. C. Mio, op. cit.,2005, p. 162.
36
E‟ uno strumento di gestione “nel senso che l‟impresa con il bilancio sociale non si limita soltanto a
rivelare ed a comunicare ai suoi stakeholder preferenziali le conseguenze della sua attività analizzate
nella prospettiva del loro desiderio di socialità, ma attraverso lo stesso documento realizza la gestione del
rapporto intrattenuto con quelli stessi stakeholder”. Cfr. P. Petrolati, op. cit., 1999, p. 32.
37
L. Sacconi, op. cit., 2005, p. 655.
38
Il fatto di essere uno strumento volontario non ha ”permesso fino ad oggi di pervenire a un modello
generalmente accettato di bilancio sociale”. Cfr. F. Perrini, A. Tencati, 2008, p. 147.
39
L. Sacconi, op. cit., 2005, p. 656. In Francia la legge del 12 luglio 1977 ha posto l‟obbligo di redigere il
bilancio sociale per le imprese con più di 300 dipendenti. Sull‟esperienza francese si rinvia a Marquès
(1978) e Pulejo (1996). In Belgio il bilancio sociale è disciplinato dalla Legge 22 dicembre 1995 e dalle
ordinanze del 4 agosto 1996 e del 24 ottobre 2001.
16
il tradizionale bilancio economico non fornisce una rappresentazione
degli “effetti congiuntamente economici, sociali e ambientali
dell‟agire dell‟impresa sul contesto di appartenenza”
40
;
con il bilancio d‟esercizio l‟azienda rende conto soprattutto agli
azionisti e gli altri fornitori di capitale; con il bilancio sociale invece
rende conto a tutti gli stakeholder aziendali
41
;
il bilancio sociale svolge una funzione integrativa del bilancio di
esercizio “dal quale attinge dati e notizie”
42
;
La mancanza di obbligatorietà del bilancio sociale comporta le seguenti
conseguenze che sono strettamente collegate tra loro:
rende difficile “la comparazione spaziale e temporale della
performance responsabile delle imprese”
43
;
le imprese che decidono di redigere il rapporto sociale devono
definire autonomamente l‟eventuale modello di riferimento
44
e i
contenuti ritenuti rilevanti (problema dell‟autoreferenzialità);
comporta la “mancanza di standardizzazione”
45
che di fatto limita la
diffusione dei bilanci sociali tra le aziende.
1.2.1. Autoreferenzialità o standardizzazione?
Il problema dell‟autoreferenzialità, già accennato nel precedente paragrafo,
sussiste quando ci si muove senza standard. Molti autori in dottrina
sottolineano l‟importanza di definire degli schemi standardizzati di
40
F. Perrini, A. Tencati, op. cit., 2008, p. 145.
41
In merito si veda: L. Sacconi, op. cit., 2005, p. 656.
42
L. Sacconi, op. cit., 2008, p. 656.
43
F. Perrini, A. Tencati, op. cit., 2008, p. 145.
44
Esistono diversi modelli di riferimento a causa della “assenza di un obbligo normativo. Ciò ha favorito
differenti approcci alla redazione di un bilancio sociale, peraltro in continua evoluzione per effetto delle
dinamiche di sviluppo delle tematiche di riferimento.” Cfr. M. Testa, op. cit., 2007, p. 97.
45
Cfr. F. Perrini, A. Tencati, op. cit., 2008, p. 153.
17
rendicontazione e delle linee-guida come condizione imprescindibile per
ridurre l‟autoreferenzialità dei bilanci socio-ambientali e per poter
consentire ai terzi di effettuare dei confronti spazio-temporali
46
. La
presentazione di un rapporto sociale redatto secondo gli standard
predisposti da associazioni nazionali e internazionali può costituire inoltre
un elemento favorevole nella valutazione dell‟azienda da parte dei suoi
interlocutori esterni, in particolare per i risparmiatori eticamente e
socialmente sensibili e per gli stessi mercati finanziari ordinari, se
desiderano evitare improvvisi crolli di società quotate a causa di conflitti
con qualche stakeholder
47
.
Hinna non è pienamente d‟accordo con la concezione prevalente in
dottrina. Egli sostiene che:
“se l‟azienda migliora la relazione con i propri stakeholder è assurdo
che mantenga lo stesso livello standard di reporting”
48
;
hanno interesse ad effettuare il confronto nel tempo e nello spazio
solo gli analisti, ovvero i soggetti che lo fanno per professione. Lo
stakeholder non fa confronti tra più aziende
49
;
“lo standard omologa”
50
. Lo standard non è adatto per quelle imprese
che redigono un rapporto sociale per distinguersi dai concorrenti;
46
“La CSR è un percorso di carattere volontario che le imprese possono intraprendere al fine di agire
come soggetto economico socialmente responsabile nelle interazioni con gli stakeholder. La natura
volontaria nell‟assunzione di un modo di fare impresa socialmente responsabile richiede un approccio non
autoreferenziale da parte delle imprese, ciò significa la necessità di un coinvolgimento di tutti gli attori
interessati attraverso metodologie riconosciute, testate e riproducibili”. Cfr. F. Perrini, A. Tencati, op. cit.,
2008, p. 70.
47
Cfr. G. Rusconi, M. Dorigatti, Teoria generale del bilancio sociale e applicazioni pratiche, Franco
Angeli, Milano, 2004, pp. 19-20.
48
Infatti se l‟azienda migliora la relazione con i propri stakeholder “cambiano gli stakeholder, le valenze,
le esigenze informative e cambiano gli indicatori; non ha senso quindi che il rapporto rimanga uguale e
che cambi solo nelle cifre come fosse un bilancio economico”. Cfr. L. Hinna, op. cit., 2005, p. 348.
49
Lo stakeholder infatti “se vuole operare confronti quando compra un prodotto o quando investe in un
titolo non ha bisogno del bilancio da analizzare, sia esso standardizzato o aperto, ma si servirà di rating
sociali che contengono informazioni che normalmente nessun bilancio sociale, anche standardizzato,
contiene”. Cfr. L. Hinna, op. cit., 2005, p. 348.
50
Cfr. L. Hinna, op. cit., 2005, p. 348.
18
Secondo Hinna, dunque, non è importante il modello di riferimento o lo
standard, ma “se modello deve esserci, deve essere quello fissato dallo
stakeholder, ma questo è possibile solo nel caso in cui un‟azienda ne abbia
solo uno; eventualità, questa, improbabile”
51
.
Sul contenuto del report sociale esistono due scuole di pensiero: la prima
vuole uno schema fisso, uno standard, per favorire la comparabilità e il
confronto nel tempo e nello spazio e dunque si può definire “orientata agli
standard”. La seconda scuola di pensiero è più elastica, senza standard, e
lascia libera la struttura del documento; è più orientata alla comunicazione
con gli stakeholder, “l‟unico soggetto da accontentare dal punto di vista
informativo in questo processo”
52
.
1.3. Standard e linee guida
Nella prassi esiste una pluralità di modelli di rendicontazione sociale e
ambientale. Le imprese che vogliono rendicontare la CSR possono decidere
di adottare uno schema di rendicontazione accreditato e diffuso, tra i
numerosi disponibili a livello nazionale e internazionale, e che sono stati
istituiti al fine di giungere ad una effettiva possibilità di confronto e di
comparabilità nel tempo e nello spazio e al fine di ridurre il rischio di
autoreferenzialità dei modelli “self-made”.
Tra i modelli più accreditati a livello nazionale e internazionale si possono
ricordare:
le linee-guida della GRI (Global Reporting Initiative);
il modello proposto dal GBS (Gruppo di Studio per il Bilancio
Sociale);
51
Cfr. L. Hinna, op. cit., 2005, p. 351.
52
Cfr. L. Hinna, op. cit., 2005, p. 316.