Introduzione
“Non è importante tanto il fatto che in futuro ci siano
o meno manicomi e cliniche chiuse, è importante che noi
adesso abbiamo provato che si può fare diversamente,
ora sappiamo che c'è un altro modo di affrontare
la questione; anche senza la costrizione.”
(Franco Basaglia, intervista televisiva)
“Libertà è partecipazione”
(Giorgio Gaber, “La libertà”)
La salute mentale è un bene comune
1
, relazionale, intersoggettivo.
1
Ugo Mattei si è occupato recentemente di definire il concetto di “bene comune”. “I beni
comuni si trovano ovunque vi siano relazioni, ma emergono di rado, in occasione di conflitti,
spesso tumulti, che ne creano la consapevolezza in condizioni strettamente legate a
rivendicazioni di bisogni fondamentali. In quanto legati a un contesto, i beni comuni si
collocano dunque all'antitesi dell'universalismo tipico della retorica dei diritti umani. Essendo
tuttavia funzionali alla soddisfazione effettiva di bisogni fondamentali autentici (materiali o
spirituali che siano) della persona calata in molteplici contesti relazionali, sono parte di una
rete tendenzialmene sconfinata.” La riflessione sui “beni comuni” si fa portatrice della
necessità di riconsiderare il modo in cui noi pensiamo le strutture giuridiche e politiche, per
adeguarla alle sfide poste oggi alla complessità delle società umane sul piano delle relazioni
di cooperazione, delle politiche produttive e dell'ecologia. “Di qui la sfida radicale che i beni
comuni apportano alla dimensione statuale, circoscritta dai confini e calata nella logica della
sovranità che è poi dominio gerarchicamente organizzato su un territorio. E di qui anche la
difficoltà enorme che l'elaborazione teorico-giuridica incontra nel far sì che i beni comuni,
entità collettive, inclusive e a potere diffuso, siano compatibili con una struttura fondamentale
del diritto fondato sul proprietario (persona fisica o giuridica che sia) interlocutore privilegiato
dello Stato (due strutture di concentrazione del potere ed esclusione).” Da
http://www.globalproject.info/it/in_movimento/Breve-genealogia-dei-beni-comun/8709.
A proposito della attuale riflessione sui beni comuni si veda il lavoro di Silvia Jop su
http://www.lavoroculturale.org/spip.php?page=imprimir_articulo&id_article=125
6
Esso si moltiplica quando viene utilizzato e la sua fruizione si identifica con la
sua condivisione.
La sua stessa definizione dipende dal confronto tra i soggetti.
Non esiste una salute mentale “in astratto”, che possa essere definita attraverso
una serie di parametri numerici volti a definire tetti massimi o minimi di proteine.
Piuttosto, la salute mentale si definisce nel momento in cui due o più persone
entrano in relazione. Nella loro esperienza concreta emerge la definizione di
quello che a ciascuno fa star bene, di quello che permette alla compresenza del
gruppo di realizzarsi come relazione.
La salute mentale è quindi un bene che si produce nel lavoro sociale, negli
scambi, nelle interazioni. La sua essenza sta nella coscienza che gli uomini
hanno di loro stessi immersi nelle loro relazioni.
Essa è diffusa nella società: una certa presenza di salute mentale è il
presupposto necessario della coesione e della tenuta di ogni comunità. In
questo senso la salute mentale è come un “dono”, che circola gratuitamente,
per un tacito “a buon rendere” tra gli uomini
2
, nella riproduzione delle relazioni
familiari, amicali, civili, economiche, politiche.
Poi riguarda anche la coscienza individuale. La sua presenza per il singolo
individuo è strettamente legata alla realizzazione di quella condizione di libertà e
progettualità che il processo di individuazione comporta. La salute mentale sta
per il singolo individuo nella possibilità di avere “uno spazio per sè”, nel quale
ricondurre, prendere le distanze ed elaborare la vita di relazione. Lo spazio
dell'autonomia è spazio in cui l'uomo coltiva, a suo rischio e pericolo, la propria
possibilità di essere uomo, di elaborare valori e realizzarli, di entrare o non
entrare in relazioni con altri.
Come ogni “bene comune”, la salute mentale è un progetto costantemente a
2
Il riferimento è qui a Mark Anspach, “A buon rendere. La reciprocità nella vendetta, nel dono
e nel mercato”. Il testo affronta dal punto di vista antropologico le dinamiche della reciprocità
dalle società arcaiche a quelle moderne, proponendo tale modello di comprensione per
limitare progressivamente le aree di scambio di beni e servizi dominate dal mercato.
7
rischio. Come i terreni comuni dei contadini inglesi del XVII secolo, ogni bene
comune può subire un processo per cui nuove condizioni produttive impongono
alla comunità di trasformare la loro natura. Le enclosures
3
del XVIII secolo, le
recinzioni che i proprietari terrieri imposero sui terreni demaniali per limitarne
l'utilizzo comune ed escluderne i contadini fittavoli, mutarono la natura di un
bene comune facendone un mezzo di proprietà. I secoli di storie, racconti,
mitologie condivise e simboli che famiglie e gruppi di contadini avevano
strutturato su quei terreni si videro fronteggiare da un insormontabile nemico,
armato dell'autorità dello stato moderno, e pronto a svuotare quelle abitudini
consolidate dall'interno, sostituendole con la logica del denaro e del “prezzo”
come valore della terra, e dall'esterno, rinchiudendo i “disadattati” al nuovo
ordine di cose nelle prigioni e negli asili
4
.
Ma i cittadini di uno stato moderno non sono solo proprietari o non proprietari.
3
La spiegazione di questo processo è fornita nella VII Sezione del Libro Primo de “Il Capitale”
di Karl Marx, quella dedicata al processo di accumulazione originaria, “I momenti nei quali
grandi masse di uomini vengano improvvisamente e violentemente separate dai loro mezzi di
lavoro e buttate sul mercato del lavoro come proletariato messo al bando”. Ecco uno dei
concetti fondamentali espressi da Marx nell'introdurre questo concetto: “Nell'economia
politica quest'accumulazione originaria fa all'incirca la stessa parte del peccato originale nella
teologia: Adamo dette un morso alla mela e con ciò il peccato colpi il genere umano. Se ne
spiega l'origine raccontandola come aneddoto del passato. C'era una volta, in una età da
lungo tempo trascorsa, da una parte una élite diligente, intelligente e soprattutto
risparmiatrice, e dall'altra c'erano degli sciagurati oziosi che sperperavano tutto il proprio e
anche più. Però la leggenda del peccato originale teologico ci racconta come l'uomo sia stato
condannato a mangiare il suo pane nel sudore della fronte; invece la storia del peccato
originale economico ci rivela come mai vi sia della gente che non ha affatto bisogno di
faticare. Fa lo stesso![...] E da questo peccato originale deriva la povertà della gran massa
che, ancor sempre, non ha altro da vendere fuorché se stessa, nonostante tutto il suo lavoro,
e la ricchezza dei pochi che cresce continuamente, benché da gran tempo essi abbiano
cessato di lavorare.”
4
Michel Foucault, in “Storia della follia nell'età classica” spiega come la modernità capitalista
si accompagni alla nascita di istituzioni asilari orientate ad una finalità “civile”, “economica”,
“di governo” e “correzionale”. I vari obiettivi a cui risponde l'internamento asilare giustificano
le pratiche istituzionali che al loro interno si svolgono. L'internamento asilare colpisce
indifferentemente vagabondi, poveri, libertini, folli, incapaci. La “malattia mentale” nascerà
come oggetto tecnico e scientifico all'interno di tali istituzioni. “Sparita la lebbra, cancellato o
quasi il lebbroso dalle memorie, resteranno queste strutture. [...] Poveri, vagabondi,
corrigendi e "teste pazze" riassumeranno la parte abbandonata dal lebbroso, e vedremo
quale salvezza ci si aspetta da questa esclusione, per essi e per quelli stessi che li
escludono. Con un senso tutto nuovo e in una cultura differente le forme resisteranno:
soprattutto quella importante di una separazione rigorosa che è esclusione sociale ma
reintegrazione spirituale.”
8
Sono anche, appunto, “cittadini”. La loro salute mentale è cioè qualcosa che pur
cambiando forme e modi di esistere lungo i mutamenti storici e produttivi, resta
qualcosa da tutelare, qualcosa a cui il cittadino “ha diritto”.
Oltre ad essere un bene comune, e in parte proprio per questo, la salute
mentale è dunque anche un “prodotto istituzionale”, qualcosa che qualcuno ha
la responsabilità di “produrre”, “erogare”, e “garantire” per gli altri. Qualcuno di
tecnico, di specializzato, appunto di “responsabile”. Lo stato moderno è quel
soggetto che definisce se e in che modo la salute mentale dei cittadini va
tutelata e promossa.
Lo stato moderno, oltre ad essere un “insieme superiore alla somma delle sue
parti”, formato da un certo modo di stare insieme dei singoli cittadini, è anche
un'idea astratta, un “sentimento”, un simbolo vicino e lontano con cui i cittadini si
rapportano in molteplici, diversissimi modi. Alcuni di questi modi vengono
identificati nelle riflessioni moderne come “forme di partecipazione”.
Se parliamo di forme di partecipazione, affermiamo che i “beni pubblici”, quelli
prodotti dallo stato per garantire i diritti dei cittadini, non sono solo dei
“pacchetti”, pronti da consumare, che lo stato, attraverso i suoi più o meno
efficienti apparati di tecnici esperti, mette a disposizione degli inconsapevoli
cittadini. Se parliamo di forme di partecipazione, diamo per scontato che i
cittadini, oltre a essere parte di quel grande sistema che è lo stato con le sue
costituzioni e le sue leggi, sono anche “partecipi” alla definizione di quel bene
comune. Il “bene pubblico” non esaurisce in sé il “bene comune”, anzi talvolta
può remargli contro.
Quando nel 1978 sono stati chiusi i manicomi, un pezzo di “bene comune” è
stato ricostruito, modificando i modi di produzione di un “bene pubblico” che
credeva di identificare “cura della malattia mentale” con “protezione della
società dai pericolosi e gli osceni”
5
. Gli ispiratori della legge di riforma
5
Sull'attualità di questi argomenti si veda il dibattito aperto da Franca Olivetti Manoukian sulla
rivista “Animazione Sociale”, a proposito del tema “La domanda di sicurezza può non
investire i servizi?”. In particolare, rilevanti le riflessioni di Luigi Ferranini e Paolo F. Peloso,
“Si può proteggere la società dalla sua follia?”, su “Animazione Sociale”, I, 2009.
9
psichiatrica avevano nutrito la loro sensibilità con situazioni reali (l'internamento
durante la guerra e il fascismo, per lo studente di medicina Basaglia
6
) o con
studi storici (le opere di Foucault
7
, Fanon
8
o Goffman
9
) che più volte avevano
messo in evidenza come gli stati moderni, proprio nella definizione di un bene
pubblico e delle modalità per erogarlo, possono dare luogo a distorsioni,
omissioni e disumanizzazioni.
I “modi di partecipazione” che i cittadini di uno stato moderno mettono in pratica
sono in stretta relazione con i simboli, con le rappresentazioni e le idee che si
fanno in generale dello stato, e del loro rapporto con esso. Oggi si usa
l'espressione “cittadinanza attiva” per indicare uno di quei modi di
partecipazione, secondo cui lo stato moderno sopravvive e riesce a svolgere
positivamente le sue funzioni solo se dà ai cittadini gli strumenti adeguati per
entrare da protagonisti nella definizione e nella tutela di quei “beni comuni” di cui
i diritti sono uno strumento. “Cittadinanza attiva” è un termine relativamente
nuovo, per indicare un modello di relazioni tra cittadini, stato e diritti.
“Cittadinanza attiva” è diverso infatti da “assistenzialismo”, perchè indica che il
percorso “dall'alto verso il basso” che fanno i beni pubblici per soddisfare i
bisogni delle persone deve essere preceduto e determinato da un percorso “dal
basso verso l'alto” che fanno le esperienze e i saperi delle persone per
determinare le modalità di erogazione dei servizi.
I modi di partecipazione che i cittadini di uno stato moderno mettono in pratica
6
Per una ricostruzione della relazione intellettuale e politica tra Foucault e Basaglia si
consiglia “Foucault e Basaglia. L'incontro tra genealogie e movimenti di base” di Pierangelo
Di Vittorio.
7
Per un utilizzo attuale delle opere e del pensiero di Foucault, che ne restituisce il senso più
profondo, si guardi ai lavori di Gabriele Roccheggiani, su
http://www.sparagmos.com/author/gabriele-roccheggiani/
8
Sull'influenza della critica aniticolonialista sul pensiero antiistiuzionale in psichiatria si veda:
Mazzucco Anna,
9
Di Erving Goffman si veda il fondamentale “Asylums”, pubblicato in Italia con la postfazione
di Franco Basaglia.
10
sono influenzati da quello che pensano, sentono e provano nei confronti dello
stato in generale ma anche dai bisogni specifici che avvertono e dai temi su cui
si impegnano. A questo proposito nella modernità si parla di “coscienza”. Si usa
il concetto di coscienza per indicare i modi in cui una persone vede gli altri, se
stessa e il mondo. Di conseguenza, si usa il concetto di coscienza anche per
indicare il modo in cui quella persona agisce, sviluppa abitudini e
comportamenti. Il concetto di coscienza è un concetto che diventa fondamentale
quando, nella modernità, si inizia a pensare che gli uomini siano liberi, morali,
autonomi e responsabili. Non è a caso che nello stesso periodo si sviluppano
anche le scienze psichiatriche che studiano le “patologie della libertà”
10
.
La salute mentale oggi è un campo di partecipazione sul quale i temi della
cittadinanza, della libertà, della possibilità di sviluppo e difesa dei beni comuni,
affrontano un momento epocale di sviluppo e di “crisi” che rende
particolarmente interessanti le dinamiche, i processi e gli eventi che accadono al
suo interno.
Questa ricerca si propone di guardare, raccontare e analizzare, nei limiti del
possibile, uno di questi “processi”, rispettando la sua natura di “costellazione di
eventi” caratterizzati da una irripetibile unicità ma anche puntando a fornire
alcuni strumenti per farne emergere le “dinamiche”, utili alle successive
riflessioni sui medesimi temi.
Il primo capitolo si chiama: Salute mentale e partecipazione: un incrocio di
pratiche. Introduce l'oggetto della ricerca, che è la Sperimentazione del progetto
“Utenti Esperti” nello sportello di socializzazione “Social Point” attivo nel
Dipartimento di Salute Mentale di Modena dal 2006. La ricerca viene presentata
attraverso una breve introduzione del caso studio e una presentazione dei
motivi e delle strutture attraverso cui proviamo a mettere in relazione la
“costellazione di eventi” che abbiamo osservato con un “le dinamiche” che
caratterizzano il mondo della salute mentale e quello delle pratiche di
10
Su questi temi la bibliografia è sconfinata. Si vedano soprattutto le opere di Gianni Vattimo e,
sul versante psichiatrico, Eugenio Borgna.
11
cittadinanza attiva.
Il secondo capitolo si chiama: Il cittadino e la sua malattia. In questo capitolo si
svolge una rassegna delle riflessioni sulla salute e sulla malattia, e in particolare
sulla salute e sulla malattia mentale, come fatti di rilevanza sociale. Con questo
capitolo si cerca di spiegare perchè due concetti come salute e malattia, che
all'interno di un servizio erogatore di “beni pubblici” possono sembrare categorie
pacificamente realistiche, si portano dietro in realtà una serie di costrutti sociali,
culturali e antropologici, che ne hanno determinato lo sviluppo storico e l'attuale
forma operativa.
Il terzo capitolo si chiama: La salute mentale: un modo di essere cittadini, ed è
quello con cui si chiudono le “premesse teoriche” di questa tesi di ricerca. In
esso si scende nel concreto dei Servizi di Salute Mentale oggi in Italia, cercando
di fornire alcuni strumenti di analisi e di riflessione che ci possano far capire le
“politiche pubbliche rivolte alla tutela e alla promozione della salute mentale”
come ambito nel quale possono svilupparsi percorsi di cittadinanza attiva. A
questo proposito si provano a descrivere la situazione “strutturale” dei servizi di
salute mentale in Italia, le pratiche di partecipazione più diffuse in essi e le
culture organizzative e politiche a cui queste possono essere messe in
relazione.
Il quarto capitolo riporta il nome della tesi, essendo quello specificamente
dedicato al caso studio: un percorso di cittadinanza attiva con utenti del
progetto Social Point
11
del Dipartimento di Salute Mentale di Modena. Essendo il
capitolo centrale e più importante della ricerca, ne definiamo brevemente la
struttura interna. Esso consta di una premessa metodologica, in cui vengono
spiegati gli strumenti utilizzati nell'analisi. Segue una descrizione del contesto
della ricerca, in cui si racconta la nascita del progetto studiato e dei soggetti che
vi operano. A questa parte fa seguito la vera e propria “osservazione
partecipante”, che costituisce uno degli strumenti principali di questa ricerca. A
11
Del progetto “Social Point” si parlerà diffusamente per tutta la tesi. Per consultare la pagina
web http://www.socialpointmodena.it/
12
questa parte segue l'analisi dei questionari sottoposti ai soggetti che hanno
partecipato alla sperimentazione “Utenti Esperti”. Si trovano poi le raccolte dei
verbali e dei report prodotti e analizzati durante l'osservazione partecipante e
dei verbali dei focus group costruiti e condotti in collaborazione con le colleghe
Valentina Poggi, Cristina Marconi e Manuela Ciambellini durante lo svolgimento
della ricerca.
A questo capitolo seguono le Conclusioni, un tentativo di restituire i parziali
risultati di questi due anni di esperienza diretta e di analisi, in modo che siano
utili per gli ulteriori sviluppi che possono accadere nel fecondo “campo di
tensioni” costituito dall'incrocio di pratiche tra salute mentale e percorsi di
partecipazione attiva della cittadinanza.
L'occasione di questa ricerca è stata lo svolgimento della mia tesi di laurea in
“Sistemi di Welfare e fondamenti delle società del benessere” del corso di
Laurea Magistrale in Sociologia della Multiculturalità presso l'Università di
Urbino “Carlo Bo”. L'incontro con la realtà che ho analizzato è avvenuto grazie
alla mia partecipazione al progetto di Servizio Civile Nazionale “Matti da
Slegare” 2009-2010, promosso dall'ARCI di Modena
12
in collaborazione con la
Cooperativa Sociale “Aliante”, il progetto Social Point e l'associazione di
volontariato “Insieme a Noi Familiari e amici di pazienti psichiatrici – ONLUS”
13
.
Presso il progetto “Social Point”, durante il periodo di ricerca tesi, ho anche
svolto il mio tirocinio universitario, coordinato da Manuela Ciambellini.
Dopo il novembre 2010, la prosecuzione di un rapporto di collaborazione
professionale con l'associazione “Insieme a Noi” dal dicembre 2010 ad oggi, mi
ha permesso di partecipare attivamente, come operatore, ai vari gruppi di lavoro
“esterni” in cui era coinvolto il progetto Social Point. Inoltre ho svolto l'attività di
ricercatore partecipando come volontario all'equipe di lavoro coinvolta in vari
progetti di rete, tra i quali quelli dedicati principalmente alla produzione e alla
diffusione di “saperi” relativi al progetto.
12
Pagina web http://www.arcimodena.org/
13
Pagina web http://www.insiemeanoi.org/
13
Le indicazioni bibliografiche dei testi citati o comunque utilizzati nel corso della
ricerca si trovano in fondo all'opera.
14
1. Salute mentale e partecipazione: un incrocio di pratiche
Tutti i lavori che invadono campi contigui,
come a noi capita di fare talvolta, e come i sociologi,
per esempio, debbono fare sempre, sono gravati
dalla rassegnata consapevolezza di dover lasciare allo
specialista, tutt'al più, utili formulazioni del problema
su cui non gli capiterà di parlare così facilmente dal suo
punto di vista, ma in maniera tale che il suo lavoro
dovrà rimanere inevitabilmente incompleto.
(Max Weber, “La scienza come professione”)
1.1 Cornice teorica di riferimento: il “campo” della salute mentale
La salute mentale è un campo nel quale una serie di incrostazioni culturali
determinano la permanenza di idee negative ricollegate all'incurabilità, alla
disperazione, all'assenza di vie d'uscita e alla negatività. Il dramma con cui di
consueto si rappresentano i soggetti interessati al mondo della malattia mentale
è indice di una serie di idiomi che, oltre a definire a livello culturale le
caratteristiche dell'aspetto pubblico della salute mentale, ne hanno anche
determinato storicamente le modalità di presa in carico e di esperienza. A partire
dall'epoca del “grande internamento” (Castel, 1980), quindi agli albori della
modernità, le pratiche di esclusione e segregazione della follia e la scienza
psichiatrica che su quei contesti si è sviluppata dando linguaggio “tecnico” alla
autorappresentazioni della prassi che vi si svolgeva, hanno costruito un sistema
istituzionale isolato e autosussistente, dotatosi di una legittimazione scientifica
che ha progressivamente oscurato il suo mandato e la sua funzione sociale.
I servizi di salute mentale si portano dietro questa struttura istituzionale. Entrati
a pieno titolo nei sistemi di welfare universalistici e vivendo dall'interno la loro
16
storia e le loro contraddizioni, si sono strutturati con i modelli degli altri sistemi di
funzione sociali, in rapporto dialettico con quelli sociali e sanitari.
Come tutti i sistemi di funzione sociale, quindi, i servizi di salute mentale sono
stretti nella contraddizione messa in luce da autori come Illich nell'analisi delle
moderne strutture sociali. Un sistema esperto di funzioni crea le proprie forme di
legittimità interna strutturando un sapere pratico-teorico che definisce gerarchie
e posizioni interne e coglie la sua fonte di legittimazione nel sapere che esso
stesso ha strutturato
14
(Illich, 1979). Il rischio dell'autoreferenzialità è espresso
dalle parole di Illich nei termini di “nemesi medica”, quel processo che l'autore
arriva a definire separando funzionalmente il concetto di salute da quello di
sanità, per cui il sistema sanitario, nella sua autoriproduzione produce effetti
negativi sulla salute.
Sulla scorta delle acquisizioni della psichiatria sociale italiana (De Stefani, 2002)
il progetto Utenti e Familiari Esperti, elaborato in prima battuta dal Dipartimento
di Salute Mentale di Trento, ha tentato di riposizionale la prassi del servizio di
Salute Mentale producendo un maggiore adeguamento alla sua mission
espressa portando ad interagire il servizio con i cittadini fruitori del servizio
stesso.
La prassi centrata sulla partecipazione dei fruitori del servizio come co-
14
Ivan Illich in “Nemesi medica” analizza questo processo di espropriazione della salute e della
capacità di autoguarigione, esercitato dai moderni sistemi industriali ai danni delle comunità
umane. Alcune citazioni possono aiutarci a comprendere la sua posizione: "Le pratiche
mediche diventano magia nera quando, invece di mobilitare i poteri di autoguarigione del
malato, lo trasformano in un flaccido e mistificato guardone della propria cura”. "Sono
sempre di più le persone che nel subcosciente sanno di essere stanche e di star male per le
mansioni che svolgono e per la passività dei loro svaghi, ma vogliono che gli si mentisca e gli
si dica che la malattia fisica le esonera da ogni responsabilità sociale e politica. I disturbi
dovevano diventare malattie oggettive che infestavano l'umanità, che si potevano trapiantare
e coltivare in laboratorio, e che potevano essere sistemate in cliniche, bilanci, archivi e
musei". "La misurazione clinica si è diffusa in tutta la società. La società è diventata una
clinica, e tutti i cittadini sono diventati dei pazienti. (...) Ogni malattia è una realtà creata
socialmente”. "Una società industriale avanzata genera malati perché rende gli uomini
incapaci di controllare il proprio ambiente e, quando essi crollano, sostituisce una protesi
'clinica' alle relazioni spezzate."
Per una ricognizione critica sull'opera di Ivan Illich, si veda: Ponti Giulia, "Struttura tecnica ed
egemonia dei saperi esperti in ivan Illich", Università degli Studi di Urbino, Corso di Laurea in
Sociologia, A.A. 2009\10
17
produttori ha innescato cambiamenti di grande portata nella vita del Servizio di
Salute Mentale e significativi miglioramenti nella qualità degli outcomes. Lo
sviluppo della sperimentazione sugli Utenti e Familiari Esperti ha così provocato
una crescita di consapevolezza nei suoi primi sostenitori sul tema della
partecipazione e della cittadinanza attiva come strumenti di tendenziale
riduzione dell'autoreferenzialità del servizio di salute mentale (Folgheraiter,
2002).
Il progetto Social Point, sposando la possibilità di questa sperimentazione ha
vissuto la possibilità di sviluppare la propria identità al di fuori delle dinamiche
“autoreferenziali” e “di sussistenza”. Cercheremo ora di chiarire cosa si intende
con “dinamiche di sussistenza” nel campo della salute mentale.
C'è un'inaggirabile questione di fondo, che riguarda la contraddittorietà del
mandato della psichiatria nelle nostre società, e che oggi viene letta in vario
modo dai soggetti coinvolti nelle politiche di salute mentale e che avremo modo
di analizzare sia parlando delle culture organizzative dei servizi di salute
mentale, sia parlando delle diversità delle forme di partecipazione rispetto ai vari
modelli di welfare. Brevemente, la psichiatria italiana ha sviluppato un modello
“sociale” di intervento che ha permesso lo sviluppo al proprio interno di una
serie di consapevolezze e tematizzazioni sul mandato “implicito” ad essa
attribuito dal sistema sociale, riguardante soprattutto l'esclusione, la
marginalizzazione della diversità e la anestetizzazione delle contraddizioni
sociali attraverso la patologizzazione del comportamento deviante. Tali
acquisizioni hanno permesso, durante la breve stagione di “egemonia” del
movimento anti-istituzionale, di elaborare una forma di intervento che
necessariamente ha indotto la psichiatria a rivedere il proprio mandato e
orientarsi verso una forma “universalistica” di promozione e sviluppo della salute
mentale. Tuttavia, dopo il momento di egemonia anti-istituzionale, nuove
dinamiche e nuovi rapporti di forza hanno fatto emergere tendenze che hanno
radicalmente modificato il volto del servizio pubblico, il rapporto tra stato ed
individuo e la composizione della società.
18
Le società occidentali sono state attraversate da tendenze come il crescente
individualismo, l'affermarsi del modello di produzione post-fordista, il declino
dello stato-nazione come regolatore dell'economia e la ristrutturazione delle
relazioni sociali a livello globale intorno ad assi molto più poliedrici e
frammentari rispetto a quelli chiaramente leggibili attraverso la stratificazione
sociale. Nella complessità che ne è emersa, al mandato sociale “progressista”
che la psichiatria aveva assunto durante la temperie anti-istituzionale, si sono
affiancati nuovi bisogni e nuove funzioni sociali; il modo in cui i rapporti di forza
e le relazioni sociali producono la funzione psichiatrica si è quindi
complessificato sia dal punto di vista dell'oggetto sia dal punto di vista della
struttura.
Oggi ci ritroviamo un campo psichiatrico che è investito da uno spettro di bisogni
che va dall'espulsione e la segregazione di soggetti deboli rispetto ai quali le
dinamiche microsociali, di relazioni affettive e di comunità locali, non riescono a
garantire alcuna integrazione positiva, fino al bisogno di sviluppo e di
empowerment di comunità locali bisognose di sperimentare forme alternative di
“integrazione”, rispetto alla ormai troppo costosa presa in carico assistenziale di
soggetti improduttivi. Paradossalmente, la psichiatria oggi non ha luogo. Il
campo che dovrebbe occupare è stressed tra richieste contraddittorie. Quando
risponde positivamente alle une, devia rispetto alle altre; esse spesso
provengono, in maniera non mediata, dai medesimi contesti e soggetti. Il
processo di lettura, mediazione e decodificazione della domanda, essendo
funzione del Servizio di Salute Mentale, ha un peso molto influente nel
fronteggiamento di tali domande. Tuttavia qui analizziamo in maniera
semplificata le “domande” per come vengono poste al servizio, mettendo per un
attimo tra parentesi che domande divergenti possono essere elicitate dal
medesimo contesto, e l'azione che il servizio metterà in atto avrà in parte il
potere di valorizzarne le une o le altre qualità.
Consideriamo quindi qui che contesti e soggetti diversi producano domande
diverse, ma è solo una distinzione analitica, che produciamo a seconda di che
19
caratteristica dei soggetti e dei contesti andiamo a guardare. Isoliamo quindi
due tipi di domande divergenti.
Le prime sono di controllo sociale ed emarginazione e provengono da contesti
dominati dall'insicurezza e dalla disgregazione dei legami; le altre richieste
riguardano la crescita delle capacità di integrazione funzionale e vengono da
soggetti pienamente in relazione, per i quali la produzione di accoglienza
diventa la performance principale per cui chiedere supporto ai tecnici della
psichiatria. Anticipando uno dei contenuti del capitolo sulle “culture organizzative
dei servizi”, possiamo già enunciare che, a parere di chi scrive, oggi la grande
sfida sia quella di reintegrare le domande di “esclusione” che vengono poste alla
psichiatria nel novero delle domande di “sviluppo” ancora da decodificare,
ritenendo la domanda di esclusione non più conciliabile con il mandato e la
forma legislativa assunta dalla salute mentale italiana dopo la legge 180
15
.
Questa riflessione sul progetto Utenti Esperti sviluppato nel Social Point di
Modena si pone anche l'obiettivo di fornire degli strumenti per arricchire e
raffinare le nostre consapevolezze sui processi di “sviluppo territoriale” che è
possibile mettere in atto a partire da un progetto di promozione della Salute
Mentale.
Per inquadrare questa condizione contraddittoria c'è da tener conto del fatto
sistemico che, a fronte di mandati sempre più “onnicomprensivi” attribuiti alla
psichiatria, come la promozione e la tutela della Salute Mentale della Comunità,
si vanno via via modificando le modalità di intervento del servizio pubblico e si
riduce la sua diretta sfera di influenza alla luce di nuovi rapporti con la società
15
Per avere un'idea del vivace dibattito che si sta sviluppando nel terzo settore su questi temi,
basti fare riferimento alla discussione, tutt'ora in corso, sulle caratteristiche del lavoro sociale
che si sta svolgendo, su spinta di Franca Olivetti Manoukian, sulla rivista “Animazione
Sociale”. (cfr.: “Animazione sociale”, n. 255, anno 2011). Importanti riflessioni, nel contesto
territoriale dell'Emilia Romagna, sono state svolte su questo tema anche grazie all'impulso
dei ricercatori della Fondazione Minguzzi di Bologna. Si veda, a titolo di esempio, il volume
“Dalla filosofia di rete ai modelli di intervento” a cura di Cinzia Migani, Milena Paltretti, Fiorella
Rodella e Maria Grazia Taliani, edito nell'ambito del “Progetto Crisalide”.
L'enfasi che poniamo sul concetto di “culture organizzative” ci viene dalla frequentazione di
studi lungamente promossi in ambito anglosassone e da qualche tempo diffusi anche in
Italia.
20
civile, i soggetti economici, le amministrazioni locali, i singoli cittadini.
Esclusione e integrazione sociale, presa in carico ed empowerment,
responsabilità totale e integrazione con soggetti privati, controllo sempre più
quantitativo delle prestazioni e sempre maggiore attenzione alla definizione
qualitativa degli outcomes: la psichiatria, forse mai come oggi, risulta essere un
campo di contraddizioni vive nella quale diversi soggetti operano ricostruendo in
forme talvolta divergenti e conflittuali le proprie strutture di senso. Ciò avviene in
un contesto in cui si modificano rapidamente le “aree del disagio” e le
interpretazioni scientifiche di esso. (Cianconi, 2010)
16
La parte del capitolo sulle culture organizzative, tendenze e caratteristiche dei
servizi di Salute Mentale cercherà di rendere conto di questa complessità,
mentre nella parte del capitolo dedicata al significato delle diverse pratiche di
partecipazione cercheremo di rendere conto delle culture e delle esperienze dei
soggetti che hanno realizzato esperienze significative grazie alle quali orientarci
nella nostra analisi.
Ciò che già appare chiaro è che ogni servizio, ogni progetto, ogni pratica nel
campo della salute mentale sono esposti al rischio di soccombere tra richieste
contraddittorie, sviluppare un modello operativo “di sussistenza” che serve ad
attutire un certo numero di tensioni senza poter mai chiaramente identificare la
propria funzione e il proprio senso nei confronti del sistema sociale complessivo.
Come ogni pratica all'interno della salute mentale, il Social Point vive in questo
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Si veda a proposito: Cianconi Paolo, “Addio ai confini del mondo”, 2011. “Tra le
conseguenze delle grandi trasformazioni ricordiamo almeno tre macro fenomeni: la creazione
di un nuovo tipo di spazio-tempo (spazi virtual-transnazionali) e l’alterazione di quello
consueto in terre vulnerabili; l’emergere ed il sussistere di un nuovo tipo di pensiero tra i
sapiens (la cosiddetta fine delle “grandi narrazioni” e sue conseguenze sul pensiero dei
postmoderni); il post-umanismo (trasformazione del corpo e della psiche per effetto delle
nuove tecnologie). Quanto sopra scritto, naturalmente, non rende conto della portata di
questi eventi bio-socio-psicotecnologici cui tutti noi siamo sottoposti. Il mondo intorno a noi è
sollecitato, stirato mesmerizzato tra campi di energie, che in parte sono nuovi e in parte
riadattati (mutati). Se la realtà perde le caratteristiche che conoscevamo e diviene altro.
Nondimeno essa è riflessiva, cioè si avvede di quello che gli accade e tenta di conservare
una rotta. Le prossime generazioni, e almeno alcune di quelle presenti, dovranno fare i conti
con la resa del mondo che conoscevamo, mentre già emerge il nuovo sistema, e navigarci
dentro. Mentre i confini collassano, le cose si trasformano.”
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