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CAPITOLO 1: L’ OBESITA’ NEL BAMBINO..
1.1 EPIDEMIOLOGIA
Negli ultimi anni si è riscontrato un aumento dell’obesità in tutte le fasce di età
(Ogden CL et al. 2002 - Cole TJ et al. 2000). Attualmente circa il 7% della popolazione
mondiale è obesa e la percentuale di soggetti in sovrappeso è di 2-3 volte maggiore.
Nei casi più estremi, come negli Stati Uniti, si è riscontrato che tra il 1976-1980 e il
1999-2000 la prevalenza del sovrappeso è raddoppiata nei bambini di età compresa tra
6 e 11 anni e triplicata in quelli tra 12 e 17 anni (Lissau I et al. 2004).
Circa il 14-15% dei teen-agers americani può essere classificato come obeso. Gli
Afro-Americani, gli Ispano-Americani (principalmente messicani e portoricani), gli Indiani
Pima e altri nativi americani hanno una particolare predisposizione all’obesità (Lissau I
et al. 2004 - Lobstein T et al. 2003 - Magarey AM et al. 2001 - De Onis M et al. 2000).
I dati raccolti in studi osservazionali trasversali dal 1997 al 1998, riguardanti
adolescenti di tredici nazioni europee, Israele e Stati Uniti, hanno evidenziato che Stati
Uniti, Irlanda, Grecia e Portogallo hanno la più alta prevalenza di obesità. Inoltre una
revisione di 21 studi osservazionali condotti in varie città europee indica una maggiore
prevalenza di sovrappeso nell’Europa sud-occidentale. Le città del bacino del
Mediterraneo mostrano una prevalenza di obesità infantile del 20-40% contro il 10-20%
delle regioni del nord (De Onis M et al. 2000).
In Italia i dati riportati dal Ministero della salute (Istat, Inrar) definiscono che
mediamente il 25% di soggetti tra 0 e 18 anni ha un eccesso di peso, con un picco che
si registra nella fascia d’età tra i 9 e gli 11 anni, nella quale il 23% della popolazione
risulta essere sovrappeso e il 13% francamente obeso. Nel nostro paese, la prevalenza
di obesità è maggiore nelle regioni del sud rispetto alle regioni del nord e i maschi
presentano percentuali maggiori in tutti i gradi di obesità rispetto alle femmine.
Nel 70-80% dei casi i bambini con sovrappeso diventano adolescenti e adulti obesi,
con i conseguenti fattori di rischio tanto maggiori quanto più precoce è l’esordio
dell’obesità (Guo SS et al. 2002).
Anche in Lombardia si è assistito ad un incremento del numero dei bambini con
eccesso ponderale e attualmente secondo i dati in possesso del Dipartimento di
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Medicina preventiva e occupazionale dell’Università degli Studi di Pavia, circa il 26% dei
bambini delle scuole elementari è sovrappeso e il 13% è obeso.
Di seguito è riportata una tabella (tabella n. 1) in cui si evidenzia come il giovane in
sovrappeso diventi un adulto obeso:
tabella n. 1
Come spiegazione per l’aumento della prevalenza dell’obesità negli ultimi anni, si è
orientati a pensare che lo sviluppo della specie umana è avvenuto in condizioni di
stress in cui la capacità di accumulare “grasso” come riserva rappresentava
sicuramente una condizione vantaggiosa. Questa predisposizione genetica a creare
delle riserve di grasso in risposta all’insulina, comparata con il nostro stile di vita molto
sedentario, la diminuzione dell’attività fisica e con le nuove abitudini alimentari, ha
contribuito all’aumento del sovrappeso. Numerosi markers genetici sono stati correlati
all’obesità e alle sue conseguenze metaboliche; tuttavia, anomalie ormonali,
sindromiche o genetiche possono attualmente spiegare meno del 5% delle cause di
obesità. E’ verosimile che la maggior parte dei casi di obesità pediatrica sia poligenica
con una suscettibilità legata sia a fattori genetici che ambientali.
Un’indagine multiscopo realizzata dall’ISTAT nel 2000 dimostra che circa il 25% dei
bambini ed adolescenti in sovrappeso ha un genitore obeso o in sovrappeso, mentre la
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percentuale dei bambini sale a circa il 34% quando sono obesi o in sovrappeso
entrambi i genitori.
Per quanto riguarda la natura ereditaria dell’obesità sono state evidenziate
alterazioni di alcuni geni aventi un ruolo nella produzione delle cellule adipose, ma gli
studi sono tutt’ora in corso.
1.2 CLASSIFICAZIONE
L’obesità viene distinta in obesità primaria semplice o essenziale e secondaria; nel
primo caso vengono coinvolti fattori genetici, alimentari e psico-comportamentali,
mentre nel secondo caso è conseguente per lo più a malattie genetiche o endocrine
(Clinical Guidelines 1998; Lev-Ran A. 2001 - O’Rahilly S et al. 2003 - Clement K et al.
2003).
1.2.1 Obesità essenziale
L’obesità semplice o essenziale è una condizione molto eterogenea dal punto di vista
eziopatogenetico, metabolico e ambientale e rappresenta circa il 90-95% dei casi di
obesità.
I possibili meccanismi eziopatogenetici sono:
- Fattori genetici e organici
- Fattori socio-ambientali
- Fattori psicologici
Fattori genetici e organici
L’influenza dei fattori genetici sull'obesità è stata studiata soprattutto su modelli
animali.
Nell’uomo la determinante genetica dell'obesità è comprovata dalla familiarità di
obesità e dalla correlazione del sovrappeso nei gemelli monoovulari
(Santos JL et al.
2005) oltre che dall’esistenza di gruppi etnici, come gli Indiani Pima, geneticamente
obesi (Ravussin E et al. 1993 - Lillioja S et al. 1988).
Il fatto che in una stessa famiglia ci sia una frequenza maggiore di obesi rispetto alla
frequenza casualmente attesa non dimostra necessariamente una trasmissione
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ereditaria della malattia, dato che si potrebbe imputare ad un effetto delle abitudini di
vita e di alimentazione del nucleo familiare stesso.
Più che tra padre e figli, la coincidenza di obesità è particolarmente frequente tra
madre e figli. Il fatto che il peso dei figli adottati si correla con quello dei genitori naturali
in modo significativo e non si correla invece con quello dei genitori adottivi dimostra in
modo inconfutabile il ruolo fondamentale della trasmissione genetica dell'obesità
rispetto al condizionamento ambientale (Santos JL et al. 2005). I geni giocano un ruolo
permissivo e interagiscono con i fattori ambientali promuovendo l’obesità.
Il possibile contributo di un difetto termogenico nell’eziologia dell'obesità è
controverso. Studi condotti su bambini obesi, andati incontro ad una perdita di peso
elevata, hanno dimostrato che questi hanno una spesa energetica a riposo e post-
prandiale simile a quella dei bambini di peso normale con la stessa massa grassa.
Quindi la minor termogenesi, che si osserva in seguito all'ingestione di cibo nei bambini
obesi, sembra essere la conseguenza dell'eccessiva adiposità piuttosto che legata ad
un fattore indipendente.
Negli obesi è stata anche descritta una diminuzione della risposta termica al cibo che
dipende per il 75% dal costo energetico della digestione, dell’assorbimento, del
metabolismo e dello stoccaggio degli alimenti; ciò si ritiene sia dovuto a vie metaboliche
energeticamente più efficienti (Schoeller DA et al. 2001 - Segal KR. 1995). Ad esempio,
la risposta termica ai carboidrati è tanto maggiore quanto più alta è la velocità di utilizzo
del glucosio: piccole diminuzioni della risposta termica possono derivare dalla
resistenza insulinica e dalla minore disponibilità di glucosio degli obesi. Piccole
differenze nell'utilizzo delle calorie mantenute per anni possono dare un significativo
contributo al bilancio calorico netto positivo.
Numerosi studi hanno dimostrato che il metabolismo basale (consumo energetico a
riposo) dipende soprattutto dalla massa magra. Poiché gli individui obesi hanno un
valore assoluto maggiore di massa magra rispetto ai soggetti di controllo magri, il
metabolismo basale dei soggetti obesi è maggiore.
Tuttavia, quando il metabolismo basale è aggiustato per l'effetto della massa grassa
è simile in obesi e non obesi.
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Fattori socio-ambientali
I fattori socio-ambientali che si possono considerare importanti nella patogenesi
dell'obesità sono:
Attività extra scolastiche prevalentemente sedentarie
Recenti studi epidemiologici hanno evidenziato come 3/4 dei ragazzi trascorra più di
due ore al giorno davanti alla TV, mentre solo il 50% degli adolescenti pratica uno sport
con regolarità (Zhang Q 2004);
Basso livello socio-economico
Sembra che l’apporto calorico sia più elevato nelle fasce di popolazione di basso
livello socio-economico rispetto alle classi sociali superiori e inoltre la prevalenza di
eccesso ponderale è significativamente maggiore nelle classi a basso tenore di vita
(Falkner NH et al. 2001);
Errato comportamento alimentare
L’analisi del comportamento alimentare è importante: le abitudini alimentari formatesi
precocemente durante la vita in risposta a richieste fisiologiche e a pressioni psico-
sociali possono avere un considerevole impatto sullo stato di salute a lungo termine
(Bowman SA et al. 2004 - Demmelmair H et al. 2006).
A 3-5 anni c’è una stretta relazione tra introito calorico di madre e figlio, più che tra
padre e figlio. Le abitudini dei genitori giocano un ruolo importante sul modo di
alimentarsi dei figli in età pre-scolare.
E’ emersa una differenza complessiva della dieta in base alla provenienza geografica
dei genitori: nei bambini con entrambi i genitori di origine settentrionale si è evidenziato
un’assunzione di grassi significativamente maggiore ad ogni età rispetto ai bambini con
entrambi i genitori di origine meridionale. L’alimentazione di questi ultimi è costituita da
un maggior apporto di proteine vegetali rispetto alle proteine animali e di conseguenza
porta ad avere un’incidenza di obesità maggiore rispetto ai bambini di origine
settentrionale (17,3% rispetto a 8,3%).
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Gli errori più comuni evidenziati nei ragazzi sono:
- - prima colazione scarsa o assente;
- - spuntini assenti o a base di alimenti a ridotto valore nutritivo;
- - consumo scarso o nullo di verdure e frutta;
- - eccessivo consumo di salumi, cioccolata, barrette, patatine fritte, caramelle e altri
dolci confezionati, bevande gassate e zuccherate;
- - spazio eccessivo al fast food all’americana, ricco di alimenti ad elevato contenuto
in calorie, grassi saturi, sale e zuccheri semplici e poveri in fibra e vitamine.
Fattori psicologici
Nell’obesità esogena, ci sono fattori psicologici che verosimilmente giocano un ruolo
nello sviluppo dell’obesità (Yanovski SZ et al. 2003 - Zametkin AJ et al. 2004 - Epstein
LH et al. 2001).
La madre che allatta offre al suo bambino non solo latte, ma anche supporto, calore,
odore, cura, contatto visivo che soddisfa i suoi bisogni primordiali. Per questa ragione il
cibo diventa, per la madre e il bambino, un modo di dare e avere e un veicolo per
messaggi di amore o aggressione. Questo è il motivo per cui il cibo si carica di valori e
simboli complessi (sociali, etnici, etici, religiosi) in ogni paese e in ogni cultura.
L’importanza della famiglia può perciò essere spiegata soprattutto, ma non
esclusivamente, come un comportamento alimentare trasmesso da un atteggiamento
culturale ed emozionale dei genitori in un contesto familiare.
Molti ragazzi obesi hanno una situazione familiare alterata. In particolare, la madre
gioca un ruolo dominante in famiglia, esercitando un naturale controllo sul figlio,
ostacolandone lo sviluppo dell’autonomia e spesso stimolandolo a nutrirsi in modo
eccessivo.
Per queste madri la nutrizione acquisterebbe un valore emotivo, configurandosi
come un mezzo per esprimere il proprio affetto, per coltivare i sensi di colpa nei
confronti dei figli verso i quali si sentirebbero inadeguate.
D’altro canto il bambino, che ha bisogni affettivi insoddisfatti a causa delle carenze
materne, potrebbe reagire con una crescente domanda di cibo; ciò rappresenterebbe
per lui compenso e conforto e quindi, la sua resistenza ad aderire ad un controllo
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alimentare, potrebbe dipendere dal fatto che per lui questo significa una grave perdita di
sostituti compensatori e di regolatori dell'ansia.
Oltre alle carenze affettive ci sono altri fattori che alterano profondamente l’equilibrio
emotivo, e possono favorire l’insorgere e il persistere dell’obesità come i traumi emotivi
e il disadattamento sociale.
1.2.2 Obesità genetica
Le sindromi genetiche che presentano come segno clinico la presenza di obesità
sono divisibili in due gruppi:
1) secondarie a mutazioni puntiformi, come ad esempio il gene della leptina
riconosciuto come fattore specifico di regolazione del peso corporeo.
2) sindromi mendeliane, come ad esempio la sindrome di Prader-Willi, causata da
un’alterazione molecolare del cromosoma 15.
1.2.3 Obesità endocrine
Le obesità endocrine costituiscono un capitolo importante nell’ambito delle obesità
secondarie, ma nell’età pediatrica sono estremamente rare, rappresentando meno
dell’1% di tutte le obesità (Kokkoris P et al. 2003). Le cause più frequenti di obesità
endocrina sono secondarie a deficit di ormoni della crescita (GH), a ipotiroidismo e a
disturbi della funzionalità surrenalica con ipercortisolismo.
E’ inoltre riconosciuta una relazione diretta tra il danno delle cellule ipotalamiche e
l’incremento del peso corporeo con sviluppo di obesità: a questo fenomeno è attribuito il
termine di “obesità ipotalamica”.
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CAPITOLO 2: LA SINDROME METABOLICA
2.1 INTRODUZIONE ED EZIOPATOGENESI
La sindrome metabolica (SM) è stata definita per la prima volta nel 1988 come un
insieme di alterazioni metaboliche e di fattori di rischio cardiovascolare, in grado di
determinare una patologia conclamata come il diabete mellito di tipo 2 o patologie
cardiovascolari (Reaven GM et al. 1989).
In particolare, la sindrome metabolica comprende anomalie del metabolismo
glucidico, ipertensione e dislipidemia, spesso associate ad obesità.
Queste manifestazioni cliniche riconoscono un’eziopatogenesi complessa e
intercorrelata, per cui ognuna partecipa alla patogenesi dell’altra e la rende più grave.
Qui di seguito è riportata una tabella contenente i valori dei parametri che vengono
valutati per determinare la presenza di SM nei pazienti:
tabella n. 2: parametri che vengono valutati per determinare la sindrome metabolica
FATTORI DI RISCHIO LIVELLI DIAGNOSTICI
Obesità addominale
1
Circonferenza addominale
2
Uomini > 102 cm
Donne > 88 cm
Trigliceridi ≥ 150 mg/dl
Colesterolo HDL
Uomini < 40 ml/dl
Donne < 50 ml/dl
Pressione arteriosa ≥ 130/ ≥ 85 mmHg
Glicemia a digiuno ≥ 110 mg/dl
1
Sovrappeso e obesità sono associati ad insulino-resistenza e alla sindrome metabolica. Tuttavia, la presenza di obesità
addominale è maggiormente correlata ai fattori di rischio metabolici rispetto ad un elevato indice di massa corporea. È
raccomandata la semplice misurazione della circonferenza addominale per quantificare il ruolo del peso corporeo nella sindrome
metabolica.
2
Alcuni pazienti maschi possono sviluppare fattori di rischio metabolici multipli anche se la circonferenza addominale risulta
solo marginalmente aumentata (94 – 102 cm). Tali pazienti possono avere una insulino-resistenza con forte componente genetica.
Da: the National Heart, Lung, and Blood Institute. Third Report of the Expert Panel on Detection. Evaluation, and Treatment of High
Blood Cholesterol in Adults (Adult Treatment Panel III).
2002. Http://www.nhlbi.nih.gov/guidelines/cholesterol.
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L’obesità è il maggiore fattore di rischio per l’insorgenza di alterazioni metaboliche
della SM sia in età evolutiva che in età adulta. Il Bongalusa Heart Study (Freedman DS
et al. 1987.) ha dimostrato un aumento del rischio di sviluppare SM in età adulta 11,7
volte maggiore negli adolescenti con indice di massa corporea (BMI) elevato rispetto ai
coetanei normopeso. Altri autori hanno confermato un aumento del rischio di sviluppare
SM di circa tre volte negli adulti in sovrappeso già in età evolutiva. Emerge anche che la
presenza di sindrome metabolica nei genitori condiziona, in bambini in età pediatrica,
un aumento medio significativo di BMI, circonferenza addominale, pliche adipose
tricipitali e subscapolari, percentuale di grasso corporeo e livelli post-prandiali di insulina
(Iughetti L et al.).
Si pensa che molte delle alterazioni metaboliche legate all’obesità siano causate dal
grasso viscerale addominale, che determina un’aumentata concentrazione di acidi
grassi liberi nel circolo portale e sistemico. L’aumentata produzione di acidi grassi non
esterificati contribuisce all’accumulo di lipidi in tessuti diversi da quello adiposo; sembra
che tale accumulo a livello del muscolo e del fegato predisponga all’insulino-resistenza,
attraverso una diminuzione della clearance dell’insulina epatica.
L’adipocita risponde a segnali sia metabolici, sia centrali che periferici ed è esso
stesso capace di secernere proteine, le adipochine, dotate di svariati effetti locali,
centrali e periferici. Come attivo partecipante all’omeostasi dell’intero organismo, il
tessuto adiposo può influenzare negativamente gli altri sistemi quando disregolato.
Nell’obesità, l’incremento della produzione della maggior parte delle adipochine ha un
impatto su molteplici funzioni, tutte associate a malattie cardiovascolari, come il
controllo dell’appetito e il bilancio energetico, l’immunità, la sensibilità all’insulina, la
pressione sanguigna, il metabolismo lipidico e l’omeostasi (Ambruzzi A.M. et al.).
Si può affermare che il tessuto adiposo del soggetto obeso mostri anomalie nella
produzione di numerose citochine pro-infiammatorie, come ad esempio il Tumor
Necrosis Factor (TNF), che possono condurre ad un peggioramento ulteriore
dell’insulino-resistenza e del rischio cardiovascolare (Iughetti L. et al.).
Nel soggetto obeso, l’aumento della massa delle cellule adipose si accompagna ad
alterazioni del metabolismo del glucosio e dei lipidi e induce, o aggrava, la resistenza
insulinica, mediante aumento dei livelli circolanti di insulina.