1. INTRODUZIONE
L’energia elettrica è il vettore energetico che, grazie alla sua versatilità nell’uso, alla sua
facilità di trasporto e alle sue caratteristiche d’impatto ambientale (produce solo inquinamento
termico quando viene dissipata), già da tempo risulta essere fondamentale per la vita e lo sviluppo
della società industriale.
Non è infatti immaginabile che le necessità energetiche odierne e soprattutto future del settore
industriale, di quello terziario e di quello civile possano essere soddisfatte svincolandosi da tale
forma energetica.
Considerando un rendimento di conversione che oggi non supera il 40 %, se si passa alla
domanda globale di energia primaria, si prevede(1) un passaggio dagli 8,5 Gtep/anno (= 3,56x1017
kJ/anno) del 1990 ai 13,5 Gtep/anno nel 2020 fino a raggiungere i circa 20 Gtep/anno nel 2050;
tuttavia tale crescita potrebbe anche essere più forte, visto che gli esperti affermano che tale
previsione del WEC è molto ottimistica.
In modo semplicistico si può anche azzardare la valutazione del consumo complessivo di
energia primaria in tale intervallo di tempo considerandolo pari alla media aritmetica del consumo
annuo moltiplicato per il numero di anni considerati:
( )
8 5 20
2
2050 2000 712 5
,
, .
+
× - = Gtep
Tale ipotesi di incremento dei consumi in un arco di tempo relativamente ristretto unita alla
forte dipendenza energetica dall’area del Medio Oriente, la cui situazione politicamente instabile
porta ad una continua oscillazione dei prezzi (vedi figura
(2)
), e agli standards ristretti per quello
che riguarda le emissioni, porta a dedurre la necessità, nel campo della produzione di energia
elettrica, di un maggiore ricorso alle risorse rinnovabili ma soprattutto ad uno sfruttamento delle
fonti fossili tradizionali più efficiente e con una più alta compatibilità ambientale.
(1)
dati World Energy Council
(2)
andamento prezzi OPEC
Infatti, date le previsioni sui consumi e le stime sulle quantità disponibili di combustibili
fossili tradizionali, la disponibilità di tali fonti risulterebbe congrua per tempi relativamente brevi
dell’ordine di 150 anni.
Inoltre, in base ai programmi nazionali della Comunità Europea circa la riduzione delle
emissioni dei gas serra come l’anidride carbonica, il metano ed il protossido di azoto, programmi
stilati successivamente agli accordi internazionali di Kyoto, si prevedono interventi di
modernizzazione e protezione dell’ambiente che comprendono incrementi nello sfruttamento
energetico delle biomasse e dei residui con contenuto energetico rilevante.
A questi obiettivi si lega la tecnologia dei cicli combinati gas-vapore che permette alte
efficienze di impianto ( circa il 50% ) e, se unita alla gassificazione, consente una riduzione
dell’utilizzo dei combustibili più “pregiati” che hanno costi legati a quelli petroliferi, con
conseguente sfruttamento di combustibili non utilizzabili direttamente per motivi tecnologici o a
causa dei prodotti della loro combustione dall’alto carico inquinante diretto (fumi) ed indiretto
(effetto serra).
In particolare per quanto riguarda le emissioni di ossidi di azoto (NO
x
), con la gassificazione
queste risultano paragonabili o addirittura inferiori a quelle riscontrabili su di un analogo ciclo
combinato funzionante a gas metano.
Tale metodologia consente infatti operazioni di depurazione più semplici perché effettuate
prima o durante la combustione stessa tramite asportazione con solventi chimici o fisici all’interno
del letto stesso.
2. BIOMASSE
2.1 La biomassa come fonte energetica
Le biomasse attraverso il processo della fotosintesi catturano l’energia proveniente dalla
radiazione solare e la trasformano in energia chimica: esse dunque costituiscono una risorsa
rinnovabile e, se opportunamente utilizzata, inesauribile per la produzione di altre forme di
energia.
Le biomasse vengono definite come un gruppo di materiali grezzi e prodotti rinnovabili
producenti energia i quali traggono le loro origini nel materiale organico generato da processi
biologici.
La biomassa a destinazione energetica è costituita da tutti quei materiali organici, costituiti da
sottoprodotti o scarti di lavorazione, aventi contenuto energetico non trascurabile e per i quali la
combustione risulta non facile e caratterizzata sovente da sfruttamento incompleto della sua
potenzialità termica: essi possono essere trasformati in combustibili più pregiati o in prodotti
sostitutivi di alcuni derivati dal petrolio.
Rientrano in tale categoria:
� i materiali legnosi o cellulosici di varia origine ( sfridi di taglio di boschi o industriali);
� i residui di attività agricole e forestali;
� gli scarti di industrie agrarie o di lavorazioni chimiche (oleifici, zuccherifici, settore
enologico);
� i rifiuti solidi urbani;
� i residui delle industrie tessili, cartarie o delle materie plastiche;
� le coltivazioni erbacee e legnose a destinazione energetica.
Parametri
(%) faggio segatura riso
sanse
esauste
gusci
nocciola
gusci
mandorle
stoppie
granturco
RSU
umidità 18,20 14,70 6,80 7,40 13,00 10,40 16,00 20,00
ceneri 1,10 1,20 14,80 11,60 1,60 1,30 4,00 12,00
sostanze
volatili
72,20 - 61,40 53,00 - - 76,50 77,00
S 0,80 - - 0,60 - - - 0,30
H 4,88 5,00 4,60 4,90 5,20 5,40 5,80 6,00
C 40,15 - - 40,50 - - 45,00 47,60
O + N 34,99 - - 35,60 - - 44,90 34,10
PCS [kJ/kg] 15890 17375 15575 22440 17940 17980 16950 19175
PCI [kJ/kg] 14400 15700 14450 21170 16495 16620 15950 17790
Dunque, a seconda della loro natura, composizione e contenuto di umidità, le biomasse
possono essere bruciate direttamente per ottenere energia sotto forma di calore, oppure convertite
in combustibili di vario tipo sia mediante l’impiego di microrganismi, sia sfruttando l’azione
congiunta di elevate temperature ed agenti chimici.
Da queste trasformazioni hanno origine numerosi prodotti energetici che includono metano,
miscele di gas a medio-basso potere calorifico, etanolo, metanolo, sostanze oleose, prodotti
carboniosi, ed altri combustibili liquidi e gassosi, come ad esempio biogas e olio combustibile
(biodiesel), adatti per il trasporto veicolare, per il riscaldamento, l’autotrazione e la generazione di
elettricità.
La biomassa può essere considerata una fonte energetica rinnovabile ma non illimitata
quantitativamente poiché la sua disponibilità trova un tetto nella superficie destinata alla sua
coltivazione nonché in vincoli climatici e logistici dal punto di vista dell’approvvigionamento.
Essa è stata usata come quasi unica risorsa energetica per circa 900 secoli.
L’avvento della rivoluzione industriale nel 18° secolo, con il suo consumo in larga scala di
combustibili fossili, segnò l’inizio del suo declino.
Solo dopo le crisi petrolifere del 1973 e del 1979 vennero istituiti dei programmi di sviluppo e
utilizzo moderno di sistemi e tecnologie per l’energia da biomassa, anche se a tutt’oggi la
biomassa detiene un ruolo marginale nelle politiche di diversificazione energetica, in special modo
in Europa con una presenza più alta nei Paesi scandinavi.
Di contro si ha un largo consenso sui potenziali benefìci dell’energia da biomassa con
particolare riferimento alle opportunità socio-economiche e alle caratteristiche ecologiche dato che
il loro utilizzo energetico consente una emissione di CO
2
nell’atmosfera vicino a zero.
Infatti, quando bruciamo le biomasse, per esempio la legna, estraendone così l'energia
immagazzinata nei componenti chimici, l'ossigeno presente nell'atmosfera si combina con il
carbonio delle piante e produce, tra l'altro, anidride carbonica, uno dei principali gas responsabile
dell'effetto serra.
Tuttavia la stessa quantità di anidride carbonica viene assorbita durante la crescita da parte
delle biomasse. Il processo è ciclico.
Fino a quando le biomasse bruciate vengono rimpiazzate con nuove biomasse, l'immissione
netta di anidride carbonica nell'atmosfera risulta nulla.
Lo sviluppo delle politiche energetiche favorevoli all’utilizzo delle biomasse come fonti di
energia dipende certamente da una serie di ricadute positive che l’uso di biomasse e combustibili
derivati da queste pone: esse infatti posseggono un eccellente impatto ambientale e la loro
conversione energetica contribuisce significativamente a diminuire il volume di materiale che deve
essere ad ogni modo smaltito con altre modalità meno produttive come l’avvio in discarica.
Tale sviluppo è altresì legato alla necessità di diversificazione dei consumi con abbassamento
della dipendenza dal petrolio e dalla continua oscillazione del suo prezzo per evitare altri episodi
critici dopo la crisi degli anni ‘70 dato che più del 70% delle riserve mondiali sono concentrati
nell’area politicamente instabile del Medio Oriente.
Infatti la biomassa è la principale risorsa energetica rinnovabile e quindi è un essenziale
componente di diversificazione che consente di liberarsi dal fattore della detenzione geopolitica
della fonte di energia in quanto possono utilizzarsi rifiuti organici e residui forestali come anche
prodotti agricoli di terreni coltivati ad indirizzo energetico.
Si hanno inoltre anche dei vantaggi economici nella sostituzione del combustibile tradizionale
con quello derivato da biomassa ottenuti grazie alla valorizzazione energetica e quindi anche
economica del combustibile-biomassa il quale viene raffinato attraverso vari processi, tra i quali la
gassificazione, ottenendo prodotti alternativi ai combustibili tradizionali come benzina e Diesel per
i motori endotermici.
È comunque chiaro che tuttora questa risorsa di energia non è ancora commercialmente
attraente: nonostante la quantità di biomassa prodotta ogni anno sulla terra in termini di contenuto
energetico può essere stimata in circa 70.000 Mtep, pari a oltre otto volte il consumo mondiale di
energia (circa 8.500 Mtep), nell’ambito mondiale è vero che le biomasse forniscono circa il 15 %
dell’energia consumata in tutto il pianeta e rappresentano il 70 % delle fonti rinnovabili, ma se si
escludono i Paesi in via di sviluppo, per i quali le biomasse costituiscono l’unica fonte energetica e
dove tuttavia esse vengono utilizzate con tecnologie a bassissimo rendimento energetico e con
l'aggravante che la biomassa sottratta all'ambiente non viene rimpiazzata con altra biomassa
attraverso nuove coltivazioni, le cifre calano vistosamente: ad esempio infatti per i 15 Paesi
dell’Unione Europea la biomassa come fonte di energia copre il 3,5% dell’energia consumata
rappresentando una energia pari a 50 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep), il 90 %
dei quali deriva dalle risorse forestali.
Si calcola inoltre che l'Europa ha il potenziale teorico per produrre ad oggi 950 Mton/anno
(Milioni di tonnellate per anno) di biomassa secca proveniente da terreni agricoli buoni (500
Mton/anno), da terreni marginali (140 Mton/anno), da residui agricoli (250 Mton/anno), da residui
solidi urbani (60 Mton/anno) equivalenti a 408 Mtep.
In prospettiva, verso il 2010-2015 il potenziale ricorso alla biomassa come fonte di energia è
stimato intorno ai 130 Mtep, 50 dei quali deriverebbero da risorse forestali e circa 30 Mtep dalle
coltivazioni a scopo energetico.
Tale previsione è però subordinata a diversi fattori come quelli politici ed economici che
possono imbrigliare, o di contro incentivare, il potenziale di questa fonte energetica.
Lo sviluppo dello sfruttamento energetico della biomassa e di altre fonti rinnovabili deve
essere analizzato secondo una prospettiva globale e storica tenendo in considerazione i problemi
climatici, la flessione a lungo termine della presenza delle risorse energetiche fossili, l’importanza
di trovare nuove tipologie energetiche per il Terzo Mondo, il bisogno di incoraggiare i lavoratori a
rimanere nelle aree rurali.
Un altro elemento a favore della biomassa è l’alto interesse delle Nazioni sviluppate verso la
tutela dell’ambiente.
A livello locale, infatti, la coltivazione energetica previene dalle deforestazioni e quindi dalle
possibili erosioni dei terreni e a livello globale l’utilizzo delle biomasse limita l’effetto serra dato
che le emissioni di CO
2
risultano ridotte rispetto a quelle tipiche dell’utilizzo dei combustibili
fossili ed inoltre la coltivazione a scopo energetico contribuisce all’assorbimento dell’anidride
carbonica prodotta durante la combustione realizzando eventualmente il bilanciamento tra CO
2
prodotta ed assorbita.
Inoltre la biomassa ha un basso contenuto di azoto e zolfo, caratteristica che comporta
un’emissione estremamente bassa di prodotti come SO
x
e NO
x
.
Gli effetti benefici dei combustibili da biomassa agiscono su più campi tra i quali i seguenti:
� nell’ambito dell’agricoltura, i biocombustibili derivati da biomasse vegetali permettono di
migliorare l’utilizzo del suolo, sia forestale che agricolo, di diversificare il mercato agricolo e
di rivitalizzare aree abbandonate non più competitive per la produzione alimentare;
� l’ambiente beneficia dell’uso dei biocombustibili sia dal punto di vista degli inquinanti di
macro-scala, NO
x
SO
x
che causano le piogge acide e principalmente della CO
2
maggiore
responsabile dell’effetto serra, che da quello degli inquinanti di micro-scala che raggiungono
livelli di rischio per la salute nelle aree urbane;
gli aspetti socioeconomici sensibili all’uso delle biomasse energetiche sono molto importanti:
infatti, attraverso il loro utilizzo si creano nuovi posti di lavoro, specialmente nelle zone di
maggior bisogno come quelle rurali ed inoltre l’uso della bioenergia collega mediante attività di
interfaccia le aree urbane con quelle agricole;
� la possibilità di produzione locale del combustibile primario permette di ridurre le
importazioni di combustibili fossili ed assicura una maggiore indipendenza energetica.
Il maggiore ostacolo allo sviluppo della biomassa è il fattore economico: il costo unitario
dell’energia da biomassa varia secondo il tipo di applicazione.
Le biomasse, inoltre, sono soggette ad alti costi di investimento, a causa delle apparecchiature
per il loro utilizzo, ed anche ad alti costi di trasporto.
Ciò indirizza verso utilizzi della biomassa per produzioni a medio-bassa grandezza
penalizzando tale tecnologia per quello che riguarda la possibilità di usufruire di economie di
scala.
Tale problema può venire mitigato dall’abbassamento dei costi esterni attraverso una oculata
politica di sgravi fiscali, in modo da rendere le biomasse competitive con l’energia fossile.
La domanda di biocombustibili può infatti essere considerata funzione dei seguenti fattori:
� costo del combustibile fossile tradizionale a cui la biomassa o i suoi derivati vogliono
sostituirsi;
� differenza di tassazione imposta tra il biocombustibile ed il combustibile tradizionale;
� costo per la conversione dalla biomassa grezza al combustibile.
Si trova che la domanda di biocombustibili è proporzionale al valore del costo del
combustibile tradizionale, mentre decresce al crescere del valore del costo di conversione e della
differenza tra la tassazione del combustibile fossile e di quello derivato dalla biomassa.
2.2 Modalità di utilizzo della biomassa
PRODUZIONE DI ENERGIA DA BIOMASSA (in EU)
biomassa valore energetico
primario (MTEP)
valore energetico
primario (TJ)
produzione di
calore (TJ)
produzione di
elettricità (TJ)
RSU 3,41 143,075 53,399 5667,10
legname
domestico 17,50 735,238 735,238 _
vettori di calore 0,23 9,495 8,465 _
legname
industriale
4,52 189,740 189,740 _
elettricità da
biomassa 1,68 70,699 14,592 2996,40
biocombustibili 0,03 1,330 _ _
gas da discarica 0,22 9,278 1,292 948,30
fanghi da
chiarificazione
0,58 24,180 5,888 618,20
letame da
allevamento 0,02 1,001 0,654 39,40
industrie
agroalimentari 0,06 2,603 2,276 3,30
TOTALE 28,25 1186,639 1011,544 10272,70
In Italia il contributo delle biomasse alla produzione di energia deriva quasi esclusivamente
dai residui dell’industria della lavorazione del legno e di quella agro-alimentare e da materiali
legnosi e cellulosici provenienti dal taglio e dalla manutenzione dei boschi e delle aziende di
coltivazione.
I residui di potatura, ad esempio, ammontano nel nostro Paese a circa 3 milioni di tonnellate
annue.
Considerando l’onere che comporta il loro smaltimento improduttivo, vi sono specifiche
richieste da parte degli operatori agricoli per un utilizzo di tali residui anche al di fuori
dell’azienda che li produce.
Inoltre, l’interesse per l’uso di combustibili derivati dalla biomassa, dato il loro miglior
impatto ambientale, è provato anche da recenti provvedimenti normativi come la delibera Cipe del
19/11/98 dove il Ministro per l’ambiente adotta misure specifiche per promuovere l’uso di
biocombustibili sia nel settore pubblico che in quello privato.
La coltivazione a destinazione energetica riesce a creare 8000 posti di lavoro, sia diretti che
indiretti, per ogni milione di TEP prodotto.
I possibili utilizzi energetici della biomassa sono finalizzati alla produzione di:
� calore;
� energia elettrica;
� biogas e biocombustibili liquidi.
Quasi tutta la potenza elettrica da biomassa istallata è basata sui sistemi tradizionali con
caldaia e turbina a vapore.
Prima di venire convertiti in tali forme di energia, le biomasse grezze devono sottostare a varie
trasformazioni e, in base alla loro natura, esse possono subire cicli di trasformazione brevi, come
ad esempio la combustione grossolana in boilers per la produzione ad alta potenza di calore o
energia elettrica, o cicli più sofisticati per la trasformazione delle biomasse in combustibili simili a
quelli fossili.
Le tecnologie usate per la conversione delle biomasse in energia possono essere divise in due
classi principali:
� processi termochimici adatti per biomasse legnose o secche;
� processi biochimici per materie organiche velocemente degradabili da parte di microrganismi.
I prodotti energetici che si possono ottenere sono: gas (4200-8400 kJ/nm3); bio-olio
combustibile (21000-27200 kJ/kg); carbone (29000 kJ/kg).
In particolare, tra le trasformazioni termochimiche delle biomasse, la gassificazione permette
la conversione del combustibile primario in un gas a medio-basso potere calorifico il quale
possiede tutte le caratteristiche per essere utilizzato in turbina o in motori endotermici per la
produzione di energia elettrica in cicli combinati ad alto coefficiente di rendimento con recupero di
calore dai gas esausti per lo sfruttamento in un ciclo a vapore.
In particolare, tale tecnologia di trasformazione del vettore energetico rappresenta
probabilmente il processo più idoneo allo sfruttamento completo delle abbondanti risorse
energetiche normalmente penalizzate nel loro utilizzo a causa del loro alto impatto ambientale.
Questa tecnologia è stata inizialmente sfruttata limitatamente agli impianti a combustione di
carbone per ridurre l’inquinamento ed incrementare l’efficienza di produzione di energia elettrica.
Il gas prodotto dalla gassificazione delle biomasse può anche essere un combustibile
appropriato per essere utilizzato in sistemi per la produzione di energia elettrica per mezzo di celle
a combustibile di grande scala.
La gassificazione di combustibili solidi rappresenta un’interessante opzione per la produzione
di gas di sintesi (CO+H2) alternativo al gas naturale.
In alternativa all’uso di quest’ultimo il gas prodotto dalla gassificazione, oltre ai propri
vantaggi esposti sopra, presenta soltanto una maggiore complessità impiantistica del sito di
produzione dovuta alla presenza della sezione di gassificazione, ed in un sistema più oneroso per
l’approvvigionamento e lo stoccaggio del combustibile.
Inoltre la produzione di gas di sintesi è tra i processi che sembrano più prossimi alla
generazione di prototipi commerciali ed in particolare la gassificazione a letto fluido è allo stato
attuale una tecnologia sufficientemente matura per consentire lo sfruttamento del combustibile
anche con impianti di media scala dell’ordine delle decine di MW
el
.
Tuttavia un aspetto problematico della gassificazione a letto fluido delle biomasse è costituito
dalla rilevante presenza di idrocarburi condensabili (tar) e particolato solido che devono essere
eliminati per potere sfruttare al meglio il gas.
L’abbattimento del particolato solido viene compiuto con filtri operanti ad alta temperatura
mentre per il tar si opera con craking termico o catalitico.
La gassificazione di biomasse in un letto fluido passa attraverso le seguenti operazioni:
� essiccamento;
� pirolisi;
� processi ossido-riduttivi.
Le biomasse in genere hanno un tenore elevato di umidità ( 30-40%); tale H
2
O viene liberata
rapidamente, assieme ad altre sostanze volatili costituite da idrocarburi superiori al metano, subito
all’ingresso del letto fluido trovandosi in un ambiente con temperature tra i 500 e gli 800°C.
Il combustibile viene inizialmente trasformato in un miscuglio di vapor d’acqua, anidride
carbonica, idrocarburi, sostanze catramose ed un residuo carbonioso (tar): tale fase consiste nella
gassificazione primaria.
Se la gassificazione viene effettuata con aria, parte delle sostanze volatili sviluppate
subiscono, procedendo verso l’alto all’interno del letto, un successivo processo di trasformazione
con l’aria di gassificazione e con la materia carboniosa formando un gas grezzo finale i cui
costituenti combustibili sono CO e H
2
con tracce di CH
4
oltre che dell’azoto e dell’anidride
carbonica già presenti nell’aria.
Le particelle carbonizzate si accumulano sul letto di inerte presente nel reattore, fino a
raggiungere una certa frazione che può essere definita di equilibrio, la quale varia da biomassa a
biomassa in funzione della sua reattività e della granulometria della stessa.
La capacità produttiva del generatore dipende essenzialmente dalle caratteristiche fisico-
chimiche della carica utilizzata, dalla granulometria e dalla temperatura del letto di reazione
dipendente dal rapporto comburente/biomassa utilizzato.
Inoltre si noti che, poiché le biomasse posseggono un alto tenore di ossigeno, esse liberano
durante la gassificazione un alto quantitativo di sostanze volatili con un residuo solido carbonioso
molto ridotto (15-20 % in peso).
I gassificatori di biomassa consentono di raggiungere il doppio dell’efficienza di generazione
elettrica che posseggono le caldaie convenzionali.
Grazie anche alla maggiore efficienza, i gas esausti uscenti dalla turbina a gas possono cedere
il loro calore in esubero per produrre elettricità in un ciclo a vapore posto in cascata al primo
all’interno di un ciclo combinato.
I cicli integrati con gassificazione combinata (IGCC) descritti in figura, sembrano infatti
essere una delle più promettenti tra le nuove tecnologie per lo sfruttamento energetico delle
biomasse e portano a prevedere una crescita della domanda di combustibili derivati con la
biomassa come materia prima energetica.
pulizia chimico-fisica gas
particolato
sottoprodotti
solforosi
conversione a gas di sintesi
combustibili e
prodotti chimici
compressore
filtro
O2
gassificatore
solidi
recuperati
aria
vapore
vapore
turbina a vapore
generatore
generatore
gas esausti
turbina a gas
generatore di vapore
recupero
calore
energia
elettrica
energia
elettrica
RSU ...
biomasse,
TAR di raffineria,
combustibili ad alto
tenore di zolfo,
I cicli IGCC sono uno dei sistemi basati sulla gassificazione e utilizzano gas sintetizzato da
combustibili solidi da bruciare in turbina.
La turbina a gas muove un generatore elettrico e i suoi gas esausti vengono sfruttati per
produrre vapore da utilizzare in una turbina/generatore a vapore.
Il sistema IGCC è una delle tecnologie avanzate di generazione di potenza commerciabili ad
oggi più efficienti e meno inquinanti, e può essere sfruttato anche attraverso l’integrazione con le
celle a combustibile.
I sistemi IGCC di prima generazione capaci di raggiungere livelli di efficienza del 42 % sono
adesso in fase di sviluppo di commercializzazione; i sistemi IGCC avanzati possono offrire in
forma commerciale efficienze del 45 %.
Gli sviluppi tecnologici dei componenti del sistema, come le turbine a gas, porteranno a più
alte prestazioni e spingeranno le efficienze fino al 50%.
I componenti dei sistemi IGCC possono integrarsi in sistemi già in funzione permettendo di
sfruttare i vantaggi di un impianto già esistente e le sue strutture di produzione di vapore.