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CAPITOLO 1
LA TECNOLOGIA DELL’OLIO VEGETALE PURO
PER LA PRODUZIONE D’ENERGIA
In questo capitolo andremo ad analizzare gli aspetti pratici per la produzione dell’olio
vegetale puro partendo dalla sua definizione giuridica e definendo la terminologia utilizzata
nel settore. Cercheremo di esaminare il tipo di processo e le destinazioni energetiche che
l’olio vegetale può avere e quelle dei suoi sottoprodotti; analizzeremo quali colture agrarie
sono utilizzabili per questi scopi. Inoltre vedremo quali sono gli aspetti fondamentali per
determinare la qualità dell’olio vegetale e la normativa esistente in materia. Prenderemo in
esame anche le singole tipologie d’olio vegetale cercando di definirne pregi e difetti per le
diverse destinazioni che possono avere in ambito energetico. L’insieme di queste
informazioni risulterà determinante per sviluppare i temi successivi in quanto sono le basi per
comprendere quali siano le caratteristiche della filiera.
1.1 –OLIO VEGETALE PURO: DEFINIZIONE E COLTURE DA CUI DERIVA
1.1.1 – Definizione e caratteristiche
L’olio vegetale puro (in avanti chiamato anche con la sigla OVP) dalla Direttiva 2003/30/CE
è definito come: olio prodotto da piante oleaginose mediante pressione, estrazione o processi
analoghi, greggio o raffinato ma chimicamente non modificato, qualora compatibile con il
tipo di motore usato e con i corrispondenti requisiti in materia di emissioni. E’ un prodotto di
origine vegetale ricco di sostanze lipidiche ad alto contenuto energetico che può essere
sfruttato per generare energia tramite un trattamento termico di combustione, a sua volta
l’energia liberata viene sfruttata per generare energia meccanica (in macchinari agricoli o
automobili con motore adattato all’utilizzo dell’olio vegetale puro) oppure, più
frequentemente, per generare energia elettrica e/o calore da vendere poi sul mercato; infine
può essere sfruttato per produrre biodiesel tramite un processo di tipo industriale chiamato
trans esterificazione (fig.2). La figura 1 schematizza tutti processi di conversione che
riguardano le biomasse e mette in evidenzia la conversione fisico-chimica, che riguarda
specificatamente questo lavoro.
E’ bene fornire una panoramica dei termini che nel settore sono spesso utilizzati, ma che
possono essere confusi facilmente:
- «biomassa»: la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine
biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali),
dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura,
nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani (Direttiva 2009/28/CE).
- «bioliquidi»: combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi
l’elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento, prodotti a partire dalla biomassa
(Direttiva 2003/30/CE).
9
- «biocarburante», un carburante liquido o gassoso per i trasporti ricavato dalla
biomassa (Direttiva 2003/30/CE).
- «biodiesel»: estere metilico ricavato da un olio vegetale o animale, di tipo diesel,
destinato ad essere usato come biocarburante (Direttiva 2003/30/CE).
Fig.1: Processi di conversione delle biomasse, la freccia specifica il percorso del presente lavoro
(fonte: Frascarelli, 2007).
L’OVP una volta ottenuto può avere due strade (fig. 2): può subire il processo di trans-
esterificazione (reazione fra un alcool e un estere con l’ottenimento di un estere con proprietà
combustibili del tutto simili a quelle del gasolio) che da origine al biodiesel utilizzabile in
qualsiasi motore diesel; oppure può essere utilizzato direttamente in motori stradali
(opportunamente adattati) o di macchinari industriali, ecc. (detti anche a combustione
interna), infine può essere utilizzato in motori stazionari (come la caldaia, la stufa e i
cogeneratori) per generare energia elettrica e/o energia termica come descritto nella figura 2.
Impresa
agricola
Sorgo, Mais,
Kenaf, Cardo,
Miscanto, Canna,
Pioppo, Robinia
…
Conversione
termochimica
Pirolisi
Bioliquido,
carbone, gas
Gassificazione
Gas
Combustione
Calore
Girasole, Colza,
Soia, Cartamo,
Jatropha, Palma,
Tabacco
energetico…
Conversione
fisico
chimica
Spremitura
Olio
combustibile
Esterificazione
Biodiesel
Mais, Sorgo,
Graminacee,
Barbabietola,
Sorgo
zuccherino,
letame…
Conversione
biologica
Fermentazione
Etanolo
Digestione
Gas
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Fig. 2: Destinazioni d’uso dell’olio vegetale puro (Fonte: elaborazione propria).
La scelta del tipo di sbocco energetico da dare agli oli vegetali, come per tutte le altre
tipologie di biocombustibili, è fortemente influenzata dal sistema di norme ed incentivi in
vigore. La produzione di biodiesel direttamente in azienda agricola risulta essere (per ora) una
remota possibilità a causa dell’incapacità, da parte dell’imprenditore agricolo, di controllare la
fase di trasformazione dell’olio la quale necessita di macchinari e strutture di tipo industriale
di difficile acquisizione per un’azienda agricola. Attualmente gli stessi produttori industriali
di biodiesel sono parzialmente esentati dal pagamento dell’accisa (corrispondente all’80% di
quella su carburanti da fonti fossili) fino ad un contingente annuo nazionale di 18.000
tonnellate. Nella figura 3 si desume il processo di produzione di biodiesel a partire dall’olio
vegetale. Si evince che i passaggi richiesti dal processo industriale sono più complicati del
semplice procedimento estrattivo che può avvenire anche in ambito agricolo.
Sono stati avviati nel territorio vari progetti nell’ambito della filiera dell’olio vegetale, fra
questi il Progetto S.I.En.A. ha riguardato l’analisi di sostenibilità della filiera di produzione di
biodiesel, concluso a fine 2009, ed ha messo in risalto la possibilità di:
- risparmio in emissioni di CO
2
;
- l’utilizzo della miscela di biodiesel al 25% non ha effetti rilevanti sui mezzi utilizzati;
- i limiti del suo sviluppo sono di natura giuridica.
Il progetto aveva coinvolto aziende agricole per la produzione di girasole, il Consorzio agrario
di Siena per la conservazione e il trasporto della granella, Italcol spa per la spremitura, Fox
Petroli per la fase di trans esterificazione dell’olio vegetale. Nonostante la numerosità dei
passaggi si è dimostrata fattibile sotto il profilo energetico, economico e ambientale
1
.
1
Lega Ambiente Toscana (2008), “ Ho un girasole nel motore”, Biodiesel Progetto S.I.En.A,
www.arsia.toscana.it.
Olio
vegetale
puro
Transesterificazione
Biodiesel
Direttamente
nei motori
Motori stradali,
di macchinari
industriali, ecc.
Motori
generanti
energia
termica e/o
elettrica
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Fig. 3:Processo di estrazione dell’olio vegetale (settore agricolo) e di produzione di
biodiesel (settore industriale), (fonte: ENAMA, 2010).
Per quanto riguarda la possibilità d’uso dell’OVP direttamente come carburante è bene
precisare che l’uso dell’olio vegetale puro come biocombustibile presuppone specifiche
modifiche al motore ed inoltre non tutti i motori possono essere adattati con successo (Berton,
2007). Il costo di tali modifiche varia da 2000-3000 € per le auto e da 4000-8000 € per i
trattori
2
. La maggior parte delle ditte che modificano i motori adattandoli all’uso dell’OVP
sono tedesche e austriache in quanto la filiera è già attiva da anni in questi paesi.
I principali sistemi di adeguamento dei motori stradali sono suddivisi in due categorie:
sistema a un serbatoio: il motore è alimentato unicamente a OVP;
sistema a due serbatoi: il motore è avviato e arrestato a gasolio, mentre nella fase
intermedia, in condizioni ottimali, sono fatti funzionare con OVP. Una centralina
elettronica fa si che il motore funzioni ad olio solo quando l’acqua di raffreddamento
supera la temperatura di 70-75°C e i gas di scarico 220°C; la stessa centralina
commutando su comando manuale (10 minuti prima dello spegnimento) il
funzionamento da olio a gasolio, impedisce che nel motore spento rimanga olio nel
circuito, che, raffreddandosi, riacquisterebbe viscosità e danneggerebbe l’impianto al
successivo avviamento.
Sono presenti sul mercato trattori con doppia alimentazione gasolio-OVP, di queste alcune
dichiarano perdite di potenza al passaggio da un’alimentazione all’altra, in certi casi sono
talmente basse che risultano spesso difficilmente percettibili (Fendt dichiara perdite di
potenza del 4%).
In Italia ci sono tre trattori alimentabili ad OVP:
2
Dato ottenuto dall’articolo di Berton M., 2007; “Agricoltori al centro della filiera olio energia”, Informatore
Agrario n°9/2007.
12
1. Deutz- Fahr AGRORPLUS adattato con il sistema ad un serbatoio alimentato con olio
di girasole alto oleico;
2. Lamborghini Victory Plus 230 HP adattato con il sistema a due serbatoi (ELSBETT)
alimentato con olio di colza;
3. FENDT 820 VARIO Greentec adattato dalla casa costruttrice medesima con un
sistema a due serbatoi e alimentato con olio di colza.
Infine per quantificare le spese riferite al maggior costo dei trattori a doppia alimentazione a
titolo di riferimento la casa costruttrice Fendt sul modello di cui sopra ha un sovra costo di
circa 7500 € rispetto alla versione “standard”
3
.
Un altro aspetto importante è analizzare dettagliatamente le caratteristiche dell’OVP utilizzato
come biocarburante nei motori stradali diesel modificati e confrontarlo con il gasolio per
comprendere quali sono le problematiche principali all’uso di questa biomassa direttamente
come carburante.
Dal punto di vista energetico ed ambientale l’utilizzo di OVP in sostituzione del carburante
fossile offre alcuni risultati importanti: “l’olio vegetale produce più energia di quella che è
necessaria spendere (energia fossile) per produrlo … sostituire un’unità di energia fossile con
una di energia da OVP comporta un risparmio del 70% circa” … “nonostante il potere
calorifero dell’OVP sia mediamente inferiore del 13-14% rispetto al gasolio (a parziale
compensazione di quest’aspetto negativo interviene l’ossigeno presente nelle molecole
dell’olio, che agisce a favore di una buona combustione) il rendimento del motore non si
abbassa passando dal gasolio all’olio, anzi in alcuni casi può avere un incremento anche di un
punto percentuale” … “le emissioni variano fortemente con il tipo di motore (iniezione
diretta, indiretta) e con il suo stato; variano anche con il carico e il numero di giri … possono
essere così riassunte: ossido di carbonio -50%, idrocarburi incombusti -20%, ossido di azoto -
15%, particolato -60%” (Macor, 2007).
I principali inconvenienti dovuti all’uso di olio vegetale nel motore sono dovuti ad una
viscosità fino a 20 volte maggiore rispetto al gasolio e un punto di infiammabilità nettamente
più elevato (circa 220°C) oltre una tendenza alla polimerizzazione, legata all’ossidazione o
all’azione termica, che facilita la formazione di depositi nella pompa di iniezione e provoca
altri danni più o meno gravi. Nella tabella 1 sono messi a confronto gasolio, biodiesel, olio di
girasole e di colza e si riassume in termini numerici ciò che è stato appena detto.
3
Dato ottenuto dall’articolo di Berton M., 2007; “Agricoltori al centro della filiera olio energia”, Informatore
Agrario n°9/2007.
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Tabella 1 - Caratteristiche energetiche e fisico-chimiche dell'olio vegetale
Parametri Diesel Biodiesel Olio di girasole (*) Olio di colza
Potere calorifico (MJ/Kg) 42.7 37.2 37.7 37.6
Densità a 15°C (Kg/L) 0.83 0.86-0.9 0.92 0.91
Contenuto energetico (MJ/L) 35.2 32.7 34.8 34.2
Viscosità a 40°C (mm2/s) 2-4.5 3.5-5 31.4 36
Punto di infiammabilità (°C) >55 ≥120 253 >220
Fonte: Berton 2007, (*) AIEL 2007.
1.1.2 – Le colture oleaginose per l’olio vegetale puro
Le colture principali che vengono adibite per questa finalità in Europa sono: il colza, il
girasole e in minor misura (a causa della qualità scadente dell’olio da essa prodotto, la minor
resa in olio per ettaro coltivato, il costo elevato della granella) la soia; inoltre sono presenti sul
mercato oli d’importazione di specie tropicali (Palma e Jatropha curcas) non coltivabili nei
nostri ambienti (con qualche eccezione per la palma), almeno finché la ricerca non fornisca
genotipi interessanti sia per l’adattabilità della specie ai vari ambienti, sia per le rese
produttive e qualitative in olio. Jatropha curcas sarebbe un opportunità per l’ambito italiano
ed europeo soprattutto per la possibilità di coltivare questa specie in zone difficili per le
colture agrarie convenzionali; inoltre è un’oleaginosa che non ha alcun tipo di destinazione
alimentare e questo comporta l’assenza di competizione fra più destinazioni produttive di una
coltura agraria. Un’ulteriore specie che sta suscitando interesse in questi ultimi anni in Europa
ed è sottoposta a varie sperimentazioni in campo è Brassica carinata (Cavolo d’Abissinia),
crucifera simile al colza che sembra in grado di resistere maggiormente alla deiscenza delle
silique. Infine sono da segnalare ricino, cartamo, lino, camelia sativa e alcune varietà
brevettate dalla Plantechno di Tabacco “energetico”.
E’ da notare che, oltre all’olio vegetale puro estratto dalle piante oleaginose suddette, non
mancano i casi in cui è possibile utilizzare l’olio vegetale esausto, previo trattamento
rigenerante, nei motori cogenerativi o nei motori stradali adattati. Venire a conoscenza di
quest’ulteriore possibilità è molto importante se si pensa che esistono grandi quantitativi
d’olio vegetale esausto che necessitano d’essere smaltiti a costi non trascurabili (circa 3 kW
elettrici/litro d’olio). Nel nostro caso, però, la situazione si ribalterebbe e l’olio esausto
diventerebbe un mezzo per produrre energia anziché consumarla. L’olio esausto da rigenerare
diviene un diretto concorrente dell’olio vegetale puro tracciato (che in quanto tale permette di
ottenere l’incentivo della Tariffa Omnicomprensiva). E’ da notare però che i consumi annuali
d’olio degli impianti cogenerativi sono talmente elevati che difficilmente possono essere
coperti solo con approvvigionamenti d’olio esausto, inoltre non permette all’accesso della
tariffa omnicomprensiva e per utilizzarlo è necessario un impianto “rigenerante” l’olio
medesimo che ha necessariamente un costo.
L’olio fritto in genere è una miscela di oli vegetali: girasole, arachide, palma.
E’ molto importante conoscere la tecnica colturale delle singole specie in quanto questa
influisce direttamente sul costo di produzione di ogni unità d’olio prodotta, influenza la
produzione di seme della coltura, quindi, anche quella in olio e infine può influenzare persino
la qualità dell’OVP. In sostanza è fondamentale eseguire la tecnica colturale più adatta in
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funzione della coltura, dell’ambiente, del terreno presente e delle finalità che essa avrà sul
mercato. Allo stato attuale gran parte dell’olio che viene utilizzato in Italia proviene dal
mercato estero da paesi della fascia sub-tropicale come la palma da olio e la jatropha. Questo
fenomeno, diffuso su scala globale, rischia di produrre effetti negativi in molti paesi in via di
sviluppo, dove il conflitto tra la destinazione alimentare o energetica delle superfici agricole
può ridurre sensibilmente l’accesso al cibo delle popolazioni locali. Va detto però che se l’olio
di palma ha un grosso impiego in campo alimentare e per ciò vanno tutelate le superfici
coltivate a tal fine, la jatropha è una specie in grado di colonizzare contesti che dal punto di
vista pedoclimatico non sono idonei ad altre colture destinabili ad uso alimentare. Per quanto
riguarda colza, girasole e soia, la loro destinazione principale rimane quella alimentare (food).
La competizione fra le due possibili destinazioni rischia di aumentare il prezzo degli alimenti
generati da queste specie vegetali, anche se c’è chi afferma, come l’OCSE ad esempio con
uno studio pubblicato nel 2008, che gli effetti di una tale competizione saranno limitati.
A questo punto facciamo una panoramica della tecnica colturale necessaria per le colture
oleaginose diffuse in Europa.
Tecnica colturale Girasole
Il Girasole (Heliantus annuus) è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle
Compositae caratterizzata da un ciclo primaverile estivo essendo una macroterma, è
considerata una specie da rinnovo del terreno per gli apporti organici che rilascia dopo la
raccolta (radici e parte del fusto). Il frutto è un achenio. Solitamente il girasole non necessita
dell’irrigazione. Ha un contenuto in olio negli acheni intorno al 45%. E’ una coltivazione
tradizionale, particolarmente nelle regioni del centro Italia (Marche, Umbria, Toscana, Emilia
Romagna, Abruzzo, Molise). E’ destinato principalmente all’industria dell’olio alimentare.
Le varietà attualmente disponibili sono ibridi che si differenziano:
- per il ciclo di maturazione (precoci, medi, tardivi)
- per la composizione degli acidi grassi (oleico ed alto oleico)
Fig. 4: Girasoli in pieno campo e acheni di girasole.
Le varietà da scegliere per la destinazione no-food ad OVP sono quelle alto oleico in quanto
posseggono più dell’85% di acido oleico che non crea problemi nella combustione ed offrono
così un olio di qualità più che accettabile al contrario delle varietà oleico. La produzione di
granella oscilla fra i 2-4 t/ha a seconda delle condizioni pedoclimatiche e ambientali.
Le fasi della tecnica colturale sono:
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- Preparazione del terreno: con un’aratura di circa 30 cm di profondità e/o ripuntatura,
seguita da erpicature di affinamento.
- Semina: a partire da metà Marzo (in Italia meridionale) fino a fine Marzo (Italia
centrale); la semina si fa con seminatrice di precisione a file distanti circa 70 cm con
5-6 kg di seme ad ettaro per una densità di 50.000-70.000 piante/ha.
- Concimazione: si esegue in presemina con 50-70 kg/ha di P
2
O
5
-K
2
O e alla semina con
80-120 kg/ha di urea.
- Diserbo in pre e/o post emergenza.
- Raccolta: a partire dalla metà di agosto fino a settembre nelle regioni più fredde e con
maggiore umidità, si esegue con mietitrebbie da frumento opportunamente modificate.
Tecnica colturale Colza
Il Colza (Brassica Napus L. var. oleifera) è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle
Crucifere suddivisa in due tipi biologici: biennale seminate in autunno (completa il ciclo
nell’arco di due annate ed ha bisogno di un trattamento vernalizzante per fiorire); annuale
seminate in tardo inverno o primavera (non necessita della vernalizzazione per l’induzione
fiorale). Il frutto è una siliqua. E’ una pianta microterma da rinnovo (per i residui di
vegetazione che rilascia dopo la raccolta) e in Italia viene coltivata con ciclo autunno-
primaverile. Il seme contiene dal 38-50% di olio. Le produzioni oscillano fra le 2,5-3 t/ha con
punte fino a 4 t/ha negli ambienti più favorevoli con climi temperato-umidi (in Italia ad es. la
Pianura Padana). In Italia la sua coltivazione è poco diffusa anche se è da notare un
incremento dell’interesse negli ultimi anni da parte degli agricoltori. Specialmente nelle
regioni del nord Italia, in particolare Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Emilia
Romagna.
Probabilmente è la coltura più difficile da coltivare fra quelle adibite ad OVP in Europa, visto
la dimensione ridotta dei semi che superano di poco i 2 mm di diametro in media. Questa
caratteristica, infatti, crea problemi alla semina (il terreno deve essere ben preparato ed il
seme non deve essere eccessivamente interrato in profondità).
Fig. 5: Piante di colza in pieno campo e semi (a sinistra).
Le fasi della tecnica colturale sono:
- Preparazione del terreno: aratura a media profondità 25-30 cm o lavorazioni minime
seguite da un’erpicatura.
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- Semina: a partire dalla metà di settembre fino alla metà di ottobre, a righe con
seminatrici da frumento ad una profondità di 20-30 mm. Le densità di semina ottimali
si aggirano intorno a 70-80 piante/m
2
impiegando circa 6-8 kg di seme/ha.
- Concimazioni: in pre-semina o alla semina si apporta fosforo e potassio (se il terreno
ne è carente) 68-80kg/ha di di P
2
O
5
e 100-150 kg/ha di K
2
O. In copertura durante
l’inverno si somministra l’azoto 180-200 kg/ha di urea o nitrato ammonico.
- Diserbo: in post-emergenza
- Trattamenti antiparassitari: contro il meligete in particolare.
- Raccolta: si esegue in giugno-luglio quando i semi sono imbruniti e le silique sono
completamente secche con un umidità della granella che dovrebbe aggirarsi intorno al
10%. Si esegue con le mietitrebbie da frumento opportunamente regolate.
Tecnica colturale Soia
La Soia (Glycine max L.) è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle
leguminose e in quanto tale è una coltura miglioratrice delle condizioni del terreno. E’ una
pianta macroterma a ciclo primaverile- estivo e necessita di irrigazione durante il ciclo. Può
essere una coltura intercalare se vengono scelte varietà precocissime. Il frutto è un legume. Ha
un contenuto di olio nei frutti intorno al 18-20% con produzioni che oscillano fra 3,5-4,5 t/ha.
Le varietà sono distinte in base alla precocità: precocissime ( varietà 000), fino a tardive
(varietà X). Nei nostri ambienti sono usati varietà da 00 a III.
Le fasi della tecnica colturale sono:
- Preparazione del terreno: aratura piuttosto anticipata a circa 30 cm di profondità
seguita da lavori di affinamento eseguiti tempestivamente.
- Semina: da metà aprile a metà maggio con seminatrici di precisione, seminata a righe
distanti 40-45 cm ad una profondità di 50-60 mm in terreni piuttosto asciutti e 30-40
mm in terreni con favorevoli condizioni di umidità, con una densità di semina di 30-35
piante/m
2
impiegando circa 6-8 kg di seme/ha.
- Concimazione: se normalmente nodulata (presenza di batteri azoto fissatori in
simbiosi con le radici) è autosufficiente per quanto riguarda l’azoto. In genere basta
fornire 80-100 kg/ha di fosforo, il potassio solo se il terreno ne è carente.
- Diserbo: in pre-semina o in pre-emergenza.
- Raccolta: da settembre (se viene coltivata con varietà non precoci come coltura
principale nella rotazione colturale) ad ottobre (se viene coltivata come coltura
intercalare), in ogni caso quando la pianta è quasi completamente defogliata e semi di
colore marrone. Si utilizza la mietitrebbia da frumento.
Fig. 6: Semi di soia e coltura in pieno campo.
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1.2 – TECNICA D’ESTRAZIONE E COGENERAZIONE AD OLIO VEGETALE PURO
1.2.1- Il processo d’estrazione
Il processo d’estrazione è basato sulla spremitura a freddo della biomassa dalla quale, oltre
all’olio, si ottiene un residuo solido detto panello che può essere utilizzato come mangime
negli allevamenti previa estrazione, con solventi chimici e/o spremitura, dell’olio residuo in
esso contenuto. Tutto ciò necessita di macchinari a basso input tecnologico accessibili ad
aziende agricole con diverse capacità d’investimento.
Possiamo riassumere nella fig. 7 tutto il processo:
1- Separazione delle
impurità dai semi
2- Spremitura delle
sementi
3- Olio impuro
4- Sedimentazione dei
residui grossolani
visibili aggiungendo
acido citrico
3a- Panello con circa
il 3-6% di olio
5- Miscelazione
dell’olio con farine
fossili e silice
4b- Estrazione
dell’olio con solventi
chimici e/o spremitura
6- Filtrazione/Centrifugazione
7- Olio vegetale
4a-Residui della
sedimentazione
Fig. 7: Processo di estrazione dell’olio vegetale tramite spremitura a freddo
(Fonte: elaborazione propria).
Analizziamo ora tutto il processo d’estrazione.
1. La prima fase consiste nella separazione delle impurità quali terra, sassi, ecc. dalla
granella, riducendole almeno fino al 2%. Risulta fondamentale per prevenire danni alla
spremitrice.
I semi di girasole necessitano di una decorticazione della pellicola che li avvolge prima di
inserirli nella spremitrice. Lo stesso vale per i semi di Jatropha curcas.