Capitolo 1
1.1 Introduzione
Lo sport è uno dei fenomeni che caraterizzano la Modernità e solo in tempi
recenti questo fenomeno è stato analizzato dal punto di vista storico in
maniera approfondita. La Storia dello Sport, come afferma Gianni Silei
1
,
‘’Rappresenta un aspeto tut’altro che marginale atraverso il quale è
possibile cogliere non solo l’evoluzione delle pratiche legate al loisir o alle
atvità svolte da atleti professionisti ma anche e sopratuto il complesso
articolarsi dei processi di socializzazione e, in un arco temporale più ampio,
dei fenomeni di modernizzazione e trasformazione della società’’. Lo sport
dunque rappresenta un importante strumento per capire la società di massa e
le sue trasformazioni. I primi studi sullo sport si devono tra gli anni Trenta e
Cinquanta allo storico olandese Johan Huizinga ( Homo Ludens, 1938) e al
sociologo francese Roger Caillois ( I Giochi e gli Uomini, 1958) che sostenevano
che le conquiste più grandi dell’uomo hanno avuto origine da un impulso al
gioco, impulso che osserviamo nella sua forma più pura nei bambini e nei
piccoli degli animali. Gli sport in questa visione erano visti quindi come
creazioni da parte del nostro impulso al gioco. C’è poi da segnalare la
posizione degli storici marxisti ortodossi secondo i quali le atvità sociali e
culturali compreso lo sport dipendevano dal grado di evoluzione nell’uso dei
materiali e in quello della tecnologia. Secondo questa posizione dei marxisti
dunque
2
‘’Lo sport non è altro che preparazione al lavoro, e rispecchia il
bisogno di sopravvivere e progredire in un animale dotato di creatività’’.
Un’altra concezione di stampo più tradizionale rispeto alle altre già
menzionate affermava che lo sport fosse nato e si fosse affermato nell’Antica
Grecia per poi scomparire e rinascere solo ai giorni nostri. Durante gli anni
1 Gianni Silei, Il Giro D’Italia e la Società Italiana,Piero Lacaita editore, Manduria-Bari-Roma,2010, pag.5
2 Richard D. Mandell, Storia Culturale Dello Sport, Editori Laterza, Roma-Bari, 1989, pag.4
4
Setanta,molte furono le critiche a questa teoria, in particolare da parte di
studiosi tedeschi come Bero Rigauer, Henning Eichberg e Allen Gutmann che
affermarono che lo sport non poteva essere considerato in maniera ridutva
solo come preparazione al lavoro ma bensì come un adatamento alla vita
sociale,politica ed economica moderna. Bero Rigauer elencò le carateristiche
fondamentali dello sport moderno : disciplina, autorità, competizione,
successo, capacità , razionalità, organizzazione e burocrazia. Fu quindi a
partire dagli anni Setanta con l’importante contributo del gruppo degli
studiosi tedeschi, che lo sport cominciò a diventare oggeto di dibatto
storiografco. Come riporta Stefano Pivato nel Dizionario di Storiografa
3
‘’Almeno due sono le condizioni che nell’ultimo ventennio hanno precisato lo
sport come terreno di interesse storiografco. La prima riguarda la defnizione
del campo semantico che ha visto l’evoluzione dalla storia degli sport, intesa
come descrizione tecnica delle singole discipline, alla storia dello sport
concepito come fenomeno che interseca l’evoluzione della società
contemporanea nella sua globalità. La seconda condizione è stata quella della
defnizione entro precisi limiti cronologici del fenomeno’’. Si è cercato infat
di analizzare le singole discipline sportive, la loro storia, le origini e i
protagonisti ma allo stesso tempo di procedere ad una analisi del fenomeno
sportivo in maniera più generale ponendo in particolare l’atenzione sui suoi
importanti risvolti sociali ed anche f ssando precisi limiti temporali. La
storiografa più forida in tema di storia dello sport è senza dubbio quella
statunitense con i lavori negli anni Otanta di studiosi come Richard Mandell
(Storia Culturale dello Sport , 1984), J.M Hoberman (Politica e Sport. Il corpo
nelle ideologie politiche dell’Otocento e del Novecento , 1984) e J.J MacAloon
(This Great Symbol: Pierre de Coubertin and the Origins of the Modern
Olympic Games,1981) che si sono concentrati su determinati aspet del tema
sport. Mandell ha operato una sintesi molto esaustiva del fenomeno sportivo
dalla Preistoria, Hoberman si è concentrato invece sul rapporto tra sport e
ideologia mentre infne MacAloon ha analizzato la storia delle Olimpiadi. In
3 Trato dal sito www.pbmstoria.it
5
Inghilterra, patria di origine dello sport, si è sviluppato un dibatto
storiografco solo tra la fne degli anni Setanta e l’inizio degli anni Otanta. Da
segnalare gli importanti studi di T. Mason ( Association Football and English
Society 1863-1915, 1980) e di R. Holt ( Sport and the British. A Modern History )
in cui si evidenziava il legame della storia dello sport inglese con la sua politica
ed economia. Anche la storiografa francese ha dato risalto al tema sportivo
grazie anche al contributo di antropologi e semiologi come Barthes ed Augè
che hanno permesso di assumere dei carateri del tuto originali rispeto agli
studi sullo sport fat in altri paesi. Gli studiosi francesi sostenevano la tesi che
lo sport non fosse tanto un indicatore di processi sociali ma quanto
sopratuto un luogo di riproduzione di determinati fenomeni. Come sostiene
Georges Vigarello
4
, uno dei più importanti studiosi francesi di sport, parlando
del ciclismo, ‘’L’originalitè radicale de la bicyclete est celle d’avoir
revolutionnè en profondeur le communications quotidiennes. Elle est aussi
d’avoir enrichi, sinon transformè, le spectacle sportif. Originalitè non moindre
enfn: avoir accompagnè, en se renouvelant et en se réinventant, les grands
changements de la culture du corps au XXe siècle’’. Lo sport, in questa tesi di
Vigarello, viene visto come portatore di un nuovo linguaggio e di una nuova
cultura dello spetacolo legata alla rappresentazione dello sforzo fsico. Inoltre
l’evoluzione dello sport viene connessa ai cambiamenti nella cultura del
corpo. Come deto, si trata di una posizione originale rispeto a quella ad
esempio dello studioso americano Richard D. Mandell
5
secondo il quale ‘’Gli
sport precedenti la nostra epoca e quelli di oggi sono atvità che non è facile
separare dalla vita sociale nel darne una descrizione e un’analisi’’.L’Italia
rappresenta un’anomalia nel quadro della storiografa in ambito sportivo.
Come evidenziano giustamente Tito Menzani e Saverio Batente
6
‘’Per lungo
tempo la storia dello sport non ha trovato adeguata fortuna all’interno della
4 Gianni Silei, Il Giro d’Italia…,cit. pag. 30
5 Richard D. Mandell, Storia Culturale…, cit, pag. 6
6 Saverio Batente-Tito Menzani, Storia Sociale della Pallacanestro in Italia, Piero Lacaita Editore, Manduria-
Bari-Roma,2009, pag.5
6
storiografa, in particolare in Italia. In generale, infat, la narrazione delle
vicende legate a pratiche sportive è rimasta appannaggio quasi esclusivo del
mondo giornalistico, senza nulla volervi togliere, concentrandosi, per
l’appunto, in modo prioritario proprio sull’aspeto agonistico in senso
streto’’. Il mondo accademico italiano si è dimostrato infat abbastanza
difdente, almeno per un certo periodo iniziale, nell’affrontare il tema dello
sport. I primi studi risalgono agli anni Sessanta con il pedagogista Luigi
Volpicelli che si occupò della condizione umana della pratica sportiva di fronte
all’industrializzazione e il sociologo Achille Ardigò che costruì invece un
paradigma sociologico dei fat agonistici. Da segnalare inoltre i volumi dello
scritore di romanzi Stefano Jacomuzzi che pubblicò tre volumi ( Gli Sport ,
1964-1965) in cui parlava della storia delle singole discipline e delle Olimpiadi
e nel 1973 un saggio sullo sport all’interno della Storia d’Italia. Egli come
vedremo è stato una fgura centrale nell’ambito degli studi sullo sport in Italia
e Il fato che fosse un romanziere e non uno studioso vero e proprio ci
racconta molto bene l’anomalia italiana. Nel 1970 Ferruccio Antonelli,
fondatore della psicologia sportiva in Italia, inaugurò un nuovo flone nella
leteratura sportiva nel nostro paese fondando ‘’l’International Journal of
Sport Psychology’’, una rivista con contributi dei più eminenti studiosi
internazionali sul tema. Questa rivista pubblicava e pubblica ancora oggi
contributi empirici e teorici delle scienze del movimento. La rivista è divisa in
cinque sezioni: apprendimento motorio e controllo, cognizione,salute e
esercizio fsico, la psicologia sociale e consulenza. L’aspeto psicologico nello
sport ha assunto un’importanza crescente tanto che molti allenatori come
Helenio Herrera hanno leto e studiato libri sull’argomento traendone
importanti informazioni ed hanno fato del ‘’training psicologico’’ una parte
fondamentale del loro lavoro. Un importante autore non accademico che si è
occupato di sport è Felice Fabrizio che negli anni Setanta pubblicò due
importanti volumi: Sport e Fascismo. La Politica Sportiva del Regime 1924-
1936 nel 1976 e Storia dello Sport in Italia. Dalle Società Ginnastiche
7
all’Associazionismo di Massa nel 1977. Proprio per quanto riguarda i
movimenti ginnastici, si sviluppò tra gli Otanta e gli anni Novanta un
importante flone di studi grazie questa volta al contributo di studiosi come
Gaetano Boneta ( Corpo e Nazione. L’Educazione Ginnastica, Igienica e
Sessuale nell’Italia Liberale ,1990) che ha studiato questi movimenti all’interno
dei processi educativi otocenteschi e P. Ferrara ( l’Italia in Palestra. Storia,
Documenti e Immagini della ginnastica dal 1833 al 1973 , 1992) che ha
analizzato invece i legami di questi movimenti con gli ideali risorgimentali. Nel
1982 a Torino, il già citato Stefano Jacomuzzi, insieme alle istituzioni locali,
promosse un convegno ed una mostra sul tema Sapere di Sport. Come
riportano Antonio Papa e Guido Panico
7
‘’Sapere di Sport costituì la più
massiccia e imprevedibile irruzione della cultura italiana nella sfera sportiva,
quasi una mobilitazione generale del mondo intelletuale sui temi del
linguaggio, della scritura, dell’estetica, dell’antropologia, della sociologia del
fenomeno sportivo’’. Questo convegno fu una sorta di spartiacque nell’ambito
degli studi sullo sport in Italia e fece capire sia la complessità del tema che
l’importanza del contributo di discipline diverse per comprenderlo al meglio.
Due anni dopo, nel 1984 a Roma, venne fondata da un gruppo di studiosi
diret da Luciano Russi la rivista di critica e storia dello sport ‘’Lancilloto e
Nausica’’. Questa rivista costituì il primo tentativo in Italia di creare un
periodico culturale sul tema dello sport e si proponeva di raccontare gli
aspet meno conosciuti delle varie discipline, in particolare del calcio. Al suo
interno si scrisse la storia sportiva del Movimento Operaio europeo e la storia
delle Olimpiadi senza miti. Lancilloto e Nausica aprì la strada anche ad altre
prestigiose riviste come Micromega e Panta che dedicarono alcuni loro
numeri al calcio. Nel 1988 a Firenze il Centro di Ricerche sulla Cultura Europea
dell’Istituto Universitario Europeo direto da Pierre Lanfranchi promosse un
convegno sul rapporto tra Università e Sport che, grazie al contributo di
studiosi di fama internazionale, dete origine ad un progeto di studi sullo
sport. L’anno seguente, nel 1989, l’Università di Salerno organizzò un
7 Antonio Papa-Guido Panico, Storia Sociale del Calcio in Italia,Il Mulino, Bologna,2002, pag.168
8
convegno sui rapporti tra Università e Sport dove parteciparono insieme per
la prima volta studiosi ed esponenti della FIGC. In questo convegno si
convenne di rafforzare i rapporti tra le due realtà istituzionali, di intensifcare
la pratica sportiva calcistica all’interno dei centri sportivi universitari ma
sopratuto di inserire la storia del calcio nell’ambito della cultura
contemporanea. Sempre l’ateneo salernitano nel 1997 promosse un nuovo
convegno su Sport e Ricerca Storica in cui si invocò un maggiore contributo
dell’antropologia nella storia dello sport ed una nuova metodologia della
storia sportiva che avrebbe dovuto migliorare l’impostazione politica e sociale
delle opere pubblicate nel dopoguerra. Negli anni Novanta un accademico -
Stefano Pivato- si è concentrato nelle sue opere ( I Terzini della Borghesia. Il
Gioco del pallone nell’Italia dell’800,1991 e l’Era dello Sport ,1994) nell’analisi
del fenomeno sportivo come indicatore dei cambiamenti delle mode, dei gusti
e delle mentalità. Ovviamente, parlando dell’Italia, non si può non fare
accenno alla vasta bibliografa esistente sul calcio. Ci sono stati in particolare
giornalisti come Oliviero Beha ( All’Ultimo Stadio ,1983 e Anni di Cuoio,1987)
che hanno affrontato il tema del pallone analizzando la sua straordinaria
pervasività all’interno della società italiana. Questa profonda penetrazione
all’interno della società italiana è stata criticata ad esempio da Umberto Eco
che ha posto in evidenza come gli italiani siano voraci consumatori di
quotidiani sportivi ma allo stesso tempo come leggano pochi libri. Un altro
motivo di critica del calcio è stato il tema della violenza negli stadi ma di
questo parleremo successivamente. Tra il 1928 e il 1929 Antonio Scamoni,
segretario generale della FIGC, scrisse una prima storia del calcio che fu
pubblicata sull’annuario della FIGC ma la prima vera e propria pubblicazione
sulla storia del football fu l’Ascesa del Football in Italia dell’ex calciatore
Guglielmo Tornabuoni, pubblicata nel 1932. Nel 1954 la casa editrice Einaudi
afdò al giornalista Antonio Ghirelli il compito di scrivere una Storia del Calcio
in Italia. L’opera aveva un taglio culturale ed ebbe poi in seguito numerose
edizioni aggiornate. Nel 1966 lo storico Antonino Fugardi pubblicò Il Calcio
9
dalle Origini ad Oggi in cui l’autore vedeva il calcio come un’esplosione di un
sentimento di libertà e di insofferenza verso il grigiore sociale. Altra opera
importante nel panorama della storia del calcio è la Storia Critica del Calcio
Italiano , scrita dal giornalista Gianni Brera nel 1975. Brera in questa sua
opera affermava la tesi che le dinamiche agonistiche del calcio rifetevano le
struture antropologiche dei vari popoli ed era inoltre un sostenitore del gioco
all’ italiana basato su difesa e contropiede. Nel 1993 due storici- Antonio Papa
e Guido Panico- hanno scrito la Storia Sociale del Calcio in Italia , un’opera
completa che ha avuto come il lavoro di Antonio Ghirelli numerose edizioni
aggiornate. Un libro interessante sempre sul calcio calcio è Un Antropologo
nel Pallone scrito nel 2007 dall’antropologo Bruno Barba che ha affrontato i
vari aspet del tema calcistico dal punto di vista dello scienziato che studia i
comportamenti umani. Sulle altre discipline sportive la bibliografa è
decisamente più ridota, in Italia come già deto è il calcio a farla da padrone.
Sul ciclismo, il vero sport nazionale in Italia prima del ‘’boom’’ del pallone, da
segnalare Pedalare: La Grande Avventura del Ciclismo Italiano (2011) dello
scritore inglese John Foot , Il Giro d’Italia e la Società Italiana (2010) di Gianni
Silei e Eroi,Pirati e altre storie su due ruote: Un Secolo di Ciclismo (2010) di
Simone Barillari. Sulla pallavolo, uno sport in cui l’Italia vanta una grande
tradizione, specialmente con la Nazionale, troviamo il volume di Bartolomeo
Baldi Il Libro della Pallavolo del 1974 e Concentrazioni urbane,Tradizione e
Pratica Sportiva: Il Caso della Pallavolo (2000) di Francesco Maria Sanna. Sul
basket, volumi signifcativi sono La Leggenda del Basket (2004) di Mario Arceri
E Valerio Bianchini e la Storia Sociale della Pallacanestro in Italia (2009) di
Saverio Batente e Tito Menzani. Parlando di uno sport in grande ascesa negli
ultimi anni nel nostro paese come il rugby da menzionare Quelli che il
Rugby….. Un Racconto Ovale (2005) di Flavio Pagano, L’Arte del Rugby (2007)
di Spiro Zavos e Oltre La Linea Bianca. Leggende del Rugby (2004) di Franco
Paludeto. Infne sulla boxe,da citare Era La Boxe. Quatro storie di pugilato
del 900 (2010) di Flavio dell’Amore, Gong, Una Storia dei Pesi Medi e dei Pesi
10
Massimi (2010) di Vitorio Parisi e I Racconti delle Sedici Corde. La Boxe per
Mano alla Vita (2011) di Gualtiero Becchet. Come si vede, la bibliografa sugli
sport, escluso il calcio,in Italia è molto recente. Ci si è concentrati più sulle
vicende degli atleti che sulla storia delle singole discipline. Da evidenziare poi
come siano stati nella maggioranza dei casi non tanto degli accademici a
scrivere sulle vicende di questi sport ma bensì ex atleti ed allenatori. Per
quanto riguarda invece le case editrici che si sono occupate di sport in Italia,
da menzionare il Mulino, Piero Lacaita Editore con la collana Società e Cultura,
Einaudi, Laterza, Bompiani e Giunti.
1.2 Sport e Identità Nazionale: il
Rapporto Centro-Periferia
Lo sport, come abbiamo ricordato precedentemente, è un fenomeno di massa
e in questo paragrafo parleremo di come esso abbia svolto la funzione di
‘’collante’’ per l’identità nazionale in Italia ma anche nel resto del
mondo.Secondo Stefano Pivato
8
‘’La genealogia del rapporto tra sport e
identità nazionale non può non partire da Federico Ludovico Jahn che all’inizio
dell’Otocento elabora un modello di educazione fsica inteso ad esaltare il
senso di appartenenza alla comunità nazionale’’. L’educatore tedesco
Friedrich Jahn sosteneva infat il primato morale della nazione e considerava
la palestra il luogo ideale in cui il giovane non solo si addestrava agli esercizi
fsici ma sopratuto dove egli si formava come membro della comunità
nazionale. Questa teoria costituì un modello e fu ripresa in paesi come
Francia,Israele e Jugoslavia. Anche nel nostro paese le teorie di Jahn ebbero
successo. Le origini dei movimenti ginnastici (di cui abbiamo già parlato nel
paragrafo precedente) come le società di tiro a segno e i club alpinistici si
possono ricondurre al Risorgimento e agli ideali della nazione. Gli statuti e i
8 Stefano Pivato, Identità Sportiva e Identità Nazionale, Mélanges de l’Ecole française de Rome. Italie et
Méditerranée, 109/1997, pag. 278
11
regolamenti dei movimenti ginnastici italiani facevano accenno a ideali come
‘’la difesa della patria’’, ‘’il miglioramento fsico e intelletuale del popolo’’ e il
‘’citadino soldato’’ che sotolineavano il conceto di sport e atvità fsica
come elementi fondamentali nella formazione dell’identità nazionale. I
movimenti ginnastici, sulla base delle teorie di Jahn, divennero quindi i
difensori della lingua, delle tradizioni e degli usi e costumi italiani. Quando lo
sport tra la fne dell’ Otocento e l’inizio del Novecento comparve nel nostro
paese, i movimenti ginnastici si opposero perché lo consideravano un
prodoto straniero, essendo nato in Inghilterra. Fu a partire dal 1870 che nel
nostro paese si sviluppò il dibatto sull’educazione fsica e la ‘’rigenerazione
del corpo’’ divenne uno degli obietvi primari della nuova classe dirigente
liberale nell’ambito del processo di ‘’nation building’’. Alla fne dell’ Otocento
il fsiologo Angelo Mosso mise in discussione le tesi di Jahn sulla funzione
pedagogica, civile e sociale della ginnastica. Mosso sostenne l’idea che per
forgiare il corpo dell’atleta italiano occorresse abbandonare le palestre e gli
atrezzi per concentrarsi sui giochi all’aria aperta sul modello inglese.
9
’’ Il
gioco all’aria aperta avrebbe non solo forgiato corpi e carateri in sintonia con
quella modernità che i nuovi sistemi produtvi richiedevano ma avrebbe
preparato più adeguatamente i giovani alle moderne necessità militari e alla
difesa dei confni e della nazione’’. Si tratava di una concezione rivoluzionaria
in quanto per la prima volta in Italia si ammise l’importanza della pratica degli
sport all’aperto in funzione della formazione del caratere e del corpo del
singolo individuo ma anche nella preparazione di nuovi militari. In Italia ci fu
una sorta di rivisitazione in chiave nazionalistica che osserviamo anche oggi
degli sport inglesi, ad esempio per quanto riguardava i termini sportivi. Come
ricorda Bruno Barba
10
parlando dei termini calcistici, ‘’Vi fu una curiosissima e
per certi versi grotesca italianizzazione dei termini anglosassoni che ha
resistito per molti decenni, al punto che ricordo che da bambino sentivo
9 Ivi, pag. 280-281
10 Bruno Barba, Un Antropologo nel Pallone, Universale Meltemi, Roma, 2007, pag. 42
12
chiamare il pallone fulbal (da football), il fallo di mano (hands) enz, il
fuorigioco (off-side) opsei’’. Un aspeto da tenere bene presente riguardo al
rapporto tra sport e identità nazionale è il fato che, se nell’età moderna fno
a buona parte dell’Otocento i giochi tradizionali come il calcio forentino
esprimevano identità etniche o sociali circoscrite, con l’avvento dello sport
questa prospetva venne completamente stravolta. Lo sport si giocava allo
stesso modo in tute le parti del mondo, le regole e i tempi erano i medesimi:
si può dire che costituisse un ‘’linguaggio universale’’. Questa universalità
dello sport permise di passare dai giochi tradizionali in cui si affermava
l’orgoglio locale e la supremazia di un villaggio o di un quartiere ad un
confronto tra realtà nazionali in cui la vitoria andava ben oltre il puro e
semplice fato agonistico in sé stesso. Nel 1896 ebbero luogo i primi Giochi
Olimpici in cui l’elemento fondante sarebbe stato la supremazia di una
nazione sull’altra mediante la competizione.
11
’’ Lo sport diviene, a partire
dall’inizio del secolo, simbolo di una supremazia non solo fsica ma anche
morale e politica della nazione’’, come evidenzia puntualmente Stefano
Pivato. Abbiamo già accennato alle Olimpiadi. C’è da dire che fn dalle sue
prime edizioni fu considerata dai paesi organizzatori come una grande e
preziosa occasione di affermazione di efcienza e prestigio internazionale; lo
stesso è avvenuto per i Mondiali di Calcio. Ad esempio come afferma Richard
Mandell parlando delle Olimpiadi del 1912 a Stoccolma,
12
’’Gli svedesi
utilizzarono la manifestazione per dimostrare ai visitatori e al pubblico
mondiale di letori di giornali la loro importanza sulla scena mondiale’’. Anche
la Germania Occidentale, grazie all’efcienza dimostrata alle Olimpiadi di
Monaco del 1972, riuscì a far dimenticare al mondo gli anni del nazismo e ad
affermare un proprio ruolo nello scacchiere internazionale. In Italia le
Olimpiadi a Roma nel 1960 furono accolte in maniera tiepida ed anche gli
introiti pubblicitari furono modesti. Nonostante questa accoglienza nei
11 Stefano Pivato, Identità Sportiva…., cit. pag. 283
12 Richard D. Mandell, Storia Culturale….., cit. pag. 199
13
confronti dei giochi apparentemente ‘’fredda’’, L’Italia voleva comunque
dimostrare di essersi liberata per sempre dallo ‘’spetro’’ fascista e ci riuscì
mostrando una sorprendente efcacia organizzativa . Gli italiani, inoltre,
grazie ai successi azzurri ai Giochi del 1960, si appassionarono a sport come la
ginnastica, la scherma e l’atletica leggera. In particolare fu la medaglia d’oro di
Livio Berruti nei 200 metri ad accendere grandi entusiasmi e a rompere
l’egemonia del calcio e del ciclismo, almeno per un breve periodo. Il primo
successo però che entusiasmò gli sportivi italiani alle Olimpiadi fu l’impresa di
Dorando Pietri nella maratona ai Giochi Olimpici di Londra del 1908. Pietri
arrivò a pochi metri dall’arrivo e, stremato, fu aiutato da alcuni giornalisti e
giudici inglesi a tagliare il traguardo. In un’Olimpiade fortemente
caraterizzata dalla rivalità tra inglesi e americani, i giudici inglesi ritennero
opportuno aiutare lo sconosciuto Pietri per evitare che l’americano Johnny
Hayes conquistasse la medaglia d’oro. Il maratoneta italiano fu squalifcato
ma nonostante questo ricevete in premio una coppa piena di sterline da
parte della regina Alessandra. Come riporta Nicola Sbet
13
‘’La stampa
italiana diede per la prima volta grande risalto all’evento e il carpigiano,
autore di un’impresa che neppure i giudici poterono cancellare, divenne così
la prima leggenda, celebrata tut’oggi, dello sport italiano’’. Un'altra impresa
straordinaria che dete lustro e prestigio all’Italia nello sport e nel caso
specifco nell’atletica leggera fu il record del mondo di Pietro Mennea nei 200
metri alle Universiadi di Cità del Messico nel 1979. Mennea vinse in 19’’72 e
questo record fu batuto solo nel 1996 dall’ americano Michael Johnson.
14
‘’Mennea incarnava la rabbia di un Sud Italia povero di infrastruture ma dalla
grande passione sportiva’’. Forse non esiste una competizione sportiva in cui il
legame tra sport ed identità nazionale non appaia più forte come nei Mondiali
di Calcio. Come già accennato, specialmente per i paesi organizzatori, questa
competizione ha costituito una formidabile occasione di affermazione di
13 Nicola Sbet, Quando lo Sport ha fato l’Italia , trato dal sito www.pianetasport.it , 11 marzo 2011, pag. 3
14 Ivi pag. 2
14
prestigio e di dimostrazione di efcienza organizzativa. Nel 1934 il nostro
Paese organizzò la seconda Coppa del Mondo della storia dopo quella del
1930 in Uruguay alla quale l’Italia non aveva preso parte. Il regime fascista
intuì le grandi potenzialità propagandistiche della manifestazione e come
riporta Franco Cerret
15
‘’Il regime di allora uscì a testa alta da quell’impegno,
la stessa immagine dell’Italia ne guadagnò, e l’intero paese risultò degno di un
avvenimento di così vasta portata’’. L’Italia ebbe un signifcativo introito
economico di un milione di lire ed inoltre lo sforzo organizzativo del nostro
paese fu coronato dalla vitoria fnale in fnale con la Cecoslovacchia per 2-1.
In un epoca in cui la televisione non c’era, gli italiani si fermavano davanti agli
altoparlanti che diffondevano le cronache di Niccolò Carosio appassionandosi
alle imprese della Nazionale guidata da Vitorio Pozzo. Da ricordare che il
nostro paese vinse la competizione di nuovo 4 anni dopo in Francia. L’Italia fu
ancora il paese organizzatore della massima competizione calcistica nel 1990.
Come evidenziano Antonio Papa e Guido Panico
16
‘’L’Italia Sportiva, secondo i
piani del governo del calcio e di quello del paese, avrebbe dovuto riproporsi
nei confronti dell’opinione pubblica internazionale come esempio di un paese
efciente e moderno’’. Per rilanciare l’immagine del nostro Paese furono
stanziati ben 3.500 miliardi di lire che furono investiti nella ristruturazione
dello Stadio Olimpico di Roma e del San Paolo di Napoli. Furono realizzati
inoltre lo Stadio S. Nicola di Bari su progeto di Renzo Piano e il Delle Alpi di
Torino. Nonostante gli introiti economici inferiori alle atese e il grande
numero di infortuni sul lavoro durante le fasi di costruzione degli stadi,
l’Italia riuscì a dare buona immagine di sé grazie anche alle infrastruture
moderne come il Centro Stampa all’interno dello Stadio Olimpico. Gli italiani si
innamorarono della nazionale di Azeglio Vicini e delle imprese di Schillaci e
Roberto Baggio che fecero sognare un intero paese; Schillaci in particolare,
con i suoi occhi spalancati, divenne l’emblema dell’Italia proietata verso la
15 Franco Cerretti, I Grandi dei Mondiali- Dalle Origini alla Emozionante Finale di Usa 94, l’Airone Editrice,
Roma, 1994, pag. 117
16 Antonio Papa-Guido Panico, Storia Sociale….., cit. pag. 161
15
vitoria fnale. Le ‘’Not Magiche’’ divennero il simbolo di un ritrovato orgoglio
nazionale ma alla f ne, dopo il terzo posto in seguito alla sconfta in
semifnale contro L’Argentina di Maradona, la delusione fu molta. Riguardo
alla semifnale con l’Argentina, è da citare un episodio che rivela molto bene il
caratere degli italiani divisi tra orgoglio citadino e locale e identità nazionale.
L’Italia doveva affrontare la semifnale contro gli argentini al San Paolo di
Napoli. Diego Armando Maradona, che all’epoca militava nel Napoli, affermò
nei giorni precedenti il suo grande amore per Napoli e chiese ai napoletani se
valesse la pena ti fare Italia dopo i soprusi subiti dal Napoli dai cosiddet
‘’squadroni del nord’’ nel campionato italiano. L’appello di Maradona,
idolatrato dai napoletani, sort qualche effeto ed infat alcuni napoletani in
quella partita ti farono per l’Argentina. Gli italiani hanno un rapporto
particolare con la Nazionale di calcio. Si appassionano durante le grandi
competizioni come Mondiali e Campionati europei e come vedremo si
scoprono ‘’grandi patrioti’’ in caso di vitoria in queste competizioni. Succede
poi come nel caso dei napoletani con Maradona che si antepone l’amore per
la propria squadra e quindi nella maggior parte dei casi l’orgoglio locale
( fenomeno delle ‘’piccole patrie’’)al tifo per la Nazionale. In altri casi ancora si
anteponeva l’ideologia all’orgoglio nazionale, come nel caso di molti
comunisti italiani che durante le partite fra Italia e Urss ti favano per la
nazionale sovietica. Come già deto i successi della nazionale italiana di calcio
ai Campionati del Mondo sono stati salutati sempre con grande entusiasmo
ed hanno travalicato il puro e semplice aspeto sportivo e agonistico; gli
italiani hanno ritrovato un ‘’sopito patriotsmo’’ dopo questi successi. La
vitoria ai Mondiali di Spagna del 1982 fu una sorta di ‘’Amnistia Generale per
le nefandezze del calcio nostrano’’
17
, come la defniscono Oliviero Beha e
Andrea Di Caro. Il Movimento calcistico italiano aveva affrontato due anni
prima lo scandalo del Totonero con il coinvolgimento direto di giocatori come
Manfredonia, Giordano e sopratuto di colui che fu l’eroe del Mondiale
17 Oliviero Beha- Andrea Di Caro, Indagine sul Calcio- Dai Mondiali del 1982 ai Mondiali del 2006, Biblioteca
Universale Rizzoli, Bergamo, 2006, pag. 26
16
spagnolo, ossia Paolo Rossi. La vitoria italiana del ‘’Mundial’’ fece aumentare
le esportazioni e la fnale contro la Germania fu seguita anche da molte
persone non appassionate di calcio. Come affermano Antonio Papa e Guido
Panico
18
‘’L’evento fu festeggiato da tut; un’imprevista euforia patriotca
travolse un popolo, che conosceva a mala pena le parole del proprio inno
nazionale’’. Furono vendute torte guarnite di bianco, rosso, verde e il tricolore
coprì tute le piazze d’Italia. C’è da dire poi che questa esaltazione patriotca
durò poco perché gli italiani si dimostrarono più interessati al Campionato di
Serie A che stava per cominciare. Se il Mundial 1982 riuscì a far dimenticare
agli sportivi italiani lo scandalo Totonero del 1980, la vitoria ai Mondiali in
Germania del 2006 è stata ‘’provvidenziale’’ per atutire i gravi danni di
immagine e di credibilità al calcio italiano provocati da Calciopoli. Come nel
1982, anche nel 2006 ci fu una grande esplosione di patriotsmo; si
glorifcarono le imprese di giocatori Grosso e Materazzi che, partiti come
riserve, risultarono poi fondamentali. Come sostiene Nicola Sbet
19
‘’La
vitoria del Mondiale di calcio del 2006 è un fulmine a ciel sereno, una
saetata d’orgoglio nazionale: inaspetata, intensa e fugace’’. C’è una partita
però che rimase nella memoria e che rappresenta una pietra miliare per i
tifosi italiani, ossia la semifnale Italia-Germania Ovest della Coppa del Mondo
1970 in Messico. Il vantaggio iniziale azzurro fu vanifcato dal pareggio
tedesco allo scadere dei tempi regolamentari. Nei tempi supplementari ci fu
un’ incredibile serie di colpi di scena che portò al risultato fnale di 4-3 a
favore dell’Italia. Raccontano Antonio Papa e Guido Panico
20
che ‘’Subito dopo
la partita ebbe inizio la festa. Milioni di italiani sembrarono per una note in
preda a una sorta di incontrollabile euforia, a migliaia percorsero sulle
automobili, fasciati dai colori nazionali, le strade delle grandi cità e dei centri
minori, formando lunghi e chiassosi caroselli’’. Sui mass media fu dato grande
18 Antonio Papa- Guido Panico, Storia Sociale……, cit. pag. 138
19 Nicola Sbetti, Quando lo Sport……, cit. pag. 1
20 Antonio Papa-Guido Panico, Storia Sociale……, cit. pag. 101
17
risalto all’impresa. Ci furono anche episodi di violenza nei confronti di alcuni
tedeschi che vennero assaliti. Vi furono anche dei dibatti per capire se
questa grande manifestazione di gioia fosse stata dovuta ad un nazionalismo
latente o piutosto semplicemente ad un’espressione dell’eterna voglia di fare
festa degli italiani; quel che è certo è che in seguito a quella vitoria ci fu una
grande esplosione di orgoglio patriotco che fu per così dire ‘’antesignana’’
delle manifestazioni di gioia del popolo italiano nel 1982 e nel 2006. Come
abbiamo visto ci sono state partite ai Mondiali di Calcio che travalicavano il
semplice sportivo ed agonistico: Italia-Germania Ovest 4-3 fu una di queste.
Ma ce ne sono state altre nel corso della Storia dei Campionati del Mondo.
Una di queste fu il ‘’derby’’ tra Germania Ovest e Germania Est durante i
mondiali del 1974. Si tratava di una partita del girone di qualifcazione, c’era
in palio il primo posto nel girone A con Australia e Cile. La Germania Ovest era
in testa con 4 punti, i ‘’cugini’’ della DDR seguivano con 3. La partita vide la
sorprendente vitoria della Germania Est per 1-0 con il gol dello sconosciuto
Sparwasser. La DDR fu eliminata ma al suo ritorno in patria la squadra fu
accolta trionfalmente dai ti fosi che provarono un grande orgoglio nello
sconfggere i ben più quotati ‘’cugini’’, per di più in casa loro. Un’ altra partita
– o meglio le partite - dai profondi signifcati ‘’extracalcistici’’ furono quelle tra
le nazionali di Honduras ed El Salvador nel 1969. Si tratava di match di
qualifcazione del girone centro-americano per la Coppa del Mondo del 1970.
La prima partita giocata in Honduras vide la vitoria dei padroni di casa per 1-
0. La sera precedente alla partita i tifosi salvadoregni si erano assiepati di
fronte all’albergo dove alloggiavano i giocatori dell’Honduras disturbandoli
con lanci di sassi e schiamazzi. I rapporti fra i due Paesi erano sempre stati
molto tesi per molte ragioni. Intanto c’era il forte risentimento di El Salvador
verso l’Honduras per la sua sovranità sul golfo di Fonseca, considerato di
grande importanza strategica e commerciale e dall’altra parte gli honduregni
avevano preso male la massiccia immigrazione salvadoregna in seguito alla
Convenzione Bilaterale sull’Immigrazione siglata fra due paesi nel 1967. La
18