6
Introduzione
Il diritto dell’intermediazione finanziaria disciplina il fenomeno della
canalizzazione del risparmio di massa alle imprese, realizzato attraverso
l’emissione, da parte di queste ultime, di strumenti finanziari
(principalmente azioni e obbligazioni) che vengono collocati e scambiati su
mercati organizzati e vigilati. Le attività aventi a oggetto strumenti
finanziari prendono il nome di “servizi di investimento” e sono riservate a
talune categorie di intermediari espressamente indicate dalla legge
(principalmente, banche e imprese di investimento), anch’esse sottoposte a
vigilanza.
Con il presente lavoro si è cercato di effettuare un’indagine su
un’attività, come quella appena descritta, “potenzialmente molto
pericolosa e dannosa” per il risparmiatore-investitore.
La creazione di prodotti finanziari sempre più sofisticati ha
incrementato vertiginosamente le asimmetrie informative tra intermediari e
clienti; con la conseguenza che il cliente non sofisticato, cd. al dettaglio,
che decide di investire i propri risparmi in strumenti finanziari trasferisce,
nella quasi totalità dei casi, il controllo e/o la gestione del proprio
patrimonio, e dunque le decisioni ad esso inerenti, ad un intermediario,
affinché quest’ultimo lo gestisca nell’esclusivo interesse del primo.
Risparmiatore (è bene precisarlo!) che nella maggior parte dei casi
vestirà i panni di un padre di famiglia pronto a riporre nelle mani degli
operatori professionali i risparmi di una vita, fatta di sacrifici e costante
lavoro, con la prospettiva magari minima di investire dei soldi al solo
scopo di ottenere una semplice rivalutazione, che sia al passo con
l’andamento della moneta e dei mercati.
La relazione fiduciaria, dunque inevitabile, che si viene ad instaurare
tra l’intermediario e il risparmiatore ben potrà essere, però, fonte di
7
comportamenti opportunistici da parte del fiduciario a discapito del
beneficiario, e dunque fonte di rilevanti danni economici a discapito dello
stesso.
Nella maggior parte dei casi il cliente-risparmiatore sarà più
minacciato “dalla eventuale scarsa correttezza dell’intermediario, che
dalla sua instabilità patrimoniale!”
1
.
L’indagine non poteva che avere come obiettivi principali, dunque,
sia quello di far luce su tutta una serie di obblighi e regole di condotta
gravanti sull’intermediario finanziario nell’espletamento dei servizi e delle
attività di investimento che quello di specificare le eventuali soluzioni che il
nostro sistema giuridico offre, concretamente, all’investitore, nel caso
appunto di violazione delle suddette regole di comportamento.
Vedremo come, anche alla base delle attività e dei servizi espletabili
da parte delle imprese di investimento, vi sarà sempre un atto, riguardante
l’incontro delle volontà dei contraenti, e un rapporto, riguardante le
conseguenze giuridiche derivanti dall’atto; in poche parole, alla base di
tali attività sarà sempre necessario stipulare un contratto che nel nostro
specifico caso prende il nome di contratto-quadro di intermediazione
finanziaria.
Nello specifico, si è cercato di indicare il contesto normativo dal
quale trae regolamentazione il suddetto contratto e le relative attività poste
in essere dagli intermediari finanziari prima e dopo la sottoscrizione dello
stesso; il tutto, partendo dalla disciplina civilistica generale posta alla base
dei contratti, e dalla quale il cd. contratto-quadro trae origine, per poi
passare, per il tramite della specifica disciplina contenuta nel TUF
2
e nei
1
Cfr. l’intervento del Presidente della Consob, Tommaso Padoa Schioppa, alla Commissione
Finanza della Camera e alle Commissioni Giustizia e Finanze e Tesoro del Senato, tenuto il 20-22
gennaio 1998, in Consob Informa, n. 4, 26 gennaio 1998.
2
Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria (c.d. TUF), emanato, con d. lgs. n. 58 il 24 febbraio
1998, per riordinare l’articolato quadro normativo attraverso un’opera di semplificazione e di
delegificazione.
8
Regolamenti Consob
3
, agli obblighi e ai doveri dallo stesso discendenti in
capo agli operatori abilitati, nonché alle eventuali conseguenze in caso di
inadempimento degli stessi.
Conseguentemente, come sopra accennato, si è cercato di illustrare,
sulla scia della vigente disciplina, le soluzioni offerte all’investitore dal
nostro sistema giuridico in caso di violazioni delle regole comportamentali
di cui sono onerati gli intermediari, e in particolare, in relazione al danno
che dalla violazione delle regole suddette deriva in capo ai risparmiatori e
all’eventuale suo, successivo, risarcimento.
3
Il Reg. Consob n. 11522 del 1° luglio 1998 e la MIFID (Markest in Financial Instruments
Directive) entrata in vigore il 1 novembre 2007, conclusasi a livello primario con l’emanazione del
d.lgs. 17 settembre 2007, n. 174.
9
Capitolo I
IL CONTRATTO – QUADRO DI INTERMEDIAZIONE
FINANZIARIA
Sommario: PREMESSA; 1.1 Aspetti generali: Il negozio giuridico
e il rapporto obbligatorio nascente dal contratto; 1.2 (Segue) I principi
fondamentali di diritto contrattuale; 1.3 Il contratto – quadro di
intermediazione finanziaria; 1.4 La natura giuridica del contratto – quadro
ed i suoi rapporti con i singoli ordini di acquisto; 1.5 Profili problematici in
tema di prova del conferimento dei singoli ordini di negoziazione
PREMESSA
Il settore finanziario è disciplinato da norme speciali che sovente
derogano profondamente alle norme di diritto comune. L’esigenza di una
disciplina speciale si giustifica alla luce dell’asimmetria informativa, che
come si vedrà più avanti, caratterizza il rapporto tra gli attori di mercato.
L’informazione diventa un bene pubblico, la trasparenza diventa un
obiettivo di interesse pubblico oggetto di scelte di public choice, realizzato
attraverso l’imposizione di particolari doveri e la predisposizione delle
strutture necessarie per la sua concreta attuazione.
La disciplina specifica dei comportamenti degli intermediari
finanziari, che caratterizza il settore in esame, non esclude tuttavia
l’opportunità, e sovente la necessità, di ricorrere alla disciplina di diritto
comune per colmare le inevitabili lacune della legge speciale.
Nonostante il legislatore di settore sia intervenuto piuttosto
analiticamente nel disciplinare la materia in esame, l’ordinamento non ha
10
comunque potuto fare a meno di investire in formule giuridiche e clausole
aperte per assicurare al contratto di investimento la necessaria flessibilità.
In questo contesto, le clausole generali possono, infatti, essere
utilizzate per integrare i contratti incompleti. Il rinvio autonomo da parte
del legislatore delegato ai principi generali posti dal codice civile in tema di
adempimento delle obbligazioni costituisce l’anello di congiunzione tra
diritto comune e legislazione speciale. Per tale via, il regolamento negoziale
tra intermediario e cliente viene automaticamente integrato dalle norme
dispositive del codice civile.
Si vedrà, infatti, che il richiamo dell’art 21 del TUF ai principi della
correttezza, della diligenza e della professionalità rappresenta il momento di
convergenza tra il settore dell’intermediazione finanziaria e lo jus
commune. Questa convergenza si traduce nell’applicabilità, in subjecta
materia, di tutte quelle clausole generali previste nel codice civile e non
espressamente richiamate dal legislatore delegato del ‘98.
Così, a titolo esemplificativo, non solo l’intermediario ma anche il
risparmiatore-creditore dovrà comportarsi secondo le regole della
correttezza ai sensi e per gli effetti dell’art. 1175 c.c., e ciò a prescindere dal
fatto che la legislazione di settore taccia sul punto.
Ne consegue che il contenuto del rapporto obbligatorio tra le parti
viene arricchito da un dovere di lealtà che impone a ciascun contraente di
salvaguardare l’utilità dell’altro, nei limiti in cui ciò non importi un
apprezzabile sacrificio.
La normativa codicistica trova, dunque, applicazione anche laddove si
prefigurino ipotesi di responsabilità derivanti dalla prestazione dei servizi di
investimento.
Anche la disciplina dell’invalidità dei negozi attinge alle regole
generali.
Resta dunque ferma la disciplina di diritto comune, in guisa che
qualora vi siano delle prescrizioni, anche regolamentari, c.d. “mute”,
ovvero silenti sulle possibili conseguenze di eventuali vizi, l’interprete
11
dovrà applicare la disciplina generale delle sanzioni che, in vario modo,
incidono sull’efficacia dell’atto.
Alla luce di quanto appena detto, si è ritenuto indispensabile partire,
per la trattazione del contratto-quadro di intermediazione finanziaria, dagli
aspetti generali della disciplina contenuta nel codice civile per poi passare a
quella speciale contenuta nel TUF e nei suoi regolamenti di attuazione.
1.1 Aspetti generali: Il negozio giuridico e il rapporto obbligatorio
nascente dal contratto
Pochi argomenti hanno formato oggetto di così ampia trattazione da
parte della moderna scienza del diritto, come il negozio giuridico; e, infatti,
dagli inizi del secolo scorso a tutt’oggi, sono stati numerosi gli studiosi che
si sono occupati, ex professo o per connessione con altri temi, dello spinoso
problema.
Ciò nonostante, sarebbe errato ritenere che una così vasta e
approfondita elaborazione dottrinale sia valsa a realizzare in materia
risultati definitivi e soddisfacenti; e ciò in considerazione del fatto che
ognuna delle autorevoli tesi prospettate sul negozio giuridico lascia aperta
la strada a dubbi e difficoltà considerevoli.
Il nostro legislatore ha resistito alla tentazione di imitare l’esempio del
legislatore tedesco (che nel BGB ha inserito una disciplina generale del
negozio giuridico) ed ha preferito limitarsi a dettare una disciplina compiuta
del contratto, senza fare neppure menzione del negozio (nel cod. civ. di
distinguono solo contratti ed atti).
4
Il sistema seguito dal nostro legislatore, dettando le regole per i
contratti ma prevedendone espressamente l’estensione a taluni negozi
giuridici e poi consentendola anche oltre la previsione attraverso lo
4
Nella Relazione del Guardasigilli al Codice Civile (G.U. 4 aprile 1942) l’atteggiamento del
legislatore è spiegato, semplicemente, con l’ossequio alla nostra tradizione giuridica.
12
strumento dell’analogia, offre quindi una base positiva per la costruzione, al
di là del contratto, della figura più generale del negozio giuridico.
5
Nel nostro codice il “negozio” è lessicalmente, addirittura, ignorato,
laddove invece è ricorrente la nozione di “atto” in cui quella di negozio può
ritenersi ricompresa.
Atto giuridico è un fatto giuridico caratterizzato dalla circostanza che
si tratta di un comportamento umano, per la rilevanza giuridica del quale
assume peso, oltre alla consapevolezza, la volontarietà del comportamento.
6
Può quindi accadere che ci si trovi di fronte ad un comportamento
umano e che tuttavia, nel disporre certi effetti, l’ordinamento giuridico
prescinda dalla circostanza che l’evento sia prodotto o meno da un
comportamento umano volontario. Può darsi che preveda un
comportamento umano ma ne faccia conseguire effetti a prescindere dalla
volontarietà o meno dello stesso. Può darsi infine che contempli gli effetti
qualora si tratti di un comportamento umano volontario. Solo in
quest’ultimo caso ci troviamo di fronte ad un atto giuridico.
7
In questa chiave, che è quella della valutazione dell’ordinamento, per
quanto riguarda la distinzione tra fatto e atto giuridico, assume peso
decisivo la circostanza che, nell’atto giuridico, l’ordinamento attribuisce
rilievo alla volontarietà del comportamento. Si deve trattare di un
comportamento posto volontariamente in essere da un soggetto in grado di
intendere e di volere.
Il negozio giuridico, dunque, è un atto giuridico
8
caratterizzato dalla
circostanza che, per la produzione degli effetti giuridici, l’ordinamento tiene
5
È di FERRI la più ampia ed appassionata difesa della categoria in Il negozio giuridico tra libertà
e norma, V ediz., Rimini, 1995. V. anche le belle pagine di SANTORO PASSARELLI, Atto o
forma del negozio giuridico, in Studi in onore di Michele Giorgianni (La forma degli atti nel
diritto privato), Napoli, 1988.
6
Cfr. tra gli altri: SANTORO PASSARELLI, Atto giuridico, in Enc. Dir., IV Milano, 1959, nona
ed., Napoli 1966, pag. 125 e ss.; BETTI, v. Atti giuridici, in Noviss. Dig.it., I, 2, Torino, 1968.
7
BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, in Trattato di diritto civile, diretto da F. Vassalli,
2a edizione, Torino, 1950, pag.3.
8
I fatti della vita umana, che portano conseguenze giuridiche rilevanti nelle relazioni tra gli
uomini, si considerano fatti giuridici. I fatti giuridici si distinguono fondamentalmente in naturali
e umani: i primi sono quelli che non dipendono dall’attività consapevole dell’uomo (quali la
nascita, la morte o una malattia mentale), i secondi, chiamati genericamente atti giuridici, sono
quelli posti in essere da un soggetto di diritto. Una prima distinzione in seno agli atti giuridici è
quella tra atti giuridici leciti e atti vietati: i primi sono quelli consentiti dal diritto, i secondi
13
conto, non solo della volontarietà del comportamento, vale a dire della
volontà del soggetto di porre in essere quell’atto, ma anche delle finalità che
il soggetto persegue con l’atto. Qui la volontà rileva anche come volontà di
dar luogo a certi effetti.
9
In particolare, secondo la definizione di Trabucchi,
10
il negozio
giuridico è “una manifestazione di volontà, rivolta a uno scopo pratico
che consiste nella costituzione, modificazione o estinzione di una
situazione meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.
Modello di tutti i negozi giuridici è il contratto; e questo sia perché,
come si è visto in precedenza, il codice civile non regola il negozio
giuridico in generale, sia perché l’art. 1324 c.c. dispone che “salvo
disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti si osservano in
quanto compatibili per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto
patrimoniale”.
Un intero titolo (il II) del libro quarto del codice civile è, appunto,
dedicato alla disciplina del contratto “in generale” (artt. 1321–1469 c.c.). Si
tratta di una serie di disposizioni con cui il legislatore ha inteso dettare
principi generali e regole specifiche applicabili ai contratti nonché, in
quanto compatibili con la loro natura, agli atti unilaterali.
Per quanto riguarda, nello specifico, i contratti fra investitori-
risparmiatori e intermediari finanziari, aventi ad oggetto la prestazione di
servizi di investimento, questi trovano la propria immediata disciplina nel
Testo unico dell’intermediazione finanziaria (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58)
e nei suoi regolamenti di attuazione; ma sono, nelle loro linee generali,
suscettibili di trovare collocazione fra i contratti aventi una speciale
disciplina nel codice civile e, in particolare, in quel contratto che gli articoli
1852-1857 c.c. regolano sotto il nome di operazioni bancarie in conto
corrente. Si può ben dire che le norme del Testo unico e dei relativi
costituiscono la violazione di un obbligo. Tra gli atti leciti assume rilievo dominante proprio la
categoria degli atti negoziali.
9
Cfr, SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile. Sotto un diverso profilo, si
può dire che nel negozio giuridico, diversamente dall’atto in senso stretto, la valutazione
dell’ordinamento giuridico ha ad oggetto non un comportamento quanto, piuttosto,
l’autoregolamento della parti. Così: SCOGNAMIGLIO, v. Atto giuridico, in Enc. Forense, I,
Milano, 1958.
10
TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova, 2004, pag. 96 e ss.
14
regolamenti integrano e completano, in relazione a quelle specifiche
operazioni che consistono negli investimenti in strumenti finanziari, la
generale disciplina codicistica delle predette operazioni bancarie. Sicché,
anche a questa disciplina così come a quella generale, e non solo a quella di
formazione speciale, si deve far capo per risolvere i problemi sollevati dai
contratti vertenti su servizi di investimento in strumenti finanziari.
11
Come evidenziato dalla giurisprudenza: “Con la stipulazione del
contratto per la prestazione di servizi di investimento, tra i quali rientrano
la negoziazione dei titoli per conto proprio o per conto terzi, la mediazione,
la gestione del portafoglio d’investimento e la ricezione e trasmissione di
ordini, si costituisce fra le parti un rapporto negoziale di durata, a
prestazione periodica (sottolineatura aggiunta), caratterizzato dalla
speciale disciplina (…) Secondo le disposizioni dell’art 30 della delibera n.
11522 sugli intermediari, il contratto ha ad oggetto la prestazione dei
servizi forniti e le loro caratteristiche, la durata del rapporto e le modalità
di rinnovo e di modifica del suo contenuto, le modalità con le quali il
cliente impartisce ordini o istruzioni all’intermediario, la frequenza, il tipo
e i contenuti della documentazione di rendiconto……”.
12
Tale decisione non fa altro che confermare la circostanza che il
contratto, anche nella materia da noi quest’oggi trattata, risulta essere la
fonte del rapporto obbligatorio.
Nell’ottica della presente trattazione, invero, vi sono alcuni peculiari
aspetti della disciplina generale del diritto delle obbligazioni che assumono
un rilievo essenziale; ci si riferisce, in particolare, ai principi di diligenza e
correttezza, che qualificano l’intero rapporto obbligatorio.
Con il primo, sancito dall’art. 1176 c.c., si stabilisce che
“nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon
padre di famiglia”. Diligenza del buon padre di famiglia significa diligenza
dell’uomo medio, il quale con una attenzione e sforzo medio solitamente si
11
L’interprete deve applicare dapprima le regole speciali dei contratti speciali cui esse sono rivolte,
e solo in caso di lacune si ricorre alla disciplina generale.
12
Trib. Roma, 27 febbraio 2008, n. 1572, in Resp. Civ., 2008.
15
impegna nel realizzare i propri doveri, e quindi, anche la prestazione
dovuta.
È evidente, d’altro canto, che l’esattezza, che il debitore può mostrare
nell’adempimento dell’obbligazione, è inevitabilmente diversa a seconda
dell’esperienza e della preparazione professionale del debitore.
Nel caso dell’intermediario finanziario, infatti, avremo di fronte
un’attività di carattere professionale caratterizzata appunto da una specifica
esperienza, conoscenza e organizzazione. È palese, dunque, che la
valutazione della diligenza usata dall’intermediario finanziario
nell’adempimento non potrebbe essere compiuta sulla base del generico
riferimento all’uomo medio, qual è il buon padre di famiglia. Per questo, il
secondo comma dell’art. 1176 c.c. prescrive che, in caso di esercizio di una
attività professionale, tale valutazione debba essere compiuta con riguardo
all’attività esercitata. Ciò significa che la valutazione dovrà essere effettuata
tenendo presenti le regole tecniche che sovraintendono al compimento di
quella determinata attività, con la conseguenza che, dalla avvenuta
osservanza o meno di tali regole tecniche da parte del debitore potrà, nella
maggior parte dei casi, dedursi la sufficienza dell’impegno profuso dal
debitore nell’esecuzione della prestazione dovuta. Quello della diligenza è,
dunque, un criterio attraverso il quale, come fosse una unità di misura
simile al metro lineare, è possibile verificare l’esattezza dimostrata dal
debitore nell’eseguire la prestazione dovuta.
13
Ancora in riferimento al comportamento da tenere in sede di
instaurazione ed esecuzione di un rapporto obbligatorio, altra norma di
fondamentale importanza risulta essere l’art. 1175 c.c., il quale dispone che
“il debitore e il creditore debbono comportarsi secondo le regole della
correttezza”.
Tale principio viene successivamente ripetuto a proposito della
esecuzione del contratto, dall’art. 1375 c.c. (il contratto deve essere
eseguito secondo buona fede), come pure con riguardo alle trattative
contrattuali, dall’art.1337 c.c.; alla interpretazione del contratto,
13
Sul punto v. BESSONE, Istituzioni di diritto privato, Torino, 2008, pag. 457; e TRABUCCHI, in
Istituzioni di diritto civile, Padova, 2004.