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INTRODUZIONE
“L’informazione non è un connotato facoltativo,
ma una delle condizioni essenziali per l’esistenza dell’umanità.
La lotta per la sopravvivenza,
biologica e sociale,
è una lotta per l’informazione”
Jurij M. Lotman
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Il perno attorno cui ruota il nostro intero mondo è l‟informazione.
Sono cambiati i canali di accesso e si sono evolute le modalità di fruizione, è aumentata
esponenzialmente la quantità di dati alla nostra portata, ma informarsi è sempre stata e sempre sarà
un‟esigenza basilare dell‟uomo.
Siamo oggetto ogni giorno di un infinito numero di notizie, molte delle quali archiviamo come
inutili e presto dimentichiamo, molte che tentiamo di memorizzare. Riceviamo una serie di impulsi
di ogni genere che indipendentemente dalla loro forma (visiva, scritta, sensoriale) sollecitano i
nostri sensi e la nostra mente fornendoci, che lo vogliamo o no, un‟informazione.
Informazione: una parola tanto semplice quanto complessa, che nella storia ha ispirato una serie di
studi in merito e diversi tentativi di definire un concetto così ampio e volatile. Ecco alcune delle
definizioni che si sono succedute fino ad oggi:
Georges Ifrah
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nel 1469, nell‟ "Enciclopedia universale dei numeri", così si esprime dando una
prima definizione elaborata del concetto:
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Yurij Michajlovič LOTMAN (San Pietroburgo 1922 – Tartu 1993) è stato linguista e semiologo russo. È ricordato
come il fondatore della culturologia nonostante abbia toccato varie discipline tra cui la teoria della cultura, la storia, la
semiotica, le arti, la letteratura e la robotica. Tra le più influenti opere semiotiche si ricordano Semiotica del cinema,
Analisi del testo poetico e La struttura del testo artistico. È inoltre fondatore del termine Semiosfera.
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“Un'informazione è una coppia costituita:
da una rappresentazione materiale (che ne costituisce il formante)
da un insieme di interpretazioni (che ne costituisce il formato),
la cui natura, evenemenziale, consiste in un cambiamento di stato che, tramite l'occorrenza di tale
rappresentazione materiale, provoca l'attivazione del corrispondente campo interpretativo, secondo
le regole fissate da un codice prestabilito.”
Shannon e Weaver
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svilupparono invece nel 1948 una teoria di rilevanza evidente che è ancora
riconsiderata e studiata in ambito sociologico: “The mathematical theory of communication”.
Esclusero il secondo punto della precedente definizione riguardante la parte interpretativa, e
misurarono solo il grado di sorpresa nel ricevente.
L‟idea di base è la percezione del sistema comunicativo come unilaterale e lineare; il messaggio
non viene studiato in base al suo significato ma quantificato in base al suo grado di complessità o
sorpresa: al crescere dell‟incertezza nel ricevere un messaggio, cresce anche la quantità di
informazione.
La definizione che ne deriva è la seguente:
“La quantità di informazione è una misura espressa in bit della libertà di scelta di cui si dispone
nello scegliere un messaggio dall'insieme di quelli disponibili, anche se senza significato.”
Un‟ultima definizione, moderna, più attuale e che potremmo trovare nei nostri dizionari definisce
l‟informazione con poche parole identificando il concetto in termini molto generici come “Tutto ciò
che riduce l’incertezza”.
Dopo un breve excursus tra queste interpretazioni più o meno datate del concetto abbandonerò la
mia parentesi introduttiva focalizzandomi su quello che concretamente sarà l‟oggetto di questo
elaborato.
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Georges IFRAH (Marrakech 1947) è un insegnante statunitense di matematica ed autore e storico della matematica. Si
è occupato anche della matematica della comunicazione e del mondo dei computer.
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Claude Elwood SHANNON (Petoskey 1916 – Medford 2001) fu matematico ed ingegnere statunitense ed è il padre
della crittografia; con Warren WEAVER, anch‟egli matematico negli USA, è ricordato come il padre della Teoria
dell‟informazione.
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In questo contesto mi trovo a dover distinguere le informazioni ottenute involontariamente, quelle
che ci investono in quantità enormi ogni secondo, da quelle ricercate consapevolmente, quelle che
in qualche modo richiedono un nostro sforzo per accedervi.
Il mio intero lavoro, com‟è facile intuire, intende concentrarsi su queste ultime ed andare ad
individuare come, perché e attraverso quale mezzo l‟individuo medio Italiano cerca una notizia.
Viviamo nell‟era del digitale e del virtuale, siamo parte di un estesissimo villaggio globale.
I media, come Marshall Mc Luhan
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fu il primo a sostenere, estendono i nostri sensi all‟inverosimile,
possiamo vedere in tempo reale cosa accade sull‟altro lato del globo, partecipare ad una conferenza
senza alzarci dalla nostra scrivania; i mezzi di comunicazione di massa sono le “protesi dei nostri
sensi”, per citare le parole del teorico che ha rivoluzionato la concezione del sistema comunicativo.
Le tecnologie sono in rapida evoluzione e tutti siamo impegnati in una folle corsa per rimanere “al
passo coi tempi”. Ma è davvero così per tutti? Siamo tutti così interessati alla comunicazione ed
all‟informazione globale? A tutto il mondo è consentito l‟accesso alle immagini, alle notizie?
La risposta è semplice quanto ovvia: no.
Non tutti nel mondo abbiamo le stesse opportunità, benché molti paesi siano mercati fortemente in
espansione e stiano ottenendo vantaggi anche in questo ambito.
Ciò che può essere più interessante analizzare è però il panorama italiano quindi il mio scopo è
indagare l‟impiego e la disponibilità dei mezzi di comunicazione di massa ed in particolare dei
nuovi canali di accesso all‟informazione in un‟area di indagine limitata alla nostra penisola.
L‟obiettivo è quello di individuare dunque l‟andamento del Digital Divide nel Paese e di relazionare
la nascita di nuovi media al divario stesso.
Al crescere della varietà di supporti e delle proposte tecnologiche le disuguaglianze, anziché
estinguersi, si rigenerano con nuove dinamiche e nuove caratteristiche. In sostanza una volta che si
attenuano le differenze riguardo ai media classici iniziano a vedersi incrementate quelle relative ai
media di ultima generazione; dunque quando sarà condiviso l‟accesso ad internet il divario finirà
per trasporsi ad un altro livello, ad esempio potrà caratterizzare l‟accesso al Web tramite mobile.
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Herbert Marshall MCLUHAN (Edmonton 1911 - Toronto 1980) è un sociologo canadese. Si è occupato in particolare
della comunicazione e dei suoi effetti sulla società e sugli individui. È ricordato per la definizione di “Villaggio
globale”, per la distinzione tra “media caldi” e “media freddi” e per il famoso assunto e concetto “Il medium è il
messaggio”.
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Il 2009 è stato l‟anno della crisi dell‟informazione, la notizia come siamo abituati a concepirla nella
sua veste tradizionale non esiste più; il giornalista come interprete e mediatore autorevole tra fatto e
opinione pubblica perde parte della sua rilevanza.
L‟informazione si trova di fronte ad una serie di sfide e ad una serie di fenomeni che rivoluzionano
il suo intero mercato.
Ci riferiamo prima di tutto all‟avvento di internet ed in particolare ai molteplici canali di accesso
alle conoscenze, anche gratuiti, che sembra sottraggono utenti ai mass media tradizionali, in
particolare alla stampa.
In secondo luogo dobbiamo far fronte ad un mercato pubblicitario sempre più centrale nel mondo
dell‟informazione e ad un restringimento del pluralismo relativamente ad alcuni canali: la proprietà
dei media ricade nelle mani di pochi a causa di fenomeni di politica economica ed industriale
polarizzando il sistema. Inoltre ricordiamo che l‟Italia costituisce un‟eccezione sotto svariati punti
di vista, in particolare si differenzia da altri stati per la sostanziale assenza di editori puri.
Il ruolo di terzietà rispetto alla notizia che ha caratterizzato fino ad oggi il giornalista viene meno a
fronte della nascita del cosiddetto “Citizen Journalism”, giornalismo partecipativo, fenomeno grazie
al quale tutti possiamo diventare redattori ed editori grazie alle possibilità offerte dai nuovi network.
Parleremo più o meno approfonditamente di questa evoluzione della notizia e di come attualmente
sia veicolata, di come gli italiani si attivano per reperirla e soprattutto dei nuovi mezzi di
comunicazione di massa e della loro incidenza nella società.
È d‟obbligo premettere che ogni dato raccolto è abbastanza recente, va dunque interpretato anche
alla luce della profonda crisi economica che investe il mondo in questi ultimi anni.
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Capitolo 1
Il DIVARIO DIGITALE
1.1 Il fenomeno
È evidente e condiviso come le possibilità di accesso all‟informazione siano filtrate da una serie di
condizioni come l‟acquisto di un quotidiano, la presenza di un televisore in casa, di una radio; se
parliamo di accesso all‟informazione tramite i nuovi media i vincoli e le barriere si moltiplicano.
Basti pensare a quanto sia materialmente necessario: un computer, una connessione Internet, un
browser ed una connessione abbastanza veloce da consentire la fruizione di qualsiasi titolo
multimediale; eppure tutto ciò non è sufficiente poiché sarebbe del tutto inutile senza l‟insieme
dell‟esperienza e delle conoscenze che consentono di utilizzare questi mezzi in modo efficace.
La semplice consultazione di una banca dati può risultare complessa se non impossibile quando non
si posseggono le conoscenze necessarie, la richiesta di registrazione ad un sito può risultare una
barriera.
In Italia, come nel resto dell‟Europa, queste conoscenze non sono universalmente condivise, anzi, è
sempre più evidente la differenza tra chi è in grado di procurarsi informazione e conoscenza tramite
i nuovi canali che l‟elettronica fornisce e chi invece si affida ancora ai mezzi tradizionali.
Questo fenomeno è identificato come “DIGITAL DIVIDE”, ovvero “divario digitale”.
Il termine è stato utilizzato inizialmente negli Stati Uniti dall‟Amministrazione Clinton-Gore ed è
stato descritto come “la non omogenea fruizione dei servizi telematici tra la popolazione
statunitense”.
Possiamo definirlo dunque, più in generale, come divario esistente tra chi può accedere alle nuove
tecnologie, e dunque a tutte le possibilità che esse offrono, e chi ha ancora preclusa questa facoltà.
Le cause alla base del DD sono ancora ad oggi oggetto di studio, è però condiviso che le condizioni
economiche, sociali, l‟istruzione e l‟assenza di infrastrutture siano le principali limitazioni
all‟accesso al digitale.
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1.2 Le Origini
Controverso è da dove derivi l‟espressione “Digital Divide”, ancora non si è giunti a stabilirne la
paternità.
In particolare si riconosce l‟ingresso ufficiale del concetto nella letteratura nel 1999 ad opera dello
US Departement of Commerce. Fu infatti in quell‟anno pubblicato il terzo rapporto della National
Telecommunication and information Administration che includeva un documento dal titolo:
“Falling through the Net: Defining the Digital Divide”.
Il responsabile della pubblicazione in quegli anni era Larry Irving che però con questa frase declinò
la paternità dell‟espressione: “Io ho certamente rubato il termine ma non ricordo a chi”.
Secondo il rapporto statunitense la corretta definizione del fenomeno è molto semplice: “Il divario
tra quelli che hanno accesso alle nuove tecnologie e quelli che non lo hanno”.
Da allora la definizione verrà circoscritta in particolare ad internet ed alle possibilità di accesso alla
Rete.
Ciò che genera questo divario è in sostanza un‟opposizione binaria tra “information haves” and
“information have nots”.
Dal momento in cui, negli anni ‟90, il Digital Divide divenne un fenomeno diffuso ed un concetto
condiviso, si svilupparono filoni di pensiero ad esso avversi e critiche sui campi di applicazione.
Come è naturale già nei primi anni 2000 cominciarono a circolare articoli che contestavano la reale
esistenza e rilevanza di una tal situazione.
Tale opposizione si concretizzò in una serie di scritti tra i quali possiamo citare Second Thought:
Toward a critique of the Digital Divide (Gunkel 2003), Virtual Inequality: Beyond the Digital
Divide (Mossberger, Tolbert, Stansbury, 2003), seguiti da molti altri che scelgono una chiave di
lettura del fenomeno differente o che si concretizzano in indagini analitiche del rapporto media-
società.
1.3 Le dimensioni
Il Digital Divide è un fenomeno pervasivo della società che non si riferisce al solo accesso alla Rete
ma che deve essere appunto posto in relazione con la società ove si riscontra il Divario stesso.
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Il Divario nell‟accesso è comunque fondamentale, benché non unico, in quanto si riflette su tutti gli
altri aspetti di disuguaglianza accentuandoli e rinforzandoli.
In sostanza il Divario Digitale si articola su quattro dimensioni fondamentali: le motivazioni,
l‟accesso, le competenze e l‟uso.
- Le MOTIVAZIONI:
Sono il motore e l‟origine dell‟accesso in quanto si è portati a visitare il Web se vi sono sufficienti e
concrete motivazioni per farlo, sono l‟origine e la spinta all‟impiego della tecnologia.
- L‟ACCESSO:
Con accesso non si intende necessariamente la connessione alla Rete, ma, più ampiamente, ci si
riferisce alla qualità ed all‟autonomia della connessione.
La qualità in particolare è legata all‟estensione della banda larga e non a caso la dimensione accesso
è distinta tra:
Accesso Formale: disponibilità fisica (>diffusione banda larga, > soddisfazione)
Accesso Effettivo: possesso delle competenze necessarie
Accesso Sociale: Capacità d‟uso
Accesso Tecnologico: disponibilità di mezzi tecnici/fisici per la connessione e la
navigazione in Rete, dal computer ai cavi di connessione o la presenza di una Rete wire-
less.
A queste dimensioni se ne aggiungono altre, meno tecniche e più culturali/sociali:
Accesso finanziario: intendiamo con ciò i costi fisici iniziali per la strumentazione ma
anche quelli consistenti di mantenimento e di apprendimento o divulgazione delle
conoscenze basilari necessarie.
Accesso cognitivo: il livello di abilità minimo, la capacità indispensabile di trovare ed usare
le informazioni
Accesso di Design: Parliamo di requisiti come usabilità ed accessibilità che devono essere
forniti e garantiti dal Web.
Accesso istituzionale: consiste in tutti i canali di accesso al di fuori dell‟ambiente
domestico, dai caffè agli Internet-point, alle Università
Accesso Politico: la situazione politica dello stato di riferimento e l‟orientamento
favorevole o meno del sistema governativo alla tecnologia.
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Parlando di Autonomia della connessione ci riferiamo principalmente al luogo dal quale ci si
connette: l‟abitazione personale, il posto di lavoro, locali pubblici o Internet-point, presso istituzioni
scolastiche, tramite amici e conoscenti.
Tale variabile può largamente influenzare il nostro impiego in quanto l‟utilizzo in luoghi differenti
comporta differenti limiti.
L‟accesso sul lavoro, ad esempio, può essere vincolato dalla posizione gerarchica occupata o dai
software disponibili; l‟utilizzo tramite Internet-point o tramite computer di altri è limitato dal tempo
e dalla dimensione sociale, in particolare tendiamo ad autoimporci limiti nella navigazione in
presenza d‟altri. Non visitiamo alcuni siti poiché scatta un sistema di insicurezza e accettazione
sociale, alcuni nostri interessi possono essere ritenuti non dignitosi, infantili; in sostanza studi
sociologici e psicologici dimostrano come i nostri comportamenti siano del tutto genuini e non
condizionati quando siamo soli.
E la grande potenzialità del web è proprio questa, la consultazione individuale, che ci consente di
muoverci indisturbati ed in almeno apparente anonimato consentendoci di reperire informazioni cui
altrimenti rinunceremmo.
A fronte di una serie di studi in proposito, soprattutto negli Usa, si è cercato di incentivare la
“Domestication of Internet” per una lettura del web in ambito famigliare che non coinvolga dunque
sistemi sociali e dinamiche relazionali/strutturali.
Un altro vantaggio concreto dell‟utilizzo personale è il cosiddetto “Learning by doing”, una delle
modalità di alfabetizzazione tecnologica più adottata dagli internauti, imparare facendo. Intendiamo
con ciò l‟apprendimento tramite l‟uso ripetuto che consente di manipolare e di padroneggiare le
conoscenze minime per sfruttare le opportunità della Rete.
In ultimo, ma non di minor importanza, va considerato l’accesso ai contenuti ed in particolare le
questioni legate ad usabilità ed accessibilità.
Parlando di Web ci riferiamo a contenuti in gran parte in lingua inglese ed ad un sistema di
informazioni che non rappresenta l‟intera società bensì, secondo Warschauer
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e altri studiosi, la
società media americana. Dunque Internet, benché veda un esponenziale aumento dei suoi
contenuti, non si adegua alle differenze sociali e non necessariamente risponde ai bisogni
informativi delle diverse comunità sparse per il mondo.
5
Mark Warschauer è un ricercatore dell‟università delle Hawai‟I, si è occupato delle nuove tecnologie
nell‟insegnamento della lingua valutandone le implicazioni sociali culturali e cognitive. Tra le sue opere E-Mail for
English Teaching, Virtual Connections, and Telecollaboration in Language Learning.
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Abbiamo poi problemi riferibili più specificatamente all‟architettura del sito, alla sua strutturazione;
la Rete non consente sempre un accesso omogeneo, a questo proposito è fondamentale un lavoro
sull‟accessibilità e dunque l‟estensione della possibilità di fruizione dei siti a chiunque attraverso il
superamento anche di menomazioni o handicap fisici.
Parleremmo più approfonditamente del tema in seguito.
- Le COMPETENZE:
La rete è un organismo potenzialmente infinito, complesso ed in continua evoluzione; per poter
padroneggiare un universo così articolato sono evidentemente necessarie competenze di diversa
entità a seconda della profondità dell‟uso che si vuole fare del Web.
Per sfruttare dunque le potenzialità del sistema della rete e padroneggiare una enorme quantità di
dati è necessario disporre di competenze che vanno via via aggiornate di pari passo con
l‟evoluzione tecnologica.
Warschauer definisce le competenze suddividendole in categorie denominate “Computer literacy”,
“electronic literacy”, “digital literacy”, “multimedia literacy” e trovando la definizione migliore in
“electronic literacy”, un termine che include gli altri identificando le molteplici forme di literacy
dell‟era della comunicazione.
Jan Van Dijk
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parla di Competenze Digitali nel 2005 intese come “l‟insieme delle competenze
necessarie per operare con il computer e la Rete, cercare e selezionare informazioni presenti in essa
e usare tali informazioni per raggiungere i propri obiettivi”.
Tali competenze si articolano secondo Dick su tre livelli: “competenze operative”, “competenze
informazionali”, “competenze strategiche”.
Le Competenze operative sono quelle di cui l‟individuo necessita per utilizzare computer a livello
tecnico di software e hardware.
Le Competenze Informazionali sono invece sostanziali per la selezione e la ricerca di informazioni
tramite la Rete.
In ultimo le Competenze Strategiche consentono di raggiungere gli obiettivi prefissati e di
migliorare o modificare la propria posizione nella società.
In sostanza le competenze costituiscono un vero e proprio requisito all‟accesso ed una distribuzione
disomogenea di tali abilità digitali è una delle più consistenti e rilevanti cause di disuguaglianza.
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Jan van DIJK (1952) è professore di sociologia e scienze della comunicazione all‟università di Twente. È insegnante e
ricercatore, si occupa di sociologia dell‟informazione e nuovi media. Ha sviluppato il concetto di Network society e
spiegato il fenomeno del Digital Divide a partire dalle differenze nell‟accesso fisico alla tecnologia e per studiare poi le
disuguaglianze nelle competenze digitali.
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- L‟USO
Internet è un “Meta-Medium”, così definito da Agree nel 1998 poiché è “Un insieme di servizi
stratificati che rendono facile costruire nuovi media con quasi tutte le caratteristiche che si
vogliono”.
Con ciò intuiamo come gli usi del Web possono essere dei più vari e richiedano livelli di
competenza differenti. In particolar modo “Pew Internet and american live project”
7
nel 2007
identifica sette classi in cui suddividere i vari usi: comunicazione, ricerca di informazioni,
produzione di informazione, downloading, media streaming, transazioni commerciali ed
economiche, intrattenimento.
Naturalmente alcuni usi sono più diffusi ed altri meno, ad esempio il 90% degli internauti controlla
la posta ed utilizza motori di ricerca, il 38% paga conti on-line ed il 27% scarica musica.
Dunque è ovvio che internet offra un ampissimo ventaglio di opportunità che vengono colte o
meno a seconda degli interessi e delle motivazioni dei singoli utenti.
1.4 Un caso: I Silver Surfers
I Silver Surfers sono gli utenti della rete oltre i 65 anni di età che paiono essere totalmente esclusi
dalla tecnologia e dai suoi utilizzi e aggiornamenti. Idealmente si collocano dunque appieno nella
categoria virtuale degli “information have nots”.
Il nome “Silver surfers” è ripreso da un fumetto creato da Stan Lee e Jack Kirby nel 1966 e
pubblicato da Marvell comics il cui protagonista è appunto un surfer dello spazio. Nel nostro caso
lo spazio cui ci riferiamo è quello della Rete.
Contrariamente a quanto possiamo immaginare, secondo un‟indagine dell‟organismo di vigilanza
sulle telecomunicazioni del Regno Unito, gli over-65 si collocano tra gli internauti che trascorrono
maggior tempo su internet. Chiaramente la percentuale di utenti del web over-65 non è consistente
ma non tutti sono del tutto estranei alle tecnologie di ultima generazione.
Ma qual è il ruolo di questa fascia d‟età in rete? I Silver Surfers compiono ricerche ma fanno anche
acquisti, prenotano viaggi ed hotel e gestiscono addirittura il conto bancario.
7
Il Pew Internet & American Life Project è uno dei sette progetti del Pew Research Center , organizzazione imparziale
e no-profit che si occupa di fornire indagini, informazioni e tendenze che plasmano l‟America e il mondo. Il Progetto
Life esplora e riporta l‟impatto e le implicazioni di Internet sulle famiglie, comunità, al lavoro e a casa, nella vita di tutti
giorni, nell‟educazione e nella vita civica e politica.
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Tale rapporto come è facile immaginare non può essere applicato alla realtà italiana dove la
tendente sfiducia nei confronti dell‟innovazione è un vincolo alla diffusione dell‟utilizzo del Web
anche da parte degli anziani.
Enti nazionali e regionali hanno tentato di combattere questa tendenza fornendo corsi di
introduzione al Web e software che semplificano la navigazione agli utenti meno esperti.
L‟Indap, Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, ha messo
ad esempio a disposizione un breve corso on-line all‟accesso alla Rete, gratuito per gli over-65 e la
regione Lombardia ha distribuito ELDY, il primo software gratuito in Italia dedicato agli anziani.
1.5 Global Digital Divide
Recentemente il concetto originario di Divario Digitale ha subito una rivisitazione e si è coniata
l‟espressione di “GLOBAL Digital Divide”: con ciò intendiamo l‟estensione del DD a livello
appunto globale. Si tratta delle differenze d‟accesso alle tecnologie tra nazioni del mondo intero. Il
divario è tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, in sostanza si vuole dimostrare la sostanziale
divisione geografica della cultura tecnologica.
Nelson Mandela
8
nel 1995 sosteneva: “In the twenty-first century, the capacity to communicate will
almost certainly be a key human right. Eliminating the distinction between the information-rich and
information-poor is also critical to eliminating economic and other inequalities between North and
South, and to improve the life of all humanity.”
La rapida evoluzione delle tecnologie ha portato molte nazioni ad un rilancio economico, citiamo ad
esempio la Cina ed il Giappone che investendo nel digitale sono oggi potenze economiche a tutti gli
effetti. Ma vi sono anche conseguenze meno positive poiché il progresso rapido ha costretto a
“lasciare indietro” tutti coloro che non hanno risorse e competenze sufficienti, ciò ha creato
discrepanze colossali e che vanno man mano accentuandosi, direttamente proporzionali
all‟evoluzione tecnologica.
8
Nelson Rolihlahla MANDELA (Transkei 1918) è un politico sudafricano, è stato il primo presidente nero del
Sudafrica dopo la fine dell‟apartheid contro la quale ha combattuto per anni organizzando sabotaggi e guerriglia. Fu
incarcerato per 27 anni a causa della sua opposizione. Nel 1993 insignito del Premio Nobel per la Pace.
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Dall‟era dell‟informazione gli stati civilizzati non hanno potuto che trarre vantaggio, gli stati del G8
(Canada, Usa, Italia, Francia, Germania, Giappone, Uk, Russia) concentrano nel loro territorio il
50% degli utilizzatori del Web al mondo. La penetrazione di Internet è favorita o ostacolata da
fattori socioeconomici, linguistici e tecnologici; scarsa disponibilità economica, una cultura
tradizionalista costituiscono dunque la ricetta per divenire vittime del Divario Digitale.
La diffusione di Internet è stimata all‟1% per stati come il Bangladesh mentre è attorno al 65% in
paesi come l‟Australia, la Korea . Le tre nazioni al vertice in quanto a diffusione della banda larga
sono Korea, Hong Kong e Olanda secondo un‟indagine WSIS
9
del 2005.
Nel 2002 si è rilevato come l‟88% degli internauti siano riconducibili agli stati industrializzati che
ospitano solo il 15% della popolazione mondiale.
Hans Singer nel 1970 fu il primo ad introdurre il concetto di “dualismo tecnologico internazionale”,
con il quale intendeva lo sviluppo differito e non equo delle scienze e della tecnologia tra paesi
ricchi e poveri.
Nasce così il Global Digital Divide che coinvolge aspetti economici, educazionali e sociali secondo
Pick e Azari
10
(2008) che ne danno anche una completa definizione: "rapidly growing disparities in
the utilization, expenditure, and availability of technology in the world".
1.6 Conseguenze
Le conseguenze di un Divario Digitale non sono del tutto prevedibili, ma è evidente come la
tecnologia costituisca un vantaggio concreto per coloro che la padroneggiano oggi, nei giorni della
transizione e di una rivoluzione tecnologica, ma soprattutto nel futuro quando sarà un requisito per
essere parte integrante dl sistema sociale.
9
WSIS sta per The World Summit on the Information Society che si è svolto in due fasi, la prima a Ginevra ospitata dal
Governo svizzero nel 2003, la seconda a Tunisi nel 2005.
La prima fase si è occupata di determinare step ideali per la nascità di una società dell‟informazione aperta a tutti, la
seconda fase invece si è concentrata sull‟attuazione delle direttive della prima allo scopo di trovare soluzioni e accordi
per il governo globale di Internet.
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James B. Pick e Rasool Azari, entrambi ricercatori presso l‟Università di Redlands, CA. hanno pubblicato insieme
nel 2005 Technology and Society: Socioeconomic Influences on Technological Sectors for United States Counties e nel
2004. Socioeconomic Influence on Information Technology: The Case of California sull‟International Journal of
Information Management.Azari si è occupato in particolare dell‟impatto dei fattori socioeconomici sul cambiamento
tecnologico, Pick si è concentrato sul sistema informativo del Management e sul sistema informativo geografico
occupandosi anche si studi sulla popolazione.