Capitolo 1 Introduzione storica e culturale 13
Francesco Ciprian Università degli studi di Udine
Tesi di laurea, a.a. 2010/2011 Facoltà di Ingegneria, corso Scienze dell’Architettura
Mimar Koca Sinan e le costruzioni a cupole seriali Relatore: Mauro Bertagnin
nell’architettura ottomana del XV e XVI secolo. Correlatrici: Anna Frangipane, Sonia P. Gennaro
L’Islam, oltre ad essere una religione, è una rigorosa interpretazione della vita nel mondo, capace di assorbire e
fondere in sé quasi ogni differenza di nazione e di etnia. Il fedele mussulmano ha indubbiamente una mentalità
diversa dal cristiano occidentale contemporaneo perché la religione influenza la vita in ogni suo aspetto e di
conseguenza, anche l’architettura. Il non riconoscere l’esistenza di forme artificiali paragonabili alla natura e
destinate in partenza alla caducità lo preserva da una sopravvalutazione della natura stessa e da un’eccessiva
contemplazione del paesaggio e delle creature, anche se ammira la perfezione del creato e professa il piacere
delle belle forme. Ne consegue, in ogni forma artistica, il ripudio di uno diretto realismo. Non è facoltà
dell’artista eternare in senso realistico con la mimesi ciò che è destinato prima o poi a perire. Inoltre va
considerato l’atteggiamento estremamente monoteista della religione islamica. Il pericolo dell’idolatria fece
vietare la produzione di opere d’arte che potessero comunque condurre a un’adorazione culturale. Ne il Profeta
1
,
né qualsiasi altro personaggio ritenuto Santo, poteva essere rappresentato in forma figurativa, nel suo aspetto
esteriore o vita terrena, ai credenti. Da queste considerazioni deriva una civiltà spiritualmente unitaria, anche
nell’atteggiamento di una creazione artistica. Nonostante ciò, il formarsi di uno stile unitario, islamico prima e
ottomano in seguito, non fu facile e immediato come si potrebbe a questo punto pensare. Un iniziale punto di
partenza fu l’Egira
2
di Maometto che, spostatosi dalla Mecca, si insediò a Medina assieme ad un gruppo di
fedeli. Qui il Profeta e i suoi fedeli seguì una vita semplice senza l’ambizione, né la necessità, di costruire edifici
monumentali o lussuose dimore a dimostrazione della loro crescente potenza. I primi adepti della religione
islamica usarono la casa del Profeta a Medina come luogo di preghiera, senza sentire la necessità di creare veri e
propri spazi adibiti esclusivamente a cerimonie di culto e preghiere. Con lo sviluppo e l’espandersi dell’Islam,
ovunque i fedeli si spostavano e si insediavano, anche al di fuori dell’Arabia, si crearono centri di culto e
preghiera. Maometto, trasferitosi a Medina, inizialmente pregò rivolto verso Gerusalemme, vedendo quanta
importanza vi dava la maggiore comunità della città, gli Ebrei. Egli pensava che se voleva convivere con gli
ebrei e indurli ad una successiva conversione doveva trovare un punto di incontro. La comunità ebraica si
dimostrò però sorda agli sforzi del Profeta tanto che, durante il secondo anno dell’Egira, il rapporto tra le due
comunità divenne teso a tal punto da troncarsi del tutto. La prima conseguenza vide il mutamento della qibla:
Maometto decise che il centro del mondo non era più Gerusalemme ma la Ka’ba, primo luogo di culto della
Mecca.
1
Nel presente testo e nella maggior parte dei libri con il termine Profeta si vuole indicare Maometto (Muhammad).
Nell’Islam viene riconosciuto Maometto come ultimo e definitivo profeta e vengono riconosciuti, tra i tanti, anche figure
bibliche nel ruolo di profeti come Adamo, Noè, Abramo, Isacco, Elia, Enoch, Ismaele, Giacobbe, Giuseppe, Mosè, Davide,
Salomone, Giovanni Battista e Gesù di Nazaret.
2
La parola indica una emigrazione, un trasferimento. L’Egira per antonomasia è appunto quella organizzata nel 622 da
Maometto dalla Mecca verso la città di Yathrib, poi chiamata Medina, Madīnat al-Nabī, Città del Profeta. I motivi che
spinsero Maometto fuori dalla Mecca furono la crescente ostilità dei suoi concittadini ma anche il fatto che le tribù di Yathrib
gli offrivano la possibilità di assumere un comando super partes nella gestione dei rapporti tra le varie comunità. L’Egira di
Maometto, più che rappresentare una fuga, sancì la nascita del primo nucleo di Stato islamico. La data dell’Egira coincide
anche con l’inizio del calendario islamico.
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nell’architettura ottomana del XV e XVI secolo. Correlatrici: Anna Frangipane, Sonia P. Gennaro
Le prime ampie moschee ai confini dell’Impero
furono realizzate con materiali modesti come
argilla e tronchi di palme e ricoperte da foglie di
palma impastate d’argilla. Si trattò soprattutto di
offrire ai combattenti per la fede un riparo dal
sole e, in caso di bisogno, da attacchi nemici. A
tal fine i muri perimetrali erano spesso rinforzati e
contornati da torri guarnite di merli.
Successivamente, con il continuo crescere del
numero dei fedeli mussulmani, le moschee
divennero veri e propri edifici stabili costruiti con
solide mura di pietra. Questi centri non erano solo
luoghi di culto per pregare e svolgere cerimonie,
ma servivano come centro di ritrovo per la
comunità o luogo di incontro per le decisioni
comunitarie. Le prime moschee ebbero la stessa
impronta architettonica; di forma rettangolare o
quadrata, a pianta ipostila con ampi spazi interni
necessari all’incontro di tutta la comunità, inoltre
la pianta rettangolare permetteva facili
ampliamenti qualora fossero necessari. In Iraq
sembrano esserci state le prime costruzioni con
questa particolare impostazione. All’interno delle
prime rudimentali moschee troviamo già elementi
caratteristici come il mimbar mentre la qibla non
era indicata da una nicchia, ma da una grande
profondità colonnata. Il califfo al-Mutawakkil,
riconosciuto Principe dei Credenti nel 847, fece
costruire a Sāmarrā
3
una grande moschea corrispondente ai profili appena descritti (Figura 1). La grande
moschea consisté di un immenso rettangolo definito da muri in mattoni cotti con bastioni. Ai giorni d’oggi sono
rimasti solo i muri d’ambito, mentre il tetto e le relative strutture portanti sono scomparsi. I muri sono del
considerevole spessore di 2,65 m, composti di mattoni rosso chiaro di forma quadrata mentre i bastioni sono di
pianta pressoché semicircolare. Internamente la moschea era suddivisa da ventiquattro ordini di sostegni
delimitanti venticinque navate. Alcuni anni dopo aver costruito la moschea di Sāmarrā, al-Mutawakkil decise di
3
Antica città nell’Iraq centrale di circa 70.000 abitanti. Sotto la giurisdizione del governatorio di Baghdad è situata sulla riva
est del Tigri, a 100 km circa dalla capitale.
Figura 1 - Pianta Moschea di Sāmarrā, califfo al-Mutawakkil.
(Creawell, L’architettura islamica delle origini, pag 306)
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fondare una nuova città a nord di Sāmarrā, in una località chiamata Mahusa. La moschea di Abū Dulaf (Figura
2), destinata ad essere la moschea della nuova città, al-Ja’farīya, fu suddivisa in diciassette navate da sedici
arcate di cinque archi ciascuna. Queste arcate, invece di proseguire fino alla parete di fondo, terminano in pilastri
a T, e reggono un arcata trasversale di tredici archi. I muri perimetrali in mattoni d’argilla hanno spessore di 1,60
m circa.
Successivamente si incominciarono a convertire in moschee chiese e templi cristiani attivi o in disuso.
Nonostante ciò, i casi sono inizialmente rari perché i conquistatori islamici tendevano a preservare le tradizioni
locali e perché i luoghi di culto islamici,
contrariamente a quelli cristiani, necessitavano di
ampi spazi aperti. La conversione delle chiese
cristiane in moschee ebbe inizio nel VII secolo,
quando i mussulmani invasero e conquistarono la
Siria
4
. In questo paese la qibla è in direzione sud,
mentre le chiese sono orientate a est, perciò per
convertire una chiesa alla funzione di moschea
bastava solo chiudere l’accesso ovest, praticare
nuove aperture nel lato nord e pregare
raccogliendosi nel senso longitudinale delle
navate. Quando i guerrieri mussulmani
conquistavano una città siriana adattavano una
delle chiese in moschea o semplicemente ne
condividevano una con la popolazione locale. Se
la città invece non si arrendeva facilmente, come
fu il caso di Aleppo, oltre la metà delle chiese
venivano trasformate in moschee.
Durante i primi 50 anni che seguirono l’inizio
della conquista islamica, la moschea divenne
definitivamente un nuovo concetto di costruzione
destinato ai vari bisogni richiesti dalla comunità
di fedeli. I primi casi esemplificativi sono quelli
delle moschee a Medina, Gerusalemme e
Damasco. Tutte e tre le moschee hanno in comune
l’essere ampi spazi con molteplici supporti interni,
4
Gli invasori islamici del VII secolo trovarono la Siria un paese ricchissimo di materiale da costruzione. Il calcare siriano era
il migliore perché resisteva alle intemperie ed acquistava con il tempo una patina color ambra. Il legno di cedro, proveniente
dalla vicine foreste del Libano, era abbondante. Per questo motivo le chiese che gli islamici si trovarono a convertire in
moschee erano di robusta costruzione e di elegante aspetto. Per contro, nel mondo culturale persiano, gli Islamici trovarono
costruzioni per lo più realizzate con mattoni di argilla cruda.
Figura 2 - Pianta Moschea di Sāmarrā, Abū Dulaf. (Creawell,
L’architettura islamica delle origini, pag 312)
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flessibili e dotati di una facile funzione interna, tipica delle pianta ipostile. Tutte e tre le moschee vennero
pesantemente decorate da elementi marmorei, ceramiche, rifiniture in legno e videro, per la prima volta, apparire
nel muro della qibla, il mihrab sotto forma di nicchia decorata in svariati modi. La nicchia indicante la qibla può
essere paragonata all’abside delle chiese cristiane, ma non ne aveva lo stesso significato liturgico e non sporgeva
all’esterno della costruzione, anzi molte volte la nicchia era solo accentuata nello spessore del muro. Solo la
moschea di Damasco (Figura 3) è sopravvissuta negli anni ed ha subito interventi di recupero e restauro che né
hanno modificato l’aspetto originale però solo marginalmente. La pianta della moschea di Damasco, ultimata nel
715, è un rettangolo di misure 157x100 m e i muri perimetrali e i tre ingressi fanno parte di un antico temenos
5
romano. Sotto l’impero di Teodosio (379-395) decadde il rituale pagano e venne introdotto il cristianesimo
6
, il
temenos venne usato come chiesa fino agli ampliamenti per l’adattamento alla funzione di moschea. All’interno
vi è un cortile lungo circa 122 m, largo 50 m sul fianco est che viene diminuendo gradatamente in larghezza fino
48 m. Sul fronte sud è costruito il santuario, lungo circa 136 m e profondo poco più di 37 m, costituito da tre
arcate che corrono parallele alla parete sud. Un largo transetto taglia da nord a sud le arcate, dividendole quasi
esattamente a metà. Sulla parete posteriore del santuario ci sono quattro mihrab, uno nella metà orientale,
chiamato Mihrab dei Compagni del Profeta, il grande mihrab alla fine del transetto e un terzo nella metà
occidentale. Il quarto mihrab, all’estremità occidentale è invece di recente costruzione. Le quattro originali torri
a base quadrata dell’antico tempio romano si vedono investite per la prima volta della funzione di minareti. Delle
quattro, solo quella sud-occidentale rimane oggi intatta con il sovrastante minareto. Le restanti sono andate
distrutte e sostituite da minareti costruiti intorno il 1340.
5
Che la grande moschea di Damasco fosse in origine un tempio pagano è confermato dalla scoperta di una parte
considerevole del temenos, o recinto sacro, interno e traccie di quello esterno. Il temenos esterno era un recinto lievemente
trapezoidale lungo circa 385 m e largo 305 m. Un bazaar correva lungo tutto il perimetro interno mentre al centro dell’area
cintata si innalzavano i muri del tempio vero e proprio. Il tempio pagano era un grande edificio rettangolare con pareti a
pilastri, lungo 157 m e largo 100 m. Ad ogni angolo del tempio era presente una torre a base quadrata, solo quella sud-ovest è
rimasta però intatta.
6
All’inizio del suo impero, Teodosio insieme agli altri due augusti, Graziano e Valentiniano II, promulgò nel 380 l’editto di
Tessalonica con il quale il Cristianesimo diveniva religione unica ed obbligatoria dell’impero. L’editto riconosceva inoltre le
sedi episcopali di Roma e Alessandria in materia di teologia. Anche i teologi di Costantinopoli avevano grande influenza in
materia.
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Figura 3 - Moschea di Damasco, sopra: pianta, sotto: fronte sud. (Creawell, L’architettura islamica delle origini, 1966, pag
63,61)
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Il minareto è considerato oggi indispensabile elemento architettonico della moschea ma inizialmente la sua
introduzione non fu immediata e la sua funzione facilmente sostituita. Al tempo di Maometto il minareto non fu
inizialmente utilizzato; il Profeta e i suoi seguaci si riunivano in preghiera senza alcun preliminare
all’adorazione. Contemporaneamente però gli Ebrei usavano un corno e i Cristiani un battaglio, Maometto in
seguito volle quindi che anche i suoi fedeli venissero chiamati alla preghiera convocandoli mediante chiamata
dal tetto più alto del vicinato, da un’alta terrazza o dalle mura cittadine. I primi minareti furono collocati sul
fronte esterno del cortile, in asse con il mihrab, ma poteva sorgere anche in uno degli angoli della corte o
addirittura, anche se raramente, del tutto separato dal complesso architettonico della moschea.
L’ampio spazio centrale divenne elemento essenziale e principale nella progettazione della moschea.
Si possono distinguere quattro tipi di costruzione, di importanza focale, che hanno lentamente portato al
concepimento della progettazione della moschea e le altre costruzioni tipiche della tradizione islamica.
La Cupola della Roccia (Figura 4) completata nel 691 a Gerusalemme, unica nel suo genere, è il primo
monumento islamico capolavoro.
L’edificio a pianta ottagonale vede quattro lati dell’ottagono rivolti ordinatamente ai punti cardinali e consiste di
una cupola di 20 m di diametro, poggiante su un alto tamburo, illuminato da sedici finestre e sorretto da quattro
pilastri e dodici colonne. Ai pilastri sono alternate le colonne, in formazioni di tre ciascuna, tra l’un e l’altro. Il
cilindro centrale è di altezza pressapoco uguale al diametro, il cerchio descritto dai sostegni costituisce il centro
dell’ottagono di 21 m di lato e 9,50 m di altezza.
Fin dall’XVIII secolo questa costruzione divenne il punto focale dell’evento più importante nella vita del
Profeta, la sua ascensione al paradiso attraverso le rocce attorno le quali l’edificio fu costruito. Nonostante ciò,
secondo un’iscrizione preservata nella costruzione, l’edificio fu eretto per commemorare le analogie dell’Islam
con il Cristianesimo e il Giudaismo.
Il secondo tipo di costruzione islamica religiosa è la meno conosciuta ribat. L'impero islamico affidò la
protezione delle frontiere, specialmente quelle più remote, a guerrieri islamici che risiedevano permanentemente
o temporaneamente in speciali istituzioni chiamate ribat. Solo in Tunisia queste costruzioni si sono ben
preservate ai giorni nostri, come ad esempio lo è il Ribat di Susa (Figura 5).
Questa costruzione fu edificata alla fine del VII secolo per contrastare gli attacchi dei bizantini che detenevano
allora il dominio marittimo del Mediterraneo ed erano intenzionati a riconquistare l’Africa del nord (Stierlin, H.,
Islam, pag.177). Il ribat dominava la città portuale, le vedette sorvegliavano il mare dalla cima dell’alta torre
cilindrica svettante dalle mura merlate per prevenire eventuali incursioni. La moschea del ribat, completata nel
851, è il frutto della risistemazione di una antica kasbah. L’origine guerriera di questa costruzione è testimoniata
dalle forme massicce delle arcate ribassate, dalle scalinate che collegano i cammini di ronda e dalle torrette
d’angolo fortificate. Anche le mura di cinta mostrano uno spiccato carattere militare e la pianta ha la tipica
geometria
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Figura 4 - Cupola della Roccia, sopra: spaccato assonometrico, sotto: muratura fronti ovest e sud-ovest. (Creawell,
L’architettura islamica delle origini, 1966, pag 30,33)
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quadrata dell’accampamento romano. Nell’ala sud si trova la moschea, divisa in undici navate disposte
perpendicolarmente alla parete della qibla.
Il mausoleo, o türbe, è l’ultimo tipo di costruzione propriamente religiosa sviluppatosi prima del X secolo.
Inizialmente il mondo islamico fu contrario a ogni forma di esaltazione e commemorazione dei morti, ma tre
fattori indipendenti modificarono lentamente questo pensiero. Dapprima la crescita di una eterodossia nel paese
portò ad un vero e proprio culto dei discendenti del Profeta. In secondo luogo nacque un movimento di
Figura 5 - Ribat di Susa. (Creawell, L’architettura islamica delle origini, 1966, pag 257)
Capitolo 1 Introduzione storica e culturale 21
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islamizzazione di antichi luoghi sacri che li vide sempre più spesso associati a defunti eroi mussulmani e santi
uomini. Il terzo fattore non è rigorosamente religioso ma è quello che ha contribuito maggiormente e risiede nel
fatto che le più o meno indipendenti dinastie locali, cominciando a crescere di importanza, incominciarono ad
auto commemorarsi attraverso la costruzione di mausolei. Sfortunatamente non molti di questi primi mausolei
sono sopravvissuti ai giorni nostri.
Infine il quarto tipo di costruzione tipicamente mussulmana è la madrasa. È saputo grazie ad antichi testi che
queste costruzioni esistevano già in Iran agli inizi del IX secolo, ma non sono sopravvissute descrizione su come
venivano inizialmente progettate né tanto meno costruite o decorate. Il termine madrasa nella storia ottomana
può essere utilizzato per indicare qualsiasi istituzione formativa. Nell'uso corrente viene utilizzato per indicare
gli istituti educativi che propongono un percorso formativo focalizzato sull'apprendimento dei fondamenti
dell'Islam.
A precedere l'apogeo dell'Impero ottomano vi è un periodo chiamato Impero selgiuchide di Rum
7
. Durante
questo periodo i sultani regnanti si preoccuparono di diffondere l'Islam, grazie alla creazione di numerose
madrase, e di garantire vie di commercio e di comunicazione lungo tutto il territorio occupato, con la
realizzazione di caravanserragli fortificati.
Oltre a moschee e mausolei vennero realizzate un certo numero di costruzioni chiamate tekke costruite per
ospitare i dervisci
8
(membri di una fraternità mistica) ed altri uomini di fede che vivevano in comunità. Le tekke
erano spesso accompagnate da un mausoleo e da una moschea. L’intero complesso può essere visto come un
primo esempio rudimentale di kűlliye.
Il regno dei Selgiuchidi di Rum corrisponde ad un periodo di grande prosperità che favorì lo sviluppo e la
fioritura dell'edilizia religiosa e civile grazie all'intensità degli scambi, le grandi vie di comunicazione, dotate di
ponti e stazioni per i viaggiatori, la vitalità religiosa e lo sviluppo urbano.
Dopo lo stabilirsi dell’impero latino di Costantinopoli nel 1204, le popolazioni turche divennero alleati naturali
dei Greci e nemici della campagna dei Crociati e dei loro alleati, gli Armeni. Il sultanato selgiuchida in Anatolia
può ora essere ricordato come una delle più importanti organizzazioni mussulmane del suo tempo. La sua
popolazione mista includeva cristiani, armeni, greci, mussulmani siriani e iraniani.
L’arte selgiuchida prese fonte di ispirazione nei regni di Persia, nelle zone bizantine dell’est, in Siria e Iraq,
oscurando quella dei Samanidi e Ghaznavidi. Molto proliferi nel campo architettonico, costruirono numerose
moschee, madrase, ospedali, orfanotrofi, caravanserragli, ponti e türbe particolari nelle loro decorazioni murali e
nell’uso di scrittura cufica
9
come motivo di decoro architettonico. È proprio nelle arti decorative che l’arte
7
L’Impero Selgiuchide fu un grande impero dominato dalla dinastia selgiuchide nei secoli XI e XII. L’impero era governato
come una confederazione di principati sottomessi ai sultani. Il capostipite della dinastia è Seljuk, uno dei bey, signori, dei
turchi Kınık, una delle nove tribù turche della prima confederazione. Il sultanato di Rum è un periodo che coincide con un
vassallaggio dei signori selgiuchidi di Persia (1077-1308).
8
Il termine derviscio, povero, indica i discepoli di alcune confraternite islamiche che, come scelta di vita, si distaccano
nell’animo dalle passioni mondane, dai beni materiali e dalle lusinghe della vita quotidiana. Il termine è usato per indicare le
varie confraternite islamiche, tuttavia spesso si fa riferimento alla confraternita dei “dervisci rotanti”, fondata dal poeta e
mistico persiano, Jalāl al-Dīn Rūmī, meglio conosciuto come Mevlana.
9
L’arte calligrafa islamica è l’arte di scrivere in maniera esteticamente ricercata usando l’alfabeto arabo o alfabeti di sua
derivazione. La calligrafia araba è stata mezzo importante per la preservazione e diffusione del Corano. Il primo stile a
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selgiuchida riuscì a distinguersi, specialmente nell’impiego del metallo, nelle sculture in legno e nella
produzione di ceramiche. Inizialmente il mattone o la piastrella smaltata a lustro metallico furono però impiegati
in misura scarsa e nel solo colore azzurro-turchese. L’architettura selgiuchida ebbe una fioritura prodigiosa
soprattutto nell’articolazione degli spazi interni piuttosto che di quelli esterni. Nel trattamento immaginoso
dell’opera muraria in mattone non furono mai superati. I Mongoli, che terminarono il periodo selgiuchida,
adottarono alcuni stili decorativi dei Selgiuchidi come l’uso di portali ornati e mattonelle di rivestimento
smaltate.
I Mongoli non annientarono propriamente lo stato selgiuchida, ma lo trasformarono in un loro vassallaggio e
lasciarono successivamente sempre più spazio a quella popolazione che si può chiamare turca, fino a che essa
non prese il sopravvento intorno il 1300.
La storia dell’Impero ottomano copre sei secoli e termina nel 1922 quando in Turchia viene proclamata la prima
Repubblica Turca. I confini dell’Impero (Figura 6), il cui centro rimase sempre l’Anatolia, variarono diverse
volte durante il corso della storia ed al suo massimo comprendevano le moderne nazioni di Albania, Grecia,
Bulgaria, Iugoslavia, Romania, le isole dell’est Mediterraneo, parte dell’Ungheria, della Russia, Iraq, Siria,
Palestina e il Caucaso, Egitto, Algeria e parte dell’Arabia. Il termine ottomano deriva dal nome arabo del
guerriero riconosciuto come il fondatore della dinastia e dell’Impero, Osman (1299-1326). Il primo periodo della
storia imperiale, che abbraccia il regno di Osman e dei suoi primi successori, dagli inizi del XIV secolo a quelli
del XV secolo, è caratterizzato da un susseguirsi di espansioni territoriali partite da una piccola area nord-ovest
dell’Anatolia. Nel 1354 il Pasha Solimano, figlio di Orhan
10
, trasformò la parte europea dei Dardanelli, Gallipoli,
nel punto base di espansione della potenza ottomana in Europa. La cosa proseguì con il suo successore Murad I
(1359-1389), anch’esso figlio di Orhan. Durante questa rapida ed iniziale espansione, la città di Costantinopoli
venne letteralmente arginata perché le spesse ed alte mura della ben organizzata linea difensiva rimanevano
troppo forti contro l’ancora rudimentale esercito ottomano. Per l'Impero ottomano, non fu facile dare vita ad uno
stile architettonico unico e strettamente collegato alle sue tradizioni perché i confronti con le architetture
limitrofe come quella araba, persiana, bizantina e armena solo con il passare degli anni e delle sperimentazioni
riuscirono in qualche modo a fondersi e dare vita a quella che possiamo chiamare architettura ottomana. Il
graduale balzo in avanti in campo architettonico, è frutto di una politica di successo. Il periodo preliminare nella
storia della cultura ottomana fu limitato dalle severe condizioni di vita alle frontiere con l'Anatolia alla fine del
Medioevo. Con il sultanato di Murad I si avviò il periodo iniziale di sperimentazione che costituì le fondamenta
dell'architettura ottomana. La grande Moschea-Madrasa iniziata da Murad I a Bursa (1366-85) viene considerata
l'edificio più eminente di questo sultano e della prima capitale dell'Impero ottomano. Pare non fu tanto il volere
del sultano ma della madre, Nilüfer Hatun
11
, di origine greca, a spingere forse involontariamente il formarsi di
raggiungere una diffusione considerevole fu quello cufico, scrittura angolosa e spigolosa, originata da tratti orizzontali e
verticali di varie lunghezze e circoli spessi e compatti. La geometria rigida di questa scrittura la rendeva ideale per le
iscrizioni monumentali ed epigrafiche. Per tre secoli a partire dal IX secolo fu la scrittura più usata per trascrivere il Corano.
10
Orhan I fu il secondo capo del giovane impero ottomano e regnò dal 1326 fino alla sua morte avvenuta nel 1359. Il suo
successore fu Murad I.
11
Nel 1299 Orhan I sposò Nilüfer Hatun, o principessa Elena, figlia del principe Yarhisar, di entina bizantina. Ebbero due
figli, Murad I e Kasim. Rivestita del titolo di Sultan Valide, madre del sultano, era la seconda carica più importante dopo
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uno stile puramente ottomano. La donna commissionò molti altri edifici all'interno della capitale. Il percettibile
cambiamento nel filone scientifico, artistico e culturale non fu dovuto solamente al gusto e all'interesse del
sultano e della madre ma anche dalla moltitudine di scienziati, artisti e artigiani che venivano regolarmente
invitati a corte, da ogni parte dell’impero, a prestare servizio. Analogamente è quello che successe quando i
potenti califfi dei primi conquistatori mussulmani in territorio siriano reclutarono su larga scala manodopera da
ogni regione dell’Impero, denotando una mescolanza di influssi siriani, persiani e copti.
Murad I fu ucciso durante la battaglia in Kosovo e suo figlio Bayezid I, incapace di proseguire l’espansione
territoriale incominciata dal padre, si vide costretto a tornare in Anatolia. Alla fine del 1390 Bayezid I schiacciò
e annesse le piccole municipalità turche dell’Anatolia occidentale.
I sultanati che seguirono, quello di Mehmed I (1413-1421) e Murad II (1421-1444 e 1446-1451), coincisero con
un nuovo periodo di espansione che riuscì anche a ristabilire la pace nei Balcani soggiogandone la resistenza. Fu
un momento incisivo anche per la storia dell'architettura ottomana. Il Sultano Mehmed I realizzò la Moschea
Verde a Bursa (iniziata nel 1412 e terminata nel 1419), propriamente chiamata Yeşil Cami (Figura 7). La pianta
della moschea consiste in una T rovesciata con un vestibolo all'ingresso che conduce ad una scala centrale. Altre
scalinate su entrambi i lati del vestibolo conducono al piano superiore dove trovano posto la loggia imperiale e
due stanze adiacenti destinate alle donne. Un passaggio conduce ai balconi del fronte nord dove incomincia la
via di accesso ai minareti. La moschea fu costruita in pietra arenaria e rivestita esternamente di pannelli di
marmo, la maggior parte dei quali sono stati sostituiti nel corso del XIX secolo.
Internamente la moschea è rivestita di sfarzose ceramiche dalle sfumature blu e verdi, da qui il nome della
moschea, Yeşil, in turco appunto, verde. Gli artisti di corte che la decorarono si trovarono ad essere i precursori
di un distinto e coerente linguaggio di architettura, rappresentando un programma decorativo senza precedenti.
L'alta qualità delle mattonelle di ceramica dimostrano varietà di colori e tecniche di produzione completamente
nuove nello scenario dell'Anatolia. Si può facilmente evincere che il periodo di Mehmed I portò una distinta e
separata fase nella storia dell'arte ottomana. Era abbastanza comune per gli studiosi europei riferirsi ai primi
esempi di architettura ottomana con aggettivi come “saracena” o “araba” o ancora più in generale “orientale”.
Con le innovazioni iniziali e successive alla Moschea Verde si può superare l'aggettivo “orientale” per usare più
appropriatamente la definizione di “architettura ottomana”.
Sotto il regno di Murad II, Costantinopoli venne messa sotto un assedio che terminò solo dopo che i Bizantini
procurarono al Sultano un ingente numero di tributi. Nel 1423, Murad II si spinse in una campagna nel
Mediterraneo dando il via ad un primo scontro tra la potenza turca e quella veneziana. Lo scontro fu non
decisivo per i primi anni, quando Venezia era divisa tra il conflitto con gli Ottomani e contemporaneamente con i
conflitti interni in Italia. Inoltre le armate ottomane affrontarono impreparate la guerra e necessitarono di tempo
per costruire una flotta in grado di fronteggiare quella veneziana. Quando Murad II la completò riuscì a
conquistare Salonicco nel 1430 e mosse verso Venezia costringendola, nel 1432, a firmare una resa.
quella del sultano. Quando nel XVII secolo di succedettero una serie di sultani particolarmente giovani e quindi poco
competenti, la figura della Valide si rafforzò notevolmente, dando vita al così detto “regno delle donne”.